I 10 migliori album Hard Rock / AOR del 2020
Hard rock, melodic rock, AOR…chiamateli come volete.
Generi un po’ antichi e ormai demodè, diventati patrimonio di un numero sempre più ristretto di cultori e amanti di suoni appartenuti a parecchie decadi fa che, tuttavia, non cessano d’affascinare e proporre cose interessanti.
Come già accaduto per altri generi, anche per le cose “melodiche” il 2020 è stato un anno inaspettatamente ricco e vitale. Come se, a lenire le dolenze di un periodo nero come quello dei dodici mesi trascorsi da poco, alcuni dei nostri artisti preferiti avessero deciso di offrire un po’ di conforto con qualche disco di qualità. Bella musica, tante uscite di valore, molto “colore”. Il passaggio ideale per poter fuggire da una dura realtà fatta di restrizioni ed affanni, quanto meno con la fantasia e l’immaginazione.
Potere della musica.
Potere del rock.
Davvero tante le cose interessanti ascoltate nel corso del 2020. Ne abbiamo scelte dieci, tra quelle che, a nostro parere, possono essere ritenute tra le più rappresentative e rilevanti. Per vari motivi diversi.
Senza volontà di mettere tutti d’accordo o con la pretesa di essere per forza oggettivi: la musica non potrà mai suscitare opinioni univoche, del resto. Ragione per cui – superfluo forse sottolinearlo – ci appelliamo alla clemenza dei nostri lettori. Sicuramente ognuno avrà la propria lista che non necessariamente dovrà combaciare con quella qui riportata.
Oltre a quanto troverete qui sotto, come non ricordare ad esempio, il terremotante esordio dei Black Swan, la brillante conferma di Khymera, Nightflight Orchestra, Revolution Saints e Harem Scarem, i ritorni di Ozzy Osbourne, Chris Catena, FM, Gotthard e Blue Oyster Cult, i debutti di Arctic Rain e Bloody Heels, la qualità scintillante di Lionville, Palace, Robert Hart e Pride of Lions, l’irruenza di Confess, Speed Stroke e l’imperterrita esplorazione dell’underground di realtà mai abbastanza applaudite come Brother Firetribe e Gathering of Kings.
Tanta, tantissima roba tra cui, in effetti è stato complicato scegliere…
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Tokyo Motor Fist – Lions
Il nuovo “Lions” non tradisce le attese e conferma tutto quanto già sapevamo. L’impasto è quello solito, fatto di gaudente rock condito di grande orecchiabilità ed immediatezza. Chitarre gioiose, ritornelli freschi ed istantanei. E poi i cori: un elemento che spesso viene trascurato o passato in secondo piano ma che, ove reso al meglio, riesce a potenziare in modo determinante l’appeal di una canzone melodic rock, AOR o hair che dir si voglia.
Ecco. Il lavoro mastodontico svolto da Poley e Brown per ottenere il meglio da “Lions” si nota proprio sui cori: pieni, roboanti, sontuosi.
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Jeff Scott Soto – Wide Awake
Nella scia dei predecessori, anche “Wide Awake” non delude affatto le aspettative, mantenendo intatte tutte le migliori peculiarità che caratterizzano le produzione di Soto. Un disco davvero molto bello, di qualità, ricco di particolari e duraturo, in cui la sinergia songwriting solido e grande voce esalta un’opera di assoluto rilievo.
Un livello qualitativo cui Jeff Scott Soto ci ha abituato da tempo e che, complice la collaborazione con Del Vecchio, non poteva che uscire ulteriormente rafforzato. (leggi tutto)
Vega – Grit Your Teeth
Pochi, pochissimi. Più unici che rari i gruppi che, nel corso della loro carriera, non hanno mai sbagliato un album. Magari non tutti capolavori in senso assoluto. Ma comunque dischi piacevoli e costantemente forniti di ottime canzoni, buone idee ed una facilità d’ascolto estrema.
Ne ricordiamo davvero a stento i nomi. Tra di loro vanno sicuramente annoverati i Vega, la band fondata dopo l’esperienza con i Kick dal singer Nick Workman insieme ai fratelli Martin. (leggi tutto)
One Desire – Midnight Empire
Dopo il botto del debut-album omonimo, che ha segnato il 2017 come una delle migliori uscite in ambito AOR, tornano i finlandesi One Desire con il secondogenito, il neonato “Midnight Empire”.
