Live Report: Helloween e Hammerfall @ Sporthalle + visita alla tomba di Ingo Schwichtenberg ad Amburgo
HELLOWEEN: un week-end ad Amburgo.
La tomba di Ingo Schwichtenberg + live report: Helloween + Hammerfall @ Sporthalle
Quello che state per leggere è il resoconto di un weekend speciale, che rappresenta il coronamento di un sogno nato molti anni fa, nella mente di un giovane metalhead. Per poter essere compreso in tutto il suo significato, però, questo weekend deve essere narrato dallâinizio, in ogni suo dettaglio.
Erano gli ultimi mesi del 2019 e gli Helloween, dopo il successo planetario riscosso con il Pumpkins United World Tour 2017/2018, stavano pianificando una seconda tournĂŠe, che li avrebbe portati di nuovo a girare lâintero globo terrestre per glorificare la tanto attesa reunion. Scorrendo velocemente tutte le date fissate, una, in particolare, attirò la mia attenzione: 17 ottobre 2020, Sporthalle, Amburgo. Era un sabato, giornata perfetta per puntare a una trasferta in terra tedesca senza incorrere in troppe seccature a lavoro. Una spedizione che mi avrebbe permesso di assistere a uno show degli Helloween a casa loro, nella cittĂ che li ha visti nascere. Ad Amburgo, inoltre, vi è la tomba di Ingo Schwichtenberg, Mr. Smile, il primo batterista delle Zucche, tristemente venuto a mancare lâ8 marzo 1995. Questa riflessione mi proiettò a ritroso nel tempo, mi catapultò subito nella seconda metĂ degli anni Novanta, quando ascoltai per la prima volta gli Helloween. Era 1996: fu amore a prima vista, o a primo ascolto, verrebbe da dire. Dovevo ancora compiere sedici anni. Di lĂŹ a poco recuperai tutta la discografia delle Zucche e gli Helloween divennero ben presto il mio gruppo preferito, una band capace di emozionarmi in un modo unico, una formazione in grado di catturarmi con le sue melodie. Gli Helloween rappresentavano tutto per me e il passaggio successivo fu quello di iniziare a seguirli live. E dagli anni Novanta a oggi posso dire di averli visti molte volte, parecchie volte. In quegli anni, però, câera solo un componente delle Zucche che non avrei mai potuto vedere, nĂŠ con gli Helloween nĂŠ con altre formazioni. Un componente a cui sono sempre stato legato, per mille motivi. Un componente di cui ho sempre riconosciuto la grande classe, di cui ho sempre ammirato il genio e lâimportanza storica, visto che il suo drumming è riuscito a innovare un certo modo di intendere la batteria nellâheavy metal. Mi sto ovviamente riferendo a Ingo Schwichtenberg.
Era il 1998 quando promisi a me stesso che almeno una volta nella vita, prima di lasciare questo mondo, sarei andato da Ingo, alla sua tomba e gli avrei reso omaggio per tutto ciò che rappresentava, e rappresenta, per me. Lo avrei ringraziato a modo mio, come meglio avrei potuto. E quella data, il 17 ottobre 2020, rappresentava lâoccasione perfetta per mantenere tale promessa. Era deciso, quindi: il 17 ottobre 2020 sarei andato ad Amburgo.
Nel 2020, però, avvenne lâimprevisto: la pandemia, il lockdown, il blocco dei concerti, dei voli, degli spostamenti. Gli Helloween iniziarono a posticipare il tour, mantenendo validi i biglietti venduti fino a quel momento. Nel 2021, poi, pubblicarono un nuovo album e quella reunion, nata forse solo per alcune date live, si trasformò in qualcosa di piĂš grande, assunse un significato intenso, che sanciva la fine di anni di odio e astio inutile. Una band che negli anni Ottanta era lanciata, pronta a dominare il mondo, aveva finalmente fatto pace con sĂŠ stessa, permettendo al presente e al passato di coesistere e di dare un nuovo senso al futuro.
Passata la pandemia, un poâ alla volta i concerti ripresero e riuscii a rivedere gli Helloween in Italia. A casa, però, conservavo ancora il biglietto per la data di Amburgo: prima o poi sarebbe stata confermata, doveva essere confermata. Nel 2022, finalmente, dopo aver posticipato per ben tre volte il concerto, arrivò lâatteso annuncio: gli Helloween si sarebbero esibiti ad Amburgo il 6 maggio 2023. Finalmente avrei potuto omaggiare Ingo.
5 maggio 2023: la tomba di Ingo Schwichtenberg
Arriviamo ad Amburgo venerdĂŹ 5 maggio, alle dieci e trenta del mattino, circa. Ad accompagnarmi in questa trasferta in terra tedesca câè il mio brothers of metal Alessandro, fanatico delle Zucche, come il sottoscritto. Usciti dallâaeroporto la nostra intenzione è di dirigerci verso lâhotel, pranzare e rilassarci un attimo. Alla fine, tra una cosa e lâaltra, sono riuscito a dormire solo unâora questa notte, un poâ di riposo è necessario. Ci mettiamo a osservare la pianta della metropolitana per capire come arrivare allâalbergo, quando mi accorgo che dallâaeroporto abbiamo la possibilitĂ di raggiungere il Waldfriedhof Volksdorf, il cimitero di Amburgo in cui Ingo Schwichtenberg ha trovato la pace eterna.
Acquistiamo i biglietti e saliamo in metropolitana, con la speranza di non commettere errori durante il tragitto. Non conosciamo il tedesco e raccogliere informazioni è tuttâaltro che facile. Un paio di fermate dopo lâaeroporto, nella nostra carrozza, sale una ragazza. Immagino sia autoctona: glielo chiedo: lo è, e fortunatamente parla inglese. Le spiego la nostra situazione e, confidando possa fornirci qualche info, le dico dove siamo diretti. Ci confessa che non sa arrivare al cimitero, non ci è mai stata. Ci consiglia di scaricare lâapp dei mezzi pubblici di Amburgo e ci traccia lei il percorso, mostrandoci come usarla. Fantastico: siamo padroni di noi stessi e del nostro tempo.
Non essendo mai stata al Waldfriedhof Volksdorf, però, la nostra amica ci programma la fermata sbagliata. Scendiamo una stazione prima e quando ce ne accorgiamo è troppo tardi. Decidiamo di raggiungere il cimitero a piedi, la distanza non è eccessiva, sono poco meno di tre chilometri. Alla fine, per noi, quello di oggi è una sorta di pellegrinaggio, è giusto affrontarlo a piedi.
La particolaritĂ del Waldfriedhof Volksdorf è di trovarsi allâinterno della foresta di Volksdorf e il nostro cammino ci porta a perdere contatto con il mondo contemporaneo e ad addentrarci nella pace della natura della Germania del Nord. I sentieri sono stupendi e veniamo accolti dal canto dei merli e dei pettirossi, assieme a qualche picchio, che si diverte a fare capolino davanti a noi, lungo il sentiero.
Arriviamo finalmente al cimitero: è da poco passato mezzogiorno. Entriamo da un ingresso secondario, non dallâingresso principale. Perdo i miei riferimenti. Troviamo una cartina del Waldfriedhof Volksdorf. So che Ingo si trova nellâarea B, sezione H. Dalla cartina sembra facilissimo arrivarci, ma nella realtĂ non è cosĂŹ: le sezioni non sono indicate, non capiamo in quale punto del cimitero ci troviamo. Iniziamo a girare a caso, con pochi frutti. Decidiamo di dividerci, nella speranza di velocizzare la ricerca.
Dopo aver fatto alcune decine di metri, non molto distante da me noto una signora anziana che sta lasciando dei fiori su una tomba. Mi avvicino; parla inglese; le chiedo se sa dove sia lâarea B. Mi risponde che non lo sa e mi consiglia di tornare allâingresso e visionare la cartina. Dice che lâarea in cui siamo è la A. Tra me e me penso: âSe questa è la A, quella dopo sarĂ la Bâ. Saluto la signora, ritorno nel vialone principale e allâincrocio successivo giro a destra. Qualcosa attira subito la mia attenzione: una zucca, forse di terracotta, e due lanterne: è lei, è la tomba di Ingo.
