Battleroar (Marco Concoreggi)
A circa un anno di distanza dal debut album, i Battleroar, una della migliori realtà del panorama Epic Metal attuale, tornano sul mercato con un nuovo album, Age of Chaos. In occasione della nuova uscita discografica giunge anche l’intervista su TrueMetal.it al cantante del gruppo, Marco Cicoreggi che, a distanza di circa un anno dalla precedente intervista (leggi qui la vecchia interview) torna a riproporre le sue interessanti e mai banali idee musicali sulle pagine del portale.
Vincenzo:Caro Marco, a distanza di circa un anno dall’uscita del primo disco dei Battleroar la band greca torna a cavalcare la nuova onda dell’Epic Metal rilasciando il secondo full lenght, “The Age of Chaos”. Come ritieni questo disco rispetto al precedente? Quali passi stilistici e quali progressi sono stati, secondo te, fatti?
Marco:A mio avviso “Age of Chaos” non rappresenta la naturale evoluzione dello stile espresso sul debut “Battleroar”. E’ un disco a sè, che certamente mantiene un suono e uno spirito riconoscibili da chi conosce la band e ha apprezzato il precedente lavoro, ma al contempo propone elementi nuovi, come la presenza di brani acustici, l’inserimento di parti di violino ed in generale un ispessimento delle atmosfere epiche e drammatiche che erano già presenti in brani come “Berzerker”, nel primo CD. E’ un disco poco “commerciale”, che – a parte “Vampire Killer” non contiene brani diretti e veloci, ma si esprime su tempi più rallentati, pur non rientrando naturalmente nell’abito del doom metal. Considerando che il nuovo materiale, in sede live, è per sua intrinseca natura, meno anthemico e trascinante, e che l’opera finisce per rivolgersi allo zoccolo duro degli epic metal fans, risultando talora indigesta a quanti cerchino una collezione di brani di “pounding heavy metal rock” adrenalinici e americanamente spensierati, si può affermare senza tema di smentita che si tratta di una uscita coraggiosa per una band underground come la nostra. I miglioramenti sono senza dubbio concreti a livello di coesione all’interno del gruppo, in quanto tutti i brani presenti sul disco sono stati pensati per questa line up e ognuno di noi ha apportato il suo tocco personale ad ognuna delle composizioni. “Age of Chaos” beneficia inoltre di una maggiore ricchezza a livello di arrangiamenti, e di suoni molto più buoni rispetto al debut album, ove per esempio la batteria era piuttosto penalizzata. Le registrazioni sono avvenute parte ad Atene, e parte in Italia, al Conquest Studio di Gallarate, dove abbiamo usufruito dell’aiuto prezioso di Alex Festa. L’album, come è giusto che sia, non rappresenta un punto di arrivo, ma una fotografia, sia a livello di emozioni, sia a livello tecnico/musicale, di ciò che eravamo quando lo abbiamo scritto e registrato. Pur essendo molto soddisfatti del risultato finale, già da alcuni di noi si sente l’urgenza di ritornare a brani un pò più diretti sullo stile di “Battleroar” e “Victorious Path”, in quanto sono quelli che, tra l’altro – e indipendentemente dai gusti del pubblico – ci divertiamo di più a suonare dal vivo.
Come so hai una grandissima passione per l’US Heavy Metal, e dalla tua precedente intervista su queste pagine si evince ciò chiaramente. Come concili la tua matrice artistica tipicamente US-power con l’ortodossia Epica dei greci? Siete sempre in sintonia?
Il nucleo principale della band è composto da Kostas (Tzortzis), Manolis e Nick, i quali hanno fondato il gruppo, ne gestiscono le responsabilità e le esigenze, e ai quali naturalmente spetta l’ultima parola in campo decisionale. Il nostro bassista Kostas è più legato alla NWOBHM, all’hard rock melodico anni 80, e naturalmente agli Iron Maiden, che sono la sua band preferita. I ragazzi sono al governo, e noi all’opposizione! Ahaha! Naturamente scherzo. Questo gruppo non è una classica heavy metal band, ma è nato per esprimere un certo tipo di concetti, a livello lirico, in uno stile musicale specifico, che – a torto o a ragione – è a momenti piuttosto limitativo. Se da un lato questo fa la gioia degli epic metal fans, dall’altro causa qualche frustrazione a chi, invece, pensa che il filone “epic metal” sia una concezione moderna, per quanto eccellente, il cui vero sentimento si trova però nell’heavy metal “epico” degli anni ottanta, che non poneva vincoli nè al songwriting nè alla libertà nella scelta dei temi da trattare. “Don’t fear the Night” degli OMEN non parla certo di vichinghi, e neppure “Reign of the Tyrants” dei Jag Panzer, o “Steel the Light” dei Q5, eppure sono brani che trasudano epicità da ogni nota. A volte abbiamo accese discussioni su cosa sia epico e cosa no, e su cosa sia o meno adattabile alle esigenze espressive del gruppo. Mi rendo perfettamente conto del motivo per il quale la band è stata creata, e dell’ambito stilistico nella quale si muove, e personalmente finora ho tentato di ammorbidirne la rigidità immettendo “contaminazioni” supereroistico/fantascientifiche (come ad esempio “Megaloman”), oppure in chiave horror gotico (“Vampire Killer”). E’ chiaro che, comunque, di base, abbiamo le medesime influenze, e vista l’amicizia che ci unisce, spesso basta discutere brevemente per venire a capo di qualsiasi decisione in modo diplomatico e soddisfacente per tutti. Alla fine il nostro scopo è quello di divertirci creativamente e passare del tempo assieme.
Trovo che, nonostante l’incredibile bravura di numerosi epic metal act, oggi come oggi il genere sia un pò monotematico a livello testuale. Perchè non esistono canzoni dedicate alla potenza di un T-65 X-wing starfighter, che parlino delle lame di Shinobi, dei proiettili di una 44-Magnum o della Flotta Imperiale?
Enzo, tu stai gettando deliberatamente benzina sul fuoco, a mò di vignettista danese! La questione principale è che le mie personali influenze a livello lirico non derivano dalle mie vicissitudini personali, ma dai libri che leggo, e principalmente da quello che ho visto al cinema e alla televisione fino a quando ero un adolescente, e naturalmente dai videogames, che costituivano la mia passione principale in quel periodo. Ora gioco quasi esclusivamente con gli emulatori dei vecchi coin op, e – a parte qualche raro caso, come la serie Castlevania bidimensionale su Gameboy Advance – non seguo affatto le ultime evoluzioni videoludiche. Non va meglio dal versante cinematografico, dal momento che quando escono pellicole fresche ed interessanti come “Van Helsing”, “Alexander” e “Land of the Dead”, l’opinione del pubblico ormai rintronato da anni di ciofeche colossali, li decreta immediatamente insuccessi. E’ evidente che, per esprimersi artisticamente in uno stile assimilabile a quello espresso negli anni 80, è necessario pensare con un cervello da anni 80 (e non da 80 anni, come fanno i “critici” attuali). Se i Jag Panzer hanno scritto “Shadow Thief” non vedo perchè sia così deprecabile l’idea di scrivere un brano su Shinobi, che è una icona nell’immaginario di così tanti trentenni di oggi, o un concept che, invece delle abusatissime Termopili, descriva con piglio alla Loudness le imprese di Han Solo e del Millennium Falcon contro i velivoli imperiali. Il fatto che capisaldi della cinematografia quali “The Running Man”, “Escape from NY”, “Commando”, “Alien” e lo stesso, ortodossissimo (mi si passi la sgrammaticatura) Ben Hur non siano autentici fari guida nel mare piatto dell’immaginario lirico attuale, mi fa rabbrividire di sconforto – non per me, in quanto ho trent’anni e quello che di buono dovevo vedere e ascoltare me lo sono goduto, e me lo godrò ancora cercando nelle vecchie produzioni, che sono una fucina quasi inesauribile – ma per le nuove generazioni, per le quali senza guide adeguate sarà assai difficile avvicinarsi alle opere che esprimono veramente lo spirito dell’hard’n’heavy in generale, e quello dell’heavy metal epico nello specifico, senza cadere nelle fauci di una mediocrità modernista e guerrafondaia che pensa che morire con le armi in mano sia meglio che schivare il colpo, rimontare sulla moto e sfrecciare a tutto bordone sulle Streets of Fire, foriere di avventure, solarità e US Metal freedom!
Qual’è il tuo concetto di Epic Metal? Se dovessi fare una classifica dei tuoi 5 dischi preferiti di tutti i tempi e che più hanno influenzato la tua mentalità musicale, quali citeresti?