Lo splendore dei brani è abbagliante, sempre, in ogni momento del percorso di ciascuna all’interno di se stessa e in quello assieme alle altre. Il che dimostra ancora una volta un talento compositivo devastante, fra i migliori mai sfiorato da tantissimi anni a questo momento, da coloro che bazzicano la stratosfera dell’hard rock melodico e/o AOR. Un talento talmente esplosivo che è quasi disarmante, tant’è foriero di episodi memorabili…
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Ac/Dc – Power Up
“Power Up” rappresenta il manifesto degli AC/DC, manifesto con pennellate di Hard Rock, ma questa volta con profonde venature di Blues, tipo Shot In The Dark, a tal punto che in certi momenti, durante l’ascolto, l’associazione di idee con Eugene “The Talent Boy” protagonista di Missisipi Adventure è quasi naturale e immediata. La realizzazione dei 12 brani, a opera di Angus Young (chitarra), Brian Johnson (voce), Stevie Young (chitarra ritmica), Phil Rudd (batteria) e Cliff Williams (basso) fa leva sullo stile, sul sound e sulla potenza che li hanno resi inconfondibili.
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Hell in the Club – Hell of Fame
Roba di serie A, per farla breve.
Una massima serie cui gli Hell in the Club partecipano con onore in virtù dell’ennesimo buon disco in cui mescolare tantissima melodia ad un comparto strumentale aggressivamente “gustoso”, con suoni ben torniti e ritornelli sempre immediati.
Il manuale del glam-hard rock di nuova (ma pure vecchia!) generazione presentato con agile scioltezza, esibito prendendosi pure il lusso di centrare alcune canzoni che vanno di diritto ad assestarsi tra le cose migliori scritte sin qui dal quartetto.
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Deep Purple – Woosh
Whoosh! è il lavoro di una rock band straordinaria per scrittura, arrangiamenti, groove e suono; una band a cui non è lecito chiedere una nuova Highway Star, e non solo perché della storica Mark II sono rimasti in formazione i soli Gillan, Glover e Paice, ma anche e soprattutto perché la macchina Deep Purple non si è mai seduta sugli allori del proprio passato, sempre producendo musica sincera e, nel suo, innovativa.
Whoosh! è un regalo offertoci dai Deep Purple, un caleidoscopio di atmosfere, suoni e generi; il tutto perfettamente amalgamato da un groove d’esperienza unico (e unica), che risulta in un disco preoccupantemente bello.
Qui c’è rock, vero, sudato, sentito, divertito.
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Room Experience – Another Time and Place
Dopo altri cinque anni trascorsi nella sua immaginaria stanza (da qui, lo ricordiamo, il moniker Room Experience) a studiare buone melodie e comporre nuove canzoni, Gianluca Firmo non tradisce le attese. “Another Time And Place” è un disco AOR coi fiocchi. Dagli accenti passionali, colorato con tinte accese ma pure ricco di edulcorazioni raffinate e cromature notturne da kolossal americano.
Gli anni ottanta sono sempre là, ad ispirare ogni mossa. Il talento di musicisti, produttori, ospiti ed interpeti è cristallino. I suoni non tradiscono.
La musica? Solo da ascoltare, senza perdere altro tempo…
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Perfect Plan – Time for a Miracle
Ogni musicista è influenzato dalla musica e dai gruppi con cui si è formato e i Perfect Plan mostrano un bagaglio musicale davvero vasto, per cui parallelismi, similitudini e confronti con i mostri sacri di entrambi i generi si sprecano, dissuadendo da una elencazione destinata a rimanere non esaustiva.
Non tutti i musicisti hanno però la capacità di fare proprie le lezioni dei grandi, di assimilare, interiorizzare e riproporre con naturalezza stili e sonorità, aggiungendoci del proprio, di offrire un prodotto che, pur non assolutamente innovativo, sia, comunque, di spessore, gradevole, e, cosa ben più importante, non clonato.
Il nuovo album dimostra che i Perfect Plan questa capacità ce l’hanno, eccome.
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H.E.A.T – II
Con “II” salutiamo felicemente il ritorno degli H.E.A.T. nel posto che più compete loro, ovvero i piani alti dell’hard rock melodico, ma non per questo dimentico di un certo atteggiamento heavy.
“II” raccoglie un arsenale potentissimo pronto a scoppiare sul palco; quando mai la tragica pandemia virale cui assistiamo sgomenti consentirà nuovamente al rocker di schiacciarsi con i propri simili sotto a un palco, sapremo di poter contare sugli H.E.A.T. per tornare a sorridere.
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