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Charred Walls Of The Damned (Richard Christy)

Di Angelo D'Acunto - 17 Febbraio 2010 - 0:05
Charred Walls Of The Damned (Richard Christy)

L’uscita dell’omonimo debutto dei Charred Walls Of The Damned è stata un’ottima occasione per scambiare qualche parola con il mastermind della band, Richard Christy. Abbiamo raggiunto il batterista statunitense per parlare del suo ritorno al mondo della musica, del passato trascorso insieme a band del calibro di Death ed Iced Earth e, ovviamente, anche del prossimo futuro. Buona lettura.

Ciao Richard e benvenuto sulle pagine di TrueMetal.it

Ciao a te, Angelo, e grazie mille per questa intervista!

Qualche anno fa hai lasciato la scena metal per lavorare con Howard Stern nel
suo show. Adesso invece c’è questa nuova band… quando ti è tornata la voglia di
tornare a comporre musica?

Beh, da quando ho lasciato la scena per collaborare con l’Howard Stern Show nel
2004, ho sempre saputo che prima o poi sarei tornato a suonare, anche perché il
metal è qualcosa che ti scorre nelle vene, e credo che sia quasi impossibile
smettere definitivamente di avere a che fare con questo genere. Ho comunque
continuato a suonare la batteria ogni giorno, iniziando anche a suonare la
chitarra mentre vivevo qui a New York. Ogni notte, quando mi esercitavo con la
chitarra, ho cominciato a scrivere alcuni pezzi veramente buoni, rendendomi poi
conto che ne avevo la quantità giusta per inserirli su di un disco. In quel momento ho deciso
di chiamare Jason, Tim e Steve, e i Charred Walls Of The Damned hanno preso
vita. Negli ultimi cinque anni ho ricevuto un sacco di offerte da molte band,
ma la cosa migliore per me era fare qualcosa di soddisfacente, quello di formare
una mia band e scrivere la musica che volevo io, in pratica.

Che cosa sta a significare il monicker Charred Walls Of The Damned?

Si riferisce essenzialmente alle “pareti dell’inferno che le anime dannate
graffiano con le unghie nel tentativo di sfuggire alle fiamme degli inferi”.
L’idea è arrivata da una stazione radio cristiana degli Stati Uniti che io e Sal
Governale (al mio fianco nella commedia scritta per l’Howard Stern Show)
chiamavamo per fare alcuni scherzi. Quelli della radio religiosa erano stufi dei
continui scherzi ricevuti, e un bel giorno il conduttore ci ha detto
“se non cambierete il vostro stile di vita senza accettare la parola di Gesù,
vi ritroverete a grattare con le vostre unghia le mura carbonizzate degli
inferi!”. A quel punto ho guardato Sal e ho detto “cavoli, questo sì che sarebbe
un bel nome per una band!”.

Consideri i Charred Walls Of The Damned come una band a tutti gli effetti o solo
un semplice side-project? Hai in mente di realizzare, magari in futuro, un altro
album con questo monicker?

Sono assolutamente da considerare come un band vera e propria. Ho voglia di
incidere altri dischi e andare in tour, possibilmente con la line up presente su
disco. Ho già scritto sei pezzi per il prossimo studio album e spero di tornare
negli Audiohammer Studios entro la fine di questo anno per registrare il nuovo
full-length.

La line up vede la presenza di artisti del calibro di Tim “Ripper” Owens, Steve
DiGiorgio e Jason Suecof. Come mai hai deciso di scegliere proprio loro?

Ho conosciuto tutti loro nel corso degli anni, e devo dire che ci siamo sempre
trovati molto bene insieme. Sono dei bravi ragazzi ed ero sicuro che si saremmo
divertiti a suonare e registrare un disco insieme. Ammiro tutti e tre come
musicisti e non vedevo l’ora di vederli all’opera sulle canzoni che avevo
scritto. Ho lavorato insieme a Jason per per quasi dieci anni e, inoltre, ho
dato il mio contributo per realizzazione degli Audiohammer Studios, quindi era
inevitabile registrare lì questo disco e, ancora più ovvio, avere lui come
chitarrista e produttore. Steve invece è il mio bassista preferito di sempre, e
Tim è un cantante straordinario, non potevo far altro che coinvolgere anche loro
in questa nuova avventura.

Come si sono svolte invece le fasi di composizione del disco?

Ho scritto musica e testi per l’intero disco per poi registrare tutto in casa
a New York. Anche se avevo già registrato tutte la parti in versione demo, sapevo
che una volta entrati negli Audiohammer Studios, gli altri avrebbero avuto modo
di migliorare notevolmente i pezzi, e così è stato. Con Jason abbiamo passato
due giorni in pre-produzione in Florida, dove lui stesso ha applicato alcune
correzioni. Il risultato che è uscito fuori è stato al 70% diverso da quello che
avevo ideato, e i pezzi sono migliorati notevolmente quando Jason, Steve e Tim
hanno aggiunto le loro idee.

Come hai appena detto, ti sei occupato principalmente di scrivere musica e testi
per questo progetto. Penso che i batteristi, in genere, non siano mai stati i
maggiori compositori in molte band…

Sì, come ti dicevo, ho scritto gran parte di musica e testi. Ammiro tantissimo i
batteristi che sono coinvolti nel processo di songwriting nelle loro rispettive
band, potrei citare ad esempio artisti come Dave Grohl, Neil Peart, e Lars
Ulrich. Ho imparato anche a suonare la chitarra, quindi adesso sono in grado di
scrivere anche i riff dei pezzi che voglio registrare. Inoltre, sono anche
coinvolto nelle questioni commerciali della band, e questo è qualcosa di nuovo
per me.

Tim, Steve e Jason hanno contribuito anche loro al processo di songwriting?

Sì, Jason ha dato un grosso contributo al songwriting, soprattutto nella fase di
pre-produzione. Ha semplicemente preso i pezzi e aggiunto alcune parti che mai e
poi mai avrei pensato potessero uscire fuori. Le parti di basso di Steve sono
nel suo stile più classico, e quindi molto creative. Stessa cosa per Tim, adoro
tantissimo la sua voce, quindi gli ho chiesto semplicemente di cantare nel modo
più naturale possibile. Alla fine, il songwriting di quest’album è diviso così:
il 70% delle mie idee sono mie, il 20% di Jason e il 10% di Steve e Tim.

Ci sono pezzi che preferisci di più rispetto ad altri, e perché?

Adoro tutti i pezzi perché sono stati scritti da me, e quindi c’è una specie di
legame molto personale. Se dovessi scegliere, citerei soprattutto Voices Within
The Walls, penso che il chorus di questa canzone sia molto orecchiabile, più le
parti di batteria che sono uscite fuori veramente bene, soprattutto nel finale.
Anche Blood On Wood è uno dei miei preferiti perché è nato dal mio amore per la
batteria, il che significa molto per me. L’ispirazione per questo pezzo è nata in
un giorno in cui ero a suonare e, guardando le bacchette, mi sono accorto che
erano sporche di sangue a causa di alcune vesciche sulle mie dita. Da lì ho
capito che ero disposto a suonare tanto da farmi sanguinare le mani, e da lì è
nato il testo di Blood On Wood.

Quale sono state le prime reazioni dopo l’uscita (tra l’altro recente) dei
Charred Walls Of The Damned?

Il disco è uscito da quasi due settimane e la reazione è stata a dir poco
sorprendente. Mi sento veramente felice quando i fan, tramite e-mail, dicono di
amare le canzoni che ho scritto. Sono legatissimo all’heavy metal, e ormai è
parte integrante della mia vita da quando avevo dieci anni d’età, poi essere in
grado di scrivere buona musica che viene apprezzata dal pubblico è una grande
soddisfazione. La mia intenzione era quella di fare un disco che piacesse un po’
a tutti, sia a chi ascolta death, black o power, anche perché è un disco
piuttosto eterogeneo e che prende spunto da diversi elementi, a volte anche
differenti.

Dal 1996 al 2001 hai avuto modo di suonare con Chuck Schuldiner. Per molti,
quello dei Death, è considerato un gruppo quasi speciale… secondo il tuo punto
di vista, come mai la band, ai tempi (e anche tutt’ora), era considerata così
unica?

Sono sempre stato un fan dei Death fin dai tempi del liceo. Quando mi sono
trasferito in Florida, nel 1996, il mio sogno era quello di suonare insieme a
Chuck Schuldiner. Quando, pochi mesi dopo, sono entrato nella band, il mio sogno
si è realizzato. Sarò sempre grato a Chuck per avermi dato la possibilità di
suonare con la mia band preferita di sempre. È solo grazie a lui se sono
riuscito a farmi un nome nell’ambiente. Mi ha dato una chance quando ero
praticamente sconosciuto, ed è stata l’occasione migliore che potesse mai
capitarmi fra le mani. Mi è sempre piaciuto il suo modo di comporre e di
suonare, di tirare fuori un sound allo stesso tempo melodico, pesante e
tecnico… direi che è questo che ha sempre reso unici i Death. La musica di
Chuck ha avuto una grandissima influenza su di me, e, ai tempi, ero molto
fortunato a poter suonare con Death e Control Denied. Con il passare del tempo
siamo diventati anche grandi amici, e posso considerarlo come la persona
umanamente migliore (e talentuosa, musicalmente) che io abbia mai incontrato. La
sua musica vivrà per sempre con i dischi dei Death e Control Denied.

Che ricordi hai conservato di quegli anni?

Ci sono tantissimi bei ricordi di quel tempo. Uno dei tanti è quando abbiamo
suonato al Dynamo Festival nel 1998. È stato uno spettacolo
incredibile durante gli show di tutte la band e, credimi, suonare di fronte a
40.000 persone è stato a dir poco fantastico! Ricordo che ero piuttosto nervoso
prima dello show, ma quando sono salito sul palco è passato tutto e sono
riuscito a suonare benissimo. Per fortuna lo show è stato immortalato su DVD ed
è anche possibile vedere alcuni video su YouTube. Quel giorno avevamo suonato
insieme ai Pantera e ricordo che Phil Anselmo si godeva il nostro show seduto
dietro la mia batteria. Ho anche avuto modo di incontrare Dimebag Darrel e Rex,
ed è stato veramente bello conoscere dei personaggi come loro, anche perché ho
sempre apprezzato i dischi dei Pantera. Per il resto ho davvero tanti ricordi di
Chuck e dei tour con la band, probabilmente potrei scriverci un libro intero,
anche perché ci sono stati tantissimi momenti divertenti.

Successivamente, nel 2000 e fino al 2004, sei entrato a far parte degli Iced
Earth. Come ti sei trovato a lavorare con Jon Schaffer?

È stato veramente impressionante lavorare con Jon. Lui è un ottimo compositore,
oltre ad essere uno dei migliori chitarristi ritmici in attività. Non credo di
aver mai visto così tanta gente cacciare fuori certi riff da una chitarra.
Apprezzavo tantissimo gli Iced Earth già prima di entrare nella band, quindi, anche
in questo caso, per me è stato un grandissimo onore. Mi sono divertito
tantissimo sia con loro, sia con i Demons And Wizards, ed è proprio con quest’ultimi
che ho fatto il mio primo tour con Schaffer. Gli show erano a dir poco
spettacolari e abbiamo fatto un sacco di date, tra le quali il Gods Of Metal
Festival in Italia, dove abbiamo condiviso il palco con gli Iron Maiden! È stato
incredibile vedere Steve Harris e co. sul lato del palco mentre osservavano
attentamente la nostra esibizione!

E per quanto riguarda i Control Denied, che cosa puoi dirmi a riguardo del
secondo album? Uscirà mai?

Oh, ci sono ottime notizie! Avremo sicuramente la possibilità di pubblicare il
nuovo lavoro entro la fine dell’anno. Ci sono stati alcuni problemi legali con
la vecchia casa discografica, la quale non ha fatto altro che bloccare
registrazioni ed uscita del disco. Adesso questi guai sembrano essere
definitivamente risolti, e quindi possiamo finire di registrare tutte le parti
mancanti. Sono in stretta amicizia con la famiglia di Chuck, e loro sono
contenti di poter finalmente vedere che il secondo album dei Control Denied
uscirà entro pochi mesi. Prossimamente andremo nei Morrisound Studios per
terminare le registrazioni delle parti di chitarra di Shannon, la voce di Tim e
il basso di Steve. Tutto ciò è veramente entusiasmante!

Nella tua carriera, hai avuto modo di suonare con tante band, molte delle quali
proponeva generi differenti l’uno dall’altro. Qual è il sottogenere del metal
che preferisci rispetto agli altri?

Non dimenticherò mai quel giorno del 1980, quando nacque quel genere chiamato
heavy metal e che, anche tutt’ora, considero come un unico modo di chiamare
l’intero genere. Mi piace il death, il power, il viking, che sarebbero tutti i
sottogeneri, e quindi mi limito a dire semplicemente “mi piace l’heavy metal”.

Quali sono le band che preferisci nella scena metal odierna?

Sono un grande fan degli Amon Amarth, un gruppo che riesce a mescolare benissimo
pesantezza e melodia. Mi piacciono anche i Coheed and Cambria, non posso essere
definiti propriamente come metal, ma sono comunque capaci di scrivere alcune
canzoni veramente sorprendenti. Fra gli altri direi che il nuovo album dei
Volbeat è piuttosto buono, mi piacciono anche i Cannibal Corpse e, ovviamente,
gli Iron Maiden. Ho avuto modo di vedere recentemente quest’ultimi, ed è quasi
incredibile rendersi conto del fatto che riescano a suonare bene come già facevano nel 1980!

E per quanto riguarda tutte le band con cui hai suonato, quale è quella che ti
ha dato maggiori soddisfazioni?

Non posso davvero scegliere un gruppo preferito, anche perché amo tutte le band
con le quali ho suonato. Mi sono divertito con tutti e sono grato di aver avuto
la possibilità di suonare con grandissimi musicisti, che sono poi diventanti
anche ottimi amici. Sono orgoglioso degli anni trascorsi con i Death, perché è
la mia band preferita in assoluto e per via dell’amicizia che mi legava a Chuck,
con il quale ho passato dei momenti indimenticabili. Molte volte riascolto The
Sound of Perseverance e sono ancora soddisfatto del lavoro che sono riuscito a
svolgere su quel disco. Credo anche che la gente mi conosca soprattutto per aver
suonato su questo album.

Ti va di parlarmi del tuo background come musicista? Quali gruppi ti hanno
portato a suonare un genere come l’heavy metal?

Ho iniziato a suonare la batteria all’età di dieci anni, quando ero ancora in
quinta elementare presso la Uniontown School in Kansas. Fra le mie maggiori
influenze c’è sicuramente Alex Van Halen. Ho preso lezioni di batteria dai tempi
delle elementari e fino alle superior, e ho avuto anche la fortuna di avere un
ottimo maestro, che tra l’altro era un grande batterista jazz. Mi ha insegnato a
leggere la musica, in modo da poter apprendere meglio quel che trovavo nei libri
di batteria. Leggo ancora dei libri del genere quando mi alleno, in particolare
Control Stick di George L. Stone, che considero uno dei migliori manuali
didattici in assoluto. Per quanto riguarda il mio stile, mi ispiro a band come
Wrathchild America, Rage, Slayer, Morbid Angel, Malevolent Creation, Death, Iron
Maiden, Quiet Riot e Twisted Sister. Tutte queste band hanno avuto un’influenza
enorme sul mio drumming.

Che programmi hai in mente per il prossimo futuro?

Sono molto felice di poter portare i Charred Walls Of The Damned in tour nel
2010. Non vedo l’ora di tornare in Europa, dove suonerò, molto probabilmente, in
alcuni festival estivi. Sto anche scrivendo i pezzi che andranno a finire sul
prossimo studio album, e spero di poter entrare negli studi di registrazione
entro la fine dell’anno!

Ok, Richard, questa era la mia ultima domanda. Lascio a te l’ultima battuta per
salutare i nostri lettori.

Grazie tante per il supporto e per l’interesse, quando leggerete quest’intervista.
Mi sento veramente onorato! Ci vediamo quest’estate per il tour dei Charred
Walls Of The Damned!

Angelo ‘KK’ D’Acunto