Editoriale: i CD costano troppo: il perché, i colpevoli e le possibili soluzioni

Di Keledan - 4 Agosto 2004 - 14:59
Editoriale: i CD costano troppo: il perché, i colpevoli e le possibili soluzioni

Quello del prezzo dei CD è uno degli argomenti più scottanti nel mondo della musica.
Intanto, da anni c’è chi delira sul fatto che è l’IVA la maggiore responsabile del prezzo dei CD:

Palle.

Premesso che per i negozianti e distributori, l’IVA non è un costo, ma ricade solo sul consumatore:
io metto la mano sul fuoco che se, da domani, l’IVA si riducesse al 4%, entro meno di un anno i CD, con IVA 4%, costerebbero quanto costano oggi con IVA 20%.

Chi scommette?

La concorrenza che non c’è

Oltre a conoscere il mercato della musica, conosco quello dell’informatica e dell’elettronica.
Quando un produttore di prodotti informatici non vende, sapete che fa? Abbassa i prezzi.
Non si mette a fare una campagna delirante per la riduzione dell’IVA per coprire le proprie mancanze.

Se nel mercato musicale, al posto della lobby che ci ritroviamo, ci fosse vera concorrenza, i prezzi si abbasserebbero naturalmente. Vi siete mai chiesti perché, per esempio, un forno a microonde di LG, a pari caratteristiche, può costare meno di un Samsung o di un Whirpool?

Perché la concorrenza obbliga a ridurre i prezzi.

Ora, come mai i dischi di qualsiasi label costano uguale?
Semplice, perchè i big fanno lobby, e i piccoli, che potrebbero presentare CD anche a 10-12 euro guadagnandoci, preferiscono equiparare il prezzo a quello dei grandi.

La ripartizione dei prezzi ufficiale SIAE

Comunque recentemente un numero della rivista della SIAE riportava alcuni numeri ufficiali.
Sono dati, questi, che non erano mai stati diffusi ufficialmente. Ecco le percentuali (medie) nascoste sino ad oggi :
– royaltes (cioè le percentuali di artisti e dintorni) 28%
– promozione assortita 15%
– SIAE 10,5%
– costi di registrazione 8%
– stampa 8%
– distribuzione 7,5%
– “residuo” 23%. In quest’ultima voce rientrano le spese generali della casa discografica, la ricerca e i profitti della stessa.

Anche qui una premessa: le royalty per artisti che non siano Britney Spears (artisti?) o Aerosmith sono molto più basse, spesso inferiori al 20%.

Comunque questi dati hanno senso solo se visti nell’ottica del mercato di massa e naturalmente sono meno indicativi per un mercato di nicchia come quello metal.

Il caso della piccola etichetta metal

Un’etichette di piccole dimensioni paga circa 3 Euro, arrotondando per eccesso, per la stampa di un CD con un custodia e booklet di alta qualità. All’artista riconosce al massimo 1,5 Euro a pezzo venduto.
Per eccesso il costo finale è di circa 5 Euro.
Come fa poi questo CD ad arrivare sugli scaffali a 18-20 Euro? Semplicemente per via dei ricarichi dei vari distributori e, infine, dei negozi.

Dire male di questi ultimi è un po’ come sparare sulla Croce Rossa, vista la crisi di vendite nel settore. Ma è proprio in momenti di crisi che bisogna rischiare e tirare fuori le palle. Intanto, nei momenti di grassa, certi negozianti si sono messi da parte abbastanza per campare tutta la vita.

La mia conclusione è che, nel settore metal:

A) Non si fa concorrenza come si dovrebbe
B) Ci si adegua volentieri ai prezzi del mercato di massa
C) La maggior parte degli operatori del settore non ha la minima idea di cosa voglia dire svolgere una pianificazione economica in grande stile.

Ovviamente, la gente che è in grado di portare un’azienda allo sbaraglio della concorrenza, non lavorerà di certo alla promozione della Horror Defecation Label, ma più probabilmente per IBM, Intel o Microsoft.

Vogliamo uno sconto del 20% sui CD?

Già che ci siamo facciamolo del 30%.

Creiamolo così:
10% in meno ai distributori (che spesso svolgono anche attività promozionale)
10% in meno al negozio
10% in meno all’etichetta.

Un CD nuovo che ora costa 20 euro (16,6 + IVA) passerebbe a 14 Euro (11,6 + IVA)
Uno meno recente potrebbero essere venduto tranquillamente a 10 euro (non ci sono più spesa promozionale e varie altre spese)

Il maggiore volume di vendite che se ne genererebbe, andrebbe a coprire, con le quantità, il minor introito al pezzo. Anzi, facendo due più due direi che ci sarebbe una bella spinta al mercato e guadagni maggiori per tutti.

Peccato però che questo non accadrà mai, sapete perché? rileggete i punti A, B e C.

Piccole etichette protestano

Se qualche rappresentante di una piccola etichetta ora mi salta fuori con critiche sui costi di distribuzione e promozione, ecco i consigli:

A) Siamo nel 2004, esiste Internet. Apritevi un E-Commerce online e vendetevi i prodotti da soli. Ve la cavate con un investimento di 2-3000 euro e con le vendite dirette ammortizzerete i costi di distribuzione, che comunque userete per raggiungere anche chi non usa Internet o non compra per corrispondenza.
B) Se i promoter veri e propri vi costano troppo, armatevi di buste e francobolli e spedite a tutte le fanzine, webzine e testate d’Europa. Costa molto, ma comunque molto meno di quanto produce.

Conclusioni

Smettiamola con questo delirio dell’IVA. Finché i prezzi non si abbasseranno, il mercato rimarrà in crisi.
Mettetevelo nella zucca. ™

Invito i rappresentanti di etichette e distributori a inserire i propri commenti. Ma vi avviso, non è contro di me che dovrete combattere, ma contro la diffidenza dei lettori che vi risponderanno.