Ancient Rites (Gunther Theys)
A distanza di diversi mesi dall’uscita dell’interlocutorio album Rvbicon
facciamo quattro interessantissime chiacchiere con Gunther Theys, da
sempre leader dei belgi Ancient Rites. A lui la parola!
Il nuovo album mi sembra riunire un po’ tutti gli elementi peculiari del
vostro stile: credi sia il trampolino di lancio per una nuova direzione degli
Ancient Rites?
“Ogni album della band è diverso dal precedente, ma è sempre
inconfondibilmente Ancient Rites. È vero però che su ‘Rvbicon’ vocals, musica
e testi sono andati un passo avanti: l’album infatti contiene le parti più
aggressive, melodiche ma anche progressive che abbiamo mai realizzato. Credo
quindi che la tua analisi sia esatta. Non pianifichiamo mai un suono, la musica
cresce naturalmente, gli elementi sono aggiunti in modo costante, nuove idee
vengono inserite e alla fine osserviamo con un certo stupore, noi stessi, il
puzzle completo.”
Titoli molto semplici ma che nascondono storie secolari: come mai per la
prima volta trattate epoche così lontane, come per esempio tra ‘Chervscan’ e ‘Ypres’?
“Sono sempre stato appassionato di storia in generale. Prima di ‘Rvbicon’
mi sono concentrato principalmente sulla storia antica e medievale, ma col
passare degli anni mi sono accorto che era il momento di trattare secoli
diversi. Avverto un forte legame col passato: esso rifluisce nel presente e il
presente esiste grazie al passato. Quindi in qualche modo il nostro futuro nasce
dal passato. saremo solo parte della storia dopo la nostra morte, per cui… se
abbiamo indagato il passato con le nostre menti, in realtà avremo sognato il
nostro futuro.” (un pensiero un po’ contorto, diciamolo, Nda)
Ti renderai sicuramente conto che trattare argomenti “storici” sia di
solito una prerogativa di certo power metal: ti piace questo genere?
“Le band power si concentrano su tematiche fantasy e mitologiche,
mentre noi trattiamo argomenti strettamente storici. In realtà apprezzo molti
generi musicali, e nel power credo che gli Omen
(!?, Nda) siano il top.”
Devo dire che è anche abbastanza strano sentire una variazione di sound
così minima a fronte di cambiamenti di “epoche” tanto imponenti…
“Io credo che invece i cambi di suono ci siano. Per esempio quando
parliamo delle Crociate nella canzone ‘Templar’ si possono sentire suoni di
derivazione mediorientale, così da poter immaginare i Templari in viaggio nel
deserto, sotto al sole cocente, verso il proprio destino. Su ‘Cheruscan’, che
tratta invece dell’antica Germania, i suoni si fanno molto aggressivi ed
“europei”. ‘Ypres’ tratta invece un argomento decisamente triste e la
musica si regola di conseguenza, con delle vocals diverse, drammatiche ed
evocative. Credo insomma che ‘Rvbicon’ offra molta varietà, anche se
probabilmente è solo questione di pareri e impressioni…”
Credo che il disco si possa posizionare a metà tra ‘Fatherland’ e ‘Dim
Carcosa’, sei d’accordo con me?
“È sempre difficile giudicare obiettivamente il proprio lavoro.
Credo che ‘Rvbicon’ contenga elementi che ripercorrono la nostra intera
carriera. Grazie al ritorno del nostro vecchio compagno Bart si possono sentire
arrangiamenti tipici dei nostri primi album, mentre il rientro di Raf ha
contribuito a inserire diverse parti melodiche; l’altro chitarrista, Erik, ha
uno stile più vicino a ‘Fatherland’ e ‘Dim Carcosa’. ‘Rvbicon’ è un mix di
vecchi, nuovi e FUTURI Ancient Rites. È abbastanza logico, dato che l’attuale
line-up è composta anche da ex-membri della band e che tutti siamo maturati
molto come musicisti. Stando alle reazioni che abbiamo ricevuto sinora questo è
il nostro miglior album di sempre: ne sono felice, molte band vedono la propria
carriera crescere di colpo e poi appassire, la nostra invece cresce lentamente
ma in modo continuo.”
