Artaius (tutta la band)
Ciao ragazzi! Benvenuti su TrueMetal! Comincerei dalle presentazioni. Volete raccontare ai nostri utenti chi sono gli Artaius?
Il nostro progetto è nato dalla volontà di reinterpretare il folk metal cercando di esplorare nuove strade, a volte in maniera anche un po’ audace. C’è voluto del tempo per arrivare alle condizioni attuali. La ricerca sul suono è stata intensa e altrettanto impegnativo si è rivelato giungere a una formazione stabile e coesa. La band ha ora all’attivo un demo e il full-lenght The Fifth Season, uscito l’anno scorso. Ci stiamo riproponendo di farne molti altri nel prossimo futuro. Il territorio da esplorare è ancora vasto.
– Una cosa che mi aveva molto colpito ascoltando “The Fifth Season” era il tentativo di trovare una via personale al folk metal mescolando ingredienti apparentemente incompatibili come il jazz e i flauti celtici. Cosa vi ha spinto in questa direzione? Quali sono le vostre influenze?
Nella composizione dei brani confluiti in questo disco ci siamo letteralmente trovati nella condizione di fare di necessità virtù. Trasformare l’intenzione iniziale di avviare un gruppo folk metal in fatti concreti, ci ha posto davanti una temibile complicazione: tutti i membri si sono presentati all’appello portando con sé influenze tra le più disparate. Il bello sta nell’aver convertito questo fattore di debolezza in un punto di forza, trovandoci il più delle volte con un’infinità di impulsi potenzialmente contraddittori da plasmare in un insieme armonico. Ovviamente abbiamo sempre fatto riferimento alla scena folk metal classica, ma ciò che ci caratterizza maggiormente sono le atmosfere prog che si respiravano negli anni ’70, di cui, per altro, il nostro Paese è stato ricco.
– Rimaniamo in tema. È passato quasi un anno dal vostro debutto discografico. C’è qualche novità che bolle in pentola?
La novità fondamentale sta in un piccolo ma significativo cambio di formazione. Andrea, che prima curava sia chitarre che growl, ha deciso di concentrarsi unicamente sulle voci. D’ora in avanti affiancherà alla pari Sara sul palco, lasciando anche a Giovanni, che era deputato allo scream, la libertà di immergersi completamente nelle sue parti di tastiera. E così abbiamo trovato Max, il nostro nuovo chitarrista, che ci raggiunge tutte le settimane da Cremona. Sarà un periodo di esperimenti. Crescerà il gioco di voci, il live risulterà arricchito dalla presenza di due frontmen e le sonorità chitarristiche beneficeranno sicuramente dello stile e delle influenze del nuovo elemento. La seconda grossa novità è un secondo full-lenght che contiamo di registrare in autunno. Ci stiamo lavorando alacremente, mantenendo all’attivo i punti positivi che hanno contraddistinto l’album precedente, in particolar modo la varietà di stimoli, ma stiamo mettendo in cantiere sonorità più aggressive tratte principalmente dalla scena melodic death.
– Se non erro, avete appena terminato il vostro primo tour europeo. Volete raccontarci com’è andata? Qual è stato il momento migliore e quale, invece, la giornata da dimenticare?
Il tour è stato innanzitutto un’esperienza stupenda a livello umano. Ci ha dato la possibilità di indagare e rinforzare i legami tra di noi, nonché di rendere da subito Max parte integrante del tutto. In più ci ha uniti tantissimo ai Vallorch, i nostri super-compagni di viaggio! Avevamo già grande stima di loro come musicisti ma, adesso che ci si conosce più in profondità, è tutta un’altra cosa. Il tour è stato anche un momento altamente istruttivo dal punto di vista performativo: ci ha dato la possibilità di potenziare e perfezionare lo show in generale e non ultimo l’affiatamento sul palco. Inoltre è stato positivo e illuminante confrontarsi con la realtà dello “sbattimento totale”, della serie guidare per interminabili chilometri, scaricare, montare a tempo di record, smontare, ricaricare, ripartire, altro giro altro regalo: una bella scuola di braccia, tetris, gioco di squadra e pazienza! In Germania abbiamo incontrato l’atmosfera più bella. Pubblico davvero carico, calcolando che era un lunedì sera in una piccola città, avere un locale pieno zeppo per due band straniere emergenti è stato davvero un signor lusso. Il lungo giorno del rientro, invece, tra la malinconia tipica della fine di qualcosa di unico, i pedaggi francesi e il traforo del monte bianco che ha tappato le orecchie a tutti…è stato il nostro momento “più cupo”.
– Sebbene siate una band relativamente giovane, siete già in giro da qualche anno. Che quadro traccereste della scena metal del nostro paese? Quali sono le difficoltà maggiori che avete dovuto affrontare?
I media ci hanno appena rivelato che adesso è Vasco il re della scena metal italiana…questo spiega molte cose! Scherzi a parte, è vero che c’è ancora molta confusione su cosa sia metal e cosa no in questo paese. Esiste una varietà infinita di sottogeneri e questo è positivo, però rimane tutto troppo confinato nell’underground e forse, da un certo punto di vista, è un modo come un altro per mantenere un proprio fascino. Purtroppo c’è ancora molta gente che vuole mangiare alle spalle delle band, promettendo molto e lavorando poco. E sono veramente pochi i posti con palchi grandi e impianti giusti in cui suonare. Nel corso del tempo abbiamo riscontrato anche un deficit di supporto ai concerti nei confronti delle band che provengono da altre città. Funziona che si rimane a vedere chi si conosce e ci si interessa poco a tutto il resto. È sempre bello però notare come nel folk metal esistano realtà come l’umiltà e il supporto reciproco che in altri settori musicali in generale si sono persi per strada.
– Restiamo in zona: c’è qualche gruppo nostrano che per amore, stima professionale o piaggeria spudorata, volete consigliarci?
Parlando d’amore, non possiamo non dire Vallorch! Consigliamo vivamente Ulvedharr, Folk Metal Jacket, Kalevala e Diabula Rasa con cui abbiamo avuto occasione e piacere di suonare diverse volte. Ma non mancano le altre band di casa Nemeton con cui abbiamo suonato e speriamo di suonare ancora. Last but not least, menzione speciale per i nostri amici Ever-frost che, oltre a fare dell’ottimo death metal, ci hanno dato in prestito per il tour il loro cantante, Francesco Leone, in assenza di Andrea che era fuori sede per lavoro.
– Di contro, avete qualche rancore (musicale) mal sopito che volete sfogare? Avete l’occasione di sparlare a ruota libera di chi volete!
Non siamo persone che portano rancore. Abbiamo imparato a vedere il bicchiere mezzo pieno e a fare leva sugli aspetti positivi di ogni situazione, per quanto sgradevole. Ciò che più ci ha infastidito sono state iniziative che, col senno di poi, si sono manifestate esclusivamente operazioni a scopo di lucro. Parliamo di concorsi e affini.
– L’interrogazione è quasi finita. Come a scuola, è arrivato il momento dell’argomento a piacere. Avete qualcosa da aggiungere?
Come prima cosa ringraziamo la redazione di Truemetal per l’intervista. Ovviamente un grande ringraziamento va anche a tutti coloro che dagli albori del progetto ad oggi ci hanno supportato e sopportato. Vi invitiamo a continuare a seguirci perché passata l’estate arriveranno belle novità! Speriamo che i cambiamenti significativi di sound che abbiamo introdotto si rivelino interessanti e portino sempre più pubblici a conoscerci!