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Derdian (Henry Pistolese)

Di - 6 Settembre 2007 - 0:00
Derdian (Henry Pistolese)

Intervista a cura di Mattia Di Lorenzo

Abbiamo raggiunto telefonicamente Henry Pistolese, il simpatico chitarrista della band milanese Derdian, per discutere un po’ sulla nuova fatica discografica della sua band, “New Era Pt.2: War of the Gods”. La chiacchierata ha permesso anche di mettere a fuoco alcuni problemi e realtà delle band metal emergenti sul suolo italiano. Buona lettura!

Pronto?
Pronto, ciao, sono Henry dei Derdian!

Oh, ciao Henry! Come stai?
Tutto bene grazie. Tu?

Tutto ok, grazie. Senti… iniziamo da una presentazione del vostro gruppo, se ti va. Racconta un po’ al nostro pubblico chi siete, che musica fate… un po’ di queste cose…
Sì, va bene! Dunque, abbiamo iniziato a suonare nel ’98, con un progetto molto diverso da quello attuale. Della formazione attuale c’ero solo io, ho fondato la band col vecchio batterista, Marco. Siamo partiti da un thrash metal abbastanza spinto, facendo cover di band come Overkill, Slayer e Metallica. Poi piano piano ci siamo addolciti, e siamo passati prima all’heavy, poi al genere attuale. Con la formazione di adesso suoniamo più o meno da cinque-sei anni.

Per prima cosa sono arrivate due demo…
Esatto. La prima nel 2000 l’abbiamo prodotta ancora con la vecchia formazione. Nella seconda, del 2002, eravamo già col nucleo attuale. Poi è arrivato il cd, New Era 1 con la Steelheart Records.

Primo album su buoni livelli, poi la Magna Carta. Come siete entrati in contatto?
Guarda, è capitato all’improvviso, non ci pensavamo proprio. Si è fatta sentire direttamente la casa discografica su Myspace, mentre noi, finito il rapporto con la vecchia label, stavamo già organizzandoci per produrlo da soli. Si sono fatti vivi durante le registrazioni, e abbiamo proseguito col loro supporto.

… che ha funzionato molto bene, direi! La produzione è davvero buona, soprattutto considerando che è stato prodotto in Italia; e spesso le produzioni nostrane non sono il massimo…
Tenevamo molto a questo aspetto. Ci siamo rivolti allo studio Moonhouse, dove hanno prodotto alcuni lavori anche i Lacuna Coil. Il fonico era uno esperto e molto bravo, i suoi lavori non hanno mai deluso. Siamo abbastanza soddisfatti anche noi, anche se sotto certi aspetti poteva venire forse anche meglio. Avevamo infatti provato a tornare nel vecchio studio, dove avevamo prodotto il primo album, ma ci sono stati dei problemi organizzativi e abbiamo dovuto cambiare.

Be’, comunque, come dicevo, il risultato mi sembra apprezzabile.
Sì sì, non c’è male. Volevamo suoni molto potenti. Direi che sotto questo aspetto siamo stati accontentati appieno.

Passiamo a parlare direttamente del cd. Come ho scritto nella recensione, mi è piaciuto soprattutto per la sua “semplicità”: le canzoni sono molto melodiche e dirette, restano subito in testa.
Hai proprio centrato il punto. Nella composizione noi guardiamo soprattutto a quello che ci piace, che ci sembra bello. Cerchiamo soprattutto la melodia, una cosa che permetta di riconoscere la canzone appena la si ascolta. Per noi la musica è questo, indipendentemente dal genere che si sta facendo. Il piacere, nella composizione e nell’ascolto, è fondamentale.

Anche se, leggendo qua e là, ho notato che alcuni ritengono il vostro modo di scrivere forse un po’ troppo semplice…
Mah, guarda, io credo che la cosa più importante per un musicista sia la scena live. Se una cosa è molto ricca ok, ma l’importante è che si possa riprodurre dal vivo. Se una canzone si può suonare solo in studio, allora che senso ha?

