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Eversin (Ignazio e Giangabriele)

Di Alessandro Calvi - 4 Marzo 2013 - 11:20
Eversin (Ignazio e Giangabriele)

Li abbiamo scoperti quando ancora si chiamavano Fuoco Fatuo e si muovevano nel vasto sottobosco dell’underground italiano. Li abbiamo visti esordire con il loro primo disco e poi cambiare nome (e genere) e proseguire il loro percorso alla ricerca di uno stile personale. Ora, con “Tears On the Face of God”, secondo album uscito sotto il monicker Eversin, sembrano aver finalmente trovato la loro dimensione.

 

Alex: Ciao ragazzi, come va?
 
Eversin (Ignazio): Ciao Alex, tutto ok…grazie per lo spazio che ci stai concedendo e per le bellissime parole che hai speso su “Tears on the Face of God”…
 
Alex: Allora, partiamo subito in quarta. I testi di “Tears On the Face of God” trattano tutti temi collegati tra loro, come la guerra, la violenza, il dolore per la perdita, etc. Possiamo dire che si tratta quasi di un concept-album, in questo caso? Da dove è nata l’ispirazione per le canzoni e la scelta di trattare questi argomenti?
 
Eversin (Ignazio): In realtà “Tears On the Face of God” non è un concept, ma tutti i testi trattano il tema della guerra. È un tema che mi ha sempre affascinato, ed aldilà delle mie inclinazioni politiche, penso che sia un tema molto interessante da trattare in un’opera Metal. Il titolo nasce da una frase che mia nonna mi disse quando ero bambino. Disse: “’a guerra fa chiangiri ‘u Signuruzzu”(la guerra fa piangere il Signore). Quella frase si scolpì nella mia mente. Fatto qualche cambiamento penso sia divenuta un titolo grandioso per un disco metal. Se leggete bene i testi troverete riferimenti a personaggi storici del passato, personaggi che hanno a mio avviso cambiato il corso della storia, segnando fortemente il periodo in cui vissero. A questo proposito il testo di “Nightblaster” penso sia il più rappresentativo dato che è davvero zeppo di riferimenti ad un uomo che fece delle guerra il suo punto di forza. Altro testo molto “storico” è quello di Nuclear Winter, che oltre a parlare della bomba atomica sganciata su Hiroshima, assume in seguito il tono di una vera e propria preghiera durante il verso “Antichrist Is the Name of War”. Sono molto orgoglioso dei testi del disco. Per scriverli ho impiegato molto tempo proprio perché non volevo cadere nello scontato o nel ripetitivo. La guerra è da sempre un tema molto trattato nelle opere Metal, e proprio per questo deve essere trattato in maniera molto personale, per farsì che non risulti riciclato… La guerra viene trattata osservandone tutte le sfumature, fino ad arrivare al testo di “Tale of a Dying Soldier”, che potrebbe essere descritto come la confessione di un soldato camuffata da racconto… Quel testo è davvero molto bello, forse uno dei più belli che io abbia scritto fino ad oggi. Non c’è che dire, sono molto soddisfatto del disco nella sua interezza… Le lacrime sul volto di Dio.
 
Alex: Come ho anticipato anche nell’introduzione e come ho scritto nella recensione dell’album, sembra che finalmente abbiate trovato il vostro stile. Avete lasciato da parte le sperimentazioni di “Divina Distopia” e il vostro sound si è fatto più quadrato, massiccio e organico, ma senza perdere in personalità. Ci raccontate un po’ come è avvenuta l’evoluzione del vostro sound?
 
Eversin (Ignazio): Non ci siamo seduti a tavolino per decidere la “nuova” direzione, tutto è arrivato spontaneamente, come una naturale evoluzione di ciò che era stato detto in passato. Un’unica cosa è stata decisa, come dire, a priori: la totale assenza delle tastiere. In passato ci rifugiavamo dietro l’uso di questo strumento per completare le composizioni, per dare teatralità alla musica… In tutta sincerità, col senno di poi, devo dire che se su Divina Distopia non avessimo usato le tastiere il disco avrebbe suonato 100 volte meglio. Non rinnego nulla, sia chiaro, ma onestamente cambierei  almeno il 50% di quel disco, ed il 45% è rappresentato proprio dalle tastiere. Su “Tears on the Face of God” emerge ciò che gli EVERSIN sono oggi; questo disco è la perfetta fotografia di ciò che siamo: una band Thrash Metal, che suona il suo Thrash Metal, senza aver bisogno di ricorrere alla panzana del tributo alle band del passato per camuffare la mancanza di idee e di personalità. Oggigiorno la personalità in una band è la prima cosa fondamentale. Una band clone non va da nessuna parte. Noi siamo riusciti a forgiare un nostro stile, un nostro sound, cosa che spesso e volentieri  mette a disagio chi ci ascolta, la gente più superficiale, quella che ha per forza necessità di comprimere la musica all’interno di un genere o di un’etichetta. Bè, che si fottano, noi non siamo una sterile etichetta. Ne ho sentite di tutte i colori nel corso degli anni, e adesso con “Tears…” la cosa non è mica cambiata… C’è chi per darci un’etichetta ha parlato di Power melodico (???!!!), chi di  Heavy Thrash Progressivo, chi addirittura ha riscontrato nel disco l’influenza dei Lordi…ahahahahahahah!!! La cosa mi fa sorridere…magari un domani qualcuno potrebbe riscontrare chiare influenze degli Abba…Non si sa mai.
 
Alex: Beh, non si può dire che tu abbia peli sulla lingua! Ahahah! Devo rilevare, però, che almeno su un punto mi trovo d’accordo con la critica. Il fattore progressive, infatti, è un elemento che da sempre ricorre nella vostra musica e direi che è proprio uno di quegli ingredienti che rendono più interessante e originale la vostra proposta. Fino ad oggi i vostri dischi sono stati una continua evoluzione, cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
 
Eversin (Ignazio): Questo benedetto fattore progressive di cui tu parli è una cosa che, non ti nego, mi sta abbastanza…ehm…antipatica. Il perché è presto detto: l’uso della parola progressive, anche se accostato alla parola Thrash,  per descrivere la musica degli EVERSIN, o anche una parte di essa, a mio avviso è improprio nonché fuorviante. Oggi, in campo Metal, quando si parla di progressive, nel 90% dei casi la mente immediatamente va ai Theater, ed è normale che questo succeda in fondo, dato che la band di Petrucci è considerata come la portabandiera di questo genere. Ma quando ascolto “Tears…” mi chiedo cosa ci entriamo noi con i Theater, coi Redemption o con gli Andromeda.  L’ascoltatore che legge progressive accanto al nostro nome, si aspetta di ascoltare qualcosa di riconducibile a questo genere, poi ascolta ad esempio “Nightblaster” e ci rimane con un palmo di naso. La nostra musica è si articolata, tecnica e molto variegata, ma non presenta poi tutti questi punti in comune con il progressive. Magari in passato era più accomunabile, non lo nego, ma ciò era dovuto fondamentalmente alla presenza delle tastiere, e qui mi ricollego alla precedente risposta. Io non lo chiamerei fattore progressive, bensì fattore personalità, cosa rara oramai. Per il futuro la cosa non penso cambierà… Continueremo a comporre come sempre abbiamo fatto, avendo però come base di partenza quanto proposto con “Tears…” perché i veri EVERSIN sono questi, sono quelli che senti su brani come “Nightblaster”, “Nuclear Winter” o “Under the Ocean”… Detto “tra noi”, abbiamo già registrato qualche ideuzza, giusto come promemoria, e posso dire che la strada intrapresa è quella giusta… Non faremo un “Tears on the Face of God pt. 2” bensì un  “Tears on the Face of God ” al quadrato.
 
Alex: Sono certo che i vostri fan saran felici di questa vostra anticipazione. Sempre a proposito di fan, come hanno preso la vostra evoluzione? Quando si cambia tanto come avete fatto voi è facile che ciò che viene maggiormente apprezzato da qualcuno scontenti qualcun altro. Come avete percepito che il pubblico abbia preso la crescita e le modifiche del vostro sound?
 
Eversin (Giangabriele): Beh direi che chi ci segue da tanto tempo sa benissimo che gli EVERSIN, così come lo erano i Fuoco Fatuo, non sono mai stati con le mani in mano. La nostra musica non rappresenta un percorso studiato a tavolino, ma segue la naturale evoluzione e maturazione dei membri che fanno parte della band. Con questo album abbiamo deciso di escludere totalmente le tastiere non per un semplice esperimento, ma perchè i suoni delle keys non rispecchiavano più ciò che volevamo fare. I pezzi che ascolti sul CD, e presto anche dal vivo, sono nati così in pochissimi giorni in maniera naturale e spontanea; suonavamo e ci rendevamo conto di star dando vita a qualcosa che era sempre stato dentro di noi e che da un pò di tempo a questa parte cercava di uscir fuori, cioè “Tears on the Face of God”. Da quello che posso vedere da come sta andando l’album, beh… che dire, penso proprio che i nostri fan sono più che contenti di questa evoluzione, e non vediamo l’ora di proporre il nostro lavoro dal palco.
 
Alex: Rimanendo sull’argomento dal vivo, che programmi avete? C’è già qualche tour in cantiere, magari qualche nome a cui vi accosterete per fare un pezzo di strada insieme o qualche festival a cui parteciperete?
 
Eversin (Ignazio): Il 16 Febbraio abbiamo suonato a Catania e posso dire di essere assolutamente rimasto soddisfatto da come i nuovi brani hanno reso in sede live. Abbiamo proposto il nuovo album dalla prima all’ultima canzone proprio perchè crediamo ciecamente nel potenziale del disco. Per quanto riguarda eventuali nuovi appuntamenti live, posso anticiparti che stiamo provando a prender parte a qualche festival estivo, anche se, come puoi facilmente immaginare, non è cosa semplice. Una cosa però è certa: non pagheremo un solo centesimo per salire su un palco… Siamo disposti a suonare gratis, lo abbiamo fatto in passato, perchè amiamo suonare e lo facciamo per passione, ma nel modo più categorico non pagheremo mai per suonare… Spero di poter portare il nuovo disco in lungo ed in largo, ma se questo non dovesse essere possibile percorrendo le normali vie, stai sicuro che il culo non lo venderemo. Su un fottuto palco si sale solo e soltanto per meritocrazia e non perchè si sborsano soldi. Se qualcuno dovesse chiederci di pagare per suonare… beh, vorrà dire che ci dedicheremo alla composizione dei brani per il prossimo capitolo degli EVERSIN un pò prima del previsto, archiviando così la pratica concerti.
 
Alex: Avete parlato di festival estivi. C’è quindi in programma qualcosa anche all’estero? Inoltre, parlando, appunto, di come vanno le cose oltre i confini nazionali e il (sarcasmo mode: on) velatissimo (sarcasmo mode: off) riferimento alla pratica di far pagare le band per suonare in certi eventi importanti, come vi sembra che sia la situazione? C’è molto gap tra l’Italia e gli altri paesi europei o, come si suol dire, “tutto il mondo è paese” ?
 
Eversin (Ignazio): Al momento abbiamo qualche contatto per un paio di Fest estivi. Non ti nascondo che la cosa adesso, e sottolineo adesso, sta prendendo una piega positiva, ma non voglio sbilanciarmi più di tanto, perchè come ben sai le cose cambiano dall’oggi al domani, e non mi stupirei se dieci giorni prima della data qualcuno mi chiedesse di pagare per suonare, cosa tra parentesi che mi è già capitata. La situazione italiana è a dir poco pessima. La pratica del pay-to-play è ormai una prassi che purtroppo coinvolge sempre più persone. Ci sono band che per suonare sborsano soldoni e la cosa è sotto gli occhi di tutti, non è necessario fare riferimenti espliciti… Per quanto riguarda la situazione estera, beh, posso dirti che più e più volte ho parlato con organizzatori di grandi eventi in Svezia, Svizzera o Germania e mai mi son stati chiesti soldi…
Penso che il gap di cui tu parli sia qualcosa di altamente radicato nella mentalità italiana. In Italia se dici di fare il musicista la gente ti risponde “si ok, ma il tuo vero lavoro… qual’è?” Ridicolo vero? Tutto il mondo sarà anche paese, ma sotto certi aspetti… l’Italia è proprio un paese a sé… purtroppo.
 
