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Recensione libro: Kiss the Sun, il lungo viaggio dell’heavy psych 1980-2000

Di Stefano Ricetti - 30 Settembre 2024 - 11:50
Recensione libro: Kiss the Sun, il lungo viaggio dell’heavy psych 1980-2000

KISS THE SUN

Il lungo viaggio dell’heavy psych – 1980-2000

di Davide Pansolin

320 pagine

Formato: 16×23

ISBN: 978-88-94859-87-4

24 €

Tsunami Edizioni

 

 

Davide Pansolin è uno che ha le idee chiare. Nell’introduzione di Kiss the Sun, il lungo viaggio dell’heavy psych 1980-2000, ultimo nato in casa Tsunami Edizioni e oggetto della recensione, specifica ben bene che la sua analisi, per scelta, abbraccia un periodo temporale ben determinato: vent’anni.

Più precisamente dal 1980 al 2000, come facilmente arguibile dal titolo del lavoro. Questo perché, a suo giudizio, dal 2000 in poi l’heavy psych si snatura, molti gruppi che fino a un’ora prima facevano heavy metal si trasformano in band dedite al soggetto musicale principale analizzato dall’autore, sperando di cavalcare un’onda che pareva svilupparsi verso una nuova epoca grunge.

Che tradotto voleva dire ottenere seguito, vendere dischi e merchandising e rimpolpare il proprio portafoglio fissando date live. Non andò propriamente così: generalizzando, per semplicità, l’heavy psych non decollò, falcidiato da una serie di fattori speculativi che ne minarono la carica primigenia e le fondamenta: etichette che aprivano e poi chiudevano in un battito d’ali, sonorità sempre più spostate verso l’heavy metal con proliferazione di prodotti di basso livello, saturazione del mercato e contaminazioni forzate dall’immaginario satanico-esoterico, che in quel momento storico pagava ancora in termini di appeal e seguito.

Pansolin quindi passa in rassegna l’epoca che ritiene a suo modo di vedere come la più significativa e pura, scorrendo attraverso una disamina geografica declinata lungo i capitoli del tomo Tsunami le varie situazioni negli Stati Uniti – che fanno la parte del leone aggiudicandosi quasi 200 delle 320 pagine totali – poi in Europa, con una parte anche dedicata all’Italia – That’s All Folks!, Vortice Cremisi, Acajou, Hogwash, Ufomammut, Standarte, Alix, OJM, Insider, Losin ‘O’ Frequencies, Wicked Minds, Hush, Deadpeach, Out of Order, Trip Hill, Kryptästhesie – per finire con il resto del mondo.

Già, ma cos’è l’heavy psych?

Semplificando è una miscela di suoni provenienti dall’hard rock degli anni ’70 approcciati con spirito psichedelico e attitudine punk, così come ben dichiarato a pagina 12.

Come sempre, più di qualsiasi definizione, per capire effettivamente cosa incarni l’heavy psi(y)chedelico, basta dar parola alla musica e all’appello rispondono prontamente i caporioni del genere: Kyuss, Queens of the Stone Age, Unida, Spiritual Beggars, Fu Manchu, Orange Goblin, Sleep, Electric Wizard, Clutch e Monster Magnet.

Ammetto candidamente di aver solo sfiorato, in quasi cinquant’anni di milizia metallica attiva, certune sonorità e scelte stilistiche, quindi l’approccio nei confronti di Kiss the Sun, il lungo viaggio dell’heavy psych 1980-2000 ha costituito la modalità migliore e più semplice per poter approfondire un territorio  fondamentale nella storia della musica dura.

E il risultato, alla fine della lettura, è stato soddisfacente. Il lavoro portato a termine da Pansolin è scorrevole, ben corroborato da foto d’epoca alla bisogna – tutte in bianco e nero – ma soprattutto mantiene il giusto ritmo di fruizione grazie a degli interventi di prima mano colti dai vari protagonisti, tratti per lo più da interviste passate. Fornitori di aneddotica sana, in più di un’occasione, componente fondamentale per stuzzicare la curiosità di chi si pone alla lettura ma anche dispensatori delle usuali polemiche legate al vil denaro, troppo spesso passate sotto la generica voce divergenze musicali. Il passaggio da Kyuss a Queens of the Stone Age è illuminante, in questo senso.

Addentrarsi nei meandri più nascosti e reconditi dell’heavy psych equivale ad alimentare piano piano una passione  che diviene sempre più crescente capitolo dopo capitolo e non deve stupire, quindi, il fatto che venga poi naturale andarsi a sentire o a riscoprire i vari Blues for the Red Sun, Welcome to Sky Valley piuttosto che Songs for the Deaf e Dopes to Infinity con una consapevolezza e un bagaglio informativo decisamente superiore a quando per la prima volta si è preso fra le mani Kiss the Sun.

Qual è lo scopo di un libro?

Molto probabilmente far sì che il fruitore dello stesso si immedesimi e si senta parte della narrazione fino a riconoscersi, in ultima analisi, nell’intera opera, o in parte di essa.

Obiettivo centrato, quindi, chapeau.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti