Allhelluja (Massimo Gajer)
Ne avevamo già parlato in occasione del debutto: gli Allhelluja si
stanno facendo strada sui binari dello stoner/hard/metal più bastardo e
convincente, specie per l’ottimo follow-up, Pain is the Game.
Diamo la parola al chitarrista Massimo Gajer.
Prima di tutto rinnovo i miei complimenti per il disco! Credo siate molto
più compatti e incisivi che sul debut, sei d’accordo con me?
“Seppur le cose per noi non siano cambiate molto, con questo nuovo disco
abbiamo dato prova di essere maturati. Diciamo che dal debutto con “Inferno
Museum” abbiamo semplicemente acquisito maggior consapevolezza delle nostre
potenzialità e del valore della nostra proposta musicale. Siamo nati
già come gruppo compatto visto che noi tre “milanesi”(Massimo Gajer chitarra,
Stefano Longhi batteria e Roby Gelli basso) siamo vecchi amici, e
chiaramente portando avanti con convincimento il discorso Allhelluja il
nostro legame si è rafforzato. Lo stesso Jacob, nonostante la lontananza (lui
vive e lavora in Danimarca) è molto più coinvolto, si interessa al processo
compositivo, partecipa alla promozione, soprattutto in Europa, ed è
completamente galvanizzato ed eccitato per gli Allhelluja. Più aumenta la
compattezza del gruppo più l’ impatto e l’incisività crescono, acquistano in
violenza, in modo molto del tutto naturale. E questo “Pain is the Game” ne è
la riprova.”
Sinceramente, ti aspettavi una prova simile da parte di Jacob? I progressi
che ha fatto come cantante tout-court sono enormi, vi trovo qualche
somiglianza con la costante progressione di Peter Dolving dei The Haunted,
personalmente.
“No, e se devo essere sincero pensavo ad un netto rifiuto! Sì, perché per
questo “Pain” abbiamo dedicato molto tempo e molta attenzione per le linee
del cantato, avrai notato che sono molto più melodiche rispetto ad “Inferno”
e alcune di queste sono addirittura “spregiudicate”: penso a linee di coretti
come in “The Devil, Me, Myself and I”. Devi pensare che noi non siamo cantanti, non sappiamo distorcere la voce, quindi quando Stefano ha inciso la
“cassettina” col registratore portatile (sì,perché è così che facciamo
pervenire le linee vocali a Jacob! Marci fino in fondo 😀 ), le melodie da
noi pensate gli sono arrivate cantate in modo “pulito”! Ovviamente in fase
di composizione noi le immaginiamo e sappiamo che saranno poi urlate da
Jacob, ma non sappiamo come le interpreterà. Infatti questa volta è stato
molto schietto con noi dicendoci: “Ragazzi questa volta sarà molto dura, dovrò pretendere molto da
me, ma non voglio solo provare a cantare, voglio essere un vero cantante!” Il risultato è per noi
stravolgente,non potevamo chiedergli prestazione migliore, e il bello è che
anche lui ne è consapevole, sa di essere maturato e di aver espresso nella
totalità questo suo lato Rock’n Roll!”
Sento molti paragoni con gli ultimi Entombed: cosa mi dici a riguardo?
“Gli Entombed sono un gruppo che gode della nostra completa stima. La cosa
che più ho apprezzato è stata l’evoluzione del sound che hanno avuto negli
anni. Da gruppo puramente metal che era con i primi dischi, si è reinventato,
approdando ad un gusto più Rock’n Roll e generando quello che è stato definito
Death’n Roll. Un gusto di sound che è molto vicino a noi Allhelluja: un
approccio più easy, diretto,marcio e rock nella visione del metal. Diciamo
che è uno dei nostri gruppi “culto” e pertanto è facile trovare in noi una
valenza del loro stile.”