Giusto, perfettamente d’accordo! Ho visto che scrivi tu insieme al tastierista…
Sì, diciamo che scrive soprattutto lui. Io scrivo qualcosina. Ma comunque gli arrangiamenti li facciamo sempre tutti assieme.

L’album è abbastanza unitario come stile, in effetti.
Lo è proprio perché arrangiamo tutti insieme. Non si pone il problema della differenza di modo di scrivere, cerchiamo sempre di dare a ogni nuova canzone il tipico “stile Derdian”.

Riguardo alle vostre fonti: sicuramente il nome principale è quello dei Rhapsody of Fire. Poi? Dico giusto parlando di Symphony X?
Sì, certo! C’è qualcosa in questo album, e diversi riferimenti soprattutto nel primo.

“Anuby’s Call”? “The Crystal Lake”?
Esatto. E “Back to the Crystal” anche, che riprende il discorso della prima canzone. A noi piace mettere un po’ anche di questo. Ma d’altronde è logico: sono i gruppi che ci piacciono di più; a furia di ascoltarli, gli spunti rimangono nelle canzoni. A volte è una cosa consapevole, altre volte capita così.

Be’, cercare le fonti è un po’ un vizio di noi recensori, in effett.  L’unica nota negativa dell’album, secondo me, è quando il citazionismo diventa “in eccesso”. Soprattutto, talvolta, per quanto riguarda le riprese dei Rhapsody… Voglio dire: voi dimostrate di saper fare uno stile vostro molto bene; dunque perché non eliminare le citazioni troppo evidenti, che per forza di cose declassano il vostro lavoro?
Be’, la band sta facendo un percorso di crescita che porta a una certa evoluzione del modo di scrivere, come tu hai notato. Però quando scriviamo le cose vengono così, in modo naturale. Noi non ci chiedamo mai come “costruire” la canzone, non cerchiamo mai di farla suonare più o meno Rhapsody.

Sì, certo, ci mancherebbe altro! Nessuno può pensare alla composizione di una canzone come una formula chimica…
Assolutamente.

E che cosa ci dici riguardo alle esibizioni live? Avete suonato parecchio a Milano, ho visto. E fuori zona? Qualcosa in programma?
Purtroppo in passato non sono riusciti a fare molto. Il fatto è che i locali sono un po’ “chiusi” nei nostri confronti. Loro preferiscono band che facciano cover di gruppi famosi, come Iron Maiden e Metallica. Le band nuove che propongono pezzi originali vengono sempre un po’ trascurate. Adesso stiamo cercando un’agenzia di booking, che ci apra un po’ la strada per fare dei concerti più lontano, anche in giro per l’Europa..

Quanto conta la casa discografica in questa ricerca?
Moltissimo. Ti dicono tutto loro, danno gli appuntamenti e decidono i tempi. La cosa fondamentale per una band emergente è trovare subito una buona agenzia di booking, appunto, poi puntare sul live. La casa spinge molto in questo senso. Chiaro però che vogliono anche vedere come vanno le vendite…

Ed eccoci a un punto cruciale, su cui vorrei chiederti un tuo parere: in una recente intervista Luca Turilli ha fatto notare come ultimamente, con le possibilità più o meno lecite offerte da internet, si vendano molti meno cd. Ha affermato però che loro, i Rhapsody, recuperano molto dal vivo, visto che adesso, comunque, li conosce molta più gente. Ma una band emergente come fa?
Direi che Luca Turilli ha ragione; il problema della minor vendita di cd però colpisce soprattutto la casa discografica, che basa il business sulla vendita dei dischi. Si può compensare col live, certo. E infatti anche per noi, come ti dicevo, è un aspetto davvero imprescindibile.

Parlando della vostra saga fantasy, una piccola curiosità: il secondo episodio finisce davvero male! Ci sarà un seguito?
Sì, ci stiamo già lavorando.

