Atheist (Kelly Schaefer)
È importante, per una volta,
spendere qualche parola sull’intervista che vi apprestate a leggere: realizzata
poco prima dell’estate 2006 in occasione delle ristampe dei tre album degli Atheist
da parte della Relapse, vede come protagonista un Kelly Schaefer
incredibilmente loquace e disponibile a ripercorrere la storia di uno dei gruppi
più importanti per il death metal ancora oggi. Le implicazioni del loro stile
tecnicissimo e sperimentale sono infatti alla base del sound di decine di
sperimentatori odierni, ma è spesso raro che i ragazzi più giovani,
accostatisi solo recentemente al metal estremo più tecnico, conoscano davvero i
suoi padri fondatori, insieme ai diversi ma altrettanto fondamentali Cynic. Un
tuffo nel passato quindi, ma anche un doveroso tributo a musicisti irripetibili
e dischi irripetuti, e da rispolverare con la sacralità che meritano.
Kelly, non posso che iniziare la
nostra retrospettiva dai vostri primi anni: vi siete formati nel 1984 come
Oblivion, poi divenuti R.A.V.A.G.E. (Raging Atheists Vowing A Gory End) l’anno
successivo. In quel periodo registraste diversi demo, ora oggetto di culto per
collezionisti ma che ai tempi non riuscirono a farvi emergere, almeno sino al
cambio di monicker. Che cosa ti ricordi di quei momenti?
“Eravamo dei
ragazzini alle prese con gruppi come i Metallica, uno stile che all’epoca andava
per la maggiore. Stavamo scoprendo per la prima volta questo tipo di musica e
puntavamo principalmente a divertirci. Eravamo avvantaggiati perché da diverso
tempo facevamo tutto insieme: in quanto compagni di scuola ci conoscevamo a
fondo e abbiamo iniziato a suonare imparando passo per passo i rispettivi
strumenti, crescendo in modo molto unito; addirittura provavamo sei o sette
giorni a settimana, per migliorarci di continuo…Ho degli ottimi ricordi di
quel periodo, delle nostre prime composizioni, tra 1986 e ’87.”
Arrivò poi il contratto con la
Mean Machine Records e la pubblicazione, nel 1990, di ‘Piece Of Time’, il
vostro album più vicino al death e al thrash metal di allora…
“Eravamo ovviamente
elettrizzati dal fatto di pubblicare il nostro primo disco: ricordo la grossa
mole di idee e di spunti che volevamo inserirvi; nel contempo volevamo essere
molto tecnici, limitatamente alle nostre possibilità, cercando continuamente di
perfezionarci. È probabilmente l’album più influenzato dagli Slayer e dalle
altre band che al tempo andavano per la maggiore, come i Metallica
appunto…Eravamo inoltre dei grandissimi fan dei Rush, specialmente il nostro
batterista (Steve Flynn, Nda), quindi molto di quel sound andò
inevitabilmente a riversarsi su quanto componevamo. Era un periodo di grande
divertimento: ricordo un sacco di amici che venivano a vederci provare e
comporre i pezzi; dovevamo andare di fretta per poter pubblicare il disco in
tempo utile, lavorando duramente ogni giorno. Cercavamo di impegnarci al massimo
per quello che era il nostro primo album dietro contratto, fu un periodo di
grande frenesia, ma in positivo.”
Gli Atheist nella prima formazione, ai tempi di ‘Piece of Time’
E poi fu il momento della
tragedia: il 12 febbraio 1991 il van su cui viaggiavate si schiantò ed il
bassista Roger Patterson perse la vita… possiamo dire senza remore che fu il
momento più difficile nella storia degli Atheist?
“Assolutamente sì.
Avevamo appena finito il tour e dovevamo tornare da Los Angeles alla Florida in
un van, appunto: un viaggio di qualcosa come 3.000 miglia, ed avevamo solo due
persone ad alternarsi alla guida. Così il furgone si schiantò a causa di un
colpo di sonno mentre stavamo dormendo e…sì, perdemmo uno dei nostri migliori
amici, oltre che uno dei più grandi bassisti metal di sempre.
Incredibile.”
Nel frattempo però gran parte
del materiale per il secondo album, ‘Unquestionable Presence’, era già
stato composto: e Roger ne aveva scritto la maggior parte, o almeno così si
dice. Confermi?
“In realtà non andò
così: Roger era fondamentale per noi, ma nello scrivere le parti di basso oltre
che nell’arrangiare il tutto insieme a noi. Ognuno poi componeva all’interno del
gruppo, io facevo tutte le parti di chitarra, insieme si esaminava il
risultato…quindi era una situazione “orchestrale” diciamo, di
collaborazione reciproca. Il che ci rese difficilissimo realizzare poi l’album,
dato che non esisteva un altro bassista con le sue caratteristiche: alla fine
fortunatamente trovammo Tony Choy, che riuscì comunque a interpretare le parti
di basso già composte come avrebbero davvero dovuto suonare.”
La foto promozionale di ‘Unquesitonable Presence’
‘Unquestionable Presence’,
al di là dei brutti momenti che lo precedettero, vi ritrae forse nel momento di
maggior maturità compositiva, non credi?
“Sì, raggiungemmo un
alto grado di tecnica strumentale e posso dire che fu il disco più
rappresentativo: i veri Atheist, con la vera line-up. Anche ‘Elements’
raggiunse e forse superò quelle vette, ma si parla di un’alchimia del tutto
diversa, per noi che vivevamo la situazione dall’interno.
‘Unquestionable…’ è sicuramente il mio album preferito tra i tre degli
Atheist.”
Dopo la pubblicazione del disco
prendesti la decisione di sciogliere la band per dedicarti al tuo progetto
personale, i Neurotica: puoi spiegarmi i veri motivi che ti portarono a prendere
questa decisione?
“Volevo cimentarmi in
un tipo di musica che mi permettesse di cantare veramente, e non solo urlare
tutto il tempo. Questo però non fu il vero motivo del nostro scioglimento:
Roger era morto, Steve iniziò il college e lasciò di conseguenza la band, non
avendo più il tempo materiale per seguirla. Aggiungi anche che con la fine
dell’ultimo tour fatto ci eravamo resi conto che, per un motivo o per l’altro,
non ci divertivamo più come prima a comporre e suonare quel tipo di
materiale…i primi abbozzi di musica che avevo realizzato per una successiva
release erano molto lontani dal death metal. Entrai a quel punto nei Pro Media
Studios, in Florida, per registrare del materiale più o meno vecchio, ancora
inedito, che divenne poi il nostro ultimo album: ‘Elements’. Fu una
situazione pazzesca: non avevo una band in quel momento e mi erano concessi solo
40 giorni e 40 notti per comporre, arrangiare, registrare e mixare il tutto, per
motivi contrattuali! Si trattò quindi di prendere una nuova serie di musicisti
e questo segnò un’ulteriore sfida per me, anche a livello tecnico. Una cosa
incredibile, insomma. Rappresentava però una sfida, l’ennesima a cui si
sottoponevano gli Atheist, e non ti nascondo che in questo risiedeva l’essenza
della band. Ne risultò quello che da moltissime persone è considerato a tutti
gli effetti il nostro miglior album di sempre.”
La pubblicazione di ‘Elements’: una band ormai sciolta
Obiettivamente, credi che senza
la morte di Roger la vostra carriera avrebbe avuto più chances di continuare?
Avreste potuto ottenere altri traguardi?
“Certamente. Sai, fu
durissimo passare attraverso quella situazione, non avendo una line-up stabile e
nemmeno il supporto compositivo ed umano che Roger ci dava. Dopo aver pubblicato
‘Elements’ c’era come sempre la voglia di andare in tour, ma come ti dicevo
non era la stessa cosa dovendolo fare con persone diverse. Nel frattempo noi
appartenevamo ad un suono che stava nel tempo cambiando; tutta la scena estrema
si era profondamente modificata in quegli anni e noi non avevamo più modo di
evolverci veramente. Per cui decidemmo di mollare tutto.”
Parliamo ora di te in
particolare: che cosa hai fatto durante tutti questi anni come musicista?
“Ho pubblicato 3
album con i Neurotica: abbiamo avuto un grosso successo in America, riuscendo
persino a suonare durante il tour dell’Ozzfest 2002; per l’ultimo album eravamo
sull’etichetta che supportava la WWE (federazione americana di
wrestling, Nda), la Smackdown Records (in realtà il contratto fu
sciolto dopo solo un album, intitolato semplicemente ‘Neurotica’ e uscito
nel 2002, a causa di divergenze con la label, Nda). Sempre nel 2002 però
ci sciogliemmo e creai una nuova band, chiamata Unheard: vi suono la chitarra,
facendo solo qualche backing vocals. Un altro gruppo con cui mi diverto a
cantare invece sono i Big Machine, le cui canzoni sono composte per intero da
Brian Johnson degli AC/DC…”
Ma tornando al motivo principale
della nostra intervista, e cioè alla ristampa completa del catalogo degli
Atheist da parte della Relapse Records: come puoi immaginare si è scatenato il
gossip su un possibile nuovo album della band. Tu che mi dici, c’è una
possibilità di vederlo pubblicato?
“Oh, no. Credo che
sarebbe ingiusto nei confronti degli Atheist che furono. Probabilmente io e
Steve faremo qualche jam in futuro su alcuni progetti, ma niente a che vedere
col nome Atheist. Voglio mantenere l’integrità di quel gruppo: sono così
orgoglioso di quanto creammo, ritornare su quel tipo di musica quindici anni
dopo non avrebbe davvero senso. Probabilmente che ci limiteremo a fare qualche
show insieme in Europa, tutto qui.”
Questa sì che è una notizia,
volevo proprio chiedertene conferma: farete un vero tour o solo qualche
sporadica apparizione?
“Parteciperemo solo a
qualche festival estivo, specialmente nei Paesi che non abbiamo ancora visitato:
abbiamo richieste in Grecia, Australia, Brasile… vedremo un po’ il feeling che
si instaurerà tra di noi tornando a suonare insieme sul palco. Cercheremo di
portare on stage uno spettacolo davvero estremo, anche sapendo che sarà
l’ultima occasione per noi di suonare tutte queste canzoni con la line-up
originale: io, Steve Flynn, Tony Choy, Rand Burkey…sono sicuro che ci
divertiremo parecchio.”
Mi pare comunque che tu sia più
che consapevole del ruolo che gli Atheist hanno avuto nella storia di centinaia
di gruppi death metal in tutto il mondo…
“Beh è fantastico
sentirsi dire dai giovani musicisti che li hai influenzati, ti fa sentire
davvero onorato: ho sentito gruppi molto tecnici ultimamente, e tutti si
dichiaravano ispirati da noi, la cosa non ha potuto che farmi moltissimo
piacere. Spero davvero che chiunque ama questo particolare stile ascolti i
nostri vecchi dischi, ora che vengono riproposti integralmente.”
Un’ultima domanda riguardo al
metal business moderno: molto diverso da quello che vi circondava negli anni
’90, non credi?
“È semplicemente
enorme, rispetto ad una volta. Per le band tecniche (che, pare di
capire, Kelly considera proprio come un genere a parte, Nda) ci sono molte
opportunità in più; se solo ci fossero state dodici anni fa…(ride,
Nda) Era un mondo molto diverso allora, la gente non capiva la musica che
proponevamo, né apprezzava la nostra abilità come musicisti. Quello che posso
raccomandare ai gruppi di oggi è di imparare a suonare bene e poi di sfruttare
tutte le occasioni: sono felice di sapere che le nostre opere passate possano
aiutare in qualche modo i ragazzi di oggi a muoversi in questo ambiente.”
Alberto Fittarelli