Parliamo un attimo dei testi: mi incuriosiscono particolarmente quelli di
‘The Devil, Me, Myself and I’ e The King Of Pain, tra l’altro due dei
migliori episodi dell’album.
“La stesura delle liriche è stata tutta ad opera del batterista Stefano. Al
contrario di “Inferno” ,che era un concept ispirato dal best seller “Il
museo dell’inferno” di Derek Raimond , questo nuovo disco descrive l’inquietudine
dell’animo umano alimentato da paure, tormenti, dubbi nei confronti della
vita. Il titolo “Pain Is The Game” sta a significare che la nostra vita è
un percorso inteso come gioco perverso. E’ come una scommessa che non si sa
quanto duri: può durare un giorno, un mese, un anno o cent’anni, ma in questo
gioco tu devi sopravvivere e lottare fra mille difficoltà e dolori , dove
esiste un unico e supremo arbitro che detta le regole del gioco, ovvero un
Dio onnipotente che decide quando per te la partita è terminata. In “The
Devil,me..”si parla proprio del dolore che riserba la vita( “ho perso
qualcosa di prezioso,per sempre”) e e del precipizio verso il nulla eterno
(“sto cadendo giù, verso l’inferno”) dove non si trova una via d’uscita (“non
dirmi dov’è la luce perché sono un uomo perso e abbandonato”). Si può notare
anche però una vena ironica in tutto questo, caratteristica fondamentale
degli Allhelluja, infatti in questa caduta nel buco, nel delirio noi diciamo
“but it’s allright,ma va tutto bene”. In ” The King of Pain” si riflette
quello che è un altro concetto del disco ovvero quello del “super-uomo” cioè
colui che si vendica per la sconfitta della sua vita, uccidendo e “donando”
la salvezza eterna agli altri uomini”
Dato il feeling in qualche modo ‘letterario’ delle tematiche da voi trattate
devo chiederti se derivate la vostra ispirazione dalla quotidianità o da
opere di autori in prosa o poesia.
“Diciamo da entrambe le cose. Nello specifico per questo secondo disco l’ispirazione
è venuta più da un’esperienza personale,dalla vita quotidiana quindi. Come
ti dicevo i testi son stati scritti da Stefano che, colpito da una tragedia
intima, non ha avuto altra forza che sfogare la sua esperienza parlando
proprio del dolore e di cosa di amaro la vita riserva. Il tutto è comunque
legato ad un pensiero “malato” e “perverso” che attingiamo da film e libri
noir o horror. Analizziamo storie di serial killer come spunto per
descrivere l’inquietudine dell’animo umano e per capire questa mania di
onnipotenza, il voler diventare come il nostro “Super-hero”. Pensiero
riconducibile a teorie come quelle di Nietzche o Freud.”
Un’altra domanda spontanea riguarda la cover: una ‘lavanda dei piedi’
decisamente sacrilega, o se vogliamo semplicemente grottesca. Qual è il suo
significato?
“La copertina è un’opera dell’artista americano Chad Michael Ward, già
conosciuto per collaborazioni con gente del calibro di Marilyn Manson, Fear
Factory, The Rasmus, Billy Idol solo per citarne alcuni, e raffigura
esattamente una lavanda dei piedi ma vista in chiave più psicotica e
inquietante. A purificare infatti non c’è dell’acqua ma del sangue proprio
per rimarcare questo gusto perverso, malato, maniacale, elementi
fondamentali nell’attitudine degli Allhelluja.”
Noto che la produzione è stata di nuovo curata da voi, ma con risultati
decisamente migliori del già buon album di debutto: dove, come, quando avete
registrato? È stato un processo particolarmente difficoltoso ottenere quella
che è una delle carte vincenti del disco?