Alex: Purtroppo la piaga del pay-to-play è sempre più diffusa e, da quello che ho sentito, sta prendendo sempre più piede anche quella del pay-to-publish. Etichette che non producono più attivamente il disco, ma pubblicano (cioè si limitano a stampare) praticamente qualsiasi cosa gli arrivi, purchè sia già tutto fatto dal gruppo: registrazione, mixaggio, grafiche del libretto, etc. Naturalmente dietro adeguato compenso. Questo, però, porta a saturare un mercato già pieno e, a sentire alcuni, pesantemente minato dalla pirateria. Voi in che posizione siete di fronte a questa situazione? Paghereste per pubblicare lo stesso? E il file-sharing è più un danno per le band o un veicolo per farsi conoscere?
 
Eversin (Ignazio): Ormai chiunque può dare alle stampe un disco, basta avere un computer con una buona scheda audio e sapere smanettare un po’ con qualche programma. Nascono gruppi come funghi, che dopo un anno muoiono nell’indifferenza della gente. Noi prima di decidere di incidere qualcosa abbiamo fatto anni di gavetta, imparando a suonare in primis da soli, e poi imparando a suonare insieme. Oggi il primo figlio di papà pieno di soldi che decide di emulare i propri idoli può acquistare un mega PC e farsi lo studio a casa propria. Poi per portare in giro la propria “arte” può sempre pagare qualcuno per farsi produrre il disco ed in seguito può anche optare per pagare qualcun altro per salire su un palco. Sapessi quanti gruppi italiani adottano questo metodo… e poi ci ritroviamo con gente che dopo aver pubblicato un demo o un MCD fa tour in Europa… Chiedetevi il perché, no? Band che dopo pochi mesi muoiono nella più totale indifferenza, ma che hanno riempito il mercato di merda. Esempio lampante è il revival del thrash… Ottima cosa per carità, ma il panorama è stracolmo di band tutte uguali, prive di un minimo di personalità che fottono i riff ai Sodom, ai Kreator o ai Testament, per poi spacciare il plagio come tributo al passato… E’ facile mascherare la mancanza di idee con il tributo al passato. Si può dire tutto degli EVERSIN, tranne che non abbiamo la nostra personalità. C’è gente che ci ama e ci vede come una band unica ed innovativa, altra gente invece che ci critica sempre e comunque gettandoci addosso gratuitamente chili di merda, ma nessuno ci resta indifferente… Evidentemente  lasciamo il segno. 
Tornando alla tua domanda… Il file sharing potrebbe, e dico potrebbe, essere un buon mezzo per farsi conoscere, ma in tutta onestà io continuo a preferire l’acquisto del cd, con il booklet, il disco fisico e tutto ciò che concerne. Il vero amante della musica non si limita ad ascoltare ma va oltre, vivendo la musica…
 
Alex: Direi che questo è tutto. Vi ringrazio per la bella chiacchierata e vi lascio l’ultima parola per un saluto ai nostri lettori.
 
Eversin (Ignazio): Grazie a te Alex, per il supporto che ci hai dato nel corso degli anni… Grazie a TrueMetal.it per averci sempre “ospitato” sulle sue pagine. Un saluto ai vostri lettori. A presto.
(Giangabriele): A presto e mi raccomando… Supportate il vero Metal Italiano, supportate EVERSIN.
 
 
 
Intervista raccolta da:
Alex “Engash-Krul” Calvi