Cosa mi dici della produzione? Sei soddisfatto del suono degli Spacelab?
“Agli Spacelab collaboriamo col produttore Oliver Phillips, che è
importantissimo per il nostro sound: è un vero maestro con le orchestrazioni,
essendo un esigente musicista classico e progressivo. Le tastiere sono sempre
state una parte importante del nostro suono, sin dai tempi dei demo. La
differenza è che oggi questo strumento è ben integrato nella struttura delle
canzoni, mentre prima forniva delle note di ‘colore’ ai pezzi; ora è in primo
piano ed è importante quanto la chitarra solista. Credo che la sua proprietà
evocativa porti l’ascoltatore verso gli scenari che dipingiamo coi testi. Anche
per quanto riguarda le vocals Oliver mi dà delle fondamentali istruzioni, dato
che spesso scrivo da solo i cori al completo e tutte le note devono adattarsi le
une alle altre. Quest’uomo è un ottimo chitarrista e sovrintende a tutti i
musicisti con molta attenzione. L’altro produttore, Christian Moos, è un
musicista prog e si occupa del mixaggio con un occhio ai dettagli, e aiuta anche
molto il nostro batterista. Lo Spacelab quindi ha sia la strumentazione che la
gente adatta ai nostri scopi: non è una vacanza lavorarci, ma è il risultato
che conta. Grandi persone, oltretutto.”
Vogliamo approfondire i cambiamenti del vostro modo di scrivere i brani
derivati dal rientro in line-up di Domingo Smets e Raf Jansen?
“Le idee sono state registrate separatamente dai musicisti, ognuno a
casa sua; ogni canzone viene poi presentata dal suo autore al resto della band
su un CD: da lì iniziano le modifiche finché non siamo tutti soddisfatti del
risultato. Non c’è mai tempo da perdere jammando, ogni prova che facciamo
richiede un viaggio (per alcuni di noi anche da uno stato all’altro) e gli
esperimenti devono quindi essere fatti a casa. Quando fissiamo le prove, quindi,
tutto è programmato alla perfezione, per far sì che il risultato sia proficuo.
Alcune volte la musica viene composta per prima, altre sono i testi a ispirare i
pezzi, dipende. La fase di composizione è un successo di gruppo: in studio c’è
spazio per orchestrazioni extra o cori. Quindi l’unica fondamentale differenza
è che ora ci sono più idee, dato che abbiamo più musicisti nella band.”
‘Rvbicon’ è anche il vostro primo album per Season Of Mist: come vi
trovate con loro?
“La SOM è una label molto ben organizzata, devo dire. Siamo
affascinati dal fatto che mettano sotto contratto altri pionieri nel metal,
gente come Mayhem, Rotting Christ, Arcturus, Hirax, sembra che abbiano un occhio
di riguardo per le band che fanno la differenza. La loro distribuzione è
ottima, mentre in passato i nostri fan oltreoceano dovevano pagare prezzi da
import per avere i nostri dischi. Anche sul piano della promozione lavorano
molto bene. Con la SOM quindi ci sentiamo come in una macchina ben rodata, e
questo è necessario per noi.”
Quale credi sia il maggior cambiamento che avete subito come musicisti
nel corso degli anni? Vi sentite ancora legati alla scena Black Metal?
