Vario

Andre Matos

Di - 31 Gennaio 2010 - 0:20
Andre Matos

Esce finalmente in Europa, con un ritardo di cinque mesi rispetto al mercato giapponese e brasiliano, l’ultima fatica in studio di Andre Matos, Mentalize. Abbiamo raggiunto telefonicamente il singer carioca per scambiare quattro chiacchiere e farci raccontare qualche curiosità su questa release. Buona lettura.

Stefano “Elrond” Vianello
 

Ciao Andre, bentornato sulle pagine di Truemetal.it . Ormai sono passati diversi anni dall’ultima intervista per noi: ci sono stati diversi cambiamenti, hai lasciato gli Shaman e ti stai dedicando a pieno ritmo alla tua carriera solista. Un successo dietro l’altro e ora esce in Europa il tuo secondo disco da solista. Ti ritieni soddisfatto del lavoro svolto?

Ciao, grazie mille! Tutti noi siamo rimasti pienamente soddisfatti dal lavoro svolto. Un lavoro sincero, fatto con il cuore e decisamente spontaneo visto che l’album è stato registrato e prodotto in tempi molto brevi.

Infatti da Time To Be Free è passato poco tempo, circa un anno dico bene?

Si un anno e mezzo. Abbiamo registrato questo album in un tempo record, circa 3–4 mesi per completare il tutto. Per esempio, la registrazione abbiamo scelto di farla in un modo piuttosto minimale, questo album non è un’edizione ordinaria vera e propria, non ha molti effetti, si tratta di quello che abbiamo suonato in studio e direttamente passato sul mix finale. Diciamo che è stata proprio una nostra scelta.

Quindi una sorta di presa diretta?

Si quasi, abbiamo suonato tante volte quanto fosse necessario e scelto la migliore di tutte le tapes raccolte per ogni singolo strumento: la batteria, le chitarre, la voce, tutto.

L’album è stato pubblicato in Brasile e Giappone già lo scorso agosto, come mai questa scelta di posticipare di diversi mesi l’uscita per il mercato del resto del mondo?

Beh non è stata una vera scelta. E’ successo che la nostra casa discografica, la SPV, ha dovuto fare una ristrutturazione dell’organizzazione e della gente che ci lavorava, per cui ho scelto di aspettare che tutto questo fosse finito. E’ stata proprio una mia scelta, perché sono rimasto veramente soddisfatto dal lavoro che hanno fatto per il disco precedente e sono sicuro che in questo album faranno un lavoro altrettanto buono. Diciamo che l’attesa di tutto questo tempo per l’uscita europea verrà compensata dalla qualità del prodotto.

Dall’ascolto che ho potuto fare dell’album ho notato che il sound in alcuni frangenti si è indurito, e in altri continua a persistere una piacevole componente “brasileira” che rende decisamente caratteristiche le tue composizioni. La musica brasiliana ti ha influenzato molto nella stesura dei brani che compongono il disco?

Si direi di si. Abbiamo un batterista che fa parte del gruppo già da tre anni, Eloy, è molto giovane e gli piacciono molto i ritmi regionali, ritmi brasiliani, caraibici… Tutto questo oltre a piacergli lo suona con la batteria, e sono cose proprio difficili da riproporre.

Infatti si sente che è un suono molto ricercato quello della batteria, Eloy ha quindi contribuito parecchio nel songwriting dell’album?

Si, tutti i membri del gruppo hanno contribuito nella loro parte, i brani li abbiamo composti tutti insieme. E’ un lavoro di gruppo, un lavoro collettivo. Questo per me è molto importante, perché così ognuno si sente immerso nel lavoro e percepisce il disco come fosse anche una sua creatura; non è che perché il gruppo si chiama André Matos, allora André Matos è il capo che ordina e gli altri eseguono. Questo non mi piace, non è quello che cerco, ritengo invede molto importante l’armonia, l’amicizia, la confidenza e il rispetto.


