I dieci album che hanno fatto da ponte tra il thrash ed il death metal
Dieci album. Dieci perle che hanno segnato una storia, quella che sta a cavallo tra thrash e death metal.
Siamo certi che la gran parte di loro sarà già custodito gelosamente nella vostra collezione privata.
Altrimenti… beh… tocca provvedere!
Oggi andiamo in giro per i cimiteri ad aprire qualche tomba. Ma non per fregare i denti d’oro ai cari estinti, bensì per andare a scoprire le origini del death metal.
Ma alla fine come nasce un genere musicale?
Solitamente non salta fuori da un giorno all’altro, ma segue un percorso evolutivo anche di qualche anno. Spesso si parte con l’idea di dedicarsi ad un determinato tipo di musica, traendo spunto dai gruppi più rappresentativi. Poi si aggiunge un po’ della propria creatività e qualche idea innovativa. Se la cosa funziona si diventa a propria volta un esempio per altri. Ed ecco che, magari senza rendersene conto, ci si ritrova fra i pionieri di un nuovo stile.
Per il death metal è stato più o meno così.
Tutto è iniziato dal ricco sottobosco del thrash metal anni 80, quando innumerevoli teenagers prendevano in mano gli strumenti, con l’intento di seguire le orme dei loro idoli provenienti dalla Bay Area e dal bacino della Ruhr. Fra tutte queste formazioni, una cerchia di band, ha iniziato a distinguersi per maggior velocità, violenza ed attitudine estrema. Cominciava così a prendere forma un qualcosa di nuovo. Potremmo chiamarlo thrash estremo, thrash-death, proto-death o death metal pionieristico. Scegliete voi.
Fatto sta che ormai era stata accesa una fiamma che, dì lì a poco, sarebbe divampata in un vero incendio sonoro.
Non stiamo ancora parlando di Morbid Angel e Cannibal Corpse, che sono gruppi death già belli e fatti. E nemmeno di Slayer o Kreator, che pur avendo influenzato profondamente il genere, sono essenzialmente radicati nel thrash metal. Troveremo invece i lavori di mezzo, quelli che hanno fatto da ponte, o anello di congiunzione, tra Reign In Blood e Eaten Back To Life.
I dischi che passeremo in rassegna, a volte non sono neanche dei capolavori. Non di rado si tratta di album ancora acerbi. Nonostante tutto però, hanno avuto il merito di essere tra i primi ad esplorare nuovi territori estremi, facendo da apripista a future generazioni di musicisti.
Parliamo di anni nei quali thrash e death, hanno condiviso una strada comune. Al tempo infatti, in un ambito di metal estremo, i confini tra i generi erano ancora sottili e poco marcati. Spesso venivano mischiati nello stesso calderone. Solo con gli anni 90 poi, nonostante persistesse ancora un po’ di confusione (ricordo articoli dove venivano definiti death metal anche Pantera ed Impaled Nazarene), si è tracciato un solco più preciso che differenziasse le due correnti.
Noi invece ci concentreremo negli anni che intercorrono tra il 1985 ed il 1989, il periodo che ha maggiormente decretato il passaggio di timone fra il thrash ed il death. Vedremo quei dischi che correvano sul filo del rasoio tra le due correnti, riuscendo a fare da anello di congiunzione tra una e l’altra.
POSSESSED
-Seven Churches-
Primavera 1985: quattro liceali, approfittando delle vacanze pasquali, si chiudono in studio per registrare il loro disco d’esordio. Il risultato sarà un album destinato a divenire una pietra miliare. Seven Churches è un lavoro malsano ed oscuro come pochi all’epoca. Ritmiche serrate si intrecciano con suoni cupi e claustrofobici come non si erano ancora mai sentiti (si pensi che Reign In Blood verrà pubblicato appena l’anno dopo). Un’opera che segnerà in un certo senso un punto d’inizio e sarà una fonte di ispirazione per molti nomi della scena death. La voce arcigna di Jeff Becerra può essere definita una prima versione del growl. Lo stesso Chuck Schuldiner affermerà in più occasioni, di essersi ispirato al vocalist dei Possessed per forgiare il suo stile di canto.
Inoltre Becerra, in una recente dichiarazione, ha attribuito ai Possessed il ruolo di primi deathsters della storia. A sostegno di questa sua tesi, chiama in causa la canzone Death Metal, posta in chiusura di Seven Churches. Quasi a voler piantare il seme, da cui sarebbe sbocciato poi il genere stesso.
Negli anni a seguire si è molto dibattuto sul ruolo di Seven Churches sulla scena musicale. Quel che possiamo dire con certezza è che, se non era ancora death metal, sicuramente era quello che all’epoca gli si avvicinava di più.
MESSIAH
-Himn To Abramelin-
Formatisi in Svizzera nel 1983, i Messiah esordiscono sul mercato nell’86 con Hinm To Abramelin. La proposta del trio elvetico, è un metal estremo sguaiato ed un po’ caciarone. Le parti vocali sono distanti dal growl, favorendo uno screaming forsennato. Nell’insieme il disco è ancora fortemente radicato al thrash metal, ma in diversi passaggi si fà notare per una notevole violenza ed impatto.
Anche se siamo ancora lontani da lavori di nomi come Nile e Six Feet Under, Himn To Abramelin comunque anticipa una sorta di death embrionale. Sicuramente un interessante reliquia archeologica della musica estrema.
SLAUGHTER
– Strappado-
Da non confondere con l’omonima hair metal band di Las Vegas, gli Slaughter canadesi (con i quali collaborò per un breve periodo anche Chuck Schuldiner) pubblicano nel 1987 il loro unico album intitolato Strappado. La proposta del combo canadese si può definire un primordiale death/thrash con qualche elemento di hardcore. I brani sono molto rozzi e violenti con una tecnica sporca ed approssimativa. Ma la precisione esecutiva non è quello che interessa agli Slaughter, che preferiscono puntare tutto sulla velocità.
La voce di Dave Hewson, pur non essendo ancora growl, è un ringhio continuo. A volte un po’ monotono ma di una ruvidezza che ben si sposa alla musica della band. La copertina inoltre presenta un’immagine di ispirazione horror/splatter, anticipando quelle che avranno molta diffusione nel futuro movimento death. Pur non essendo propriamente una pietra miliare, Strappado evidenzia una brutalità abbastanza estrema per l’epoca. Forse sono stati una meteora questi Slaughter, ma hanno comunque dato un contributo alla nascita del death metal.
NECROPHAGIA
-Season Of The Dead-
Unendo la sua passione per il metal estremo ed i film horror, Frank Killjoy Pucci forma, nel 1983, i Necrophagia. La formazione, pur essendo sempre stata di nicchia, viene considerata da molti una band culto. Il loro esordio Season Of The Dead del 1987, è visto da più parti come uno degli album capostipiti del nuovo genere estremo. Produzione molto minimale, chitarre sporche e batteria martellante contribuiscono a creare una sorta di death metal pionieristico.
Il tutto contornato da una copertina che pare la locandina di uno zombie movie. Purtroppo Killjoy e soci non possono godersi i successivi anni ruggenti della scena death, in quanto si scioglieranno all’indomani della pubblicazione di questo esordio. Si riformeranno successivamente, potendo anche contare sulla collaborazione prestigiosa con Phil Anselmo. Nonostante ciò, i Necrophagia resteranno sempre confinati nell’underground, fino alla dipartita di Frank Pucci avvenuta nel 2018, che decreterà inevitabilmente la fine della band.
SARCOFAGO
-Inri-
Andarsene dai Sepultura per formare una band chiamata Sarcofago può dare l’impressione di scarsa originalità. Invece, chiuso il sodalizio con i fratelli Cavalera, Wagner Lamounier ne inizia uno nuovo con il bassista Gerardo Minelli, riuscendo a creare una band di spessore elevato.
Nonostante una tecnica ancora grezza e minimale, il debutto Inri è di una ferocia e una violenza devastanti, risultando molto avanti per la media dell’epoca. I pezzi trasudano un sentimento di odio ed un’attitudine malvagia. La voce poi sembra un vomito continuo di malevolenza e malignità. Nei suoi 28 minuti di durata il disco espone un susseguirsi di riff al fulmicrotone, innovativi blast beat e tremolo picking. Se i Sarcofago fossero stati americani, probabilmente oggi verrebbero considerati dei pilastri del metal estremo al pari di Venom e Slayer.
Va anche detto che, se in futuro dovessimo fare un articolo simile sul black metal, questo disco avrebbe ragione di venir menzionato anche lì. Infatti Inri è stato fonte di grande ispirazione per la scena scandinava degli anni 90, sia dal punto di vista musicale, quanto per quello estetico. Lo stesso Euronymous ne rimase affascinato, vedendo in questo album l’essenza del black metal. Wagner Lamounier però, rilasciò successivamente commenti poco lusinghieri nei confronti della scena norvegese. Non è dato sapere se, tali dichiarazioni, siano state rilasciate più che altro per prendere le distanze dai fatti criminosi che interessarono la Norvegia ad inizio anni 90. In ogni caso, dal punto di vista musicale, già con The Laws Of Scourge, i Sarcofago accentuano maggiormente la loro proposta a favore del thrash/death.
INCUBUS (OPPROPRIUM)
-Serpent Temptation-
Formati nel 1986 dai fratelli Howard come Incubus (poi divenuti Opprobrium), esordiscono nel 1988 con Serpent Temptation. Il terzetto di New Orleans è autore di un thrash/death molto influenzato dai classici come Slayer e Possessed. Serpent Temptation si presenta come un disco diretto ed aggressivo, risultando fra i più ruvidi di quelli in circolazione all’epoca. I riff di chitarra sono incisivi, e la batteria picchia come un martello pneumatico. Nei brani si alternano parti veloci proto-death ad altre più cadenzate di natura thrash. La voce è sporca ed abrasiva anche se non ancora completamente growl.
Il lavoro successivo Beyond The Unknown, coinciderà con lo scioglimento della band. Si riformeranno nel 1999 con il nome mutato da Incubus in Opproprium, per problemi di copyright con l’omonima alternative metal band californiana. Alcune ristampe più recenti dei primi due album infatti, sono state pubblicate con il nuovo nome Opproprium.
SEPULTURA
-Beneath the Remains-
Forse a qualche lettore più giovane sembrerà strano vedere i Sepultura in questo articolo, ma fino ai primi anni 90, il quartetto brasiliano era considerato death metal al pari di Obituary e Morbid Angel.
Dopo gli esordi fortemente ispirati da Venom, Celtic Frost e Kreator, i Sepultura pubblicano nel 1989 Beneath The Remains, un lavoro con il quale spostano ulteriormente la rotta verso gli orizzonti del nascente death metal. Merito anche del produttore Scott Burns, che venne spedito in Brasile dalla Roadrunner per tirare fuori il meglio dalla band, all’epoca molto promettente ma ancora un po’ acerba. Il risultato è un disco epocale, molto vicino all’orbita death, anticipandone anche una certa evoluzione.
I testi infatti, abbandonano le tematiche horror-sataniste a favore di argomenti a carattere sociale. Per quanto riguarda la parte musicale all’interno del disco troviamo autentiche bombe sonore che non lasciano scampo. La title track, Hungry o la monolitica Inner Self, sono autentici brani schiacciasassi. Nonostante la carica del disco, di tanto in tanto si evidenzia un certo approccio più ragionato; addirittura qualche sprazzo di melodia come in Mass Hypnosis. Un’anticipazione di come in futuro, anche nel death metal, si potranno fare lavori potenti senza ricorrere solo ed esclusivamente alla furia cieca.
SADUS
-Illusion-
Attivi dal 1984, il quartetto statunitense debutta nel 1988 con Illusion. Fin dalle prime battute, si viene investiti da una proposta musicale molto feroce, influenzata da formazioni quali Kreator e Slayer. Nella mezz’ora scarsa di durata, Illusion si fà notare per una notevole aggressività. La voce di Darren Travis, pur non essendo growl, si evidenzia con uno stile molto rabbioso.
Nonostante uno stile ancora grezzo, i Sadus dimostrano già dall’esordio di avere notevoli capacità. I brani infatti, oltre che da velocità e violenza, sono caratterizzati da una buona prestazione tecnica. Non a caso al basso troviamo un certo Steve Di Giorgio, che di lì a poco diverrà uno dei musicisti più quotati della scena estrema. Nonostante una parte musicale molto tecnica, non possiamo parlare di un disco technical death metal con elaborate parti strumentali. Quelli presenti su Illusion invece, sono pezzi diretti che non vanno mai oltre i quattro minuti di durata.
PESTILENCE
-Malleus Maleficarum-
Una parte della nascita del death metal passa anche dalle parti dell’Olanda. Pubblicato nel 1988, Malleus Maleficarum è un album in cui i Pestilence risentono ancora delle influenze thrash, ma lasciano itravedere già una sostanziosa componente di death metal in fase embrionale. La proposta sonora punta molto sull’ aggressività.
Pur essendo ancora lontano dalle produzioni future, già sul disco d’esordio i Pestilence danno prova di buone capacità esecutive. Un disco che, pur essendo ancora acerbo, sarà la rampa di lancio per la carriera della band e contribuirà a dare uno slancio alla corrente death metal europea.
DEATH
-Scream Bloody Gore-
Un album che non ha certo bisogno di presentazioni. Scream Bloody Gore è considerato all’unanimità l’atto di nascita definitivo del death metal. Probabilmente il disco che più di tutti ha segnato il cambio di passo decisivo nel metal estremo. Pur essendo ancora radicato a certe radici thrash, nel disco sono già presenti tutti gli elementi strutturali del death. Ritmiche serrate, chitarre distorte, bruschi cambi di tempo, assoli veloci. Anche la voce di Chuck Shuldiner si può dichiarare una definitiva versione di growl, figlia diretta di quanto anticipato da Jeff Becerra qualche anno prima. Infatti sono proprio i Death che raccoglieranno il bouquet di ortiche lanciato dai Possessed con Seven Churches, diventandone i legittimi eredi. Sarà infine, qualche anno dopo che, prendendoli come paragone, un giornalista parlerà di metal alla Death. Ed ecco che anche il nome del genere è cosa fatta, chiudendo in un certo senso, il cerchio iniziato da Becerra & company con la canzone Death Metal qualche anno prima.
Ovviamente siamo ancora lontani dalle composizioni articolate a cui i Death ci abitueranno in futuro. I pezzi qui presenti sono molto spartani, e la produzione è sporca e grossolana. Inoltre all’epoca, il disco non fu digerito da tutti. Molte testate del settore lo stroncarono o non gli diedero grande importanza. Ovviamente non erano ancora pronti per un lavoro di questo genere. Scream Bloody Gore era ancora troppo estremo, violento, malato ed oscuro. Ma era proprio quello che Chuck Shuldiner aveva in mente di fare.