Speciale: Secondary ticketing, un problema senza soluzione?
Lo scorso venerdì sono aperte le prevendite per il concerto dei Rammstein.
Aperte venerdì 5 luglio 2019 per un concerto che avrà luogo il 13 luglio 2020, un anno e una settimana dopo.
Le politiche di vendite dei biglietti degli ultimi anni mi sembrano strane, sempre più spesso vengono venduti un anno prima dei concerti, e quanta gente può permettersi il lusso di sapere con certezza cosa farà un anno dopo?
Ok, mi sembrano strane ma non le contesto, sicuramente ci sono degli accurati studi e ragionamenti dietro, e alla fine a me cambia poco.
Cambierebbe poco.
Di fatto al giorno d’oggi se uno vuole andare ad un concerto grosso, pur non essendo certo di poterci davvero andare, è “costretto” a fare la corsa ai biglietti per evitare che i bagarini li facciano sparire tutti.
Nel 2015 volevo andare a vedere David Gilmour e feci l’errore di dirmi, “Aspetto un po’ più vicino alla data, ora non sono sicuro di poter andare fino a Verona tra sei mesi”.
Risultato: biglietti finiti, concerto perso.
L’anno dopo ce la feci appostandomi al computer 10 minuti prima della prevendita e cliccando come un ossesso sul tasto refresh finché i biglietti non andarono in vendita; tempo di aver comprato il mio ed il concerto era sold out.
Insomma, sempre più spesso per arrivare a quello che dovrebbe essere un momento di svago e divertimento bisogna affrontare corse contro il tempo ed incazzature.
Torniamo all’inizio, la settimana scorsa sono aperte le prevendite per il concerto dei Rammstein dell’anno prossimo.
Per curiosità apro il sito di TicketOne per vedere quanto costano i biglietti…sala d’attesa.
Troppe persone stanno cercando di accedere al sito.
Quante persone sapranno che tra un anno e una settimana potranno presenziare e quanti sono bagarini?
Dopo venti minuti di attesa riesco ad arrivare ad una pagina sovrastata da questo messaggio:
“Questo evento è soggetto alla nuova normativa che prevede l’obbligo della nominatività per ogni biglietto emesso ed il successivo controllo del titolare del biglietto all’ingresso dell’evento.”.
Che bello, è la prima volta che lo vedo in Italia, stiamo davvero raggiungendo altri Paesi? Stiamo davvero lottando il bagarinaggio?
Per curiosità (quanta curiosità questo venerdì mattina) apro Viagogo e le mie illusioni si infrangono subito: a 20 minuti dall’apertura delle prevendite ci sono già 200 biglietti in vendita a prezzi che vanno fino alle migliaia di euro.
Com’è possibile, ma non erano nominativi i biglietti?!
Probabilmente la risposta sta nel resto del messaggio che sovrasta la pagina di TicketOne:
CAMBIO NOMINATIVO: Per questo evento sarà consentito eseguire la procedura di cambio nominativo a partire da Marzo 2020.
Insomma, il bagarino compra oggi il biglietto a nome suo e a marzo ci mette il tuo nome, semplice no?
La nuova legge sembrerebbe inefficace, e queste sono proprio le parole di Andrea Pieroni, AD di Vertigo, che riporta Tom’s Hardware “Possiamo già dire che la legge, entrata in vigore il primo luglio, è un fallimento“.
Tutti i più importanti promoter italiani, da Live Nation, a Barley Arts, a Vertigo, hanno concordato che i biglietti nominativi porteranno a problemi di gestione, aumento dei costi per gli utenti, code più lunghe all’ingresso dei concerti.
Mentre pensavo a questo articolo mi sono venuti in mente due casi vissuti in prima persona.
Un paio di anni fa ho visto gli Iron Maiden a Manchester, biglietti nominali senza possibilità di cambio nominativo: ho comprato un biglietto “di seconda mano” e sono entrato con l’acquirente originario che aveva preso un biglietto anche per un amico che non era potuto andare, così l’ha rivenduto a me.
Per entrare siamo dovuti passare insieme dalla sicurezza che ha controllato il suo documento.
Sapendo dei controlli aggiuntivi (che poi in realtà sono stati rapidissimi), la gente si è presentata un po’ prima al concerto e non ci sono stati grandi problemi di code.
Il problema è stato che senza la possibilità del cambio nominativo c’è chi non è potuto andare e, non potendo cambiare il nominativo neanche per regalare il biglietto ad un amico, l’ha dovuto buttare via.
Insomma, buon tentativo (effettivamente in questo modo i bagarini sono stati completamente eliminati), ma va migliorato il tiro per evitare problemi ai veri fan.
L’altro caso che mi viene in mente è più recente e risale allo scorso ottobre: davanti alla O2 Arena di Londra ho visto un uomo cercare di rivendere un biglietto per il concerto di Robert Plant.
Quando un poliziotto che passava di lì l’ha sentito gli ha immediatamente confiscato il biglietto.
Teoricamente anche in Italia non è consentito il bagarinaggio, ma personalmente mi è capitato più volte di vedere chi rivende biglietti fuori dai concerti farlo anche davanti alle forze dell’ordine che lasciano correre.
Il problema quindi si pone anche su un piano diverso: se le norme che abbiamo già venissero fatte rispettare forse i bagarini diminuirebbero (o forse si farebbero semplicemente più furbi e troverebbero altri modi di continuare il loro commercio).
Qual è la soluzione allora?
Non penso di aver la verità in tasca ed è difficile trovare una soluzione ad un problema così grosso che possa far contenti tutti, ma guardiamo un attimo i fatti.
In un mondo ideale non ci sarebbero i bagarini, non ci sarebbe bisogno di biglietti nominali, sovrapprezzi, e magari le code scorrerebbero in maniera veloce ed efficiente.
Inutile dire che non siamo in un mondo ideale.
Senza regolamentazione i bagarini si accaparrano quanti più biglietti possibile e li rivendono a prezzi folli: in questo caso o si è più veloci e si comprano biglietti per concerti a cui non si è ancora sicuri di poter presenziare, o si cede al ricatto del bagarino e si pagano cari.
Con i biglietti nominali senza possibilità di cambio nominativo si eliminano i bagarini, ma se uno non può andare al concerto il biglietto viene buttato via.
Con i biglietti nominali e la possibilità di cambio nominativo i bagarini possono comprare i biglietti e poi semplicemente far cambiare il nominativo con quello del secondo acquirente.
Non sembra ci sia una via di uscita e, nel caso dell’Italia, il problema mi sembra anche parzialmente culturale con molti “furbi” (nella mia esperienza molti più che all’estero, ma non ho la presunzione che la mia esperienza personale faccia statistica, potrei solo essere stato sfortunato io) e un approccio al “è sempre stato così” che aiuta poco ad arginare il problema.
Avendo ormai un po’ di anni di esperienza di concerti e festival in Italia e all’estero soltanto nel caso di un festival estero ho visto una soluzione che potrebbe essere quella definitiva a questo problema, ovvero i biglietti nominali rivendibili solo tramite la piattaforma ufficiale.
Se io mi ritrovo impossibilitato ad andare al festival metto il biglietto in vendita sulla piattaforma; qui verrà venduto al prezzo originale e, una volta venduto, a me torneranno i soldi che avevo pagato.
In questo modo è impossibile rivendere i biglietti a prezzi maggiorati e si uccide il bagarinaggio.
Se questa soluzione sembra quella migliore qualcuno potrebbe obiettare che questa piattaforma avrà dei costi di gestione che ricadranno sui biglietti, e tutte le obiezioni di cui sopra sollevate dai promoter rimangono valide: per controllare i biglietti nominativi ci sarà bisogno di più personale (quindi più costi), i controlli porteranno a code più lunghe e via dicendo.
Al netto di tutto, però, non vedo un’alternativa e personalmente mi farei una ragione a spendere qualcosa di più per i miei biglietti pur di eliminare questo fenomeno.
La prossima volta che mi dovessi perdere un concerto perché sold out sarei sicuramente più contento sapendo che se lo godranno 60.000 persone che hanno pagato il giusto prezzo senza aver alimentato il mercato secondario e, ancora meglio, che non ci sono biglietti invenduti rimasi a marcire nelle tasche dei bagarini.
Davide Sciaky