“E’ vero, abbiamo dedicato particolare attenzione e ci siamo impegnati
molto anche nella fase di pre e post-produzione. Abbiamo registrato gli
strumenti parte in un capannone a Milano con una regia mobile,per avere
sonorità molto particolari sfruttando l’acusticità dell’ambiente,come ad
esempio per le batterie, e parte in uno studio di registrazione alle porte
di Milano, quello del nostro fonico Maurizio Brioschi. Alcuni dettagli,molto
divertenti oltretutto, ve li risparmio perché si andrebbe per le lunghe,
posso solo dirvi che parte delle chitarre son state registrate in un bagno.
Questo a dimostrazione che per noi è fondamentale il suono da ottenere e
siamo predisposti a sperimentare affinché il risultato sia unico e
“personale”. Le registrazioni sono iniziate nel Dicembre del 2005, subito
dopo Natale, e abbiamo terminato la pre-produzione verso Aprile 2006,
abbiamo subito inviato tutto il materiale in Danimarca a Jacob il quale per
fine Giugno ha completato il disco registrando le voci, mixando il lavoro
nel suo stesso studio “Smart’n Hard Studios” e passando poi la
masterizzazione agli “Antfarm Studios” (The Haunted, Sick of it All, Mnemic.)
ad opera del mitico Tue Madsen. FANTASTICO!!! Il risultato finale ci ha
lasciato con la mascella per terra, siamo orgogliosi del lavoro fatto qui in
Italia da parte nostra e del nostro fonico, e lo siamo altrettanto per
quello fatto da Jacob e Tue Madsen. Dobbiamo riconoscerlo, in quei paesi
sanno proprio come “far suonare” un disco!”
Sono noti i problemi di distanza che vi bloccano sul lato ‘live’ della
vostra proposta, anche per il superimpegno di Jacob su vari fronti: credi
che riuscirete a rimediare nel prossimo futuro?
“Il problema della distanza è quello fondamentale se si vuole affrontare un
discorso di live-set. E dobbiamo fare i conti con un Jacob ultra-impegnato
col suo gruppo degli Hatesphere, sono perennemente in tour. Comunque stiamo
cercando di organizzarci per poter suonare in giro, anche perché le
pressioni sono ormai esaustive.”
Siete consumatori di musica a 360°? Se ti chiedessi di nominarmi tre uscite
recenti, anche al di fuori del metal se necessario, cosa mi citeresti?
“Puoi dirlo forte, puoi fargli fare due giri a quel 360°. Ascoltiamo
veramente di tutto, e non intendo solo nell’ambito rock, ma spaziamo dall’ascoltare
pop, musica elettronica, dark, punk, italiana, classica e chi più ne ha più
ne metta… Accetto la sfida dicendoti solo tre nomi , sai che è difficile
solo tre. Dunque: “Juliet and the licks” , “Sonic Youth” “Uzeda”.”
Si era parlato di interessamenti di grosse etichette verso la band:
confermi? Cosa prevedete per il futuro?
“E’ vero, per “Inferno Museum” siamo stati contattati da Nuclear Blast
Germania e Roadrunner Germania. Questi ultimi hanno ascoltato il nostro
lavoro, sono rimasti molto impressionati e ci hanno chiesto se volevamo
“collaborare” con loro. Sono seguite numerose mail e telefonate nelle quali
però si chiedeva una nostra disponibilità al mille per mille per quello che sarebbe
stato un tour e una promozione possente. Noi per primi, ma anche Jacob,
abbiamo dovuto fare i conti con la realtà, e cioè che io e Stefano non
potevamo abbandonare le nostre attività (lavoriamo in proprio) e Jacob
proprio in quel periodo aveva firmato un contratto con la casa discografica
SPV col suo gruppo Hatesphere. Sembrerà assurdo per molti, ma abbiamo dovuto
rinunciare, d’altronde non siamo più adolescenti,abbiamo realtà affermate,
abbiamo passato i trent’anni ed i sogni di gloria!”
Un saluto ragazzi!
“Grazie a tutti e HEADBANGING FOREVER, ALLHELLUJA!”
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli