Vario

Death Angel (Rob Cavestany e Mark Osegueda)

Di Keledan - 7 Maggio 2004 - 14:34
Death Angel (Rob Cavestany e Mark Osegueda)

“The Art of Dying” è uno, forse l’unico a mio parere, vero capolavoro Metal uscito quest’anno, ecco quello che Rob Cavestany (chitarra) e Mark Osegueda (voce) mi hanno raccontato nel corso di una divertentissima chiaccherata in un elegante hotel milanese

(Matteo Lavazza)  Innanzitutto vorrei chiedervi se per voi è stato difficile ritrovarvi a comporre tutti assieme dopo 14 anni e comporre delle nuove canzoni per i Death Angel.

(Rob Cavestany)  Difficile? No non direi difficile, diciamo che dopo tanto tempo abbiamo dovuto ritrovare il giusto approccio, ma una volta rotto il ghiaccio tutto è filato abbastanza liscio, le canzoni sono venute fuori in maniera naturale, le idee hanno iniziato a fluire. Poi abbiamo ricominciato a suonare dal vivo e abbiamo continuato a scrivere canzoni durante gli spostamenti. Durante l’ultimo tour abbiamo anche proposto qualche pezzo nuovo in modo da valutare la reazione dei fans alle nuove canzoni. Diciamo che il 50% del songwriting è stato fatto tra novembre e dicembre, ed è stato molto facile e veloce.

(M.L.)  Certe canzoni del nuovo Album hanno un feeling molto Rock ‘n Roll, è stato una cosa voluta o semplicemente certi pezzi sono usciti così?

(R.C.)  Credo che il Rock ‘n Roll faccia parte del nostro background musicale, noi siamo una Thrash band, ma se scriviamo un buon pezzo che ha un attitudine Rock n’ Roll non lo scartiamo di certo, dopotutto credo che le basi del Metal siano proprio li.
(Mark Osegueda)  Yeah assolutamente!

(M.L.)  Parlando dei testi dell’album, c’è una canzone che ha un titolo particolare, cioè “No”, di cosa parla il testo?

(M.O.)  Ah! Ho scritto io i testi (ridiamo, soprattutto per l’espressione con cui lo dice. n.d.r)
Dunque…posso dire che quello che mi ha ispirato è….(fa una pausa, n.d.r) quello che odio di più nel mondo della musica. Non mi fraintendere, io amo quello che faccio, però ci sono molte cose che non mi piacciono per niente, prima di tutto certe persone che pensano solo al loro personale tornaconto, purtroppo di persone così nel nostro mondo ce ne sono fin troppe, e molte volte è proprio gente del genere che impedisce a bands meritevoli di poter emergere. Diciamo che a grandi linee “No” parla di questa gente.

(M.L.)  Se guardiamo la storia dei Death Angel si nota come voi siate sempre stati molto vari nel vostro songwriting, infatti di fianco a pezzi tipicamente Thrash hanno trovato posto canzoni dalle influenze più disparate, tipo “Bored” che ha dei ritmi Funk per esempio, o influenze Rock n’ Roll come nel nuovo disco, è naturale per voi comporre canzoni così diverse tra loro?

(R.C.)  Noi amiamo scrivere musica, ci sono migliaia di bands che ci piacciono, e ognuno di questi gruppi ci fornisce degli spunti per scrivere una canzone, non ci poniamo mai il problema se una canzone è Thrash o qualcos’altro. Per farti capire pensa che uno dei nostri gruppi preferiti sono i Queen, loro non si sono mai posti il problema di seguire uno stile ben preciso, ma hanno sempre mantenuto una loro identità, questo è quello che mi piacerebbe fare anche con i Death Angel. Noi amiamo davvero ogni tipo di musica e non vogliamo chiuderci qualche possibilità a livello compositivo, come ti ho appena detto per noi è molto importante mantenere la nostra identità, ma questo non preclude il fatto che possiamo andare a pescare in qualsiasi stile musicale quando componiamo.

