Hard Rock

Beppe Riva Pillars: recensione Mötley Crüe (Too Fast For Love)

Di Stefano Ricetti - 29 Marzo 2019 - 12:30
Beppe Riva Pillars: recensione Mötley Crüe (Too Fast For Love)

Dopo secoli, misurando il tempo con l’unità in voga nel mondo web’n’social – completamente differente dall’omonimo che scorre placidamente da milioni di anni nella vita reale – ricompare su queste pagine a sfondo nero la rubrica Beppe Riva Pillars, che tanti godimenti addusse ai defender, in passato.

Di seguito la recensione di Too Fast For Love dei Mötley Crüe, così come uscita originariamente all’interno delle pagine di Rockerilla numero 22 del marzo 1982.

Al netto di certune definizioni che poi, più avanti, fra le pieghe della bibliografia metallara assumeranno connotazioni ben diverse da quelle primigenie, ancora una volta la classe di Beppe Riva nella narrazione epica delle gesta del Metallo esce vincitrice, strabordando letteralmente.       

Leggere per credere.

Buona goduta,

Steven Rich

 

 

MOTLEY CRUE hollywood killers   rockerilla 22   per articolo Truemetal

 

 

MOTLEY CRUE

I LEATHÜR E LE CONTAMINAZIONI GLAM DEL METALLO CALIFORNIANO

 

L’articolazione più carismatica del new L.A. HM, investe quella cerchia di gang che avvertono le suggestioni, anche iconografiche, del kitsch hollywoodiano e si mascherano eccentricamente di glamour, collocandosi sulla scia dei fasti perversi di New York Dolls, Alice Cooper, Angel, Monroe… Tutte queste american star possedevano uno shock-look tramortente, che non poteva lasciare indifferente il fruitore di musica, e la miglior band del nuovo hard westcoastiano, MOTLEY CRUE, è l’immagine perfetta dell’HM yankee proiettato negli 80s.

Non solo Mötley Crüe sono detentori della più clamorosa rock image del momento, come sentenzia anche il veterano Kim Fowley, ma hanno sotto la cintura un debut-album, “Too Fast For Love“, autoprodotto su propria etichetta Leathür Records, che già pone una candidatura difficilmente reversibile sul titolo di massima rivelazione dell’82.

Se oggi esiste una band in assoluto più eccitante dei Mötley Crüe, ebbene, io non la conosco: questi rinnegati di Hollywood, ordiscono il suono più scabrosamente metallico e vivido di contrazioni udito da lungo tempo, e la registrazione dell’LP è ineguagliabile per ustionante realismo: saggiate l’autentica pièce de résistance di “Too Fast“, intitolata “Take Me To The Top“: un’illustrazione rockistica debordante sesso fra riff ultrapotenti, sormontati da un drumming sismico e da una chitarra deragliante verso l’amplesso finale, mentre il basso onnipresente leviga binari sussultanti e la voce sinuosa-acuta penetra febbrilmente la fisicità pura del suono. Devastating Mötley Crüe!

 

motley crue too fast for love

 

 

La torbida figura del chitarrista Mick Mars, che ha la fisionomia omicida del miglior Johnny Thunders, ridona attendibilità ad una frase storica di Ron Asheton, anima nera degli Stooges:

“perché aspirare al ruolo di miglior chitarrista, quando si può piuttosto essere il miglior killer?”.

Nei terrificanti rush di Mick Mars, la California ha scoperto un nuovo, entusiasmante solista da affiancare alla futura stella Randy Rhoads, immolato sull’altare del regno di Ozz.

Gli altri efficacissimi membri dell’ensemble? Il bassista Nikki Sixx, longilinea immagine di rocker “selvaggio” alla Joe Perry, fulcro ritmico alla maniera di Arthur Kane (Dolls) e principale compositore dei Möts (un altro bassista nel ruolo di personaggio centrale di una HM band!); Vince Neil, il vocalist degli incredibili capelli decolorati, più costellato di metallo cromato di un intero four-piece inglese, con una “gola” ottenuta dal trapianto di corde vocali trafugate a Robin Zander (Cheap Trick) e Steven Tyler; infine Tommy Lee, drummer ideale per incrementare l’aggressività frontale del sound dei Mötley Crüe… Questa è la formazione costituitasi nel febbraio ‘81, che nel breve volgere di alcuni mesi ha iscritto il proprio nome fra i rarissimi act esibitisi al Roxy Theatre senza l’azione promozionale di una label egemone.

Nessun cedimento al compromesso dunque, ma l’affermazione dovuta esclusivamente alla forza demolitrice di una gang che ha dato misura del proprio valore nel singolo “Stick To Your Guns/Toast Of The Town“, premonitore delle tempeste sonore a seguire.

Too Fast For Love” esordisce con la force de frappe del debut-album d’Aerosmith, con l’espressività tyleriana di Vince che conduce una “Live Wire” solo omonima delle (inferiori) track di AC/DC e Starz. Segue “Public Enemy N. 1“, sorta di replica satirica alla “Public Animal N. 9” di Alice Cooper, prima di sfociare nella turbinosa corrente della già citata “Take Me“. “Merry Go-Round“, che non è lo stesso Montrose-classic, si adagia in un lascivo clima melodico, concedendo all’audience il relax propedeutico all’eccezionale “Piece Of Your Action“, che esaurisce una first side assolutamente GENIALE, sotto l’egida dell’Hardcore Heavy Metal.

 

MOTLEY CRUE   TOO FAST FOR LOVE   VINYL

 

 

Dopo questa prima porzione, ogni tediosa riserva avanzata da sostenitori oltranzisti del british HM può essere tacciata con ignominia, e la band ha il diritto di tuffarsi nella sensitività morbosa di “Starry Eyes“, prima di intonare l’anthemico refrain del “perfetto” singolo “Stick To Your Guns“, ricco di reminiscenze Cheap Trick. “Come On And Dance” riscopre con rimarchevole classe il gusto dell’aschematico metal funky di Aerosmith ed infine Mötley Crüe offre l’ennesimo saggio del suo eclettismo rasentando la perfezione heavy/A.O.R. di derivazione Angel/Mott the Hoople, mescolando sapientemente languori pop ed energia nella scurrile “Too Fast” e in “On With The Show“.

Sei anni dopo “Toys In The Attic“, Mötley Crüe, quattro immonde silhouette di trash-rocker californiani, prenotano una collocazione privilegiata nella Rock Hall Of Fame, con un potente e sofisticato HM album, sintesi efficacissima delle componenti peculiari del rock duro americano.

Achtung! I diritti della pubblicazione sono riservati — avvertono le note di copertina — e gli autori assicurano di “cambiare i connotati” a chiunque tenterà di violarli.

E’ il nuovo style dell’hard U.S.A. : anni di Boston, Foreigner e Toto sono improvvisamente cancellati… Dietro i Mötley Crüe, ecco RATT, SMILE, SATYR e DU BROW, a rilanciare la machine gun del glam rock losangeleno a colpi d’oltraggio. A seguire…

 

Beppe Riva

 

Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

Elenco – con link incorporato – delle puntate precedenti:

 

CIRITH UNGOL

DEATH SS

HEAVY LOAD

MANOWAR

SAXON

JUDAS PRIEST

IRON MAIDEN

METALLICA

MOTORHEAD