Axel Rudi Pell
È davvero un personaggio simpatico mr. Axel Rudi Pell, alias “The German Guitar Wizard”.
Gioviale, divertito e dalla parlantina ubriacante, è un interlocutore capace di mettere a proprio agio con disponibilità e cortesia.
Un ottimo partner per un’intervista incentrata sul diciottesimo capitolo discografico di una carriera quasi trentennale, caratterizzata da una parola d’ordine inconfutabile. Coerenza.
Ciao Fabio! Qui è Axel!
Ciao Axel! O forse dovrei essere più formale e chiamarti “The German Guitar Wizard”?
Ahahaha, no no, Axel va più che bene!
Sai, sono sempre stato curioso su questo particolare. Sei soprannominato il “mago tedesco della chitarra” e non faccio troppa fatica a comprenderne il motivo. Ma che radice ha questo simpatico slogan? Insomma, chi lo ha inventato?
Vuoi sapere la verità? Non ne ho la minima idea! Ahahah!
Parecchio tempo fa ci fu qualcuno del mio entourage che, sfogliando recensioni ed articoli che riguardavano le mie opere notò questa definizione, un po’ altisonante ma efficace. “The German Guitar Wizard”. Carina pensò e la fece conoscere anche ad altri del mio staff, sino a quando non arrivò direttamente a me.
Mi resi conto subito anche io che era uno slogan che coglieva nel segno e decidemmo così di sfruttarne l’idea per alcune magliette e per del merchandising. Col tempo quel soprannome si è consolidato ed ora è divenuto una sorta di presentazione “ufficiale”. Cosa che, naturalmente, non mi dispiace affatto! Questo non vuol dire che io sia davvero un mago con la sei corde, sia chiaro… mi reputo semplicemente un buon chitarrista!
Via, non essere troppo modesto. Nel tuo genere sei considerato come uno dei migliori sulla piazza!
Hey grazie! Ora mi stai sopravvalutando però! (ancora risate a profusione NdR)
Dunque, lo scopo di questa chiacchierata è quello di farti presentare ai nostri lettori la tua nuova fatica, “Tales Of The Crown”. Vuoi iniziare direttamente tu?
Certamente! Possiamo iniziare con il dire che “Tales Of The Crown”, la mia nuova creatura, consta di un congruo numero di tracce, dieci, scritte nel tentativo di variare quanto possibile, ritmi e cadenze, al fine di non cadere troppo nella monotonia. Ci sono dei buoni mid tempo, qualche pezzo lento ed alcune fast songs che sicuramente risulteranno gradite ai vecchi fan. Il tutto naturalmente, sempre inquadrato in quello che è il mio stile caratteristico.
Questa volta però, ho anche cercato di introdurre qualche piccola novità. Cose non di grande incidenza, ma comunque percepibili ed utili ad ammodernare leggermente il nostro sound come, ad esempio, alcune ritmiche di basso e batteria presenti su Crossfire, uno dei miei nuovi pezzi.
È ad ogni modo, un disco molto rispettoso della tradizione, in cui i fan potranno ritrovarsi senza nessun problema. Ed è un album di cui vado sicuramente fiero!
C’è di nuovo un concept alla base, così come era già successo nei tuoi precedenti lavori?
Sì, esatto, anche questa volta c’è un concept alla base di tutto, una storia, tra l’altro che va a legarsi proprio agli album usciti in precedenza, ampliandone e proseguendone la narrazione, con tutti i personaggi che già erano appartenuti ai vari “Shadows Zone”, “Kings And Queens” e “Mystica”. È sostanzialmente un concept di stampo fantasy, una specie di viaggio mistico che al contempo, può essere visto come abbastanza radicato alla nostra realtà e può essere inteso come qualcosa di profondamente contrario a qualunque tipo di guerra e conflitto.
Per raggiungere il tuo obiettivo, ti sei fatto aiutare anche questa volta da una line up alquanto ben assortita che pare essersi stabilizzata in modo pressoché definitivo, da ormai una decina d’anni. Vuoi spendere due parole sui tuoi compagni d’avventure?
È un gruppo, come dici giustamente, che lavora insieme da dieci anni e di cui vado semplicemente fiero. Ogni componente ha grande tecnica e personalità, ma soprattutto è un amico. Possiamo rimanere anche per un anno intero lontani, ognuno impegnato nei propri progetti, ma il feeling permane sempre, costantemente immutato.