Nella versione brasiliana di Mentalize, se non vado errato, c’è come traccia bonus Don’t Despair, cover di un brano che cantasti nel demo che ha preceduto il tuo debutto con gli Angra. Come mai hai scelto proprio questo brano?

Dunque, Don’t Despair è stata una canzone che ho composto tanti anni fa e mai utilizzato per un vero e proprio album degli Angra dei nostri tempi, faceva parte di un demo. La gente mi ha sempre domandato quando sarei andato a registrare questo brano e ho colto l’occasione al volo per realizzare per la prima volta una bonus track per il brasile. Ho scelto questa canzone perché era più conosciuta qui che da altre parti e credo sia stato un bel regalo per la gente brasileira.

È in previsione qualche cover particolare anche per la versione europea del disco?

No, non c’è una propriamente una bonus track per la versione europea, però l’album avrà un artwork completamente diverso rispetto alle altre edizioni e anche questo potrà attirare l’attenzione dei fans e di coloro che vorranno avere nella loro collezione anche la versione europea del full lenght.

Quindi l’artwork non è più lo stesso, quello con l’ingranaggio e la sorta di spirale al centro…

Il concetto è simile, però nell’edizione europea c’è qualcosa in più, sia nel formato, che è un digipack, sia nei colori, sicuramente più evocativi per coloro che conoscono già la versione precedente.

Cambiamo un po’ il discorso: hai un diploma di conservatorio e una preparazione teorica e tecnica che sicuramente non passa inosservata. Il fatto di aver comunque studiato musica quanto ti ha influenzato nello scrivere canzoni? Ti è mai capitato di sacrificare l’immediatezza a favore della tecnica?

Ride (n.d.r.). Questa è una bella domanda perché è sempre una cosa difficile scoprire in che direzione si guarda quando si scrive una canzone. Nei primi tempi ho avuto molta difficoltà a scegliere quale cammino intraprendere, perché molte volte ho scritto canzoni davvero molto complesse e altre ne ho composte alcune altrettanto semplici ma non meno efficaci. Ora però ho la consapevolezza che questa questione sia molto facile da risolvere perché credo che, se si lascia agire l’ispirazione e la tecnica allo stesso tempo, non si può sbagliare: non si possono fare errori quando quello che fai te lo dice il cuore.

Cosa ne pensi delle tribute band? Intendo quei gruppi che nascono con l’idea di proporre musica scritta da altre band più famose e non musica propria…

Credo che possa essere una scelta interessante per l’inizio della carriera di una band perché può aiutare a trovare quella che è una delle cose più difficili da ottenere in un complesso, cioè l’armonia. Se un gruppo inizia suonando come una tribute band e dopo inizia a proporre pezzi propri, questo è stato un buon cammino. Io stesso ho fatto questo percorso.
Per contro, non è esattamente una scelta ottimale quella di restare sempre una tribute band: chi vuole intraprendere una vera e propria carriera ha bisogno di andare avanti con brani propri; spesso questi conservano l’influenza di un gruppo principale, però è importante fare qualcosa di nuovo.

Proprio a proposito di questo discorso, hai collaborato con diverse band italiane che hanno iniziato la loro carriera musicale come tribute band, ma che hanno saputo evolversi. Sto parlando degli Astra e dei Clairvoyant. Come ti sei trovato a collaborare con questi due gruppi?

Bene, io ho conosciuto questi gruppi tramite un’amicizia di vecchia data e va detto che hanno saputo mettere in quello che fanno anche molta della loro personalità. Per esempio, i Clairvoyant mi hanno invitato a cantare sul loro album e mi hanno veramente sorpreso per la qualità della musica e per avermi dato la possibilità di cantare su un brano che mi piace tantissimo, ovvero Hallowed By Thy Name degli Iron Maiden, che ho sempre sognato di cantare. Ritengo che la versione dei Clairvoyant  di questo brano sia solamente seconda a quella degli Iron Maiden stessi.

Sempre parlando degli Iron Maiden ho letto una curiosità, cioè che tu hai partecipato ai provini per sostituire Bruce Dickinson nel periodo in cui cercava la sua carriera solista, e sei arrivato terzo!

Sì, questo è accaduto tanti anni fa, credo fosse il ’91 o ’92, forse il ’92. Sono arrivato tra i tre finalisti, il primo dei quali è stato Blaze. Credo che alla fine loro abbiano fatto una buona scelta con lui e sinceramente non pensavo di poter entrare a far parte degli Iron Maiden per il semplice fatto che io sono brasiliano e loro sono una band tipicamente britannica e quindi avrebbero scelto un cantante britannico. In ogni caso è stata un’esperienza interessante vedere fin dove sarei potuto arrivare in questa competizione, anche perché non mi sarebbe mai passato per la testa l’idea di essere scelto, non avrei potuto immaginare la mia reazione in quel caso.

Parliamo di live… E’ in previsione un tour europeo a supporto di Mentalize? Ma soprattutto, è in previsione qualche data in Italia?

Certamente. È una cosa che è già in fase di trattativa e spero di fare qualche apparizione ai festival estivi europei, anche se vorrei fare dei concerti anche da headliner. C’è una maggiore possibilità che questo si avveri dopo tutte queste partecipazioni che ho fatto con i Clairvoyant, con gli Astra e con gli Avantasia in Italia, spero che questo mi abbia aperto qualche porta per suonare da voi, magari non solamente a Milano, che al momento sembra essere la città più importante in cui suonare, ma anche da altre parti. Ci sono moltissimi locali in cui fare buoni concerti in Italia e vorrei essere ingaggiato anche per suonare in qualche altro bel locale.

So che hai concluso da poco la registrazione di alcuni concerti che andranno a comporre un DVD di prossima pubblicazione. Verrà quindi ripercorsa la tua intera carriera musicale?

Di sicuro, anche se il DVD non ha ancora una data di uscita, questo perché vorrei collezionare ancora altro materiale e immagini anche dal tour di Mentalize in Europa, Giappone e Nord America e in tutto il mondo. Credo che questo DVD uscirà il prossimo anno o verso la fine di questo.


E’ appena stata confermata la tua presenza nel prossimo lavoro di casa Sammet, Avantasia. Ormai sei un ospite fisso per Tobias, come ti sei trovato a collaborare con lui?

Ride (n.d.r.). Noi siamo ospiti perché anche Tobias è stato invitato in qualche mio lavoro, ci siamo conosciuti a vicenda undici anni fa e in questi anni abbiamo collaborato diverse volte in sede live, di registrazione e l’anno scorso ho fatto parte del tour mondiale degli Avantasia. È stato veramente fantastico, un tour incredibile ed è stato prodotto qualcosa di veramente grandioso e buono. Sono davvero amico non solo con Tobias, ma anche con gli Edguy e anche ai loro produttori Sasha, Miro… siamo tutti una grande famiglia che si riunisce.

Progetti per il futuro?

Beh, adesso naturalmente la promozione di questo album in Europa, visto che in Giappone e Brasile è già stato fatto. Abbiamo poi un invito per tornare a suonare prossimamente in Giappone e spero di riuscire a partecipare a qualche festival estivo europeo e magari anche qualche concerto solista. Dopo tutto questo, spero di riuscire a iniziare a lavorare su qualche nuovo brano per il prossimo disco.

Bene, questa era l’ultima domanda, grazie mille per la tua disponibilità. A te un ultimo pensiero per  concludere l’intervista.

Io penso che il primo disco, Time To Be Free, sia stato importante per un ritorno sulla scena a livello mondiale e forse Mentalize ora va a completare quello che avevamo iniziato. Spero che la gente lo comprenda e lo apprezzi e che quando saremo di ritorno per suonare live in Italia venga ad ascoltarci, perché tutti i fan italiani da sempre hanno un posto speciale nel mio cuore.