Heavy

Recensione libro: Savatage – Dietro il Sipario

Di Stefano Ricetti - 26 Febbraio 2016 - 0:10
Recensione libro: Savatage – Dietro il Sipario

DIETRO IL SIPARIO

L’EPOPEA DEI SAVATAGE

di Dario Cattaneo

Gli Uragani 23

224 pagine + 16 a colori – 16×23

ISBN 978-88-96131-79-4

20,00 €

Tsunami Edizioni

 

Durante la lettura di Dietro il Sipario, L’epopea dei Savatage, libro licenziato da qualche tempo dalla casa editrice Tsunami Edizioni, è scaturita nello scriba la necessità catartica di dare una ripassata all’intera discografia del combo Usa, attraverso i vinili, le musicassette e i Cd acquistati in passato in tempo reale, perché i Savatage sono uno di quei gruppi dei quali si è sentita la mancanza non appena si è realizzato che non avrebbero più prodotto nulla.

Della serie: eravamo felici e non sapevamo di esserlo…

Nel momento in cui un qualcosa o una persona non sono più fra di noi si tende a enfatizzare e ricordare con affetto i momenti migliori nei quali vi è stata condivisione, tendendo ad accantonare o addirittura dimenticare le situazioni critiche o difficili. Già, perché anche la band capitanata dagli Oliva bros passò i propri “bei” tempi grami, pure dalle nostre parti dove, ad esempio, non riuscirono mai a fare quel salto in termini di numeri che li avrebbe collocati se non proprio nel gotha dell’Acciaio quantomeno nei dintorni, nella zona dove circolano – o meglio circolavano – i soldi “veri”. Se così fosse avvenuto, molto probabilmente sarebbero transitati lungo  Stivale per qualche tour europeo in più, ai tempi d’oro.  

Ma la storia ha scritto diversamente e dalle ultime apparizioni della band siamo un po’ tutti a sperare in una improbabile reunion, scordandoci di quanto si poteva fare e non è stato fatto nei confronti dell’act statunitense, che di certo raccolse molto meno di quanto aveva seminato, in termini di business, e non di certo solo in Italia. Come sapientemente raccontato nel libro Tsunami, i Savatagequi loro intervista del 1990 – erano e sono una band con un proprio marchio di fabbrica, una delle poche che si riconosce dopo pochi secondi di un riff piuttosto che dalla voce di chi è dietro al microfono in quel preciso momento. Un gruppo peculiare, che ha segnato a suon di album sopraffini l’Epopea – termine utilizzato saggiamente anche all’interno del titolo del volume – dell’Acciaio mondiale.    

Interi album quali In the Hall of the Mountain King, Gutter Ballet, Streets, Handful of Rain insieme a pezzi immortali della portata di Edge of Thorns, Power of the Night, Fight for the Rock – si, anche questa – più altri vari estratti dagli ultimi tre full length (Dead Winter Dead, The Wake of Magellan e Poets and Madmen) albergano stabilmente nell’Olimpo della musica dura, riconoscendo ai Savatage, anche se tardivamente, la portata epocale della Loro proposta.      

Le duecentoventiquattro pagine del libro, attraverso dichiarazioni di prima mano, articoli ed interviste d’epoca, ripercorrono amabilmente le gesta, i dolori e anche gli errori di una delle band fondamentali del rock duro. Partiti sulla spinta dell’heavy metal tout court di scuola europea gli americani seppero evolvere il loro songwriting passando dalle sonorità più dure, pure e ortodosse a una rivisitazione dello stesso concetto di HM lasciando ai posteri lavori che fecero della raffinatezza e della ricerca mai fine a se stessa la propria caratteristica principale. Un’ugola d’acciaio come quella di Jon Oliva, veramente da brividi luciferini in alcuni passaggi venne incredibilmente sostituita senza per questo provocare particolari scossoni da quella senz’altro diversa ma nello stesso tempo ancora fottutamente-Savatage di Zachary Stevens. Una band, quella di stanza in Florida, capace di reagire anche alla dolorosissima dipartita, avvenuta nel 1993, del chitarrista fondatore Criss Oliva, vero motore pulsante del gruppo nei primi anni, reinventando il proprio sound e perpetuando la leggenda della “S” uncinata così come probabilmente lo stesso fratello di Jon avrebbe voluto. Nemmeno i numerosi cambi di line-up riuscirono ad arrestare la corazzata Savatage, che fieramente, talvolta contro tutto e tutti, seppe sopravvivere anche alle esuberanze chimiche e alcooliche del proprio singer, il Mountain King Jon, uno che non s’era fatto mai mancare nulla da questo punto di vista. Chiedere a Dave Mustaine dei Megadeth per avere conferma…

A proposito di eccessi, quello che manca a Dietro il Sipario è un po’ di sanopepe” rock’n’roll, il carburante fondamentale che tanto utilizzarono anche i Savatage in carriera, ma va riconosciuto che, nonostante questo, il libro è in grado di regalare un dignitoso ritmo durante la lettura. Stupisce invece rimarcare come l’autore, attento e scrupoloso creatore dell’opera come dimostrato dalla quantità industriale di materiale raccolto sia scivolato sulla classica buccia di banana nel momento in cui ha molto spesso riportato il nome di Zachary Stevens e dello stesso drummer Steve “Doc” Wacholz con la “ck” al posto della corretta accoppiata “ch”. Per chiudere, un aneddoto che avrebbe ulteriormente  innervato di italianità l’intero lavoro ed è invece stato omesso. Riguarda un fatto consumatosi all’interno delle pareti grondanti sudore del Palavobis il 9 giugno, durante l’edizione del Gods of Metal 2001, quando la buonanima di Ian “Lemmy” Kilmister dei Motorhead, in pieno concerto, mandò letteralmente a quel paese lo staff dei Savatage, reo di provare ad alti volumi i suoni della band nel palco di fronte a quello griffato dallo Snaggletooth. Queste le sue, indimenticabili, parole: “Hey Savatage, shut the fuck up!”.  

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

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