Ă difficile da spiegare, posso solo dire che le emozioni, ora, sono fortissime. Perdo un poâ di luciditĂ , non so se proseguire o meno. Mi fermo un attimo, chiudo gli occhi, faccio un respiro profondo. Ci sono, sono tornato in me, sono ancora un poâ confuso, ma la situazione è di nuovo sotto controllo. Mi avvicino alla tomba, fino a trovarmici davanti: lâemozione è davvero tanta e la luciditĂ torna a venire meno.
Davanti a me riposa uno dei miei punti di riferimento nellâuniverso heavy metal, un musicista incredibile, che ha saputo trasmettermi emozioni uniche, difficili da descrivere. Ripenso subito alle canzoni che lo hanno visto protagonista dietro la batteria, pezzi che hanno fatto la storia del metal. Penso a quanto fossero originali e innovativi quegli Helloween, penso a quanto sia stato innovativo Ingo. Penso al suo tormento interiore, penso a quanto la vita sia ingiusta. Rimango ipnotizzato dalle manifestazioni di affetto che i fan hanno lasciato sulla tomba: ci sono le tipiche zucche di Halloween, una targa commemorativa portata da dei fan argentini e poi câè la lapide incastonata nel terreno, in cui compaiono due bacchette e la scritta âWas der tod bringt fuhrt zum lebenâ [Quello che la morte porta con sĂŠ, guida verso la vita, n.d.a.].
Nella mia testa câè un poâ di confusione. Mi accorgo di non aver ancora chiamato Alessandro: gli telefono e gli spiego dove sia la tomba. Mi raggiunge poco dopo. Un poâ di commozione affiora in entrambi. Rompo il ghiaccio estraendo dallo zaino il mio omaggio a Ingo: un porta candele a forma di zucca. Lo depongo sulla tomba e stiamo lĂŹ, in silenzio, per un poâ. Iniziamo poi a prestare maggiore attenzione a come gli altri fan abbiano ricordato Ingo, in particolare a quella targa metallica lasciata da una coppia di argentini, che recita: âRiposa in pace Ingo Schwichtenberg. Nico e Bly dallâArgentina. Ingo fly free, maggio 2012â. Non so a cosa stia pensando Alessandro, so però a cosa sto pensando io: è incredibile come unâartista possa lasciare un segno indelebile della propria esistenza, come possa diventare immortale.
Guardo lâora: è lâuna e mezza. Non so quanto siamo rimasti alla tomba, il tempo è volato. Decidiamo di dirigerci verso lâhotel, abbiamo oltre unâora di metropolitana e la fame inizia a farsi sentire. Salutiamo Ingo e ci dirigiamo verso lâuscita. Solo in questo momento inizio a focalizzare dove mi trovo e quanto il Waldfriedhof Volksdorf sia diverso dai tipici cimiteri italiani: è unâarea verde, enorme. Ci sono alberi e arbusti ovunque, le tombe sono immerse in un mare verde, tale appare il manto erboso, curato in ogni dettaglio. Alcuni fiori sono sbocciati dagli arbusti e il canto degli uccelli ci culla. Vengo colto da una sensazione di pace, di serenitĂ . Il Waldfriedhof Volksdorf è davvero un posto magico.
Passiamo davanti alla cappella votiva del cimitero e in quel momento ripenso alla tomba di Ingo. Nella mia mente iniziano a materializzarsi tante cose: la mia collezione degli Helloween, riecheggiano le canzoni che hanno avuto Ingo protagonista, compaiono i video su youtube che lo ritraggono in azione, le sue interviste, le sue foto, con quel sorriso sempre in primo piano. Penso poi al suo dolore interiore, a quanto possa essersi sentito incompreso, a quanta disperazione possa aver provato per trovare la forza di compiere il gesto estremo con cui ha posto fine alla sua vita. Penso a quella targa metallica, deposta da due fan, dallâArgentina. Penso a quanta strada abbiano fatto per portare quellâomaggio. I miei occhi diventano lucidi e un paio di lacrime solcano il mio viso. Non so a cosa stia pensando Alessandro, ma siamo amici da una vita, siamo come fratelli: se lo conosco come credo, immagino i suoi pensieri non siano tanto diversi dai miei.
