Beppe Riva Pillars: recensione Metallica (Ride the Lightning)
A quasi due anni dall’ultimo appuntamento su questi schermi a sfondo nero, torna la rubrica Beppe Riva Pillars, specificatamente con la recensione di Ride the Lightning dei Metallica, apparsa sulle colonne della rivista Rockerilla numero 49, del settembre 1984. Basti sapere che in quel momento storico la declinazione giornalistica e linguistica comunemente conosciuta come “Thrash Metal” era addirittura ancora in fase embrionale…
Buona lettura
Steven Rich
METALLICA
“Ride the Lightning”
Music for Nations
1984
1926: Uno scrittore-visionario di Providence (U.S.A.), maestro inimitabile nello stabilire contatti con sfere ignote, realizza un classico del soprannaturale in letteratura: “Il Richiamo di Cthulhu”. In esso Lovecraft narra il rinvenimento, in mezzo al mare, della spaventosa acropoli-cadavere di R’Iyeh, costruita da giganteschi extraterrestri ere prima dell’uomo: lì giaceva il ciclopico Ktulu, sacerdote del culto dei grandi antichi venuti dalle stelle…
1984: Fedeli al monito Lovecraftiano, secondo cui “…giorno verrà quando le stelle saranno esatte, e il culto sarà sempre pronto a liberarlo”, Metallica riesumano Ktulu dalla sua tomba monolitica e ne fanno il sigillo finale del secondo capitolo della loro saga, “Ride the Lightning”, spalancando abissi di PAZZIA urlante fra gorghi incandescenti di ‘molten metal‘!
Nell’interpretazione dei venefici californiani “Call of Ktulu”, è la perfetta trasposizione strumentale del racconto di Lovecraft (non occorre profanarne il testo…) e la consacrazione dello stesso autore come guida spirituale dell’H.M. orroroso. Dimenticate “Transylvania” degli Iron Maiden: confrontata agli estenuanti nove minuti di “Ktulu“, si riduce ad un’esercitazione di ballo per una festa liceale… E dimenticate anche il mayhem non esaltante del concerto di Milano, evidentemente gli astri non erano favorevoli.
Metallica realizzano con “Ride the Lightning” l’autentico masterpiece dell’estate metallica, di gran lunga l’album più emozionante, vissuto & sofferto e persino COMPLETO attualmente in circolazione. Abbiate fede, soprattutto considerando, come molti lettori mi hanno rimproverato, che il sottoscritto non è mai stato il più strenuo sostenitore di “Kill’ Em All“, violentissimo predecessore dell’oggetto in questione. Un anno fa, eravamo al cospetto di una band che si ACCONTENTAVA di essere descritta come la più ‘dura’ del mondo… Oggi ritroviamo i medesimi protagonisti in assoluta evoluzione, pronti ad attaccare il trono dei Manowar di veri ‘professionisti dell’aggressione’, con una varietà di shock-tattiche, con un’imprevedibile destrezza compositiva, che non immaginavo patrimonio dei Metallica.
Tanto per iniziare, l’album dei Metallica è aperto da un arpeggio acustico, ma è solo la minore delle sorprese! La band cinge letteralmente d’assedio l’audience con “Fight Fire with Fire” (sublime titolo per una track H.M.), forse la maggior INFRAZIONE ai limiti di velocità mai commessa su vinile: il brano trasuda furia cieca, ma non si tratta di immotivata dispersione d’energia! Metallica assumono precise connotazioni politiche, scagliandosi contro la corsa agli armamenti nucleari. Non a caso Hammett e Hetfield sfoggiano T-shirt di Discharge e GBH, evidentemente le posizioni ideologiche non sono dissimili e, dopo le polemiche iniziali, Rockerilla non aveva sbagliato auspicando una riunione metal/punk sotto il segno dell’hard-core.
Metallica assicurano alla rappresentazione un realismo impressionante, e un amico notava brillantemente che “La band suona un inno anti-nucleare come se fosse paradossalmente al centro della III° Guerra Mondiale!“
La title-track nomina i suoi artefici nuovi cavalieri dell’apocalisse fra riff tumultuosi che si sovrappongono senza indulgere nella ripetitività: Kirk Hammett si annuncia come uno degli axe hero degli anni ’80. In “For Whom the Bell Tolls” il rintocco di una campana funge da sinistra componente di una ritmica sorda e scolpita nel piombo, introducendoci alla dimensione thriller che i californiani iniziano a saggiare con esiti stupefacenti. Ancora storditi dalla sequenza ultra-heavy sin qui ascoltata, accogliamo gli ampi orizzonti melodici di “Fade to Black”, un’ulteriore sorpresa, che svela il Iato slow-epic dell’ispirazione dei Metallica.
L’immagine apparsa su Rockerilla numero 49 che accompagna la recensione di Ride the Lightning
La seconda facciata si apre con “Trapped Under Ice”, una solida prova speed-metal in cui riconosciamo le caratteristiche più note dei killer americani. Ma l’abilità di spaziare nell’heavy-variety è ribadita da “Escape“, un brano dal refrain accattivante che sfida i Quiet Riot nel comporre un metal-anthem potenzialmente commerciale. In chiusura, con un colpo di grazia, Metallica suscitano il panico definitivo nei due monumenti all’horror epico: “Creeping Death” e, naturalmente, “The Call of Ktulu“, di cui abbiamo abbondantemente riferito.
“Creeping Death“, ispirata alle bibliche piaghe d’Egitto è probabilmente il miglior brano dell’album; il talento di Kirk Hammett esplode nella seconda parte del virulento assolo, quando la sua espressività sulle note alte rievoca nitidamente il Tony Hill di “Sea Shanties”! Probabilmente Kirk non ha mai ascoltato il chitarrista degli High Tide, ma il confronto basta a promuovere il giovane axeman nell’area pericolosa del suono da incubo. E la voce di James Hetfield, molto efficace, è ormai un elemento insostituibile nell’economia del gruppo.
Con questo Hallelujah-album, Metallica riabilitano il ‘vero‘ Heavy Metal in un momento di inflazione operata da mediocri ed imitatori, ed accedono con il suo lasciapassare al Gotha degli immortali. Molti di voi lo nomineranno H.M.-LP dell’anno. E con questa facile profezia vi lascio, alle soglie del crollo fisico…
Beppe Riva Pillars, link alle puntate precedenti:
11 giugno 2010: IRON MAIDEN – IRON MAIDEN
23 giugno 2010: JUDAS PRIEST – UNLEASHED IN THE EAST
9 ottobre 2010: CIRITH UNGOL – FROST AND FIRE
28 dicembre 2010: MANOWAR – BATTLE HYMNS
8 luglio 2011: HEAVY LOAD – DEATH OR GLORY
2 novembre 2013: DEATH SS – IN DEATH OF STEVE SYLVESTER
Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti
La copertina della rivista Rockerilla numero 49, del settembre 1984