All’Indian’s Saloon serata all’insegna del Brutal!!!
Permettetemi di versare una lacrimuccia per tutti i deathsters che, mancato l’appuntamento del 21 aprile all’Indian’s Saloon, si devono accontentare di questo mio report sul concerto: una data veramente indimenticabile, con tutti i gruppi che, a discapito della ridotta partecipazione di pubblico, hanno dato vita ad un concerto spettacolare!
La giornata è calda, il concerto inizia perfettamente in orario, e comincio subito a percepire quella che diventerà una realta: la serata si prospetta eccellente, una sensazione che quasi si respirava. Entro non appena mi è possibile nel locale e dopo pochi minuti si da il via al massacro. Ad aprire tocca ai Brainwash, gruppo italiano dedito ad un Brutal Death con fortissime influenze grind: pensate che a questi 3 ragazzi è toccato iniziare il concerto con non più di 20 persone all’interno del locale. Nonostante questo ce la mettono tutta e tengono bene il palco per qualche decina di minuti: pezzi piuttosto brevi e suonati con una formazione minima, ma non per questo deficitaria. Buona tecnica, impatto violentissimo e grinta da vendere. Un’esibizione veramente interessante, e il consiglio da parte del sottoscritto è di andarli a vedere se dovessero capitare dalle vostre parti.
Si passa quindi ai tedeschi Spawn, e qui inizia lo spettacolo vero e proprio. A dir la verità non tutto il pubblico si è detto soddisfatto della band, penalizzata anche da un suono un tantino impastato: tutto sommato c’è stato anche chi li ha accolti come una vera e propria rivelazione. Allineandosi perfettamente con lo spirito della serata, i nostri suonano Brutal Death molto “europeo”, senza far vernir beno però alcune parti classicamente Death, che rendono abbastanza immediato il loro suono. Ottimi sotto il profilo tecnico, soprattutto per quello che riguarda batteria e voce, riescono a tenere accesa costantemente l’attenzione di tutti. Tripudio generale quando regalano al pubblico una cover dei famosissimi Sepultura. Anche per loro giudizio altamente positivo.
I Profanity raccolgono senza ombra di dubbio il titolo di gruppo rivelazione della serata: si dice dei Mortician che in 3 creano un putiferio, ma perchè evidentemente non si conoscono bene questi tedeschi. Anche loro, presentandosi con la formazione basso + batteria + chitarra/voce, puntano a martoriare senza pietà le orecchie dei presenti, e raggiungono dei livelli di violenza che, vi assicuro, non sono neanche immaginabili… Ma soprattutto avreste dovuto vedere le prodezze del chitarrista il quale, nonostante fosse impegnato anche nel cantare, ha lasciato a bocca aperta tutti i presenti con un riffing talmente veloce da sembrare quasi casuale, e con degli assoli al limite dell’umana possibilità. Unica pecca di questo gruppo, il loro essere eccessivamente intricati, il che in sede live non li avvantaggia, soprattutto a causa del fatto che i più non avevano mai sentito una loro canzone. Anche i Profanity ci regalano una cover, e questa volta tocca a Zombie Ritual di uno dei gruppi più importanti di sempre, i Death.
Non neghiamo però l’evidenza: due erano i nomi che avevano portato il 99% della gente lì, ossia gli headliner e gli spagnoli Haemorrage. E vedere questi ultimi è stata un’esperienza assolutamente incredibile. Il gruppo si presenta sul palco con bassista in camice macchiato di sangue, chitarrista vestito da chirurgo e Lugubrious completamente ricoperto di sangue che comincia a mimare delle situazioni tra il comico e lo splatter… Si parte con tre pezzi uno di seguito all’altro, tra cui la bellissima Decrepit Dejection, che scatenano subito un bel pogo tra il pubblico. L’esibizione prosegue ad un ritmo spaventoso, con pezzi tratti da tutto il repertorio della band, tra cui chicche come Excavating The Iliac Fossa. Lugubrious da veramente vita ad uno show appassionante ed anche, ricordiamolo, divertente. Memorabile il momento in cui scende dal palco per risalire con una museruola, oppure l’intromissione di un ignoto di qualche altro gruppo che, con tanto di camice e mascherina, comincia ad aggirarsi per il palco con una siringa e ad “importunare” i vari membri del gruppo…
Viene anche per loro il momento della cover, e tocca ad un pezzo memorabile: Pyosisified (Rotten To The Gore), ovviamente dei Carcass. Lasciatemelo dire: solo loro e gli svedesi General Surgery sono i candidati a proseguire lungo quella via tracciata anni or sono da quell’album che risponde al nome di Symphonies Of Sickness. Lo spettacolo prosegue con altri brani fondamentali tipo Exquisite Eschatology o Decom-poser, per arrivare alla fine con l’ovvio richiamo sul palco del gruppo, il quale chiude con I’m a Pathologist, la quale si rivela essere uno dei pezzi più conosciuti e più apprezzati della band.
E finalmente si arriva ai miei miti, i grandi ed inimitabili Cryptopsy: è la seconda volta che li vedo dal vivo, ma il mio stupore davanti a tanta passione e furore è rimasto del tutto invariato. I cinque canadesi allestiscono uno show dove i brani vanno dal primissimo album (del quale proponono ben 2 pezzi) fino ovviamente all’ultimo loro lavoro. E così si parte: la botta iniziale spetta a Crown Of Thorns, la quale è immediatamente seguita da White Worms. Niente da dire, sembra quasi di sentire i loro Cd riprodotti, non fosse per la violenza aggiuntiva che viene imposta. Altro episodio fondamentale è Graves Of The Fathers, che nelle sue parti rallentate obbliga il pubblico ad un headbanging unico. Ma il vero colpo di grazia arriva quando il gruppo decide di proporci due dei suoi capolavori di seguito. Ed ecco quindi Cold Hate, Warm Blood, seguita immediatamente dalla fenomenale Phobophile: vi lascio immaginare la reazione del pubblico alle prime note di entrambi i pezzi… Lo show prosegue abbastanza a lungo e, come vuole la consuetudine, la band abbandona il palco per farsi richiamare. Tutti si chiedono a quale brano sarà affidata la chiusura ma è una domanda inutile: com si poteva meglio terminare questa spettacolare esibizione se non con Defenestration, primo pezzo del loro primo Cd…
E’ impossibile non stupirsi nel vedere dietro le pelli quella bestia dal nome Flo Mounier; impeccabile comunque la prova di tutto il gruppo, capace di riprodurre i propri pezzi in maniera perfetta, anche nelle parti soliste. I Cryptopsy danno l’ennesima prova di essere una grande band su Cd così come dal vivo. E dopo una piccola chiacchierata con uno dei due chitarristi, ho l’onore di annunciarvi che c’è già del materiale pronto per il prossimo album, che si prospetta “very interesting…“. E come non credergli???
Matteo “TruzzKiller” Bovio