“Credo che saremo sempre legati al Black Metal, dato che le nostre
radici affondano in quel genere. Ma va anche detto che non siamo mai stati una
vera e propria Black Metal band, perlomeno non una di quelle tradizionali: sin
dal primo giorno abbiamo tentato di differenziarci. Gli altri stili metal hanno
sempre influito sul nostro modo di comporre, tanto che alcune nostre parti
possono essere tranquillamente considerate come heavy tradizionale. Per farti un
esempio credo che noi stiamo al black metal come The Clash o The Jam stavano al
punk rock, radicati nel genere ma liberi di sperimentare ampiamente. Loro
sperimentavano con le tastiere, aggiungevano elementi estranei e i loro testi
contenevano meno slogan della media; inoltre sono sopravvissuti a molte delle
band in quel genere, esistendo per molti anni. i The Stranglers per esempio
esistono ancora, e gli Ancient Rites hanno avuto l’onore di suonare con loro
qualche anno fa (sono dei miei vecchi eroi). Credo che i gruppi che seguono una
propria linea siano i più interessanti e resistano meglio allo scorrere del
tempo, mentre quelli che si limitano a imitare i più famosi sono destinati a
scomparire, presto o tardi. L’originalità è importante. Non rinnego niente
delle nostre origini, ma la band deve avere la libertà di evolversi: siamo
simili agli esordi nell’essenza, ma ci prendiamo la responsabilità di esplorare
nuovi lidi. Che cosa è cambiato nella scena metal, mi chiedi? Credo che negli
anni passati le trovate pubblicitarie avessero meno importanza: oggi è facile,
per una band che mette in piedi una sorta di circo, avere successo, così come
per quelli che utilizzano una pin up, mentre i semplici musicisti, che lavorano
duro pur mostrandosi con un normale giubbotto di pelle, fanno molta più fatica.
Vedi gruppi come i Motörhead,
che mantengono il loro stile da strada ma declinano lentamente. Quando abbiamo
abbandonato il corpse paint molti se ne sono dispiaciuti, ma per noi non si è
mai trattato di intrattenimento. Naturalmente anche in passato le band che
imbastivano un grande spettacolo erano le più grandi, ma personalmente penso
che anche oggi l’immagine (ed un grosso management) contino più della musica
vera e propria; molti credono che nel mainstream parecchia gente si incuriosirà
del metal e imparerà a conoscerlo ora che i Lordi hanno vinto l’Eurovision Song
Contest, e io sono contento che sia successo, ma non sogniamo: quelli che li
hanno votati l’han fatto non per i loro assoli o per il guitar work, ma perché
erano divertiti dal fatto di vedere dei mostri con le ali sul palco. La stessa
band, vestita in jeans, sarebeb arrivata ultima, perché la musica in sé non
avrebbe contato nulla. Questo è il modo in cui l’industria musicale funziona,
l’elemento “spettacolo” è fondamentale, anche nel Metal.”
A volte sembra che sia
difficile, per voi, realizzare dei concerti in modo sereno: ricordo un tour di
anni fa coi Cradle Of Filth e alcuni contrasti con loro, ma anche uno show
cancellato in Italia l’anno scorso e l’Ultima Ratio Festival in Germania, coi
suoi problemi. Come mai credi che capitino così spesso problemi del genere?
“Gli Ancient Rites hanno attirato la sfiga sin dagli esordi: membri
del gruppo che morivano (evvai… Nda), boicottaggi, etichette e
promoter che ci fregavano… le circostanze su cui non abbiamo il controllo
spesso si rivoltano contro di noi. Per quanto riguarda l’Ultima Ratio: c’è
stato un bel po’ di agitazione. Il nostro management arrivò al festival molto
prima di noi; improvvisamente i fan locali iniziarono a farci sapere che c’erano
voci secondo cui non avremmo suonato perché la scaletta del festival non era
stata rispettata, e che la gente era infuriata con noi. Venimmo poi informati
che la notizia della nostra rinuncia era stata data direttamente sul palco, e
che al pubblico era stata offerta la scelta tra noi e altre band; più tardi
parlammo con un promoter che ci disse di aver avuto problemi con noi, ma che era
un nostro fan e gli sarebbe dispiaciuto se non avessimo suonato. Insomma, non ci
abbiamo capito niente, sul momento. Tutto divenne chiaro quando venimmo a sapere
che, senza che noi ne fossimo informati, il nostro management e l’organizzazione
avevano litigato sui tempi di scaletta e il management aveva minacciato, senza
consultarci, di far saltare il nostro concerto: non abbiamo apprezzato per
niente e, finito il nostro spettacolo, il management ha chiuso ogni rapporto con
noi. Ci rendiamo conto che volevano tutelarci, vedendo quanto si era fatto tardi
durante il festival, ma la loro decisione non è assolutamente in linea con
quello che è il nostro spirito e la nostra attitudine. Il risultato finale
infatti è stato farci suonare in ritardo comunque, ma con un sacco di gente
arrabbiata con noi perché pensava che volessimo boicottare il festival o gli
altri gruppi… Quando i tecnici smontarono il palco e l’amplificazione, prima
che suonassimo, la gente credeva fosse stata una nostra precisa richiesta, e
invece era una questione di tempo anche per i ragazzi del service, che non
potevano tardare troppo; alla fine siamo saliti sul palco, ma molta gente aveva
già pensato fossimo andati via, mentre altri erano troppo arrabbiati per
restare a vederci. Iniziammo a suonare alle due meno un quarto del mattino, con
giusto uno sparuto ma inossidabile gruppo di fan davanti, e quindi fummo
soddisfatti lo stesso. Il problema nacque il giorno dopo, quando lessi su vari
forum tedeschi insulti alla band ed alla sua “attitudine da rockstar”…
è un peccato che equivoci come questo vadano a danneggiare la band, mentre noi
non sapevamo nulla di quello che stava accadendo: il nostro management si è
dimesso, ma noi siamo rimasti con la patata bollente. Ironico, non è così?
Vorrei che le altre band ed il pubblico che era presente sapessero che la
cancellazione dello show non era nei nostri programmi, né era un’arma con cui
minacciare nessuno: solo le rockstar si comportano così, e sarebbe stato un
insulto al carattere underground della band. Ovviamente fu un peccato suonare
così tardi, ma siamo abituati alle situazioni difficili, e ce ne infischiamo,
diamo comunque il meglio di noi stessi. Per quanto riguarda il concerto in
Italia, invece, si trattò di un problema tecnico: il nostro batterista chiese
una batteria con doppia cassa, ma uno degli organizzatori rispose che un buon
batterista può suonare anche con una cassa sola. È come chiedere ad un
chitarrista di suonare un assolo con una chitarra dotata di una sola corda.
Restammo in attesa, pronti per andare in aeroporto, ma le cose non migliorarono.
La nostra musica richiede alcuni standard tecnici precisi, e non per essere snob
ma per garantire il livello che offriamo sugli album; per cui lo show fu
cancellato: ci fu una specie di rivolta ma io e il promoter appianammo i
contrasti, non c’è più alcun rancore; non do la colpa a nessuno per questo, fu
un problema di cattiva comunicazione, un equivoco che può capitare. Se si fosse
trattato dela mia altra band, i Lion’s Pride, non ci sarebbe stato problema,
perché la musica richiede standard più semplici da ottenere, ma con gli
Ancient Rites è un discorso diverso. Un’altra sfortuna ci fu qualche anno fa a
Milano: eravamo pronti a suonare ma improvvisamente venne dichiarato una sorta
di stato di emergenza per l’intensa nevicata, che impediva alla gente di
raggiungere il luogo del concerto. Avevamo viaggiato in bus dall’Olanda per
niente, e dovemmo ripartire subito, sotto la tempesta di neve, per la Polonia,
per il concerto successivo: la tipica fortuna degli Ancient Rites; e infatti ho
appena suonatoa Milano, ma con uno degli altri miei gruppi, e infatti non è
successo niente, hahaha… In ogni caso speriamo di tornare presto in
Italia.”
Cosa credi che ancora
manchi agli Ancient Rites, come obiettivo? Cosa state cercando di raggiungere,
per il futuro?
“Un giorno mi piacerebbe poter registrare un album con
delle versioni delle nostre migliori canzoni eseguite con un’orchestra
sinfonica: sarebbe molto interessante. Come vedi mi prefiggo degli obiettivi
strettamente musicali, niente di rock’n’roll come fama e successo…conta solo
la musica, in fin dei conti.”
Siamo alla fine, Gunther!
“Grazie,
Alberto, per l’interessante conversazione e in bocca al lupo a TrueMetal.it. I
nostri sinceri rispetti alle Legioni Italiche: Cross Thy Rubicon…”
Alberto ‘Hellbound’
Fittarelli