Il mio concetto di “epic metal” è delineato a chiare lettere in quanto esposto nella prima intervista, e parzialmente nelle risposte date finora, e non vorrei risultare noioso ai lettori ribadendo i medesimi concetti. Sintetizzando, la mia idea è che l”epic metal” sia un genere relativamente moderno, che si auto-impone limiti d’azione specifici e molto rigidi, sconsigliando ad esempio di parlare di armi da fuoco o comunque di tecnologia moderna. Una misinterpretazione, a mio avviso, tenendo conto che gli stessi Manowar passano con disinvoltura da “Shell Shock” a “Dark Avenger”! Si tratta quindi di una deviazione che Leonard Nimoy in Star Trek definirebbe “illogica”, che tuttavia ha consentito l’emergere di bands di tutto rispetto le quali, in effetti, pur confinate per loro stessa decisione in questa ristretta dimensione, producono albums eccellenti. Il problema principale per queste bands, assai evidente se si considera quanto detto finora, è che è difficile evitare la stagnazione. Per quanto mi riguarda, la mia personale top-five è la seguente:
1) Iron Maiden – “Powerslave”; il mio gruppo preferito di tutti i tempi, e il mio album preferito, assieme a “Somewhere in Time”. La vera forza degli Iron Maiden stava nella struttura “progressive” delle loro composizioni più lunghe e ambiziose, cosa che oggigiorno purtroppo non gli riesce più. Speriamo nel prossimo album.
2) Manowar – “Sign of the Hammer”, il mio disco preferito dei Manowar, e senz’altro quello che incarna meglio il mio concetto di “heavy metal epico”. Lo preferisco di gran lunga a “Into Glory Ride”, che secondo me suona assai datato anche per l’anno in cui è uscito. Non che questo sia un problema, ma non fa per me.
3) Judas Priest – “Defenders of the Faith”, lato A + “Screaming for Vengeance”, lato A – in totale un disco, e me ne rimangono ancora due da citare.
4) W.A.S.P. – “The Last Command” – se non sono Heavy Metal Epico Americano traccie come “Widowmaker” e “Wild Child”, allora è meglio che appendiamo tutti le chitarre al chiodo.
5) Saxon – “Power and the Glory” – il mio disco preferito dei Saxon, nonchè il più epico secondo me, escluso “Crusader” per la sola title-track.
Visto che tra poco è Pasqua e siamo tutti più buoni, aggiungo “Teeth of the Hydra”, la compilation degli Omen che, in versione cassetta, è stata uno dei primissimi heavy metal albums che io abbia mai amato.
Chi mi conosce si chiederà se ho rinnegato le cult-bands che menziono di continuo nei discorsi tra amici e anche in occasione delle interviste, ma il punto è che qui mi si chiede quali sono i dischi che più mi hanno influenzato, e sebbene tra questi ci siano senz’altro i Witchkiller, gli Steel Assassin e i Jag Panzer, non si può dimenticare che quasi tutte queste bands sono enormemente debitrici ai Judas Priest di fine anni 70-inizio anni 80, e agli Iron Maiden. Chi ha sentito i bootleg live dei Witchkiller sa che metà del set erano brani dei Judas Priest e degli Iron Maiden. Altro discorso per Cirith Ungol e Manilla Road che, pur essendo bands che amo moltissimo, non posso citare come influenze principali, per quanto riguarda la mia visione personale.
Mi è giunta notizia che presto la Sonic Age Records ristamperà i dischi dei tuoi eroi Titan Force. Mettiti nei panni del direttore di una label che ha a disposizione 5 gruppi da ristampare: quali sono i dischi ed i gruppi di culto che vorresti che venissero ristampati?
Il mercato delle ristampe ferve di attività, anche se buona parte dei dischi in commercio ultimamente sono bootlegs. Penso tuttavia che “ristampe” non ufficiali come ad esempio quella dei Commander e degli X-Caliber, siano state opere filantropiche, e che quindi sia piuttosto ipocrita scagliarsi contro gli autori di queste releases, finchè si tratta di dischi che non avrebbero avuto altra possibilità di venire conosciuti oggi, se non questa. La Sonic Age opera invece nel rispetto della legalità, e mi auguro che includano nelle ristampe anche il demo 1994 e, magari, del materiale live. Se avessi la possibilità di curare la ristampa di cinque dischi, credo che farei uscire:
Tyton – “Mind Over Metal” + Castle Donington (bonus)
Overlorde (North Carolina) – “Medieval Metal”
Hammers Rule – “Show No Mercy” LP + “After the Bomb” EP
Heathen’s Rage – EP + i tre demo, ricco booklet con foto a colori, biografia, testi
Alloy Czar – Demo – per sentire finalmente il fantomatico gruppo dalle killer vocals nel quale militava Bob Parduba.
E’ vero che quando ti affacci alla finestra senti i gemiti di stuoli di ragazze seminude che si masturbano accasciate l’una sopra all’altra davanti all’ingresso del condominio?
E’ senz’altro veritiero, ma il loro cicaleccio voglioso si confonde col raglio degli asini alati, e il rombo del motore di Tuono Blu, l’elicottero che svolge il suo volo di ricognizione diurna e notturna attorno al mio appartamento a Los Angeles. Ricordo comunque a tutte le donne bionde in lettura – naturalmente solo quelle con la maglietta di Lizzy Borden – che sarei per loro un buon partito.
Qual’è il rapporto metafisico tra Billy Lee (Double Dragon) e l’Epic Metal?
Billy Lee, quando non è impegnato negli allenamenti e nell’eliminazione della malavita organizzata orientale, e delle street gangs americane a New York, San Francisco, Detroit e L.A., lavora in veste di “ghost composer” per i maggiori heavy metal acts statunitensi. Ad esempio “Missing in Action” dei Q5 l’ha scritta lui a quattro mani assieme a Chuck Norris: le mani del “martial avenger in blue uniform” erano sulla chitarra, e quelle di Chuck impugnavano il mitra.
Vi sono numerosi manoscritti che attestano insidacabilmente che la nascita dell’Epic Metal va fatta risalire agli albori ed alla nascita dell’Impero Romulano, quali sono le tue teorie a proposito? Ritieni veritiere queste prove?
Riguardavo proprio in questi giorni alcune vecchie puntate delle prime due serie di Star Trek; in particolare ce n’è una intitolata “Who Mourns For Adonais?”, dove l’Enterprise viene catturata da una un potentissimo campo energetico a forma di mano nelle vicinanze di un pianeta dove regna, solitario, lo stesso dio greco Apollo, ultimo di una stirpe di esseri alieni che, attraverso un viaggio interstellare, si erano stabiliti nel peloponneso nei tempi antichi, regnando come divinità sul popolo ai cui occhi essi erano effettivamente onnipotenti. A prescindere dalla caratterizzazione aliena del pantheon “nell’Olimpo”, la scenografia utilizzata, e l’atmosfera generale, e la caratterizzazione del personaggio, rispecchiano esattamente l’idea che, da bambino, mi ero fatto della Grecia antica, impressione che in effetti è molto diversa da quella che ho avuto visitando la vera Grecia in questi ultimi anni. L’obiezione principale che mi è stata mossa è: “Ma quella è la versione degli americani, che di storia non sanno nulla!”. Sarà anche una versione distorta, ma per quanto mi riguarda, la visione americana è estremamente più affascinante, come lo è anche quella dei kolossal hollywoodiani, in confronto ai quali i colori della vera storia impallidiscono come stracci sbiaditi. Per la mia personale visione, il realismo è assolutamente deleterio per la buona riuscita di un brano di heavy metal, ci vuole quel fattore X che regna, super partes, sopra la scena e le vicende e rende l’immedesimazione assai desiderabile. Nessuno vuole immedesimarsi in un fatto storico del quale si sa tutto. Al contrario, tutti vorremmo essere ufficiali al comando del capitano James Tiberius Kirk, “to boldly go, where no man has gone before”! Questo è l’heavy metal epico! Ma, purtroppo, non lo si può capire ora, nel 2006. Non ci sono gli esempi giusti.
Cos’è il tuo personale progetto Hyrkanian Blades?
E’ una valvola di sfogo per i giorni nei quali ho un pò di ispirazione e il tempo necessario per darle forma, a casa, con l’ausilio di un programma di registrazione multitraccia che mi consente di programmare linee di basso e batteria, e registrare da solo le chitarre e la voce. E’ una sorta di “one man band” dedita all’heavy metal classico americano anni 80, alla quale ho voluto, per vezzo personale, dare il nome “Hyrkanian Blades”, che deriva dall’Hyrkania, un paese descritto nelle storie dell’Era Hyboriana di Robert E.Howard. Questa regione, oltre che per le steppe vergini e l’eccellenza dei propri cavalieri e arcieri, è spesso citata per la lavorazione dell’acciaio e la manifattura di lame resistentissime. Alcuni dei brani nati per questo “progetto” sono stati poi riarrangiati e utilizzati nel primo e nel secondo disco dei Battleroar (Megaloman, Egyptian Doom, Sword of Crom, The Tower of the Elephant, Vampire Killer) ma la maggior parte dei brani composti non è del tutto compatibile con lo stile del gruppo. Registro questo materiale solo per soddisfazione personale, e non è prevista per il momento l’uscita di alcun demo.
Un saluto a tutti i lettori…
Un ringraziamento a te, Enzo, a Truemetal e a tutti gli amici che dimostrano a me e alla band affetto e stima! Abbiamo già cominciato a lavorare, ognuno per proprio conto, su alcune idee nuove, e ci auguriamo che chi ha apprezzato “Battleroar” e “Age of Chaos” troverà motivo di interesse nel terzo disco che uscirà – se non ci sono contrattempi – nel 2007. Per citare Mr. Spock, lunga vita e prosperità a tutti voi!
Intervista eseguita da Vincenzo Ferrara.