TrueMetalStories: Rotting Christ, i padri del Black Metal meditarreneo
TrueMetalStories: la rubrica in cui presentiamo band giovani e pronte a sfondare, o band di lungo corso che ancora non hanno ricevuto il successo che meritano.
Premessa
Spesso, quando si parla di black metal, le prime cose a venire in mente sono la Norvegia, l’Inner Circle, le chiese bruciate, un sentimento atavico anticristiano, i Mayhem, Burzum. Vengono in mente album caratterizzati da un’aggressività e brutalità unica, con suoni, a volte, quasi cacofonici. Un fenomeno, non solo musicale, esploso nel Nord Europa sul finire degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta, capace di attirare, in maniera esponenziale, un interesse crescente, quasi a sottolineare quanto sia forte il fascino del lato oscuro sull’essere umano.
Ma quest’ombra oscura non divampò solo nel Nord Europa. Più o meno nello stesso periodo, in maniera meno appariscente, senza calcare le pagine della cronaca nera, anche a Sud del Continente si stava muovendo qualcosa. Delle nubi nere, accompagnate da fulmini simili a lingue di fuoco, iniziarono a stagliarsi all’orizzonte dell’area mediterranea. Stiamo parlando di quella scena che può essere definita come black mediterraneo, dove l’essenza black veniva sentita allo stesso modo dei cugini nordici ma vissuta ed espressa in maniera diversa, non per questo, però, meno affascinante, coinvolgente, tetra e raggelante. In quel periodo escono infatti i primi lavori dei portoghesi Moonspell e dei siciliani Inchiuvatu, ma è soprattutto dalla Grecia che tale movimento trova terreno fertile. Proprio dalla terra ellenica provano a imporsi compagini del calibro di Varathron, Necromantia e, soprattutto, i Rotting Christ, formazione che tratteremo in questo articolo. Senza anticipare nulla di ciò che approfondiremo di qui a poco, possiamo dire che, in particolare, sono queste ultime tre formazioni, e su tutte i Rotting Christ, a rappresentare al meglio quello che, poco sopra, abbiamo definito come black mediterraneo. Come dicevamo, la proposta delle band del Sud Europa risulta diversa rispetto a quanto espresso da quelle nordiche, ma, con esse, trova un filo conduttore nelle tematiche trattate e nella filosofia che sta alla base del movimento. Per provare a spiegarci meglio, citiamo una parte del testo di “Ancient Pride” dall’omonimo EP dei Necromantia:
You came and slaughtered Odin, You came and murdered Zeus, our Gods became your Satan, and Satan became our God
Sarà forse una coincidenza, ma il fato ha voluto che i due focolai da cui il black metal, come lo intendiamo oggi, divampasse si trovassero in due aree d’Europa la cui storia, seppur diversa, risultasse simile. Due culture, due mitologie tra le più affascinanti fin qui pervenute, distrutte dal nuovo credo cristiano.
Da Black Church a Rotting Christ: il percorso verso la nascita del black mediterraneo
La nostra storia inizia nel lontano 1985. La scena metal è esplosa, è in continua evoluzione e sta regalando alcune delle sue gemme immortali, album che resteranno impressi nella storia del genere in maniera indelebile. Lavori scritti da band del calibro di Judas Priest, Iron Maiden, Saxon e Venom. Senza dimenticare le nuove leve Metallica, Megadeth, Slayer e Anthrax che arrivano da oltreoceano. Un vero e proprio fenomeno, un fermento musicale che vede nascere, come funghi e da ogni parte del mondo, nuove compagini sempre più agguerrite, con l’ambizione di voler lasciare un segno del proprio passaggio. Formazioni che puntano ad andare oltre, chi provando ad essere sempre più veloce e aggressivo, chi incamminandosi nel sentiero dell’oscurità. È in questo contesto che, ad Atene, tre ragazzi di quattordici, tredici e undici anni, imbracciando i loro strumenti, formano una band chiamata Black Church. I tre giovani in questione sono i fratelli Tolis, Sakis, il maggiore dei due, alla chitarra e voce, e Themis alla batteria, e Jim Patsouris al basso. Poche informazioni circolano attorno all’operato dei Black Church ma è importante citarli perché due anni dopo, più precisamente nel 1987, lo stesso terzetto decide di attuare un cambio moniker. È in quell’anno che nascono i Rotting Christ. La band di Atene muove i primi passi all’interno del grindcore, pubblicando un paio di demo. Rimane, però, ben presto affascinata dal sentiero intrapreso da alcune compagini che, proprio