Akercocke (David Gray)
Uno dei dischi migliori dell’anno, ricco come pochi e dalle tante sorprese
nascoste: “Words…” degli inglesi Akercocke merita un
approfondimento deciso, a mio modo di vedere, e non solo negli ascolti. Peccato
che la famosa immagine ‘snob’ che avvolge la band sia molto più veritiera di
quanto il nostro David Gray voglia ammettere: una supponenza a volte
fastidiosa, in un’intervista svoltasi via e-mail (e quindi senza la possibilità
di un reale colloquio) che mi costringe a sottolineare, in certi passaggi, i
non-sense che il batterista esprime senza il minimo problema. Il bianco della
musica ed il nero delle parole, forse anche in questo sta il dualismo che gli
Akercocke sembrano voler propagandare in continuazione…
David, devo dire di essere rimasto piacevolmente sorpreso da ‘Words that
go unspoken, deeds that go undone’: mi sembra di poter dire che l’argomento
colegato al titolo sia, in qualche modo, il rimorso, il rimpianto, o no?
No, non è collegato a nessuna emozione specifica, tanto meno al rimpianto.
Il tema è del tutto soggettivo e interpretabile; il punto di partenza è
comunque il modo di comunicare della gente, le relazioni interpersonali e il
fatto che non sempre diciamo ciò che abbiamo in mente. Sono molto riluttante a
parlare di quanto esprimo nei testi, perché trovo che sia meglio lasciare
l’interpretazione al lettore.
Sbaglio, comunque, o ci sono meno testi “satanici” che in
passato, nell’album?
Sbagli. Tutto è visto da un punto di vista prettamente satanista, anche se
forse non attraverso immagini di fantasia come in passato. Non che ci fosse
qualcosa di sbagliato in esse, ma credo siano importanti solo come simboli per
quella che è la filosofia e l’etica satanista.
Cosa mi dici dell’artwork? Sembra la cover di un libro ‘noir’, decisamente
insolita per un gruppo di metal estremo…
Abbiamo sempre utilizzato immagini in bianco e nero, molto più di quella a
colori, intenzionalmente: è un mezzo per comunicare il dualismo del mondo, il
fatto che non esistano in realtà sfumature, ma solo il bianco o il nero, il
bene e il male, gli assoluti della nostra creatività. Una cosa del genere,
insomma.
Una delle migliori canzoni dell’intero disco è, a mio modo di vedere, l’opener
‘Verdelet’: le parti di voce pulita mi ricordano molto i Katatonia degli ultimi
anni, sei d’accordo? Ti piace questa band?
No, mi fanno fottutamente schifo, e qualsiasi paragone tra noi e loro per me
è un insulto. (Ti hanno per caso rubato la fidanzata? Nda)
Allora mi vuoi dire quali sono le tue maggiori influenze nel comporre
musica?
Cerchiamo di riunirci nella nostra sala prove e di mettere insieme tutte le
nostre idee, sviluppando gli arrangiamenti in stretta collaborazione e cercando
di scrivere musica che noi per primi vorremmo ascoltare, idee che ci eccitano.
Ascoltiamo tutti band diverse e la cosa influisce su quanto scriviamo, ma non
abbiamo mai un’idea preconcetta di come suonerà un album prima di comporlo.
Parlami della particolare outro: ‘Lex Talionis’, la legge del taglione.
Un’uscita molto atmosferica…
In realtà è stato Mendonca a scriverla (cantante/chitarrista della band,
Nda), mentre io vi ho suonato le percussioni, quindi lui potrebbe
spiegartene il significato meglio di me; ma credo sia stato il suo modo di
riannodare tutti i fili sviluppati dallo svolgersi delle canzoni precedenti, o
almeno credo si possa dire così.
C’è molto brutal death in questo album, naturalmente mescolato a molti
altri stili: credi che questa sorta di “crossover” rappresenti il
futuro del metal estremo, in qualche modo?
