Thrash

Once Upon A Time In The Pit – Jester Beast, The First Five Years (Mostly)

Di Heintz Zaccagnini - 15 Ottobre 2018 - 13:00
Once Upon A Time In The Pit – Jester Beast, The First Five Years (Mostly)

 

 

ONCE UPON A TIME IN THE PIT – JESTER BEAST, THE FIRST FIVE YEARS (MOSTLY)

a cura di Heintz Zaccagnini

Una piccola premessa …

C’era una volta l’undergound italiano della seconda metà degli ottanta, in cui il crossover (inteso in senso di fenomeno non musicale) era un dato scontato o quasi. In quei tempi lontani spesso i thrashers andavano a vedere i concerti HC e frequentavano i centri sociali (si, lo so, succede anche oggi – ma in misura meno rilevante e la cosa è molto a macchie di leopardo). Diciamo pure che la faccenda aveva preso la forma di un trend, di una piccola moda, e che qualche episodio aveva il sapore del  bandwagoning… NON TUTTI avevano capito lo spirito della cosa e qualcun altro se ne è pure accorto, anche se con un tempismo pessimo (l’anno dopo usciva Dookie dei Green Day), ma il dato e il pezzo restano.

 

 

…E arriviamo ai Jester Beast

Tra l’86 e il ’90 quelli che secondo il mio umilissimo parere sono stati i migliori gruppi thrash metal italiani vennero su, chi più chi meno, a contatto con la scena HC, Braindamage e Jester Beast a Torino, a Pisa i Tossic (ma qui sono di parte) – con questo non voglio certo sminuire Bulldozer e Schizo (Extrema e Necrodeath mai stati nelle mie corde, sorry guys, no offence meant).
Ecco, nel “chi più chi meno” i Jester Beast stavano decisamente dalla parte del “più”.
Esisteva una prima versione della band con Tony Lionetti alla batteria, Steo Zapp alla voce, Attilio Scalabrini (classe 1953) alla chitarra, Orlando Furioso al basso. Era un gruppo locale, poco noto al di fuori della cerchia torinese (avevano dei fedelissimi a Bologna), di cui è praticamente irreperibile qualsiasi tesistimonianza sonora. Nel 1986 Attilio muore investito da un ubriaco. Lo shock è profondo ma, per dare continuità al gruppo, arriva a dare una mano Tax Farano (Negazione) con la sua chitarra, mentre si cerca un sostituto in pianta stabile. Tony capita al concerto di un altro gruppo locale, i Tomahawk, con CC Muz alla chitarra e Ivano Keeodo al basso. Resta colpito e, visto che nel frattempo Orlando se ne è andato, li recluta entrambi per i Jester Beast. Lì per lì la band pensa pure di cambiare nome, ma tra una cosa e l’altra non se ne farà di nulla. Si mettono subito al lavoro, e iniziano a produrre quello che sarà il materiale del nuovo demo. All’epoca hanno in scaletta anche vecchi brani Jester beast (Psycopathic e Still Born, presenti sul primo demo del gruppo, 1985), brani dei Tomahawk (Labirynth, Mosh The Rush), un loro brano HC (Suck my powerful dick – che successivamente sarà trasformato in Jester’s Day) e, udite udite, una cover di Barbed Wire World dei CCM – fatto che li qualifica come un gruppo metal estremamente atipico (nonché come l’unica band di cui si sappia che abbia fatto una cover dei CCM).
Una serie di concerti di spalla ai Negazione, quindi nell’88 fanno uscire il loro nuovo demo.

 

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A differenza dei Braindamage, che hanno messo più tempo a sviluppare il loro potenziale, i Jester Beast sono stati un gruppo che ha raggiunto lo status di cult band con il primo demo della nuova formazione, Destroy After Use (come dire, buona la prima). E si può anche affermare che siano stati per il thrash italiano quello che sono stati i Void per l’hardcore punk. Un pugno di pezzi, quelli del demo, rimasti nella memoria di molti, un nome che viaggiò perlopiù tramite il passaparola e grazie a qualche recensione su fanzine e riviste dell’epoca. Di quel tempo Steo Zap dirà:

 

Eravamo poco più che maggiorenni con una vita molto disordinata: tanti vizi, molta rabbia e zero compromessi. Torino è sempre stata (e lo è ancora) una fucina di ottime band sia nella scena tipicamente metal e soprattutto in quella dell’hardcore. In quest’ultima noi ci rispecchiavamo maggiormente per ideologie e stile di vita (qua)

 

In tempo di accelerazione parossistica (Wehrmacht, Cryptic Slaughter, Sadus) loro erano velocissimi, violenti, tecnici, con una buona dose di spirito hardcore (100% Freak-Core, era stampato sulla copertina del demo). Avevano i riff, il songwriting, i pezzi assolutamente memorabili (Destroy After Use, Claustrophobic Autogamic, con il suo geniale riff iniziale). Avevano tutte le carte in regola, e pure nel momento giusto (cosa più unica che rara, per un gruppo metal italiano).
Il nome dei Jester Beast è rimasto nell’iconografia dell’hardcore italiano grazie alla loro partecipazione al record release party di Little Dreamer dei Negazione.

 

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Quindi nell’88 la band aveva al proprio arco tutte le frecce immaginabili:  era già pronto il materiale per il loro primo lp e il demo aveva generato grandi aspettative su di loro. Ma ci furono dissidi all’interno del gruppo, e Keeodo lasciò.
Nel 1989 si recano col nuovo bassista Mario “Pinotto” Garitta a registrare vicino Pisa, in quegli West Link Studios la cui origine era legata a doppio filo con le vicende di GDHC (GranDucato HardCore, per gli ignari).
In quel periodo ho memoria di due date, una a Pisa e una a Livorno, francamente incomprensibili per la scelta della location e la modalità dell’organizzazione. In entrambi i casi promozione pressoché nulla, un pugno di persone a guardarli suonare. Ma ho ancora il vivido ricordo di Zapp che introduce il loro set con un roco “J-J-J-Jesterbeast”, di Illogical Theocracy ascoltata per la prima volta dal vivo. La registrazione dell’album è lunga e laboriosa. Finito il lavoro, incredibile a dirsi, il gruppo si sbanda e i membri non si vedono più per mesi. Il fatto è che, da quel che percepivo io all’epoca, parlando con Tony, i Jester Beast erano una compagine percorsa da forze disgregatrici, profondamente anarchica nei comportamenti, che il batterista cercava disperatamente di ricondurre ad una parvenza di obiettivo comune e condiviso, senza troppo successo. In realtà c’era di mezzo anche una differenza di vedute. Muz continuava a sentire i Jester come qualcosa di estremo e quindi i dissensi che avevano portato all’uscita di Keeodo erano ancora tutti lì a covare.

Muz se ne va a Londra, e quando torna passa agli studios a prendere l’album masterizzato, pronto per la stampa, ma Tony vuole lavorare con un’etichetta indipendente.
Il contratto arrivò al volgere del decennio, e al volgere del decennio il thrash, in Italia e all’estero, era in agonia. Firmarono con GLC (che poi fece uscire Braindamage e l’ultimo Upset Noise, Come to daddy) e il risultato fu Poetical Freakscream, uscito nel 91, a cui Bonvi (RIP), contattato dalla band, fece la copertina.

 

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Inside

 

Poetical Freakscream, pur incorporando nuove versioni di alcuni brani del demo, era un album dal suono piuttosto pulito e dall’impostazione decisamente progressiva.
Sì, lo so che invece è andata a finire con i Pantera e con i Sepultura di Roots, ma se c’erano futuro e vera evoluzione nel thrash, era facendo propria la lezione dei Voivod. In questo Jester Beast e Braindamage hanno anticipato di una ventina di anni i Vektor. Poetical Freakscream era una prova concreta di come le innovazioni dei franco-canadesi potessero essere rielaborate, assimilate al proprio personale linguaggio. Può darsi che una masterizzazione non ottimale abbia influito, ma la scarsa fortuna di pubblico (non di critica) che ebbe il disco, secondo me, è da ricollegarsi ad altri fattori, ovvero alle mutate condizioni storiche. Quel mutamento del contesto l’ho già inquadrato in un aneddoto. L’HC stava mutando pelle, la scena italiana era in uno stato avanzato di contrazione e senz’altro si stava progressivamente de-internazionalizzando. Death e grind stavano monopolizzando l’attenzione della nuova generazione di metallari.
Poetical Freakscream era troppo elaborato per chi veniva su coi nuovi linguaggi musicali del metallo estremo, troppo duro e troppo thrash per quelli che rimanevano ancorati ai canoni del metal classico (per l’album il gruppo aveva reinciso Claustrophobic Autogamic). Bastava fosse uscito nell’88-89 e probabilmente starei raccontando una storia diversa. Un tour europeo con gli Accused, (ancora una volta la cover di Barbed Wire World in scaletta) un singolo, Serial Killer del 1993 (con Dan Solo al basso, che vedete nella formazione della foto) e poi l’attività della band andò scemando fino a concludersi nel 95. Negli stessi anni si scioglievano Negazione, Upset Noise, Contropotere. Era il definitivo tramonto di un’epoca.

 

Life in the brave new world

I Cripple Bastards si meritano grande rispetto per aver portato l’eredità e il vibe dell’hardcore italiano degli 80 nel grindcore (Misantropo a senso unico, 2000). Dieci anni dopo il loro debutto su lp, hanno fatto uscire Frammenti di vita, disco di cover di gruppi italiani hc e thrash degli anni 80 (significativamente coprodotto da FOAD, l’etichetta di Giulio the Bastard e TVOR, la storica indie di Stiv “Rottame” Valli). C’erano dentro cover di Negazione, Declino, Upset Noise, Schizo, Necrodeath, Bulldozer, Wretched, Raw Power, Nerorgasmo, Impact, Blue Vomit e Nabat. E c’era una versione di Claustrophobic Autogamic dei Jester Beast. Nello stesso 2010 FOAD ristampa come EP una versione rimasterizzata di Destroy After Use; il gruppo si riunisce, ma senza Tony e Keeodo, che vengono sostituiti al basso da Marco Klemenz (Nerorgasmo e già negli Ifix Tcen Tcen, quelli dell’incredibile Liquid Party) e alla batteria da Sergio Pavinato (già nei Woptime). Partecipano alla quarta edizione di Night Of The Speed Demons (e la cover dei CCM farà parte anche delle scalette della reunion).

 

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Da lì a fare uscire un nuovo ep c’è un ulteriore cambio di formazione con l’inserimento di due ex Headcrasher, Pietro “Duracell” Grassili e Roby Vitari (oggi con l’ex Holy Terror Mike Alvord nei Mindwars). E nel 2012 viene fuori The Infinite Jest, unico parto di questa travagliata reunion. Autoprodotto. Un nuovo logo ridisegnato da Away dei Voivod. Un lavoro dal songwriting, al solito, più che eccellente. Lost In Space è la rielaborazione di materiale pronto prima dello scioglimento del ’95 e tutti i brani sono perfetti, ma molto voivodiani – pure troppo, volendo. Al di là di questa considerazione resta il fatto che, per esempio, Kolkata Bazar è proprio un gran pezzo – chissà, magari tra qualche tempo lo sentiremo rifatto da Away e soci, perché quelli di The Infinite Jest sono gli ultimi Jester Beast che si potranno ascoltare. Poco dopo l’uscita dell’EP la Bestia Giullare chiude bottega, e pare proprio in modo definitivo.

 

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2018:The Lost Tapes Of… Poetical Freakscream

 

Claudio (CC Mux, autore dei riff della bestia giullare da Destroy  in poi), mi aveva detto che avendo ascoltato il premaster di Poetical Freakscream si era reso conto come suonasesse incredibilmente meglio della versione masterizzata. E ora alla fine è uscita per FOAD la versione rimasterizzata. E devo dire che quando partono le prime note di Freak Channel 9 neanche la riconosco. Nella masterizzazione originale si era persa una traccia di chitarra, e The Lost Tapes ci restituisce il suono della band come avrebbe dovuto essere. Sembra quasi un altro disco, che suona come ci si sarebbe aspettato dal successore di Destroy After Use. L’edizione FOAD include L’album in vinile, CD che comprende il rimasterizzato di D.A.U. già rifatto da FOAD qualche anno fa, dei brani dal vivo e degli inediti più un booklet di 13 pagine. Tanta, tanta, tanta roba.

 

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