(M.O.)  Una cosa che vogliamo evitare è quella di proporre alla gente, ai nostri fans, un album dove in pratica c’è una sola canzone con tanti titoli diversi, facendo così potremmo comporre un album in maniera velocissima, ma sarebbe davvero noioso per noi lavorare così. Quando componiamo vogliamo essere “naturali”, vogliamo suonare solo quello che ci viene spontaneo, un giorno magari abbiamo uno stato d’animo che ci fa comporre un certo tipo di canzone e il giorno dopo abbiamo uno stato d’animo diverso e componiamo una canzone diversa.

(M.L.)  Quando avete iniziato la vostra carriera con i Death Angel eravate davvero molto giovani, pensate che per voi sia stato un vantaggio o al contrario vi ha reso le cose più difficili?

(R.C.)  E’ stato sicuramente un vantaggio, credo che una cosa del genere possa essere un vantaggio per chiunque vuole fare il musicista. Quando sei giovane impari tutto velocemente e con un grande entusiasmo, abbiamo maturato molta esperienza da giovani, un esperienza che ci torna utile anche adesso.

(M.O.)  L’unica nota negativa è che forse quando sei troppo giovane non riesci a divertirti come vorresti quando sei in tour, ma siccome noi siamo ancora giovani possiamo recuperare e divertirci molto adesso (risate, n.d.r.)

(M.L.)  Una delle caratteristiche dei Death Angel è il grande entusiasmo che sprigionate sul palco, vi divertite davvero così tanto a suonare live come sembra?

(M.O.)  Assolutamente sì! Suonare live è fantastico, è quello che siamo, noi siamo una live band, su questo non ci sono dubbi. È stupendo lo scambio di energia che si ha quando si è su un palco, quello che facciamo noi non è altro che rimandare l’energia ai fans. Nei Death Angel non esiste una canzone che non possa essere suonata dal vivo, anche perché noi le componiamo dal vivo, cioè suonando tra di noi in sala prove.

(M.L.)  Durante il vostro ultimo tour avete proposto “The Devil Incarnate”, un brano del vostro nuovo disco, quali sono state le reazioni del pubblico?

(R.C.)  E’ difficile capire quali siano le reazioni della gente di fronte ad un brano che non ha mai sentito, sai di solito quando suoniamo una nuova canzone dal vivo la gente si ferma e cerca di capire se quella roba gli piace o no, diventa meno agitata ed ascolta attentamente quello che facciamo, quindi non si hanno mai reazioni particolari in questi casi.

(M.O.)  Parlando con i ragazzi del pubblico dopo i concerti i pareri che ho raccolto sono stati molto positivi direi….(segue una lunga pausa in cui ci guardiamo in faccia a turno, poi scoppiamo a ridere, n.d.r.)

(M.L.)  Le vostre canzoni sono sicuramente molto aggressive, ma anche nei pezzi più violenti voi mettete sempre una melodia ben definita. Quanto è importante la melodia per voi nella musica?

(R.C.)  Nel songwriting la melodia è molto importante

(M.O.)  Yeah!

(R.C.)  Ti permette di fare in modo che la gente riconosca una canzone

(M.O.)  Yeah!

(R.C.) In definitiva credo che la melodia sia proprio quello che segna il confine tra musica e semplice rumore

(M.O.) Yeah!

(R.C.)  La smetti di prendermi in giro?

(M.O.) Non ti sto prendendo in giro, sono d’accordo con te! (e scoppiamo ancora una volta a ridere, n.d.r)
anche secondo me la musica senza melodia non è musica, è vero che il Metal è musica molto aggressiva, che non ha certo le melodie di un gruppo pop per esempio, però la melodia ci deve essere sempre.

(R.C.)  Comunque secondo me è altrettanto importante il groove in una canzone, che è quello che fa si che la gente si muova, che balli, mentre suoniamo dal vivo

(M.L.)  ascoltando i vostri dischi non si può fare a meno di notare quanto siate diversi da tutte le altre Thrash Bands, non credete che forse ai tempi questo vostro essere sempre molto particolari vi abbia penalizzato in qualche modo? Almeno a livello puramente commerciale…

(R.C.)  Non so….da una parte quello che hai appena detto per noi è un grosso complimento, perché significa che siamo sempre riusciti ad avere una nostra identità, ed è bello sentirsi dire di essere stati avanti per i nostri tempi.

(M.O.)  Non so se questo ci abbia penalizzato o meno, so solo che noi abbiamo sempre suonato quello che ci veniva naturale, senza mai porci il problema a livello commerciale, non abbiamo mai pensato a quello che la gente poteva pensare riguardo alla nostra musica, ci siamo limitati ad andare avanti per la nostra strada.

(M.L.)  Qual è stata la prima canzone che avete composto per “The Art of Dying”?

(R.C.)  La prima canzone completa credo sia stata “5 Steps of Freedom”, ma c’erano un paio di canzoni che stavano nascendo assieme.

(M.O.)  Sì direi che “5 Steps of Freedom” è stata la prima ad essere completata.

(M.L.)  Di cosa parlano in generale i testi del nuovo album?

(M.O.)  Diciamo che i testi sono per la maggior parte ispirati alle nostre esperienze, alla nostra vita, ma anche a quello che succede nel mondo. È una sorta di contrapposizione di “good or bad”, cioè di quello che secondo noi è buono contro quello che noi riteniamo male, è il nostro punto di vista sulle cose, senza voler assolutamente volerci mettere a dire alla gente cosa deve essere bene e cosa male per loro, è semplicemente il nostro punto di vista.

(M.L.)  Nei 14 anni, diciamo di pausa, dei Death Angel, so che Rob e gli altri hanno registrato dei dischi e suonato in giro con i The Organization prima e con i The O poi, ma tu Mark, che hai fatto?

(M.O.)  Sono stato coinvolto in vari progetti musicali, sono stato per un periodo di tempo a New York, poi sono tornato a San Francisco dove anche lì sono stato coinvolto in vari progetti, diciamo che non ho sempre cantato in gruppi Metal, anzi proprio con nessun gruppo Metal, la maggior parte erano gruppi Rock.

(M.L.)  Quanto è stato invece importante per voi Rob l’esperienza con i The Organization? E questa esperienza è servita per il come back dei Death Angel?

(R.C.)  Sicuramente è stata un esperienza importante, ho imparato a comporre musica anche al di fuori del contesto in cui sono i Death Angel, guardando il tutto da una prospettiva diversa, è di sicuro l’esperienza che ho maturato con i The Organization mi è tornata molto utile adesso che i Death Angel sono tornati, sono un musicista più completo ora.

(M.L.)  In questi ultimi tempi pare che il Thrash Metal stia tornando a farsi vivo, oltre a voi sono tornati anche gli Exodus e i Nuclear Assault per esempio, credete che il movimento posso tornare ai fasti degli anni d’oro?

(M.O.)  Sì credo di sì, anche perché oggi ci sono molte più possibilità che una volta, la gente è più preparata ad accettare certe sonorità rispetto a qualche anno fa credo.

(M.L.)  Quindi credi che la scena Metal adesso sia migliore?

(R.C.)  E’ molto diversa, sicuramente molto diversa. Da un lato è sicuramente meglio, come diceva Mark la gente oggi è molto più aperta, più ricettiva verso un certo tipo di sonorità, però al tempo c’era forse più entusiasmo, anche noi eravamo molto giovani ed eravamo davvero molto eccitati di far parte di una certa scena, di un certo movimento. Di sicuro ti posso dire che non siamo cambiati, siamo tornati per essere parte, una grossa parte spero, di questo movimento.

(M.L.)  La canzone più violenta, se così si può dire, del nuovo disco è sicuramente “Thrown to the Wolves”, com’è nata?

(M.O.)  E’ stata l’ultima canzone che abbiamo composto per il disco!

(R.C.)  di sicuro è il pezzo più “vicious” e aggressivo del disco, ed è anche una canzone molto lunga, ma da subito è stato chiaro che sarebbe stata la canzone perfetta per aprire il disco.

(M.O.)  Helloooo! We Are Back! (risate, n.d.r.)

(R.C.)  La canzone è dedicata ai nostri fans di vecchia data, magari con un po’ di nostalgia per i vecchi tempi. Credo proprio che sia la canzone perfetta per dimostrare a tutti che siamo tornati.

(M.L.)  Ma quali pensi che saranno le reazione dei ragazzi più giovani, che magari si sono avvicinati al Metal dopo il vostro scioglimento, al vostro ritorno?