No, penso al futuro del metal solo se mi è necessario a restare motivato ed
meditare sulle mosse della band (ma non eravate 100% spontanei? Nda).Ci
piace qualsiasi genere musicale e credo si possa sentire nei nostri brani; per
usare una delle mie celebri metafore culinarie, è un po’ come dire “Mi
piacciono solo le patate, mangio solo quelle”. Ma perché dovrei farlo? Ci
sono molte più pietanza a cui attingere, perché limitarsi? La vita non
dovrebbe essere così, così come non si dovrebbe ascoltare una sola cosa, sai
che noia?
Resta il fatto che rimane un po’ difficile descrivere la vostra musica
alla gente, per quanto in sé sia un fatto positivo…
Questo spetta ad altri, a me non frega niente. Perché dovrei voler
catalogare la mia musica? (Forse perché se non date un’idea di quello che
suonate la gente non vi compra? Nda) Perché dovrei limitare la mia
espressione musicale a sole due o tre parole? Stronzate! (e allora perché
fai interviste? Nda). Preferisco occuparmi di picchiare duro sui tamburi e
di tet*e giganti.
La vostra label vi descrive come “un mix unico di musica e
immagine”, credi che questo abbia come base un solido concept, dietro agli
Akercocke?
Non capisco cosa intendi, ogni gruppo ha un modo di presentarsi visivamente (aò,
mica l’ho inventata io la definizione… Nda). Qualche band rinuncia alla
propria individualità per semplice scelta, perché quello che vedi è quanto
unisce la musica, il merchandise, le cover e le foto promozionali. L’effetto
complessivo decide come la gente debba giudicarti, per cui aiuta se tu sai e
vuoi collegare alla tua musica dei feeling specifici. Mancare di emozioni in
ogni modo in cui si possano esprimere è semplicemente una perdita di tempo.
Vista comunque l’immagine scelta, decisamente snob, componete forse musica
per una élite di persone?
No, c’è spazio per tutti: non c’è alcun prerequisito per poter apprezzare
la nostra musica. Alcuni la comprenderanno immediatamente, altri avranno bisogno
di un convincimento maggiore. Alcuni ragazzi ascoltano l’album per intero, si
leggono i testi e alla fine persino la thanks-list, anche se non sono nostri
amici. QAltri vogliono semplicemente pogare sui blast-beats ai concerti, altri
ancora mettono sul il cd anche mentre si fanno la doccia, va sempre bene.
State eseguendo un tour insieme a Mortician e Blood Red Throne: credete
che il pubblico dei Mortician in particolare possa apprezzare anche la vostra
musica, certamente più “raffinata”?
Non credo che i Mortician siano poi così diversi da noi (come la
pastasciutta dal risotto, Nda): l’importante è che entrambi spacchiamo
tutto, suoniamo musica potente. Loro sono nostri compagni di tour da anni,
quindi credo non ci possa essere gruppo migliore per accompagnarci (questo
prima che Will Rahmer si facesse arrestare in Polonia per aver aggredito un
tassista e rubato il suo mezzo, vorrei richiederglielo ora, Nda).
Forse non molta gente sa che nel vostro debut album una canzone si
chiamava ‘Il giardino di monte Oliveto Maggiore”: come mai questo titolo
italiano? Si ricollega ad un episodio particolare o al folklore della nostra
nazione?
Non direi, è relativo ad un luogo citato nel libro da cui abbiamo tratto
ispirazione per tutto quel disco, cioè “Faust” di Robert Nye:
consiglio a tutti di cercarlo in qualsiasi modi via web, ne vale davvero la
pena.
State lavorando a qualche videoclip, come avete fatto per ‘Leviathan’ sul
precedente ‘Choronzon’?
Ne stiamo discutendo, vedremo; in passato abbiamo fatto un video anche per
‘The goat of Mendes’, quindi può darsi.
Per concludere: suonate solo ciò che vi pare o volete ridefinire qualche
regola?
Abbiamo sempre e solo suonato ciò che ci veniva in mente senza la minima
onsiderazione per il resto del mondo, non vedo perché dovremmo cambiare in
futuro.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli