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Ansia (Ruben e Steven)

Di Silvia Graziola - 29 Gennaio 2008 - 16:52
Ansia (Ruben e Steven)

Forti dell’uscita dello Split CD insieme ai messicani Majestic Downfall, i riminesi Ansia, si sono dimostrati essere una band capace di proporre un sound originale e decisamente interessante che va rivoluzionare i classici standard del doom metal. Abbiamo raggiunto Steven e Ruben, le due menti che si celano dietro questo progetto, per saperne di più su questa nuova proposta musicale. Buona Lettura.

Intervista a cura di Angelo “KK” D’Acunto

Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine di Truemetal.it, vorreste presentare il progetto Ansia ai nostri lettori?
Ruben – Ciao a te Angelo e grazie allo staff di Truemetal.it per lo spazio concessoci. Gli Ansia nascono all’inizio del 2006 come un progetto totalmente diverso da ora. Con le prime registrazioni avevamo realizzato qualcosa molto più simile ad un black metal atmosferico sullo stile di Elysian Blaze o Vhernen, ma andando avanti il tutto si è evoluto in quello che potete ascoltare nel nostro split con Majestic Downfall.

Qual è il vostro background come musicisti e come è nata la band?
Ruben – Ci eravamo stancati di ritrovarci sempre da capo per i soliti problemi, quindi dopo anni di tentativi nel cercare membri per un gruppo abbiamo deciso di intraprendere questa esperienza con lo stretto necessario, senza perdere tempo in sale prove con persone che avevano come unico scopo quello di andare veloce o tirar due urli. Per quanto riguarda la mia di ispirazione musicale penso di non poter fare una lista di gruppi, potrei dire cosa ultimamente gira più spesso nel mio stereo: Kent, Interpol, Ablaze in hatred e Lifelover. In ogni caso penso che la mia ispirazione più significativa venga da quello che mi circonda.
Steven – La nascita del nostro progetto è dovuta dal fatto che eravamo stufi dei soliti problemi da bands (svogliatezza, incapacità altrui ecc..) che limitavano la nostra espressione musicale. Io e Ruben abbiamo sempre suonato insieme e non ci aggradava assolutamente l’idea di dover
accettare dei fermi compositivi propensi all’annullamento delle nostre idee.Per quanto concerne la mia ispirazione musicale, credo sia dovuta specialmente a bands come Bethlehem (anni 90), Woods of infinity, Deinonychus, Jesu e agli avvenimenti che hanno caratterizzato la mia persona.

Da dove è nata l’idea per la scelta del vostro monicker?
Ruben – Abbiamo scelto questo nome in quanto stato di paura verso una cosa che non conosciamo come il nostro futuro. L’umanità sta pian piano distruggendo se stessa senza rendersene conto. Viviamo una vita talmente frenetica, snervante e stressante che non si ha mai tempo di pensare a quello che realmente stiamo facendo, ma se ci mettessimo a riflettere sulla realtà verremo pervasi da un ondata di emozioni negative che ci porterebbero in uno stato di apprensione, angoscia e preoccupazione. L’uomo ha sempre cercato di mascherare il suo egoismo sotto falsi moralismi o piccoli gesti per illudere le persone, ma basta sforzarsi di guardare aldilà delle cose che vediamo tutti i giorni per capire come stanno realmente le cose.

Il vostro esordio, è uno split con i messicani Majestic Downfall, potete parlarmi di come è nata questa collaborazione?
Ruben – A dir la verità il nostro esordio non è stato lo split con Majestic Downfall ma “I” che doveva essere in qualche modo il primo atto (ma che non è mai stato rilasciato) di una serie di lavori che siamo intenzionati a realizzare. In “I” sono presenti gli stessi brani che abbiamo riproposto nello split ma con un titolo diverso, ossia: I, II, III anziché Part.I , Part.II e Part.III. Per quanto riguarda la collaborazione con Jacobo Cordova (Majestic Downfall) ci è stata proposta dalla Solitude Productions e sono rimasto molto soddisfatto di aver collaborato con un ragazzo a mio avviso molto in gamba.
Steven – Non è stata una nostra idea collaborare con Majestic Downfall, ma dell’etichetta. Anche se, comunque, è molto distante dalla nostra proposta musicale abbiamo trovato diversi punti di aggancio per far sì che il disco si potesse realizzare.

Come sono avvenute le fasi di registrazione e di composizione del disco?
Ruben – I nostri brani sono stati composti e registrati tutti “in casa” senza l’aiuto di uno studio di registrazione. Non abbiamo mai avuto modo di provare i pezzi faccia a faccia e per questo motivo preferisco considerarlo più come un progetto che un gruppo vero e proprio. Dobbiamo comunque molto al lavoro che è stato fatto durante mixaggio e mastering da parte di Alessio Fagrelli.
Steven – Tutto il materiale è stato registrato nelle nostre rispettive abitazioni. Abbiamo, poi, mandato il materiale ad Alessio Fagrelli che è stato subito disponibile a mixarci il lavoro.

Chi si occupa della fase di trascrizione dei testi?
Ruben – I testi sono stati composti da tutti e tre: io, Steven ed Ethere.
Steven – Ci abbiamo lavorato insieme, ognuno di noi ha creato un tassello.

Una delle cose che mi ha colpito di più durante l’ascolto del disco, è stato l’utilizzo del cantato in lingua madre. Mi spiegate il perché di questa scelta?
Ruben – Abbiamo preferito un cantato in Italiano perché non vogliamo limiti nell’espressione. I testi sono scritti in maniera molto interpretativa e sono modi astratti e differenti di raccontare situazioni vissute.
Steven – Credo che sia più opportuno utilizzare la lingua con cui ci si può esprimere meglio. L’utilizzo di un’altra lingua potrebbe sminuire il testo per quello che è stato concepito.

Il vostro progetto è composto da soli due elementi, sul disco avete avuto alcune collaborazioni esterne. Come sono nate?
Ruben – Attualmente sì, è composto solo da me e Steven, ma il disco è stato realizzato anche da Ethere che per motivi che non sto a spiegare non fa più parte del progetto. Grandissimo merito comunque va dato al già citato Alessio che ha fatto un grande lavoro.
Steven – Il rapporto che avevamo con il cantante era sicuramente qualcosa che andava oltre la collaborazione, era difatti un membro integrante del progetto. Anche se sotto una nostra direttiva, ha sempre espresso personalmente la sua arte mostrandosi un buon musicista ed un gran compositore. Purtroppo per problemi più o meno personali ed altre divergenze siamo stati costretti a dividerci. La parte di pianoforte in Part I, invece, è stata una spontanea composizione di Alessio Fagrelli durante la fase di mixaggio.

Come siete entrati in contatto con la Solitude Productions?
Ruben – Abbiamo spedito loro il nostro materiale e ci hanno proposto uno split.
Steven – Tramite Myspace. Ogni tanto queste modernità si rivelano utili ah ah.

Avete qualche esibizione live in programma?
Ruben – No, e non penso che ne faremo in futuro.
Steven – No, nessuna.

Quanto è difficile per un gruppo esordiente esibirsi nei locali?
Ruben – Non posso rispondere a questa domanda perché non ho mai suonato nei locali.
Steven – Dipende sopratutto dal genere musicale che si vuol proporre.

Come vedete la scena Doom metal internazionale, ed in particolare quella italiana?
Ruben – Non sono molti i gruppi Doom in Italia e ce ne sono sicuramente alcuni che tengono alta la nostra bandiera. La scena internazionale è decisamente più evoluta della nostra, anche se comunque l’erbaccia cresce ovunque. Ormai purtroppo sembra che nella musica sia più importante l’assolino di chitarra piuttosto del messaggio.
Steven – Io non credo che si possa parlare di vera e propria scena. Ritengo che siano poche le bands Doom, a discapito della nazionalità, in grado di esprimere davvero qualcosa senza cadere nella noia o ancora peggio nella banalità. Sembra che oggigiorno fare Doom voglia dire suonare tre note lente ripetute per 10 minuti abbondanti con qualche verso effettato in mezzo.

Che programmi avete per il futuro?
Ruben – Non abbiamo programmi per il futuro, vedremo cosa ci proporrà il tempo. Speriamo comunque di avere altro da esprimere.
Steven – Continuare a comporre musica.

Questa era la mia ultima domanda, a voi l’onore di chiudere l’intervista.
Ruben – Se volete ascoltare qualche minuto della nostra musica vi ricordo il nostro Myspace. Grazie ancora e un saluto a tutti.
Steven – Grazie per l’intervista concessaci.

Angelo ‘KK’ D’Acunto