Ed è singolare notare come, quando poi ci si ritrova, tutti abbiano ben chiaro quale sia l’obiettivo ed il tipo di risultato da perseguire. Ferdy ad esempio, è sempre molto propositivo ed attento, pronto a dare suggerimenti per raggiungere il tipo di suono perfetto per ogni canzone. Lui, come Johnny e gli altri, ha sempre qualche idea e sa alla perfezione come metterla in pratica. Sono davvero orgoglioso di lavorare da tanto con questi ragazzi, per me sono una fonte inesauribile di stimoli, consigli ed indicazioni che permettono alla nostra musica di essere sempre fedele a se stessa e di un buon livello qualitativo.
Perdonami la curiosità. Sei ancora in contatto con Jeff Scott Soto?
A dire il vero no! Non lo sento da molto tempo ed è un vero peccato. Penso sia da più di un anno o qualcosa di simile…non mi ricordo con precisione…
Che idea ti sei fatto della sua carriera dopo la fuoriuscita dalla tua band?
Beh Jeff in realtà è sempre stato un po’ un elemento atipico nel mio gruppo. Infatti, ha sempre preferito molto di più situazioni meno heavy, cose alla Prince, per citare uno dei suoi prediletti.
Per non parlare poi della sua passione per i Queen, esternata appena possibile in tutti i modi.
È davvero un grande cantante, la sua voce è unica. Ho sentito alcune canzoni dei suoi album e non posso dire altro che sono ok, diverse dal mio stile, ma senz’altro validissime!
Facciamo ora un bel salto indietro nel tempo. Hai iniziato il tuo percorso agli albori degli anni ottanta negli Steeler. Quali ricordi conservi ancora con affetto di quell’epoca?
Sinceramente? Proprio nessuno! È un periodo della mia vita di cui non mantengo il benché minimo ricordo piacevole. Certo, fa parte anche quello della mia carriera: se non fossi stato negli Steeler, probabilmente non sarei qui oggi.
Il taglio era molto professionale e la musica che proponevamo non era affatto male. Ne devo dare atto.
Mi ritengo fortunato però ad essermi separato dal resto della band. Principalmente per motivi di libertà artistica, ma soprattutto per le gravi incomprensioni che si agitavano costantemente tra i membri.
Eravamo cinque personalità del tutto aliene ed in perpetua competizione, in un ambiente in cui ognuno cercava sempre di prevaricare gli altri.
Quando si dovevano decidere i pezzi da inserire sugli album poi, non ti dico. Una gara esasperata su chi ne proponeva di più, nel tentativo di sminuire il resto del gruppo.
Era una sorta di tutti contro tutti, una situazione fastidiosa che non ricordo con particolare simpatia!
Insomma, fondando la tua band personale hai coronato un sogno e migliorato la tua vita…
Direi assolutamente di sì!
In tanti anni di carriera avrai conosciuto molti altri chitarristi, facendoti un’opinione personale su alcuni dei più grandi. Se ti dico per esempio…
Steve Morse?
Hummm…un ottimo guitar player sicuramente, ma il suo stile non mi piace molto. A mio parere, è il tipo di musicista sbagliato per i Purple. Lo preferivo senza dubbio nei suoi prodotti solisti: lo vedo poco adatto e consono al ruolo che ricopre attualmente…
Uli John Roth credo sia uno dei tuoi preferiti…
Beh, Uli è uno dei miei eroi assoluti! L’ho conosciuto per la prima volta nel 1992, mentre lo vidi dal vivo addirittura già nel 1976 a Dortmund. C’erano Rainbow e Scorpions nel bill, condivideva il palco con Michael Schenker…un concerto fantastico.
Uli è davvero un grandissimo, ha uno stile unico. Bisogna ammettere però che talvolta alcuni suoi dischi possono sollevare qualche appunto. Sono tante le soluzioni operistiche che propone e questo può annoiare un po’…
voglio metterti in difficoltà…Keith Richards…
Keith Richards??? Oh beh, più che altro una rock star. Ha uno stile molto monotono ed ha costruito tutto sull’immagine. Ha sempre avuto questa tendenza ad apparire un po’ fuori di testa, cosa che credo gli abbia giovato per la carriera…
Jimmy Page?
