Off the Metal: “Miriam si sveglia a mezzanotte” (The Hunger) di Tony Scott, 1983
Presentiamo oggi la nostra rubrica “Off the Metal“: un nuovo contenitore nel quale tratteremo storie, aneddoti, curiosità non esclusivamente inerenti alla musica, ma in qualche modo legate da quel sottile fil rouge. Recensioni, articoli e notizie di Anime, film, fumetti, videogiochi, Serie TV, libri e chi più ne ha, più ne metta!
Iniziamo con “Miriam si sveglia a mezzanotte” (The Hunger) di Tony Scott, del 1983. Film dove troviamo un giovane David Bowie.
Raffinato, lussurioso, decadente. Non ci sono altri aggettivi in grado di descrivere meglio questo film. E difficilmente potrebbe essere altrimenti quando si suole rivisitare il mito del vampiro con un approccio moderno e altamente sensuale, sullo sfondo dei patinatissimi anni ‘80.
“The Hunger” – tradotto in Italia con l’improbabile titolo che conosciamo – era in origine il romanzo di Louis Whitley Strieber del quale la major MGM intendeva fare una trasposizione cinematografica affidando, in un primo momento, la regia ad Alan Parker che, però, abdicherà in favore dell’esordiente Tony Scott, fratello minore del più famoso Ridley. Per il suo primo lungometraggio il regista trasfonde in esso tutta la propria esperienza in campo pubblicitario, ricorrendo ad un’estetica particolarmente ricercata capace di esaltare la potenza delle immagini, sublimate da una fotografia elegante e da una colonna sonora memorabile, tra musica classica e rock/darkwave. Quelli che sono i canonici temi della letteratura nonché della filmografia sul vampirismo, come l’amore e la vita eterna, vengono qui declinati in senso tragico e melanconico, una condizione ineluttabile a cui i protagonisti non possono sfuggire. Loro sono Catherine Deneuve, Susan Sarandon e il “Duca Bianco” David Bowie, mai più così bellissimi e così affascinanti.
Nella moderna New York dei primi anni ‘80 vivono i coniugi Blaylock, una coppia di vampiri costretta a cacciare giovani prede per rifocillarsi con il loro sangue e conservare così la propria giovinezza. Lei, Miriam (Catherine Deneuve), è una vampira millenaria che nel corso del tempo ha dovuto cambiare più compagni in quanto questi ultimi, ad un certo punto, andavano incontro ad un decadimento fisico rapido e inesorabile. La stessa sorte sembra adesso toccare all’attuale marito John (David Bowie) il quale disperato si rivolge a una ricercatrice, Sarah Roberts (Susan Sarandon), che conduce studi sull’invecchiamento affinché questa lo aiuti. La donna inizialmente non gli crede e John deperisce ogni minuto di più sino a divenire una sorta di zombie incartapecorito che la moglie conserverà in soffitta assieme ai precedenti compagni non-morti. Un giorno, spinta dal rimorso, Sarah si presenta a casa dei Blaylock in cerca di John ma si ritrova davanti Miriam. Tra le due nasce una fortissima attrazione.
La cornice contemporanea newyorkese fa da sfondo a un melodramma dark di vibrante passione, di vita e di morte che non sono altro che due facce della stessa medaglia. Fra atmosfere eteree, di case che sembrano sospese nel tempo, e night-club in cui risuonano i vocalizzi di Peter Murphy con i suoi Bauhaus in “Bela Lugosi’s Dead”, si muove la coppia di vampiri più bella del cinema, una Deneuve e un Bowie all’apice del proprio fascino. La vita eterna per Miriam più che un dono sembra ormai una condanna, costretta nel corso dei secoli a rinunciare ai suoi grandi amori che, diversamente da lei, non riescono a rimanere giovani, eppur ancora in stato di coscienza. Il vampirismo, dunque, appare come autentica dannazione, segnato da un destino tragico nella sua fatale ineluttabilità. Il personaggio della Sarandon in tal senso appare come un’àncora di salvezza, per John prima e per Miriam dopo, tuttavia capace di conservare un barlume di lucidità per liberarsi del peso di una condanna certa.
La cura scenografica e la bellissima fotografia che privilegia la luce fredda rendono questo film di un’eleganza eccezionale, dove l’eros acquisisce un ruolo predominante ma mai invadente, mai volgare, al contrario, molto soffuso e sensuale. Splendida la sequenza dell’amplesso fra le due protagoniste (la Deneuve è però controfigurata), fra veli svolazzanti e le impalpabili note dell’opera “Lakmé” di Léo Delibes. La scena dell’invecchiamento accelerato di David Bowie è, poi, pura arte visiva. Per non parlare del magnifico lavoro di montaggio della sequenza iniziale, che ammanta fin da subito lo spettatore.
“The Hunger” rimane ancora oggi tra le migliori pellicole sul tema, in particolare fra gli ultimi film in ordine di tempo che trattano degnamente di vampirismo prima della deriva commerciale e teen-oriented dei vari “Twilight” et similia.