Recensione libro: Siouxsie The Voodoo Dolly
Siouxsie
The Voodoo Dolly
di Vanni Neri
248 pagine
17.50 Euro
Siouxsie The Voodoo Dolly è libro totalmente privo di qualsivoglia materiale fotografico al proprio interno, fatta eccezione per le copertine dei vari dischi, in bianco e nero. Anche l’immagine di copertina, che rimanda evidentemente a Susan Janet Ballion, nata nel ’57 a Bromley, nel Kent, in Inghilterra, se non fosse per via del titolo eloquente che campeggia al centro della stessa, potrebbe appartenere a Robert Smith dei The Cure, a mo’ di esempio.
Tutto questo per sottolineare quanto un lavoro come quello declinato da Vanni Neri lungo 250 pagine sia nato, prosperato e poi vissuto in pieno regime di NON ufficialità. Le differenze fra i prodotti partoriti con il patrocinio o la diretta partecipazione dei vari artisti coinvolti rispetto a quelli concepiti da esterni si risolvono molto spesso a favore dei primi per via di un florilegio di grafiche e materiali ufficiali, dati assodati e comprovati ma poi sorge spontanea la domanda: sì, ok, i vari argomenti vengono trattati in maniera inconfutabile ma dove sta il dissenso? Come mai non appare quel famoso fattaccio o piuttosto perché viene sottaciuto quell’enorme flop? Non sempre è così, chiaramente, ma è senza dubbio molto difficile che certuni nodi vengano al pettine in biografie marcate dall’ufficialità, così come in quelle do it yourself per motivi legati ai diritti non compaiano mai foto né altro materiale soggetto a vincoli.
Ecco perché Siouxsie The Voodoo Dolly, griffato Arcana Edizioni, gode di piena libertà espressiva, sin dal primo rigo, sebbene vada sottolineato che l’autore sia chiaramente un fan della Signora Ballion, in arte Siouxsie. Ma, d’altro canto, quando mai accade che chi scrive non sia in qualche modo connesso all’artista protagonista del proprio libro?
Proprio il fatto di poter lavorare a briglie sciolte permette a Neri di attraversare l’intera storia del Punk inglese nei primi capitoli, in un excursus interessante, privo di impalcature mentali precostituite, scomodando ovviamente gli obbligatori Sex Pistols, Clash, Damned ma anche gli americani Ramones e Johnny Thunders degli Heartbreakers, colui il quale portò ufficialmente l’eroina nel circuito Punk londinese.
Siouxsie and The Banshees furono gli ultimi della prima ondata Punk ad approdare a un contratto, nel 1978, con la Polydor. La diffidenza delle case discografiche nei confronti di una frontwoman in quell’ambito prevalentemente maschilista marcò la differenza.
Il libro snocciola la loro storia sin dagli inizi entrando nel merito dei vari musicisti che hanno fatto parte del gruppo, compreso Robert Smith dei Cure, antico amico personale di Siouxsie sin dagli anni Settanta, periodo nel quale lei faceva parte del Bromley Contingent, un gruppo di fan sfegatati dei Sex Pistols. Si arriva fino al clamoroso ritorno sulle scene nel 2023 passando anche attraverso i progetti che hanno visto coinvolti i vari musicisti della sua band: Glove e Creatures.
Senza enfatizzazione alcuna il narrato di Neri poi propone le tipiche situazioni accessorie annodate a qualsivoglia band rock degna di tale nome: risse, droga, gelosie, produttori invadenti, scazzi fra membri della line-up, sbronze, tasse non pagate. Più nello specifico: frizioni con la stampa specializzata, accuse di tirarsela e un’epatite da sputo.
Nei capitoli finali trovano spazio due interviste: una inedita a Siouxsie del 1981 e un’altra alla violoncellista Anne Stephenson, sua collaboratrice, la discografia completa oltre a un elenco dettagliato di tutti concerti da inizio carriera fino agli ultimi, compreso quello al teatro Arcimboldi di Milano del maggio 2023 e le recensioni di tutti gli album.
Siouxsie Sioux, per i detrattori in servizio permanente effettivo, rimarrà per sempre quella sorta di manichino dai capelli neri indossante la svastica in perenne adorazione dei Sex Pistols e nemmeno il libro di Vanni Neri servirà a far loro cambiare idea. Per tutti gli altri, invece, soprattutto coloro i quali possiedono della cantante inglese il minimo delle informazioni sindacali, The Voodoo Dolly può costituire un’ottima occasione per approfondire e scoprire che oltre l’immagine c’era e c’è molto di più.
Susan “Siouxsie Sioux” Ballion rappresenta un’icona, una che è riuscita pressoché in autonomia a sdoganare una modalità di porsi imponendo il proprio credo e comportamento, oltre che il look. Un personaggio trasversale ai vari generi musicali, impossibile da ingabbiare in uno soltanto: Punk sì ma sempre troppo poco per gli oltranzisti, Gothic ma mai del tutto e pienamente, un po’ New Wave e un po’ Dark, per semplificare semplicemente rock.
Fondamentalmente un’artista libera da schemi preordinati, un’emancipata che ha sempre seguito la propria strada, non senza inciampi, of course, contribuendo forse anche inconsapevolmente a scrivere delle pagini indelebili nella storia della musica, quella senza paraocchi e steccati invalicabili.
Cosa non da poco.
Stefano “Steven Rich” Ricetti