Credo sia un musicista da sempre molto sopravvalutato. È un bravo chitarrista ritmico senza dubbio, ha scritto dei pezzi memorabili con gli Zeppelin con dei riff immortali come quello di Kashmir, ma non ho mai amato il suo modo di suonare. E soprattutto, non ho mai apprezzato i suoi assolo.
Qualcosa di più recente allora. Steve Vai?
Un mostro! Ha una tecnica incredibile ed irraggiungibile. È senza alcun dubbio il migliore al mondo, almeno per quanto riguarda il profilo tecnico. Lascia un po’ a desiderare invece in quanto ad emozioni a mio parere. Bravissimo finché vuoi, ma quello a volte sembra mancargli. Se riuscisse ad equilibrare i due aspetti sarebbe il chitarrista perfetto.
Malmsteen invece?
Yngwe è un altro dei miei preferiti. Mi piace molto il suo stile, sia nei frangenti rock, sia in quelli più classicheggianti. Non nego però che nel riascoltare i suoi dischi, non si possa fare a meno di notare che gli assolo sono eccessivamente prolissi e veloci. Qualche volta mi annoia sentire l’eccesso di scale fulminee e questi “plinplinplinplin” (dice proprio così! NdR) senza sosta…
Inevitabile terminare con mr. Blackmore. E non dirmi che non te lo aspettavi!
Ritchie…ehhh…sicuramente una delle mie influenze più grandi. Il suo è uno stile particolarissimo, riconoscibile ed unico. Potrebbe suonare qualsiasi cosa, ogni genere di musica, lo identificheresti con precisione in ogni caso. Ha un senso della melodia eccellente e sa trasmettere grandissime emozioni. Mi piace sempre moltissimo, anche nel suo ultimo progetto, Blackmore’s Night.
Per ritornare a quello che ti dicevo poco fa, anche nella sua nuova band ha un piglio tutto suo, al punto che, per come la vedo, molte delle sue nuove canzoni, arricchite da elementi più tipicamente hard rock come chitarre elettriche ed un po’ più di energia, potrebbero senza troppi problemi diventare delle classiche Rainbow Song. Opinione mia, naturalmente…
So che sei molto impegnato con la promozione Axel, quindi non ti rubo più molto tempo. Cosa ti aspetti dal tuo nuovo album?
Beh, il doppio disco di platino in tutto il mondo naturalmente! Ahahahaha!
Un sogno che difficilmente diverrà mai realtà!
Tornando alle cose serie, spero che il disco piaccia ai fan e spero di poterlo far conoscere il più possibile un po’ ovunque. Come per tutti i miei album, ne vado molto fiero.
Dopo questo giro promozionale andrai in tour immagino…
Esattamente. Dopo questa serie di interviste per promuovere il nuovo cd, saremo impegnati nel scegliere le canzoni per il prossimo tour. Al momento stiamo già facendo qualcosa, ma il grosso si terrà nei mesi di gennaio e febbraio e poi durante i classici appuntamenti dei festival estivi.
Italia inclusa? So che ci sei stato una volta sola…
Non è sicuro al 100% purtroppo. Il nostro manager ci sta lavorando. Certo ci piacerebbe fare un salto da quelle parti. Ogni volta incontriamo sempre qualche difficoltà e nel momento di programmare le date in Italia emerge qualche problema… come dici giustamente, ci siamo stati un’unica volta, in occasione di un bel festival estivo nel 2005, di cui non ricordo più il nome… qualcosa come Tradate o simile…
Certo, la vostra data all’ormai defunto Tradate Iron Fest del 2005…
Proprio quella! Insomma, ci piacerebbe replicare!
Abbiamo finito. Non può mancare però, il tuo pensiero finale per i nostri lettori.
Mi ricollego proprio a questo. Spero vivamente di poter suonare anche per i nostri fan italiani stavolta e soprattutto, mi auguro che il nostro nuovo disco sia di vostro gradimento!
Che dire ti ringrazio Axel! E ti mando un grande in bocca al lupo!
Grazie a te Fabio ed a tutti i tuoi lettori! Ciao!
Fabio Vellata
Sito web : www.axel-rudi-pell.de
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