Mi fermo un attimo, lascio che Alessandro vada avanti, faccio un respiro profondo e riesco a tornare in controllo della situazione. Facendo finta di nulla, in veneto, gli dico: âOuh, vècio, spetameâ. Giriamo lâangolo e davanti a noi si materializza un vero e proprio giardino, con dei tavoli e delle panchine in legno. Ai lati estremi di questo giardino ci sono una serie di tombe, in mezzo a dei fiori. Ci sediamo un attimo. Un corvo inizia a saltellare poco distante da noi, si dirige verso una delle tombe. Sembra quasi di assistere alla scena de âIl Corvoâ, in cui Eric Draven ritorna in vita dopo il picchiettio sulla sua lapide da parte dellâuccello nero. Ă solo unâillusione: il corvo del Waldfriedhof Volksdorf non va a beccare la lapide, ha solo bisogno di bere e si disseta con lâacqua presente in un vaso da fiori, davanti alla tomba.
Sono quasi le due del pomeriggio quando usciamo dal cimitero e ci dirigiamo alla metropolitana.
6 maggio 2023: live report: Helloween + Hammerfall @ Sporthalle
Verso le sei e mezza del pomeriggio iniziamo a dirigerci verso il Sporthalle Alsterdorfer. Rimaniamo subito colpiti di non incontrare altri metalhead in metropolitana, tanto che iniziamo a chiederci se il concerto sia stato posticipato o meno. Scesi alla fermata Sporthalle, capiamo che il concerto câè: vediamo infatti vari appassionati che stanno consumando le ultime birre prima di entrare nel palazzetto. Dopo una piccola coda, verso le sette e mezza facciamo il nostro ingresso allo Sporthalle. Lâora indicata per lâinizio dei concerti erano proprio le sette e mezza e, infatti, in sottofondo sentiamo le note di âBrotheroodâ: gli Hammerfall sono giĂ entrati in scena. Seguiamo le indicazioni per trovare un ingresso allâarea concerti e una volta entrati veniamo accolti da uno Sporthalle stracolmo: platea e gradinate sono strapiene di appassionati. Ecco perchĂŠ non avevamo incontrato metalhead in metropolitana: erano giĂ tutti dentro!
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HAMMERFALL
Sebbene ci troviamo ad avere unâautentica marea umana davanti a noi, riusciamo comunque a godere di una buona visuale. Gli Hammerfall si dimostrano in stato di grazia e regalano una prestazione carica di adrenalina, che raccoglie tutti gli elementi dellâheavy metal: energia, maestositĂ , epicitĂ e aggressivitĂ scenica. Joacim Cans è lâassoluto mattatore dello show, rivelandosi il solito animale da palco, un vero e proprio trascinatore. Gli Hammerfall pescano a piene mani dalla propria discografia, potendo contare su classici immortali come âThe Metal Ageâ, âBlood Boundâ o âRenegadeâ, canzone che mette a ferro e fuoco lâintero Sporthalle. E se ti puoi permettere di piazzare certi colpi nella prima parte del tuo show, beh, hai la vittoria in pugno. Certo, lâultimo lavoro, âHammer of Dawnâ, spicca nella setlist del combo svedese, ma Dronjak e compagni dimostrano di conoscere i propri fan e di non volerli deludere. I suoni sono curatissimi e i volumi, rispetto a quanto avviene in Italia, risultano molto piĂš educati. Come dicevamo, sul palco gli Hammerfall girano che è un piacere, appaiono in forma strepitosa e tengono la scena con quella sicurezza maturata in quasi trentâanni di carriera. La fase conclusiva dello show è caratterizzata da un classico dietro lâaltro: âLast Man Standingâ, âLet the Hammer Fallâ e lâimmancabile âGlory to the Braveâ, cantate a squarciagola dal pubblico. Gli Hammerfall, inoltre, per festeggiare i ventâanni di âCrimson Thunderâ, mettono a segno un medley che raccoglie i momenti salienti di quel fortunato disco, accolto con gioia dai presenti. Siamo alle battute conclusive dello show e con â(We Make) Sweden Rockâ gli Hammerfall salutano il pubblico. Ă chiaro a tutti che il saluto sia solo momentaneo: un pezzo, in particolare, manca allâappello. Il combo svedese, infatti, torna subito allâattacco e dopo lâepica âHammer Highâ piazza la zampata finale, quella âHearts of Fireâ che rappresenta uno dei classici indiscussi del nuovo millennio, canzone che trasforma lo Sporthalle in unâautentica bolgia. Show pazzesco, nientâaltro da dire.