(M.O.)  Io credo che le nuove generazioni siano molto preparate, conosco i vecchi gruppi Thrash e si interessano anche a quello che il Metal ha prodotto prima che loro iniziassero ad ascoltarlo. Poi credo, anzi sono convinto, che “The Art of Dying” sia un disco al passo coi tempi, che di sicuro prende spunto dalla nostra storia ma è proiettato verso il futuro, un disco che suona attuale, detto questo sono molto fiducioso, credo che anche i ragazzi più giovani potrebbero trovare il nostro album un bel album.

(R.C.)  La nostra arma vincente, come dicevo poco fa, sta nel groove secondo me, le nostre sono canzoni che mirano a coinvolgere chi le ascolte, a far muovere e divertire la gente, e credo che questa possa essere una cosa apprezzata indistintamente sia dai nostri fans di vecchia data sia dai ragazzi più giovani.

(M.L.)  Che significato c’è dietro ad un titolo come “The Art of Dying”?

(R.C.)  Il titolo ha a che fare con la vita, è una sorta di inno alla vita. Vuole essere una sorta di avvertimento, se così posso dire, a vivere ogni momento della propria vita al massimo, sapendo che prima o poi la morte arriva, quindi vivere nel modo migliore possibile ogni singolo momento della propria vita in modo da fare della propria morte un arte.

(M.L.)  Avete ancora molti fans negli U.S.A?

(R.C.)  Negli States il nu-metal ormai sta morendo, e molta della gente che prima ascoltava quel tipo di musica si sta buttando proprio sul Thrash o su altre forme ancora più estreme di Metal, quando suoniamo da noi c’è sempre una buona audience, quindi siamo davvero molto fiduciosi riguardo al nostro futuro.

(M.L.)  Come mai Gus (Pepa, il chitarrista originale della band, n.d.r.) non fa parte della reunion della band?

(R.C.)  Lui non ha suonato per molto tempo, ovviamente quando ci siamo ritrovati ed abbiamo iniziato a suonare nuovamente assieme lo abbiamo chiamato, ma lui non aveva voglia di tornare a suonare un certo tipo di musica, e noi ovviamente rispettiamo totalmente la sua decisone.

(M.L.)  Ed è stato difficile trovare un sostituto adatto?

(R.C.) No assolutamente no!

(M.O.)  E’ stata una decisione semplicissima da prendere, Carlos è stato il nostro tecnico delle chitarre per anni, è un amico, quindi è stata la prima ed unica persona a cui abbiamo pensato quando abbiamo capito che dovevamo trovare un nuovo chitarrista, lui è da sempre parte dei Death Angel, così come lo è stato dei The Organization, quindi conosce da sempre il modo di lavorare del gruppo così come conosce i fans, infatti fin da subito è stato una parte integrante e importante nel processo di songwriting dell’album.

(M.L.)  Ho notato come voi dopo i vostri concerti andate sempre in mezzo alla gente a parlare, firmare autografi fare fotografie….(qui iniziamo a parlare e a scherzare su quello che io e Mark abbiamo combinato durante il loro ultimo concerto qui in Italia, ma vi risparmio i dettagli, n.d.r)

(M.O.)  Per noi i fans sono molto importanti, ma molto. Per noi è sempre piacevole scambiare qualche parola o bere una birra assieme a loro, dopotutto se noi siamo qui con te adesso lo dobbiamo solo a loro, in più come ti dicevo prima a noi piace incontrare gente nuova, visitare le città in cui suoniamo.

(R.C.)  In più parlando con i fans capisci veramente cosa pensano della tua musica, si possono ricevere molte critiche costruttive che poi ci tornano utili, arrivano degli input a migliorare costantemente, sono molto importanti queste cose per noi.

(M.O.)  Quando suoniamo per noi è molto importante che sia noi stessi che il pubblico si diverta, e credo che l’andare a bere qualcosa insieme a chi ci sostiene faccia parte di questo divertimento, sia per noi che per loro.

(M.L.)  Una domanda che esula dalla musica, qual è la vostra opinione riguardo alla guerra in Iraq ed alla situazione del medioriente in questi giorni?