in quegli anni, stanno creando qualcosa di nuovo scavando nell’oscurità, cercando di raggiungerne la sorgente. Stiamo parlando di due formazioni in particolare: Celtic Frost e Bathory. Iniziando a seguirne le orme, i Rotting Christ attuano un’evoluzione al proprio sound che, come risultato, nel 1989, porta alla realizzazione del demo “Satanas Tedeum”. Un acerbo mix tra death metal – Sakis canta in growl in questo periodo – e alcuni elementi riconducibili alle due band da cui i Rotting Christ stanno traendo ispirazione. Siamo ancora ben lontani da quello che il terzetto sarebbe stato in grado di mettere in mostra di lì a poco. Qualche errore tecnico compare qua e là (ricordiamo che nel 1989 il più vecchio dei tre è Jim: 18 anni n.d.r.), ma “Satanas Tedeum” riesce ad attirare gli interessi della label greca Decapitated Records, successivamente nota come Unisound Records. Arriva così la prima pubblicazione ufficiale del combo greco, il leggendario EP “Passage to Arcturo”, edito nel 1991, in formato vinile, via Decapitated Records. In questo periodo i Nostri iniziano a utilizzare degli pseudonimi, seguendo la moda che imperava all’epoca. Sakis opta per Necromayhem, Themis per Necrosauron, Jim diventa Mutilator. Utilizzando il moniker Morbid, entra inoltre in formazione George Zacharopoulos alle tastiere. Un nome noto nella scena greca dato che ricopre il ruolo di tastierista ufficiale dei neonati Necromantia e, giusto per dare un senso di continuità con quanto scritto nella premessa di questo articolo, nello stesso periodo, Jim entra a far parte anche di un’altra formazione che nasce in Grecia sempre in quegli anni: i Varathron.
La copertina di “Passage To Arcturo”
“Passage to Arcturo” rappresenta un passaggio importantissimo nella storia della band. Sei tracce in cui iniziano a comparire gli elementi che diventeranno caratteristici per il sound dei Rotting Christ. Musicalmente ci troviamo ancora al cospetto di un black-death che trae ispirazione da Venom e Celtic Frost, ma i passaggi di tastiera, oscuri ed evocativi, la struttura e la melodia di alcuni riff di chitarra, come ad esempio nella conclusiva ‘Inside the Eye of Algond’, fanno già capire su quale sentiero si sia incamminata la formazione greca.
Sono anni molto particolari quelli in cui i Rotting Christ iniziano a far parlare di sé. Internet è solamente un progetto in via di sviluppo e, per la scena underground, la diffusione della propria musica, la possibilità di comunicazione tra band di nazioni diverse, risulta tutt’altro che semplice. In quegli anni, per riuscire a realizzare tali obiettivi, servono voglia, passione, un senso di appartenenza a un qualcosa in via di creazione. Argomenti sconosciuti alla maggior parte delle band attuali. Mossi da questa fede nel movimento, dalla voglia di emergere, di lasciare un segno del proprio passaggio, i Nostri iniziano a tessere legami con formazioni di altri paesi europei. Sempre nel 1991 viene infatti pubblicato lo split EP con gli italiani Monumentum, seminale band fondata da Roberto Mammarella, che pubblicherà la release attraverso la propria label, la Obscure Plasma Records, che nel 1994 cambierà nome diventando la ben più nota Avantgarde Music.
La firma per la Osmose Production
Nel 1992 i Rotting Christ pubblicano il demo “Ade’s Wind” composto da due tracce, ‘Fgmenth, Thy Gift’ e ‘The Fourth Knight of Revelation (1 & 2)’, acquistabile solo tramite la band. La release doveva però fungere da promo tape. Venne infatti spedita a varie etichette, attirando le attenzioni della sempre più ambiziosa label francese Osmose Production, una casa discografica importantissima per lo sviluppo e la diffusione del metal estremo. La Osmose Production si rese disponibile a mettere sotto contratto i Rotting Christ pretendendo, però, di pubblicarne il debutto discografico. Una vera e propria pressione, visto che anche altre etichette avevano manifestato interesse attorno al nome Rotting Christ, in particolare la Deathlike Silence Production di Euronymus, figura di spicco del black metal norvegese e noto fondatore dei Mayhem. Euronymus voleva pubblicare un disco della band greca o realizzare uno split LP tra Rotting Christ e Burzum. Quello che accadde in Norvegia solamente un anno più tardi è noto a tutti, una circostanza che portò la formazione dei fratelli Tolis ad accasarsi presso la Osmose Production.
La copertina di “Thy Mighty Contract”
In data 11 novembre 1993 i Rotting Christ realizzano il proprio sogno, pubblicano il primo full length della loro carriera. Il titolo è emblematico: “Thy Mighty Contract”. Il sodalizio con il lato oscuro trova coronamento proprio con questo disco. Un sodalizio che risulta già esplicito dalla copertina dell’album: una serie di uomini crocifissi, le croci conficcate nel letto di un fiume, la nebbia avvolge ogni cosa svelando, però, la testa di un capro, sulla cui fronte compare un pentacolo. Elementi inequivocabili (ricordiamoci che siamo nel 1993 n.d.r.) che, allo stesso tempo, formano una sorta di richiamo ai Bathory, a una delle band che hanno rappresentato un punto di riferimento per la compagine greca. Dal punto di vista stilistico “Thy Mighty Contract” si rivela come il tassello della definitiva trasformazione ed evoluzione dei Rotting Christ. Le canzoni trovano perfetta rappresentazione nell’oscura nebbia presente in copertina, esprimendo quello stile, personale e unico, da sempre marchio di fabbrica della band dei fratelli Tolis. Rispetto ai cugini nordici, i tempi sono più lenti e viene dato maggiore risalto all’originalissimo lavoro di Sakis Tolis alla chitarra, che, con le sue ricercate melodie, diventerà uno dei trademark della band. Le atmosfere, inoltre, risultano estremamente evocative, grazie all’uso delle tastiere. Altra caratteristica nuova che incontriamo in “Thy Mighty Contract” è la voce di Sakis. Il maggiore dei fratelli Tolis abbandona il growl e, seguendo l’esempio che arriva dal Nord Europa, sfoggia uno scream soffocato che diventerà, poi, uno delle caratteristiche del quartetto greco.
Il debutto dei Rotting Christ diventa presto una pietra miliare del genere, uno dei classici che non possono mancare nelle collezioni dei blackster più puri. Un disco personalissimo che, traendo ispirazione da Celtic Frost e Bathory, crea una via nuova per l’espressione del lato oscuro.
“Thy Mighty Contract” crea fermento attorno al nome della band greca e la Osmose Production, seppure risulti una piccola e neonata label, dimostra di conoscere bene i meccanismi del music business. Sfruttando l’interesse che ruota attorno ad alcune band del proprio roster, dà il via al primo black metal tour, il famoso “Fuck Christ Tour”, che vede coinvolti i norvegesi Immortal, freschi autori del secondo full length “Pure Holocaust”, i canadesi Blasphemy, anch’essi autori del secondo full length “Gods of War”, e, ovviamente, i Rotting Christ. Il tour fu un ottimo bacino di risonanza per le formazioni coinvolte, diventando presto vera e propria leggenda. Proprio la leggenda vuole che, nelle varie date del “Fuck Christ Tour”, molti fan si siano autoinflitti delle ferite sul corpo, fino al taglio delle vene, e dovettero essere trasportati in ospedale in ambulanza.
Il sodalizio tra Osmose Production e Rotting Christ ebbe vita breve. Dopo il “Fuck Christ Tour” sorsero delle incomprensioni tra label e band, che portarono alla risoluzione del contratto. Un duro colpo a cui il quartetto di Atene sembra reagire con rabbia, mettendosi subito alla ricerca di una nuova casa discografica e accasandosi presso la greca Unisound Records. Il risultato fu la pubblicazione, nel 1994, di “Non Serviam”, secondo full legth di Sakis e compagni. Il disco prosegue e sviluppa il sentiero intrapreso con “Thy Mighty Contract”, dando ancora maggiore rilevanza alle melodie delle chitarre e all’uso delle tastiere, capaci di donare una sorta di aura mistica al lavoro. Con “Non Serviam” i Rotting Christ tracciano in maniera indelebile i tratti che caratterizzeranno molte delle loro future composizioni. Basta ascoltare la splendida ‘Morality of a Dark Age’, i suoi cambi di tempo, il lavoro delle chitarre, per comprendere al meglio quanto appena detto. “Non Serviam”, il cui titolo è un chiaro riferimento all’opera di Milton, “Il Paradiso Perduto”, oltre che rappresentare un altro importante urlo di appartenenza al lato oscuro, diventa ben presto un classico della discografia dei Rotting Christ. La title track, tutt’ora, è un passaggio obbligatorio in sede live, la canzone con cui i Nostri sono soliti chiudere i propri show.
La copertina di “Non Serviam“
In quegli anni, però, il fato sembra accanirsi con la formazione ellenica. La Unisound Records si rivelerà un’etichetta inadeguata per la caratura e le ambizioni della band, non riuscendo a garantire la giusta promozione all’album. “Non Serviam” diventerà presto di difficile reperibilità, trasformandosi in un oggetto culto per collezionisti. I Rotting Christ non demordono e iniziano a comporre nuovo materiale, realizzando un promo che verrà spedito alle principali etichette europee. Da segnalare che a seguito di queste composizioni, George Zacharopoulos, che all’epoca utilizzava il moniker Magus Wampyr Daoloth, lascerà la band per differenze di vedute.
La Century Media e la svolta goth
Tra le varie label interessate al nuovo materiale griffato Rotting Christ, c’è anche la sempre più intraprendente Century Media. Sarà proprio l’etichetta tedesca a battere la concorrenza, inserendo nel proprio roster la formazione di Atene. Un sodalizio che durerà per ben sei dischi. Album in cui la band dei fratelli Tolis attuerà un percorso evolutivo, che la porterà lontana dal black degli esordi, trovando una via nuova che la condurrà nuovamente al black, ma con una chiave di lettura diversa e innovativa.
La copertina di “Triarchy of the Lost Lovers”
Il primo capitolo dell’era Century Media arriva nel 1996 e si intitola “Triarchy of the Lost Lovers”. Per la prima volta, in sede di registrazione, le parti di batteria sono totalmente affidate a Themis. Nei primi due dischi, infatti, sebbene Themis fosse una delle figure di spicco della formazione, i Rotting Christ decisero di avvalersi di una drum machine. Il terzo full length della band greca rappresenta quello che può essere definito un disco di passaggio, in quanto, al suo interno, incontriamo elementi di continuità con “Non Serviam” ma, allo stesso tempo, aperture verso una via nuova, più introspettiva ed emozionale. Per comprendere al meglio questo mutamento, questa evoluzione, dobbiamo aprire una parentesi sugli anni Novanta, un periodo importantissimo per lo sviluppo della musica a noi cara. In quegli anni, dopo aver vissuto la violenza dettata dal death metal floridiano e la rispettiva risposta europea, dopo l’esplosione del black metal scandinavo, proprio nel Vecchio Continente, un altro movimento stava per salire alla ribalta. Stiamo parlando di quello che successivamente verrà definito gothic metal, un genere che vanta tra i propri padri fondatori alcune compagini che, agli inizi dei Novanta, stavano muovendo i primi passi nella Terra di Albione. Molte furono le formazioni che rimasero affascinate da questa nuova forma espressiva, cercando a loro volta di cimentarvisi, creando, il più delle volte, un qualcosa di ulteriormente originale. Questo è ciò che accadde ai Rotting Christ. “Triarchy of the Lost Lovers” rappresenta, quindi, il viatico tra passato e futuro della band greca. Un lavoro in cui spiccano capitoli più legati al Non Serviam Sound, come ‘King of a Stellar War’e ‘Archon’, canzoni che per molto tempo sono stati appuntamenti immancabili nei live di Sakis e compagni, e altri che spingono verso un qualcosa di nuovo, di diverso, come nel caso della splendida ‘The Opposite Bank’.
Subito dopo i Rotting Christ intraprendono un tour europeo di supporto a “Triarchy of the Lost Lovers”. Sarà un’altra tournée che li vedrà legati a dei compagni di etichetta, dato che la band greca condividerà il palco con Samael e Moonspell, due formazioni che, in un modo o nell’altro, stanno attraversando la stessa evoluzione del combo di Atene. Un’esperienza che si rivelerà estremamente importante per l’immediato futuro della compagine guidata dai fratelli Tolis.
Ultimato il tour, i Rotting Christ si trovano a dover affrontare un vero e proprio scossone interno. Jim Mutilator Patsouris, membro fondatore della compagine ellenica assieme ai fratelli Tolis, lascia la band per motivazioni personali. Sakis e Themis decidono di andare avanti, forse, con più convinzione di prima. Entrano così in formazione Andreas Lagios al basso e Costas Vassilakopoulos alla chitarra, facendo assumere ai Rotting Christ la classica lineup a quattro elementi.
La copertina di “A Dead Poem“
Il quartetto inizia subito a lavorare al successore del fortunato “Triarchy of the Lost Lovers”, pubblicando il nuovo lavoro ad agosto 1997. Già dalla copertina risulta evidente l’evoluzione e lo stacco con il passato. I Rotting Christ, infatti, cambiano logo: abbandonano il tema tipicamente black degli esordi e virano su dei caratteri più gotici. “A Dead Poem”, questo il titolo del quarto disco, risulta l’album più maturo fin qui composto dalla band greca. Il songwriting si rivela estremamente ispirato, continuando l’evoluzione iniziata con il precedente capitolo discografico, dando massima importanza alle melodie, sia della chitarra che delle linee vocali, senza perdere, però, quell’aura oscura e introspettiva da sempre insita nel DNA dei Rotting Christ. “A Dead Poem” diventa una delle massime forme espressive di quel dark sound, nato proprio nei Nineties, capace di raccogliere sempre più consensi ed estimatori negli anni a venire. Pur suonando in maniera diversa da quanto fin qui fatto e da quanto faranno in futuro, in “A Dead Poem” il marchio Rotting Christ è evidentissimo, a partire dal lavoro svolto da Sakis alle chitarre. I suoi fraseggi, le sue melodie risultano immediatamente riconoscibili, così come alcuni passaggi vocali, in particolare nei ritornelli e in quei sussurri, tetri e ossessivi, che, da qui in poi, caratterizzeranno l’opera di Sakis al microfono. Da segnalare, inoltre, le importanti collaborazioni nate in questo platter che, in qualche modo, creano una sorta di continuità con il sodalizio nato durante il precedente tour con Moonspell e Samael. Fernando Ribeiro, cantante e mastermind del combo portoghese, duetterà con Sakis nella splendida ‘Among two Storms’, mentre Xy, che assieme a Vorph è la mente della formazione svizzera, darà il suo contributo alle tastiere in tutto “A Dead Poem”, oltre che occuparsi della produzione del disco.
“A Dead Poem” regala, da subito, molte soddisfazioni ai Rotting Christ. Il disco vende bene e permette alla band greca di suonare in vari festival, come al “Metal Invader” presso l’OAKA Sports Hall di Atene, dove, il 6 settembre 1997, il quartetto divise il palco con Venom, Virgin Steel, Emperor e Theatre of Tragedy. Nell’inverno successivo i Rotting Christ si imbarcheranno in tour europeo in compagnia di Old’s Man Child e Sacramentum.
La copertina di “Sleep of the Angels”
Il passo successivo è “Sleep of the Angels”, quinto studio album della band greca, pubblicato a gennaio 1999. Registrato ai prestigiosi Woodhouse Studios in Germania, l’album viene nuovamente prodotto da Xy dei Samael. Con “Sleep of the Angels” i Rotting Christ proseguono il percorso legato al dark sound iniziato con il precedente “A Dead Poem” e, nel tentativo di creare un sempre maggiore contatto con il lato più emotivo dell’ascoltatore, si ritrovano a scavare ulteriormente nelle profondità dei labirinti che compongono l’animo umano. Come conseguenza le canzoni assumono una maggiore aura oscura, iniziando, in maniera del tutto naturale, un nuovo percorso che, come scopriremo tra poco, ricondurrà la band verso il black metal. L’immagine del retro copertina, raffigurante uno dei signori della notte in volo, descrive alla perfezione le atmosfere che incontreremo in “Sleep of the Angels”. Proprio con la nuova fatica, il tastierista Giorgos Tolias entra in formazione con lo pseudonimo George. Per promuovere il disco, inoltre, viene girato il primo videoclip nella storia dei Rotting Christ. La canzone prescelta è la riuscitissima ‘Afetr Dark I Feel’.
Il videoclip di ‘After Dark I Feel’
Proseguendo quanto iniziato con “Sleep of the Angels”, i Rotting Christ continuano a scavare negli abissi dell’animo umano e nel 2000 danno alle stampe “Khronos”, un lavoro di passaggio, che lega il dark sound dei due dischi precedenti, alle atmosfere black degli esordi. Un disco ibrido, composto da picchi compositivi elevati e alcuni passaggi meno ispirati. “Khronos” risulta però un tassello fondamentale nella carriera del quartetto greco. Proprio in questo lavoro incontriamo per la prima volta quelle atmosfere ossessive, quei cori salmodiati che andranno a caratterizzare il songwriting dei Rotting Christ negli album a venire. L’opener ‘Thou Art Blind’ è forse la rappresentazione più lampante di quanto appena detto. Il platter, prodotto in collaborazione con Peter Tagtgren degli Hypocrisy, presenta anche la prima cover registrata dalla band. Si tratta della rivisitazione di ‘Lucifer over London’ della dark new wave band inglese Current 93. Il risultato finale è sensazionale, tanto da apparire come una classica track dei Rotting Christ. Da segnalare inoltre che la copertina di “Khronos” è opera di Seth Siro dei conterranei Septic Flesh.
La copertina di “Khronos”
Dopo un intenso periodo di attività live, che vede i Rotting Christ protagonisti sui palchi di mezza Europa, il quartetto greco inizia a lavorare al successore di “Khronos”. Inutile dire che le aspettative sono elevate e, come da tradizione, quando Sakis e compagni sono chiamati a dimostrare il loro valore, il bersaglio viene centrato a pieni voti. Il risultato si intitola “Genesis”, album pubblicato il 26 agosto 2002. “Genesis” rimarrà un capitolo unico nella discografia dei Rotting Christ, un lavoro ispiratissimo in cui l’animo black degli esordi viene riportato alla luce, mescolato al dark sound della seconda metà anni Novanta, arricchito con degli elementi “moderni”, a tratti al limite dell’industrial, a cui vengono inserite, come tassello portante nelle varie composizioni, quelle atmosfere ossessive, quei cori salmodiati appena accennati in “Khronos”. Per l’occasione, inoltre, i Rotting Christ rispolverano il seminale logo black che imperava nei primi lavori, quasi a voler mettere le cose in chiaro, a non lasciare dubbi: i Rotting Christ sono tornati e suonano black metal.
La copertina di “Genesis”
Poco prima di iniziare i lavori del successore di “Genesis”, in casa Rotting Christ avviene un nuovo scossone interno: Costas Vassilakopoulos e George lasciano la band. Sakis decide di andare avanti senza trovare sostituti e di entrare in studio come terzetto, occupandosi interamente delle parti di chitarra e tastiere. Il risultato è “Sanctus Diavolos”, disco pubblicato nel 2004 e ultimo lavoro che vedrà la band greca legata alla label tedesca Century Media. Con “Sanctus Diavolos” i Rotting Christ sembrano voler apporre il sigillo finale ad un percorso iniziato nel 1996, che li ha visti sperimentare vie nuove, per poi ritornare prepotentemente a rimarcare il proprio ruolo nella scena black. “Sanctus Diavolos” è il lavoro più cupo, oscuro, malefico fin qui prodotto dalla band di Atene, frutto anche della produzione, affidata nella sua interezza a Sakis. “Sanctus Diavolos” proietta i Rotting Christ nel lotto di quei gruppi che contano davvero, diventando, fino a questo momento, il full length di maggior successo della compagine ellenica. Dal punto di vista compositivo, il platter è la naturale evoluzione di “Genesis”, eliminando la componente “moderna”, puntando maggiormente sulla matrice black metal. Vengono mantenute quelle melodie dissonanti, tipiche dei Rotting Christ, quelle atmosfere ossessive e i cori che abbiamo incontrato per la prima volta in “Khronos”, per un album semplicemente perfetto. Una delle punte di diamante di quel black mediterraneo che i Rotting Christ hanno contribuito a creare. Un pezzo come ‘Athanati Este’ è tutt’ora uno dei tasselli immancabili nei live show della band. Per quanto riguarda l’artwork, da sottolineare la rinnovata collaborazione con Seth Siro dei Septic Flesh.
La copertina di “Sanctus Diavolos”
A seguito del successo di “Sanctus Diavolos” la band greca intraprende un’intensa attività live e verrà invitata a partecipare a molti festival. Proprio in un festival, e in Grecia oltretutto, prende vita una piccola controversia con Dave Mustaine. Il leader dei Megadeth, che in quel periodo aveva riscoperto la fede nel cristianesimo, venendo a conoscenza che avrebbe dovuto condividere il palco con la formazione capitanata da Sakis Tolis, pone una sorta di aut aut all’organizzazione, dicendo di non voler suonare con una band che usa la musica per diffondere messaggi satanici. I Rotting Christ devono così cancellare due date, ad Atene il 16 giugno 2005 e a Salonicco il giorno successivo. La risposta di Sakis a quanto successo non tarda ad arrivare:
Sfortunatamente ci troviamo nella posizione di dover cancellare la nostra apparizione a due importanti festival a causa del nostro nome. Un nome che esprime la nostra opposizione verso ogni tipo di religione, un nome che si oppone a certe false visioni di una pace eterna, un nome che è un pugno verso le basi della nostra ipocrita e conservatrice società.
Purtroppo il medioevo continua ad essere ben presente anche nel nuovo millennio ma il metal deve supportare la libertà di pensiero, come del resto ha sempre fatto dalla sua nascita
In poche parole: solo pubblicità per i Rotting Christ.
Gli anni con la Season of Mist
Detto dell’ingresso in formazione di Giorgos Bokos alla chitarra, che va a ricomporre il classico assetto a quattro elementi, i Rotting Christ, terminata l’avventura con la Century Media, si accasano presso l’ambiziosa Season of Mist. Siamo nel 2007 e il primo capitolo pubblicato per la prestigiosa label francese si intitola “Theogonia”, un disco che, a tutti gli effetti, proietta ancora più in alto la band dei fratelli Tolis. “Theogonia” si rivela un lavoro unico, fresco, per certi versi innovativo, capace di rappresentare un qualcosa di nuovo nella scena black metal. In particolare, sembra portare a una nuova dimensione il black mediterraneo.
La copertina di “Theogonia“
I suoni si fanno più pesanti, le chitarre accordate più basse, vengono create ritmiche ossessive che, pur apparendo semplici, risultano estremamente ricercate, “fresche” e oscure, riuscendo a mantenere una certa melodia di fondo. Un qualcosa di unico e personale. I tempi, in alcuni frangenti, risultano brutali e veloci, come in ‘Keravnos Kivernitos’, uno dei pezzi più violenti mai scritti dai Rotting Christ, mentre in altri si rivelano più lenti, epici e maestosi. A fare la differenza, però, è la componente etnica, dettata dalla riscoperta del proprio passato, dalla storia della propria Terra. Fanno quindi comparsa strumenti nuovi come le cornamuse e si ha un utilizzo dei cori in greco antico estremamente personale. ‘Nemecic’ rappresenta alla perfezione quanto appena descritto. Anche i testi vanno nella stessa direzione, riscoprendo un antico mito greco sulla creazione del mondo. Un mito che diventa realtà ai nostri giorni, risvegliando pensieri oscuri che tutti noi abbiamo sempre ospitato ma che non abbiamo mai esplorato. Anche in “Theogonia” incontriamo collaborazioni importanti, a partire da Christos Antoniou, fratello minore di Seth Siro, che si è occupato dell’arrangiamento dei cori e Seth Siro stesso, che si è occupato della fotografia dell’atwork del disco.
Il video di ‘Keravnos Kivernitos’
I Rotting Christ pubblicano “Theogonia” il 21 gennaio 2007 e nemmeno un mese dopo iniziano a girare l’Europa per promuovere l’album. L’occasione è il “Domination Tour”, che vedrà la band greca girare in lungo e in largo l’Europa, in veste di headliner, accompagnata da Malevolent Creation, Mystic Circle, Incantation e Neuraxis. Sarà un periodo live estremamente intenso per la formazione dei fratelli Tolis, tanto da intraprendere un secondo tour europeo in compagnia di Krisiun e Incantation, per poi volare in Nord America a condividere il palco con Immolation e Belphegor nel “Lucifer Over America Tour 2008”. Dopo un ulteriore anno di tournée tra Vecchio e Nuovo Continente, i Rotting Christ entrano in studio nel 2009 per dare seguito al fortunato e ispirato “Theogonia”. Il risultato sarà “Aelo”, disco pubblicato a febbraio 2010 e che continua il percorso iniziato con il precedente lavoro. Le sonorità si fanno meno cupe e oscure, dando maggior risalto alle atmosfere e all’epicità, cercando di esprimere al meglio quanto narrato nelle liriche dell’album. Affrontando le sensazioni provate da un guerriero durante una battaglia, come ben rappresentato nella copertina, i cori diventano un elemento portante nella struttura del disco, tanto che in questa release i Rotting Christ collaborano con il Pleiades Choir, il tradizionale coro dell’Epiro, nel tentativo di dare maggiore risalto ed enfasi proprio a questo aspetto. Da notare, come già successo in “Theogonia”, il sempre maggior utilizzo del greco nei testi. In “Aelo”, inoltre, oltre al Pleiades Choir, incontriamo altre collaborazioni di spicco. Alan Averill dei Primordial sarà la voce in ‘Thou Art Lord’, mentre Diamanda Galás compare in ‘Orders from the Dead’, omaggio dei Rotting Christ proprio alla Galás, posto in chiusura di disco.
La copertina di “Aelo“
I Rotting Christ sono quindi pronti a tornare on the road, ma un incidente occorso a Sakis ne limita l’attività per alcuni mesi. La band riuscirà a tornare attiva in sede live sul finire del 2010, con una tournée europea che la vedrà condividere il palco con Samael, Metsatoll e Fintroll, per poi volare nuovamente in Nord America in compagnia di Melechesh, Hate e Abigail Williams nel tour “Apostles Of Darkness Over The Americas” dove, in alcune date, troveranno come accoglienza le proteste di gruppi cristiani contrari all’esibizione della band greca.
L’audiotrack di ‘Aelo’
Questo periodo si rivela estremamente importante per i Rotting Christ, con una popolarità e considerazione in continua crescita nel panorama metal. La formazione dei fratelli Tolis non perde tempo e, sul finire del 2012, annuncia un imminente nuovo album. Sempre nello stesso periodo Andreas Lagios e Giorgos Bokos lasciano la band. Sakis e Themis sembrano non accusare il colpo ed entrano in studio come duo: Themis si occuperà delle parti di batteria, Sakis di tutto il resto. Il risultato sarà “Kata Ton Daimona Eaytoy”, titolo in greco che può essere tradotto con “Do What Thou Wilt”, il famoso motto di Alister Crowley, il padre dell’occultismo moderno. Il disco è un ulteriore step evolutivo per la band, le cui composizioni puntano su ritmiche ossessive e ripetitive, quasi alla ricerca di creare una sorta di ipnosi nell’ascoltatore, su cui si stagliano le vocals di Sakis che, per l’occasione, fanno ricorso a più lingue antiche, utilizzando sussurri e cori simili a delle litanie. “Kata Ton Daimona Eaytoy” è il disco più cupo e mistico fin qui prodotto dai Rotting Christ. Sorprende che in questo nuovo passo evolutivo i Nostri guardino un po’ al passato, ripescando alcune melodie figlie del loro periodo dark sound degli anni Novanta. “Kata Ton Daimona Eaytoy” si rivelerà un disco splendido, dando ancor maggior risalto al nome Rotting Christ.
La copertina di “Kata Ton Daimona Eaytoy“
Per il tour di supporto a “Kata Ton Daimona Eaytoy” vengono assoldati George Emmanuel e Vagelis Karzis, poi noto come Van Ace, che a distanza di qualche anno entreranno nella line-up ufficiale dei Rotting Christ.
Il videoclip di ‘Χ Ξ Σ (666)’
La storia ora diventa recente. Ultimata l’attività live di supporto a “Kata Ton Daimona Eaytoy” e finito il periodo di ricerca spirituale intrapreso da Sakis, i Rotting Christ entrano nuovamente in studio e, a febbraio 2016, danno alle stampe un nuovo apice nella propria discografia: “Rituals”. Partendo da quanto espresso in “Kata Ton Daimona Eaytoy” la formazione riesce ad andare ancora più a fondo in quel percorso esoterico, magico in cui sembra aver focalizzato il proprio essere. Un lavoro unico, personalissimo, dove il marchio Rotting Christ è più vivo che mai. Registrato nuovamente dai soli fratelli Tolis, il disco vede la partecipazione di molti ospiti, ognuno pronto a dare il proprio contributo in questo vero e proprio rituale in musica. Ci riferiamo a nomi del calibro di Nick Holmes dei Paradise Lost e Vorph dei Samael. Ma anche la presenza di amici del passato, come George Zacharopoulos che contribuirà ai cori. Continua l’utilizzo di cornamuse e percussioni che, oltre a riportarci indietro nel tempo, danno un maggior taglio ritualistico alle composizioni. Sempre in questa direzione, incontriamo nuovamente l’uso di varie lingue nei testi, dal greco all’aramaico. La dose di oscurità, di misticismo espressa in questo lavoro non ha precedenti nella storia della compagine greca.
La copertina di “Rituals“
Come da programma, dopo l’uscita di “Rituals”, i Rotting Christ sono pronti a tornare on the road. A settembre partono per un nuovo tour in Nord America in compagnia di Marduk, Carach Angren e Necronomicon. Gli headliner previsti sono i Marduk che, all’ultimo, non riescono a prendere il via. La tournée va ugualmente avanti con i Rotting Christ nuovi headliner. Nonostante l’assenza dei Marduk la nuova avventura in terra americana risulta comunque positiva, con i soliti gruppi cristiani a manifestare contro l’esibizione della band greca. Al ritorno in Europa, il quartetto inizia a girare il Vecchio Continente in compagnia di Inquisition, Mystifier e Schammasch. I Rotting Christ continueranno a suonare in lungo e in largo nel Globo, passando per Sud America e Sudafrica dove, al Witchfest, sono costretti a presentarsi con uno pseudonimo. Alcuni gruppi fondamentalisti cristiani non accettano che una band dal nome Rotting Christ possa esibirsi nella loro Terra.
Il lyric video di ‘Le Litanies De Satan’
La carriera dei Rotting Christ è ben lungi dall’essersi conclusa e, anzi, prevede ulteriori interessanti capitoli, probabilmente verso nuovi orizzonti, vista la volontà della compagine greca di andare sempre alla ricerca di un qualcosa di nuovo, di personale, di unico. Una formazione capace di crearsi e reinventarsi senza perdere il proprio marchio di fabbrica, senza perdere credibilità, riuscendo ad aumentare i propri consensi, un qualcosa che ben poche band hanno saputo fare nel corso della propria carriera. Il tutto è merito del mastermind Sakis, che, senza recitare una parte, come invece molti esponenti del lato oscuro in musica fanno, riesce a trasporre nella propria opera il proprio essere, i propri studi spirituali e culturali. “Rituals” è stato pubblicato nel 2016 e, al momento, è il disco di maggior successo della formazione ellenica, un lavoro che sta tutt’ora tenendo impegnati i Rotting Christ in molti festival estivi. Non ci rimane che restare in attesa di un nuovo capitolo del quartetto greco e scoprire dove Sakis & compagni avranno deciso di condurci.
Marco Donè