Setlist:
Brotherhood
Any Means Necessary
The Metal Age
Hammer of Dawn
Blood Bound
Renegade
Venerate Me
Last Man Standing
Hero’s Return / On the Edge of Honour / Riders of the Storm / Crimson Thunder (Crimson Thunder 20th anniversary medley)
Let the Hammer Fall
Glory to the Brave
(We Make) Sweden Rock
Encore:
Hammer High
Hearts on Fire
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HELLOWEEN
Durante le battute conclusive dello show degli Hammerfall ci siamo spostati sulle scalinate e sfruttando il cambio palco, in cui di solito gli assetati si dirigono al bar, riusciamo a conquistare un posto a ridosso del pit gold. Potremo quindi apprezzare lo show degli Helloween da una posizione decisamente migliore rispetto a quella che avevamo con gli Hammerfall. Verso le nove e quarto le luci dello Sporthalle si spengono nuovamente e lâenorme telo nero che copre il palco, su cui campeggia il logo degli Helloween, viene lasciato cadere, svelando la scenografia della formazione tedesca. âHalloweenâ viene usata come intro, mentre sui grandi schermi vengono proiettate delle grafiche, in tipico stile Helloween, che richiamano le sette chiavi. Presto, però, âHalloweenâ lascia spazio a âOrbitâ e sugli schermi compare lâartwork di âHelloweenâ, chiaro segnale del pezzo con cui le Zucche apriranno lo show. Weikath e compagni entrano in scena e partono a mille con una âSkyfallâ suonata da paura. Lo Sporthalle risponde con clamore e raggiunge ben presto lâebollizione. I suoni risultano curatissimi e sul palco le Zucche sono davvero uno spettacolo, con un Markus Grosskopf che non sta fermo un attimo, mettendo a segno la âsolitaâ prestazione stellare. Lâenergia e lâentusiasmo con cui aggredisce il palco potrebbero fare invidia a un ventenne. Da quando è avvenuta la reunion con Kiske e Hansen questa è la terza volta che vedo gli Helloween, ma lâatmosfera di stasera ha qualcosa di speciale. Sul palco i magnifici sette sembrano uniti come mai li avevo visti prima, facendo capire quanto il legame tra loro sia diventato forte. E vedere Weikath e Hansen duellare con la chitarra, spalla a spalla, stasera assume un sapore diverso, è un qualcosa di speciale. Che sia per il concerto ad Amburgo, a casa loro, o per le emozioni vissute il giorno prima, alla tomba di Ingo, poterli vedere questa sera fianco fianco regala sensazioni magiche. Soprattutto perchĂŠ i due, supportati da un superlativo Sascha Gerstner â autentico asso nella manica della formazione tedesca â, dimostrano di avere unâintesa e una complicitĂ uniche. La scaletta della serata prevede tre pezzi dallâultimo âHelloweenâ, tre canzoni che rappresentano al meglio lâanima dellâultima fatica delle Zucche: la giĂ citata âSkyfallâ, âMass Pollutionâ e la splendida âBest Timeâ, accolta con un vero e proprio boato dal pubblico, il cui ritornello, in particolare la frase âYesterday is history, tomorrow is a mysteryâ viene scandita a gran voce dallâintero Sporthalle. Il resto dello show è tutto incentrato sul passato degli Helloween e a fare la voce grossa ci pensa quel capolavoro intitolato âKeeper of the Seven Keys Part IIâ da cui, nella parte iniziale dello show, i Nostri propongono una âEagle Fly Freeâ assassina e âSave Usâ. Kiske, in entrambe, ha dei piccoli passaggi a vuoto: nel finale di âEagle Fly Freeâ appare in difficoltĂ , mentre in âSave Usâ entra completamente fuori tempo nella seconda strofa, recuperando nel successivo ritornello. Inezie. Deris è decisamente piĂš in palla: sul palco è il solito mattatore, capace di tenere il pubblico in pugno per tutta la durata dello show, e vocalmente è davvero in forma strepitosa. Lo testimonia una âPowerâ suonata e cantata alla perfezione, che coinvolge il pubblico in continui cori e vocalizzi. Lo show prosegue, incalzante, e quando arriva il momento del medley di âWalls of Jerichoâ, sul palco irrompe Tim Hansen, il figlio di Kai. Tim si impossessa della chitarra e Kai si occupa solo del microfono: un qualcosa di atipico, ma che trasmette emozioni su emozioni. E con questa formazione speciale le Zucche piazzano subito dopo âHeavy Metal (Is the Law)â, uno degli inni dellâheavy metal anni Ottanta, cantato a squarciagola dal pubblico tedesco. Ultimato il momento dedicato a âWalls of Jerichoâ, Tim Hansen saluta il pubblico, riceve lâabbraccio del padre e rientra nel backstage, tra gli applausi. Stiamo per avvicinarci alle battute conclusive dello show e dopo lâormai abituale versione acustica di âForever and One (Neverland)â, cantata da Kiske e Deris, accompagnati alla chitarra da Gerstner, gli Helloween sfoderano due autentici pezzi da novanta: âDr Steinâ e âHow Many Tearsâ. Proprio âHow Many Tearsâ, posta in chiusura, impressiona per la prestazione dei singoli, in particolare di Dani LĂśble, che dopo due ore di show continua a picchiare con potenza e precisione magistrali. La versione a tre voci di âHow Many Tearsâ, poi, dĂ una marcia in piĂš a una canzone che sa giĂ fare la differenza di suo, per un finale a dir poco stellare. Gli Helloween entrano nel backstage, una mossa che fa ormai parte dello spettacolo. A gran voce vengono chiamati dal pubblico e le Zucche tornano in scena con due classici immortali: âPerfect Gentlemanâ e la splendida âKeeper of the Seven Keysâ. Secondo ingresso nel backstage per chiudere poi le danze con lâimmortale âI Want Outâ, canzone simbolo degli Helloween e di tutto il movimento power metal. Il finale è una vera festa, con degli enormi palloni, a forma di zucca, che inondano lo Sporthalle. Lo show degli Helloween si conclude con una serie di botti e coriandoli sparati sul pubblico, per poi salutare lo Sporthalle con la classica foto dal palco. Prestazione fantastica, forse la migliore che io abbia mai visto degli Helloween, tanto che le piccole sbavature messe a segno da Kiske vengono presto dimenticate. Usciamo dallo Sporthalle con il sorriso stampato in faccia, segno tangibile di una serata da incorniciare.
Setlist:
Skyfall
Eagle Fly Free
Mass Pollution
Future World
Power
Save Us
Metal Invaders / Victim of Fate / Gorgar / Ride the Sky â with Tim Hansen
Heavy Metal (Is the Law) â with Tim Hansen
Guitar Solo â Sascha Gerstner
Best Time
Forever and One (Neverland)
Dr. Stein
How Many Tears
Encore:
Perfect Gentleman
Keeper of the Seven Keys
Encore II:
I Want Out
Â
Marco Donè