Disarmonia Mundi (Ettore Rigotti)
Qualche anno fa si diceva che venissero da Torino le speranze per una scena
metal italiana progredita, specialmente in campo estremo: i Disarmonia Mundi,
che allora esordivano col bel ‘Nebularium’, erano la prima delle promesse da
tenere d’occhio. Di acqua sotto ai ponti ne è passata parecchia, ora la band è
al terzo disco, vanta partecipazioni importanti ma anche una line-up ridotta, e
si trova a livello di suono in una fase forse di transizione, in attesa di
trovare una propria personalità ben definita. Alla band il compito di fare luce
su se stessa.
Ciao ragazzi, prima di tutto vorrei fare un attimo il quadro sulla situazione della vostra line-up: al momento avete in formazione infatti 2 cantanti più Ettore, attivo anch’esso al microfono…una situazione ottimale per voi?
“Direi che la nostra situazione line up è un’ arma a doppio taglio: è sicuramente una situazione ottimale perché in 2 si lavora sicuramente più spediti e con più metodo che in 5 o 6. Il tutto è sempre sotto controllo e non ci si mette una vita a prendere una decisione. Ovvio che i contro ci sono: la mole di lavoro raddoppia e portare il tutto dal vivo vorrebbe dire rivolgersi a turnisti, magari bravissimi, ma che vengono ad eseguire uno spartito per soldi, e la cosa non ci piace molto. Ma se pesiamo il tutto sulla bilancia, forse in 2 si sta più sereni
(Ride, Nda)!”
Non posso esimermi dal chiederti quanto la presenza di ‘Speed’ Strid abbia giovato effettivamente alla band in termini d’immagine: è un grande musicista, ma si rischia forse di farvi passare per un suo “progetto personale”, non credi?
“Indubbiamente ha giovato, sarebbe ipocrita negarlo, però come dici tu questo rischio c’è, soprattutto quando chi ti promuove lo fa sbattendo il nome di Bjorn più grosso di quello della band nelle pubblicità… e ovvio, le labels puntano a promuovere il più possibile con tutte le armi disponibili per far più soldi, ma spesso le cose vengono un po’ distorte e si rischia di poter essere fraintesi o etichettati come appunto il progetto solista dell’ospite di turno.”
Parliamo allora di ‘Mind Tricks’, album che mi sembra evolvere il discorso di ‘Fragments’ su varie linee: sei d’accordo con me?
“Si direi che MT sia il suo naturale successore, ma decisamente più oscuro del precedente.”
Quali credi siano i brani più rappresentativi dell’album e quali, eventualmente, quelli con del potenziale ancora non del tutto espresso?
“Venom Leech e Nihilistic Overdrive penso che siano i pezzi migliori, mentre riguardo al potenziale penso che più o meno tutti i pezzi esprimano quello che devono esprimere, se vuoi semplicemente ci possono essere pezzi più riusciti e altri meno riusciti.”
Quale credi che sia il principale punto di forza dei DM nel 2006?
“Nulla in particolare: non abbiamo un’immagine che ci fa fare soldi e preferiamo vedere il lato più musicale di tutto ciò che ci circonda tralasciando un po’ tutti quei cliché che solitamente ti attribuiscono il nome di metal band. Quindi ti direi che il punto di forza dei DM oggi come oggi è la musica stessa, e sinceramente ne vado molto fiero. Veniamo apprezzati per la musica e non per una ipotetica immagine o per idee politiche, religiose, ecc.”
Tra i tanti complimenti piovuti su di voi si nota la parziale critica dovuta ad una abbastanza spiccata vicinanza al suono scandinavo più moderno…ma immagino che non siate d’accordo con me in questo, o sbaglio?
“Mah, si e no. Facciamo melodic death e di lì non si scappa, e il fatto di abitare entro il confine svedese non
dà il diritto e l’esclusiva su un genere musicale. Poi è ovvio, le influenze ci sono, ma ce ne sono tante altre che molti neanche vedono, fossilizzandosi sulla presenza di Bjorn o su altre cazzate del genere. In ogni caso suoniamo lo stesso genere che va per la maggiore in Svezia, è una passione nata oltre12 anni fa e il fatto che loro siano usciti da tempo, diciamo per primi, è dato soprattutto dalla loro avanzata cultura musicale (e non) e dalla loro organizzazione sociale.”
È – come sembra – la follia il tema centrale dei testi del nuovo album? O una sorta di ‘lato oscuro’ dell’essere umano?
“E’ sempre la follia umana al centro delle nostre tematiche. E’ il più grosso cancro che ci portiamo dietro.”
Parliamo dei suoni: una produzione che più pulita non si può, ma anche ‘autorealizzata’. Credi che il bilancio delle vostre produzioni sinora sia positivo?
“Certo, si può fare sempre meglio, ma non mi lamento affatto. Riuscire a tenere testa alle produzioni svedesi non è facile, ma se ci riesco, magari lo riusciamo a sfatare un pochino questo mito della Svezia?”
Come mai – sempre se si può definire – un allontanamento così netto dalle sonorità quasi progressive del vostro debut ‘Nebularium’, negli ultimi due dischi?
“Non esistono spiegazioni ai nostri percorsi musicali. Semplicemente apprezzo chi ha sempre registrato un disco diverso dall’altro senza tornare sui propri passi, o perlomeno senza riproporre fotocopie di cose già realizzate. I DM sono così: chi lo sa come sarà il prossimo disco? Magari più progressivo, o più incazzato…la cosa certa è che sarà diverso come lo sono stati i suoi predecessori.”
Due album e nessun concerto: quanto desiderate esibirvi dal vivo? Credi che riuscirete a farlo prima o poi, magari con dei turnisti?
“E come ti dicevo il desiderio c’è. Il discorso turnisti ci piace un po’ meno. Quindi stiamo cercando membri volenterosi (detto così suona un po’ strano) da fare entrare nella band. Il problema è trovare 3 persone! Finché è una ce la si può anche fare in tempi brevi, ma 3 è veramente dura. Sicuramente non sarà una cosa che si concretizzerà nell’immediato futuro.”
Qual è ora il vostro obiettivo? Si dice che il 3° album per una band sia fondamentale, vi sentite ad un punto di svolta?
“No al punto di svolta non ci siamo ancora: non dipende solo da noi ma soprattutto da chi ci supporta e promuove. Spero che si concretizzi per il prossimo album!”
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli