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Ashent (Onofrio Falanga e Davide Buso)

Di Riccardo Angelini - 29 Aprile 2007 - 1:41
Ashent (Onofrio Falanga e Davide Buso)

A breve distanza dall’uscita del debut “Flaws of Elation”, Truemetal ha scambiato quattro chiacchiere con Onofrio Falanga e Davide Buso, rispettivamente chitarrista e batterista degli Ashent, nuova realtà del panorama prog italiano.

Intervista a cura di Mauro Gelsomini e Riccardo Angelini.

Volete parlarci della storia degli Ashent? Come nasce questo progetto?

Onofrio: Ciao a tutti voi di TrueMetal! Noi Ashent ci formiamo nel 2001 da un’idea mia e di mio fratello Gian (bassista).Ben presto, sposano il progetto altri amici ed insieme iniziamo a lavorare, motivati nel proporre un metal di ampio respiro, volto a mischiare influenze diverse , nel tentativo di comporre musica slegata dagli stilemi di un genere preciso.

Dopo due anni di sperimentazione e alcuni cambi di line-up, la nostra visione di musica prende definitivamente forma nel primo demo, omonimo, registrato nella primavera del 2003 ai rinomati New Sin Studio.

Il risultato è stato oltre ogni previsione: la critica, entusiasta del nostro lavoro, nomina “Ashent” demo del mese in tantissimi magazine e webzine, sia italiani che stranieri; la band è letteralmente sommersa da richieste d’interviste.

Centinaia di recensioni e passaggi radio un pò dovunque ci portano all’attenzione di svariate etichette.

Lusingati e spronati da tanto interesse dedichiamo un intenso periodo alla composizione del primo album e a suonare in giro il più possibile. Tuttavia, sebbene le cose stessero andando per il meglio, la band viene ostacolata da nuove defezioni nella line-up che ne rallentano notevolmente il lavoro.

Senza perderci d’animo, dopo un’estenuante ricerca, troviamo nuovi membri: prima il batterista Davide Buso (con noi già dal tardo 2003), poi il chitarrista Cristiano Bergamo ed il fenomenale singer americano Steve Braun entrano a far parte della famiglia.

Vedere la band riassestarsi con professionisti del calibro di Steve ha portato veramente grande entusiasmo.

In pochi mesi firmiamo un contratto con la prestigiosa Lucretia Records International, sotto le cui ali hanno mosso i primi passi band come Angra ed i seminali Time Machine.

All’inizio del 2006 registriamo finalmente il nostro debutto”Flaws of Elation”, dividendoci tra gli Outersound studio di Roma(dove Giuseppe Orlando dei Novembre ha supervisionato l’incisione della batteria) e i New Sin di Loria.

L’album è ufficialmente uscito 5 mesi fa, e siamo molto orgogliosi del risultato.

 

Nella vostra musica si possono riconoscere influenze diverse: c’è senza dubbio una concreta componente prog power (in alcuni passaggi mi sono venuti in mente i vecchi Elegy), soprattutto a livello ritmico e melodico, ma si possono trovare anche contaminazioni estreme, per esempio nelle linee vocali o in un certo modo di usare le tastiere. Quali sono le vostre radici musicali?

Onofrio: Siamo tutti dei gran divoratori di musica, senza nessun limite di genere o altro. E questa nostra versatilità negli ascolti trova spazio, a suo modo, nella musica degli Ashent. Amiamo tutti il prog, e adoriamo la scena estrema scandinava e americana, ma se dovessi parlare delle radici di ognuno di noi, non basterebbero 3 interviste…hahahaha.

 Davide: Siamo lusingati del paragone con i primi Elegy: credo che un album superlativo come “Supremacy” sia un esempio di sintesi tra ritmiche serrate ed intelligenti, eccellente gusto musicale e compositivo e capacità di rendere un prodotto “impegnativo” molto godibile e catchy. Per quanto riguarda la componente power, posso assicurarti che non è mai stata nelle nostre intenzioni compositive. Il risultato finale può rimandare di tanto in tanto a sonorità vicine, ma l’iter compositivo e gli arrangiamenti non hanno mai posto come base il power. Piuttosto, c’è la ricerca di groove e di fluidità musicale nei nostri brani, pur strizzando di continuo l’occhio al Progressive (sia la corrente attuale, sia quella degli anni ’70). Quello che cerchiamo di realizzare in fase di scrittura e rifinitura dei brani, è un amalgama tra i diversi strumenti, tra i suoni scelti di volta in volta per rendere al meglio certe atmosfere. Le nostre influenze e gusti  musicali sono disparati e molteplici: spaziamo dal prog al death, dal pop al jazz, dalla classica al funky; tutto ciò che stimola la nostra curiosità ed emotività diventa un punto di riferimento per trarre spunti e idee che poi diventano canzoni. Allora, ecco che puoi trovare linee vocali molto catchy e su tonalità molto alte affiancate da parti in growl, oppure parti di piano che si muovono fluide su ritmiche serrate di matrice death o ancora parti sinfoniche figlie del black-metal su un tappeto ritmico progressive. In definitiva, ognuno apporta negli Ashent la sua musicalità di base, quella con il quale si è formato ed evoluto come musicista: c’è chi ha suonato musica classica al conservatorio (Paolo), chi ha suonato death e power (Cristiano), chi black e prog(Gian e Onofrio), chi hard-rock (Steve) e chi, come il sottoscritto,  è passato dallo swedish death, al doom, al prog ’70 e infine agli Ashent.

 

Qualcuno,  in un commento alla nostra recensione di “Flaws Of Elation” vi ha paragonato ai Nocturnal Rites di Afterlife. Che ne pensi?

 Onofrio: I Nocturnal Rites sono una buona band. Onestamente non ho mai ascoltato Afterlife, quindi non mi sento all’altezza di un commento nel dettaglio.

Detto questo, Flaws of Elation è sicuramente un album molto lontano(più cattivo, contaminato e meno lineare)  dalla proposta dei Nocturnal Rites e dal prog-power scandinavo in generale. E’ un disco complesso e vario: peraltro, abbiamo ritenuto di rilasciare online 2 tra le song più dirette. Per un’idea oggettiva consigliamo l’ascolto dell’intero platter, che riserva numerose sorprese 😉   

Ovviamente, massimo rispetto per il parere di tutti. La musica è emozione, e si sa quanto sia soggettivo l’ascolto di una band. C’è chi, ascoltandoci, ha sentito echi di Psychotic waltz, Vanden plas, Nevermore, Dream Theater dei tempi di Awake, band diversissime tra loro. Accostamenti di questo tipo fanno sempre piacere. In ogni modo, alla fine, tutti pongono l’accento sulla nostra personalità e l’unicità della proposta. E questa, è la soddisfazione più grande.

 

A livello personale, qual è il background musicale di ciascuno di voi?

 Onofrio:Domanda difficile; ascoltiamo montagne di cd  l’anno, d’ogni genere, dal pop al black metal. Non ci sono limiti di sorta. Per fare un esempio, questa settimana sono presissimo da Marillion, Dimmu Borgir e Tiromancino. Tutto il metal è amato da ogni membro della band, ma pop, rock, jazz e musica classica sono altrettanto importanti nella nostra formazione musicale.

Davide: Confermo quanto detto da Onofrio. Ognuno di noi ha i suoi gusti musicali personali che in alcuni casi coincidono ed emergono dal sound del gruppo. Personalmente adoro ricercare di continuo nuovi stimoli musicali, nuovi gruppi ed autori da ascoltare. In auto ho sempre cd nuovi che faccio girare ad oltranza, di generi musicali lontani anni luce uno dall’altro. Passo tranquillamente dai Nile ai Jean Michel Jarre, dai Radiohead a Dave Weckl, da De Andrè agli Area, a seconda dell’umore e di quello che le mie orecchie richiedono in quella determinata giornata o situazione. Sono fermamente convinto che l’apertura mentale sia alla base della creatività e della capacità di trasmettere in maniera poliedrica le emozioni, siano esse in musica o in parole.

 

Che cosa è successo nei tre anni che sono trascorsi tra il vostro demo “Ashent” e il debutto “Flaws of Elation”?

 Onofrio:Come spiegato prima, è accaduto un pò di tutto. Calorosamente accolti dalla critica e lusingati dall’interesse delle labels, ci siamo dati alla composizione di musica nuova e a suonare dal vivo. Tuttavia, abbiamo dovuto fronteggiare numerosi terremoti a livello di line-up e la cosa non è stata affatto piacevole. Non è stato facile trovare nuovi membri che fossero contemporaneamente  grandi persone a livello umano e degli ottimi musicisti. Alla fine ci siamo riusciti, sebbene “l’operazione” sia costata quasi 2 anni di tempo. L’ingresso di Steve (che per chi non lo sapesse, oltre ad essere un cantante eccezionale, è uno statunitense purosangue) ha dato inoltre nuova spinta al progetto. Avere un singer americano madrelingua nel gruppo, con la sua esperienza e il suo spessore artistico, ci ha sicuramente dato una marcia in più.

 

Potete spiegarci il significato di questo titolo?

Onofrio:  “Flaws of Elation”, letteralmente “Difetti di esaltazione”. E’ un termine tecnico usato nel gergo della fotografia e si riferisce ad un’errata resa visiva di un’immagine dovuta ad una serie di contingenze.

Metaforicamente, noi alludiamo alla mancata messa a fuoco dell’uomo, dell’immagine erronea che egli ha creato di sè stesso, figura inghiottita da un’alienazione che corrode ogni lato vitalistico ed umanistico del vivere sociale ed intellettuale.

Quindi i testi celebrano di questo nuovo rinascimento come occasione mancata, affrontando  i dilemmi dell’esistenza: l’aggregazione e l’alienazione in sistemi complessi, con la conseguente spersonalizzazione dell’individuo; il rapporto con la morte e la follia della guerra.

Davide: L’ abbiamo scelto perché siamo convinti esprima in pieno quelle che sono le tematiche trattate nei nostri brani, ossia appunto, gli errori in cui incorre di continuo l’essere umano spinto dalla cieca esaltazione e dalla bieca ricerca di falsa felicità; errori che si ripercuotono inevitabilmente sull’intera specie, generando tutta una serie di piaghe sociali, intolleranze, corse suicide al benessere, falso perbenismo, ipocrisia e alienazione.

 

Come è stato ricevuto il vostro album dal pubblico e dalla critica? Quali erano le vostre aspettative e come valutate i risultati finora ottenuti?

 Onofrio: siamo concretamente soddisfatti. Il disco piace veramente a tutti e notiamo che la nostra musica riesce a mettere d’accordo persone anche con ascolti molto diversi fra loro. C’è chi apprezza le canzoni, chi ama il lato tecnico, chi la melodia e chi la potenza del sound. Ogni giorno, riceviamo e-mails zeppe di complimenti. La critica ci ha accolto molto bene: le recensioni sono state finora tutte positive e lusinghiere. Oltre la musica, riceviamo molti apprezzamenti anche per la gran qualità della produzione, per il sound internazionale del prodotto e per i testi, decisamente complessi e lontani da cliches di genere.

A livello di vendite, va meglio in Italia o all’estero?

Onofrio: inizialmente è stata una vera e propria fiammata all’estero, specie negli USA il cd è stato accolto con grande soddisfazione ! In Italia storicamente il mercato è molto piccolo e di chiara impronta esterofila e sulle prime andava molto lento. Adesso, anche grazie alla distribuzione capillare della Venus, il cd è reperibile tramite tutti i canali di vendita e, infatti, i report dimostrano un andamento sicuramente esaltante! Diciamo che ci stiamo togliendo qualche piccola soddisfazione anche in territorio domestico. Germania e Stati Uniti rimangono i paesi nei quali stiamo raccogliendo di più e  speriamo di poter crescere nei prossimi mesi anche nel resto d’Europa e in Giappone.

 

Come giudicate l’operato della vostra etichetta, Lucretia Records, sia dal punto di vista della produzione dell’album, della distribuzione e della promozione che ne è stata fatta?

Onofrio: Nonostante qualche problema tecnico che ha inficiato la tempistica dell’uscita, la Lucretia sta svolgendo un ottimo lavoro. E’ molto gratificante poter lavorare con persone appassionate e focalizzate anche sul lato artistico della musica, oltre al bussines.

Lorenzo Dehò è una persona che stimiamo molto, sia per quello che ha rappresentato  e rappresenta tuttora per la storia del metal italiano, sia per la sua eccezionale sensibilità di musicista e produttore. Lucretia ha puntato su di noi senza obbligarci a compromessi, mentre magari altre etichette avrebbero voluto omologarci al trend di turno (chi il power, chi il trash-death melodico scandinavo). Avere personalità, un suono proprio, non è visto di buon occhio da molte etichette, che spesso sperano di far quattrini con l’ennesima band clone, da spremere nel giro di 2-3 dischi. Dato che noi non suoniamo né come i Rhapsody of Fire né come gli In Flames(tanto per fare 2 nomi di band importanti, super clonate), nonostante le varie proposte ricevute, non abbiamo avuto vita facile ad imporci, almeno fino all’arrivo della Lucretia.

Se a questo aggiungiamo il fatto di essere distribuiti in maniera massiccia davvero ovunque, non possiamo che sentirci soddisfatti dei risultati finora raggiunti.

Lorenzo ha delle modalità operative tutte sue, all’inizio faticavamo a capirle perché lui lavora sul prodotto e non sulla pubblicità, e l’importante è che il suo metodo ti porta a trovare il nostro cd anche se sei in Perù come a Singapore. E i contatti che riceviamo da tutto il mondo, lo dimostrano.

 

In linea di massima, preferireste ottenere il consenso della critica specializzata o quello del pubblico?

 Onofrio: potendo scegliere, mi piacerebbe averli entrambi…ahahah. Seriamente, il motore primo che ci spinge a suonare e a comporre è la passione incondizionata per la musica. La nostra priorità è soddisfare noi stessi, i critici più severi che conosciamo. In linea di massima, ci gratifica il consenso di critica. Tuttavia, se il pubblico apprezza (e per ora lo fa) senza obbligarci a svilire la nostra musica in una parodia della proposta di qualche band più famosa, allora ben venga anche il consenso di massa.

 

Oggi chiunque può mettere insieme una band e incidere un demo: in questo senso il confine tra amatoriale e professionistico si è fatto più sottile. Trovate che questo sia un guadagno o un danno per il mondo della musica?

 Onofrio: Sicuramente, come tutte le cose, anche questo fenomeno ha varie facce. Ora è più semplice, grazie alla tecnologia e ai costi più abbordabili per registrare la musica, incidere le proprie idee. Il vantaggio è innegabile: maggiori possibilità artistiche, facoltà di sperimentare stando seduti davanti al proprio pc di casa. Come sempre, alla fine però sono le idee a contare e non basta un computer zeppo di samples per farti diventare un musicista. Come non basta suonare il sabato pomeriggio nel garage del batterista per farti metter su un progetto serio.

La rivoluzione digitale ha fatto aumentare la quantità di prodotti nell’underground: sta alle etichette scremare e scegliere. Magari, puntando di più alla qualità, alla novità e alla personalità delle proposte rispetto a quanto facciano adesso.

Davide: E’ un lama a doppio taglio. Da una parte si riescono a contenere i costi di produzione di un album, permettendo a molte band con un budget limitato di potersi proporre al pubblico con un prodotto discografico. Dall’altra, si tende a far scendere il livello delle registrazioni, causando un abbassamento dello standard qualitativo dei cd immessi nel mercato. Inoltre, l’hard-disk recording e l’editing digitale portano via parte di quella genuinità propria di prodotti di livello superiore, causando un innalzamento fittizio della qualità strumentistica della musica in circolazione. Alla fin fine, è sempre il palco quello che paga, è lì che si vede se sei veramente capace o se è merito dello studio di registrazione.

 A vostro parere che cosa deve avere una band per farsi notare in Italia?

 Onofrio: ottime idee, passione vera, perseveranza ed attitudine al sacrificio. Tenendo bene a mente, inoltre, che rispetto a colleghi tedeschi, inglesi e scandinavi, a parità di qualità della proposta, si parte svantaggiati sia dal punto di vista della credibilità, che delle “infrastrutture” (etichette, mercato interno, managments e luoghi dove suonare dal vivo).Bisogna essere disposti ad investire molto in produzioni di qualità internazionale, ad imbarcarsi in tour per suonare da spalla. Aver la costanza di incidere più dischi, senza arrendersi alle prime difficoltà. Chiunque può incidere un demo o un disco, ma sono pochi poi che tra questi, agiscono con impegno e passione a lungo termine.

 

Nella vostra esperienza, come vivete il confronto con le altre realtà connazionali? Vi sentite in competizione per emergere, o sentite più forti i legami di solidarietà musicale derivanti dal fatto di appartenere alla medesima nicchia?

 Onofrio: Onestamente, tutti noi nella band viviamo il rapporto con i “colleghi” in maniera molto positiva. Ogni concerto è una festa. Siamo persone molto curiose, sempre interessate al lavoro degli altri. In molti casi siamo addirittura dei fan. Massima solidarietà e rispetto per tutti coloro che, indipendentemente dal tipo e dalla qualità effettiva della proposta, si sbattono per portare avanti la causa.

Davide: Guarda, credo che le gelosie e le invidie siano segno d’immaturità e frustrazione. Finora abbiamo condiviso il palco con ottimi gruppi che hanno dimostrato di sapere il fatto loro e di essere delle persone semplici e intelligenti, pronte a discutere di musica e a scambiare opinioni e dritte sul lato strettamente tecnico e artistico. Se c’è da imparare qualcosa di nuovo e interessante, noi siamo sempre disponibili e aperti al dialogo e a nuovi confronti.

 

Per una band alle prime armi in particolare la questione filesharing si rivela spesso un’arma a doppio taglio. Da un lato rischia infatti di defraudarla delle sue già esigue entrate, dall’altro può essere un modo privo di eguali per farsi conoscere in tutto il mondo. Voi che cosa ne pensate?

 Onofrio: Più del file sharing, ci preoccupa un mercato saturo di proposte scadenti, di band copia-incolla; etichette miopi  che mettono sotto contratto chiunque pur di raggranellare qualche soldo. Tutti piangono il morto da anni, ma la musica continua a vendersi lo stesso. Purchè ci si sappia adattare ed adeguarsi al mercato che cambia e alle nuove tecnologie.

Questa è una fase di transizione, la classica epoca dei pionieri: le etichette dovranno essere lungimiranti. Internet è una risorsa grandiosa. Ma per fronteggiarne i pericoli, bisogna sapersi rinnovare. Non si può pretendere di vendere musica, come si faceva 10 anni fa.

Uno zoccolo duro di acquirenti c’è e ci sarà sempre!Ma va seguito, affascinato, coccolato. Non si può maltrattarlo con 1000 uscite al mese, quasi tutte uguali ed omologate, registrazioni scadenti e zero artisticità!

 

Vi è mai capitato di sentirvi scavalcati da altri gruppi col sospetto di raccomandazioni o spinte dall’alto? Quanto è importante per una giovane band avere gli agganci giusti per emergere dall’underground?

Onofrio:  Non sarei onesto se ti dicessi che gli agganci non contano! Sicuramente avere una buona rete di contatti agevola di molto il lavoro che una band deve fare per emergere dall’underground, sia per quello che riguarda i live che i contatti con le etichette. Resta il fatto che i contatti non si fanno da soli, come sempre bisogna sbattersi, cercare di essere presenti ed umili. Se qualche volta c’è capitato di essere scavalcati, sicuramente la band che lo ha fatto è stata più intraprendente di noi o con un pizzico di fortuna in più.

 

Abbiamo parlato dei problemi della scena metal italiana. Da esordienti, ritenete che sia necessario imparare a conviverci e accettare qualche compromesso per ritagliarsi il proprio spazio o credete che esista un’altra via d’uscita? In tal caso, in che modo credete che questa situazione possa essere superata?

 Davide: Credo che la perseveranza e la costanza alla fin fine diano i loro risultati; credere in quello che si fa è un ottimo punto di partenza per portare avanti un discorso personale che nel tempo accumula sempre più consensi. Molti gruppi italiani, pur non essendo riusciti a fare il grande botto, sono tuttora apprezzati nell’ambiente metal anche al di fuori dei confini italiani proprio grazie alla loro costanza e convinzione. Naturalmente, viste le difficoltà oggettive implicite nel panorama musicale italiano, dove nelle maggiori radio generalmente passano canzoni insulse e pure brutte dal punto di vista musicale, se si vuole emergere, è bene essere lungimiranti e pensare di uscire dai confini tricolori. Per far questo, visti gli standard qualitativi di certi contesti musicali, bisogna lavorare duro e proporre qualcosa di valido e personale.

 

Tra le altre formazioni italiane, ce n’è qualcuna che apprezzate in modo particolare? E ce ne sono a vostro avviso alcune particolarmente sopravvalutate?

Onofrio: 2 nomi su tutti, Novembre ed Ephel duath! Due band geniali che meriterebbero di stare in classifica ad ogni nuova uscita. Sarebbe un sogno poter dividere il palco con loro!

 Davide: Tra le band che hanno meritato molto e che meritano attualmente molto annovererei:  Sadist (grandiosi fino a “Crust”), Necrodeath, Novembre (magistrali e ancora troppo poco conosciuti, viste le loro incredibili potenzialità), Klimt 1918 (li seguo fin dal loro esordio come Another Day, e credo si stiano meritando l’agognato successo), Ephel Duath, Hypnotheticall (un gruppo con le palle che merita un bel contratto), Bleed in Vain (ottimi musicisti e bravi ragazzi), ed Ensoph. Poi, ci sono una serie di altri gruppi che meritano di essere tenuti d’occhio e di ritagliarsi un loro posto al sole nel panorama musicale; tra questi: DeliriumXTremens, Tystnaden, Infernal Poetry, Revoltons.      

 

Ora che avete tagliato il traguardo del primo album, quali sono i vostri progetti futuri? Avete già iniziato a preparare qualche canzone per il prossimo disco?

Davide: Nell’immediato futuro c’è la voglia di proporci al pubblico in sede live. I lavori per il secondo album procedono  a gonfie vele e ad oggi abbiamo già parecchie canzoni pronte. Penso che il nuovo materiale sia ancora più vario del precedente, con parecchie influenze derivanti da generi musicali diversi, e sicuramente esprime  una voglia di ricerca e sperimentazione di nuove sonorità, soluzioni ritmiche e melodiche. Stiamo puntando molto sulle linee vocali e sulla semplicità di ascolto e assimilazione dei pezzi, pur mantenendo il marchio Ashent caratterizzato da un riffing nervoso, dalle ritmiche movimentate e varie e da un uso mirato delle tastiere. Il nuovo materiale probabilmente sarà registrato a fine anno, stiamo delineando gli ultimi dettagli.

 

Parlando di show dal vivo, come valutate l’operato degli organizzatori di concerti? Cosa deve fare una band, secondo voi, per farsi notare dal vivo? Affidarsi ad un’agency? Accontentarsi di rimborso-spese? Aspettare che sia la sua etichetta a fissare qualche show?

Onofrio:  E’ risaputo che suonare dal vivo in condizioni decenti per una band emergente è veramente dura. Difficilmente gli organizzatori di eventi importanti puntano su giovani band per aprire concerti di grossi nomi, ma questo deve spronare tutte le band emergenti a dare sempre di più, lavorando sodo. Le etichette di solito sono già impegnatissime tra vendite e promozione e seguire l’aspetto live diventa un onere della band. Di questi tempi, dove la proposta musicale è veramente ampia, la dimensione del live spesso funge da spartiacque tra le vere band ed i progetti fasulli. Avvalersi di un supporto esterno non può che facilitare le cose; da pochissimo abbiamo iniziato a lavorare con Alkemist Fanatix, un management italiano veramente valido, composto da ragazzi che operano da molti anni nel settore e che riescono a seguire la band con molta professionalità. Un ottimo management è come un membro in più nella band, quello che ti risolve i problemi.

E in ogni caso chi suona per passione lo fa a rimborso spese, lo fa a cachè, lo fa gratis, o a volte paga per suonare se la circostanza si può rivelare un ottimo investimento. Tutti sanno che per fare i tour da spalla delle grandi band devi pagare, ma se credi in quello che fai hai tutte le ragioni per farlo. Altre volte invece ottieni dei buoni ingaggi, altre meno; dipende dalla situazione.

                                                           

Vi sentite maggiormente a vostro agio sul palco oppure preferite l’atmosfera più distesa dello studio?

 Onofrio: Sono due facce della stessa medaglia, la dimensione dello studio è creativamente appagante, sentire la propria musica prendere forma è sempre stupendo; ma il contesto live, il contatto con il pubblico, ti trasmette un’energia unica ed irripetibile!

Davide: Il vantaggio dello studio è il tempo. Puoi ripetere una parte se non ti convince, puoi cesellare il suono e tirare fuori il meglio di te, anche se la pressione psicologica derivante dall’obbligo di dover produrre un lavoro il più perfetto possibile, ti toglie un po’ la capacità di godere al 100% delle emozioni in fase di registrazione. Il mixaggio è il momento in cui finalmente realizzi lo sforzo fatto e apprezzi (e a volte critichi) il lavoro svolto. Sul palco tutto e diverso. La pressione psicologica è soppiantata dalla botta chimica dell’adrenalina. Vai sul palco e sai che hai una sola chance. O la va o la spacca. E di solito, grazie alla scarica della suddetta adrenalina, la spacchi! Il tempo si comprime e i sensi si alterano. Sei in un frangente spazio-temporale quasi astratto, dove le emozioni ti danno una spinta fisica ed espressiva da paura. Ci sei tu, il tuo strumento che è parte di te e il pubblico ! Nient’altro!  Non saprei dirti quale delle due situazioni preferisco. Anche perché entrambe le situazioni hanno il loro lato buio fatto di viaggi in macchina, carico, scarico strumentazione, soundcheck, bocconi mangiati al volo e poche ore di sonno.

 

Qual è il vostro sogno, la vostra ambizione personale come musicisti?

Onofrio: vedere la mia band crescere costantemente in spessore artistico. Poter incidere numerosi dischi senza compromessi. Suonare dal vivo, affiancando band importanti.

 Davide: l’ambizione è buona fintanto che non sfocia in biechi compromessi o perdita d’identità artistica. Personalmente, credo che nella vita ci siano sempre compromessi a cui scendere se si vuole andare avanti. Sta a noi scegliere quelli ai quali riteniamo di poter scendere e quelli ai quali dire no. Ritengo che la coerenza stia alla base del progetto Ashent e che finora quello che abbiamo ottenuto derivi da un lavoro di squadra svolto da persone intelligenti, determinate e affiatate. Mi ritengo fortunato di essere parte di questo gruppo e l’ambizione più grande è quella di riuscire a ricavarci un nostro spazio a livello internazionale, di riuscire a proporci all’estero anche in sede live e di lasciare, nel nostro piccolo, un segno artistico di tutto rispetto esente da bieche manovre commerciali.

 

Era l’ultima domanda. Grazie ragazzi per le vostre risposte, lascio a voi queste ultime righe per salutare i lettori come preferite.

Onofrio: Per chiunque fosse interessato, il sito ufficiale della band è  www.ashent.net; un saluto a tutti i lettori di Trumetal.it!

Davide:  Ciao a tutti e grazie mille per il supporto e il calore che ci dimostrate. Let the metal flow !!!!