(M.O.)  Difficile avere un opinione precisa…. Io vedo la cosa da entrambi le prospettive, e tutte e due le parti sembrano avere delle valide ragioni, in Iraq con Saddam la gente di certo non sta bene (l’intervista è stata effettuata prima della cattura del dittatore, n.d.a.), e questa è una cosa che di sicuro non va bene, d’altro canto è evidente che la guerra è nata da interessi commerciali legati al petrolio…. Sono in disaccordo sempre con la guerra e con le oppressioni, sempre.

(M.L.)  Le vostre origini sono Filippine, questo fatto ha in qualche modo influenzato il vostro modo di concepire la musica?

(R.C.)  Non molto…. Per niente a dire la verità (ride, n.d.r.)
Noi siamo nati e cresciuti negli Stati Uniti, nella Bay Area, e la nostra cultura è questa.

(M.O.)  Non credo che il filippino-metal ci abbia influenzato (scoppiamo a ridere per l’ennesima volta, n.d.r) credo che la N.W.O.B.H.M abbia avuto un influenza molto più forte su di noi che il filippino-metal (intanto si continua a ridere, n.d.r.)

(M.L.)  Quanto vi ha aiutato, anche a livello di pubblicità, il fatto che Kirk Hammet dei Metallica abbia  prodotto il vostro primo demotape?

(R.C.)  Di sicuro è stato un grande aiuto, ai tempi era appena uscito “Ride the Lightning”, ed intorno a loro c’era molto rumore, il loro nome era sulla bocca di tutti, e di conseguenza visto che Kirk produsse il nostro demo parte di quell’interesse coinvolse anche noi. Anche per quanto iguarda lo studio Kirk ci aiutò parecchio, noi eravamo molto giovani e la sua esperienza ci fu molto utile.

(M.L.)  Perché secondo voi il Thrash Metal nacque e si sviluppò proprio nella Bay Area a San Francisco? C’è una ragione particolare oppure è stato solo un caso?

(R.C.)  Se c’è una ragione….noi lo sapremmo (altre risate, n.d.r.)
Quando iniziammo a suonare c’erano parecchi gruppi da quelle parti, c’era davvero un bel movimento, noi eravamo e siamo tutt’ora fieri di far parte di quella scena.
Il bello era che tutti i gruppi coinvolti avevano uno stile personale, almeno all’inizio c’erano dei punti in comune tra tutti ma tutti cercavano di trovare un loro modo di fare musica, non c’erano limiti, è stato davvero un bel momento, c’era aggressività nella musica, voglia di ribellione.
Anche adesso San Francisco è una delle città con la miglior scena musicale, anche se forse l’atmosfera di quegli anni si è un po’ persa.

(M.L.)  Come sapete io scrivo per un sito Metal chiamato TrueMetal.it, vorrei sapere qual è la vostra definizione di Truemetal…

(R.C.)  (sia lui che Mark fanno una lunga pausa, n.d.r.) Death Angel! (risate, n.d.r.) 

(M.O.)  True Metal…… direi che secondo me è musica che ti dà energia, potente.

(R.C.)  Sì, ci vogliono chitarre potenti, una batteria potente, un basso cattivo e un cantante con una voce potente.

(M.L.)  Purtroppo il mio tempo per l’intervista è finito, vi ringrazio molto per la disponibilità e per le risate. Ora lasciate pure il messaggio che volete ai lettori di TrueMetal.it!

(M.O.)  Vorrei ringraziare tutti i ragazzi la fuori che ci aspettato per tutti questi anni, ora abbiamo un nuovo album, “The Art of Dying”, che sono sicuro piacerà a tutti i nostri fans. Speriamo di vederci presto in Italia nel corso del nuovo tour.

(R.C.)  Grazie a tutti per il supporto che ci avete dato nel corso degli ultimi concerti che abbiamo suonato qui, Death Angel are back!

 

Senza dubbio l’intervista più divertente che abbia mai fatto, vi assicuro che rendere con le parole l’atmosfera amichevole che si era creata nel corso di questa intervista è impossibile, segno che i Death Angel, oltre ad essere grandi artisti come dimostrato dallo splendido “The Art of Dying”, sono persone che hanno davvero una passione smisurata per quello che fanno.

 Matteo Lavazza