Derdian: una torre e un regno. Il nome della band è fortemente legato alla storia che avete creato. E quando sarà finita come farete? Non cambierete nome, ovviamente!
No, certo! La saga è un biglietto da visita per la band, il nostro modo di proporci al pubblico. È cominciato tutto una sera: io e Marco, il vecchio batterista, siamo usciti a berci qualcosa una sera con lo scopo di trovare un nome alla band. Il nome è saltato fuori così per caso a un certo punto. Cercavamo qualcosa che suonasse bene, indipendentemente da cosa volesse dire. In effetti il nome Derdian non voleva dire proprio niente, e così ci abbiamo costruito sopra la saga fantasy, per fare in modo che avesse un senso.

Ho notato con piacere che la saga si rispecchia bene nelle canzoni. Si può seguire molto bene il filo logico della storia anche semplicemente ascoltando. E questa è una bella cosa!
Stiamo sempre molto attenti che il singolo episodio della storia sia ben richiamato nei testi delle canzoni. L’importante è che non manchino mai i collegamenti tra i fatti. Un ascoltatore deve poter capire semplicemente leggendo le parole delle canzoni, non deve essere costretto a cercarsi la storia completa. Il concept sul sito è semplicemente un aiuto, un di più per approfondire quei fatti che, per forza di cose, nelle canzoni non si riescono a mettere.

Certo, perché la metrica di una canzone è molto diversa da quella della prosa.
Sì, si è molto vincolati dalle rime, bisogna essere parecchio sintetici, la struttura ti obbliga a dire il meno possibile. È una bella sfida riuscire a dire quello che vuoi in quelle condizioni.

Come avevate fatto nella seconda demo, anche stavolta avete integrato nel cd il video di una delle vostre canzoni, “The Hunter”.
Be’, sì. I mezzi a disposizione per quel video erano quelli che erano, credo si veda…

Sì, vabbè, chiaro! Il fattore economico nei video ha la sua importanza. Io però sono partito dal video per ascoltare il cd, l’ho messo nel computer e vi ho subito visto all’opera. E ho subito avuto un’ottima impressione.
A noi piace molto mettere qualcosa di “visibile” nei nostri lavori. Avremmo anche voluto fare qualcosa di più, come un documentario su come è stato fatto il disco, una specie di “making of”, qualche extra… Ma il tempo a disposizione a quel punto era troppo poco, e ci siamo dovuti accontentare di questo video.

Conta molto il volere dell’etichetta riguardo a queste scelte “estetiche”?
Be’, sì! Le idee vengono da loro, ti consigliano sempre il modo migliore per farti notare. Ma poi la gestione effettiva è compito tuo. E in questo caso le risorse erano davvero poche.

Ti dico, io ho apprezzato molto. Se è vero che la semplicità è una vostra caratteristica, anche il video è all’interno del vostro stile. E comunque, per quanto i mezzi siano pochi, le cose sono fatte comunque in un certo modo. Non si tratta mai di cose fatte male, no di certo!
Eh eh, grazie.

Di nulla, figurati. Dico quello che penso. Senti, concludiamo come da tradizione con un bel messaggio per i fan, presenti e futuri…
Volentieri! Mi piacerebbe dire ai fan di non basare troppo il loro ascolto sulle fonti, su “cosa somiglia” quello che stanno ascoltando: è normale, qualsiasi gruppo ha delle influenze, c’è poco da fare. Quelli che inventano tutto sono davvero pochi: io dico che nell’ascolto ti devi basare su quello che ti piace, senza dire a cosa somiglia troppo, senza fossilizzarti esageratamente. Altrimenti rischi di essere trattto fuori strada, e di perdere l’essenza della musica.

Concordo pienamente. Allora ti ringrazio molto per questa bella chiacchierata, e spero di risentirti molto presto. Di sicuro per il prossimo album!
Grazie molte a te. A presto allora!