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Ephrat (Omer Ephrat)

Di Angelo D'Acunto - 27 Ottobre 2008 - 3:38
Ephrat (Omer Ephrat)

Lo stato d’Israele non è solamente la patria degli Orphaned Land, lo hanno già
dimostrato gli Amaseffer con l’ottimo
Slaves For
Life
, lo confermano gli Ephrat con
No One’s Words. Abbiamo raggiunto Omer
Ephrat, la mente che si nasconde dietro a questo progetto, per saperne di
più su questa nuova e interessante proposta. Buona lettura.

Ciao Omer e benvenuto sulle pagine di TrueMetal.it. Che ne dici di presentare
il progetto Ephrat ai nostri lettori?

Il progetto nasce inizialmente come one-man ban. I primi tempi mi sono occupato
sia della fase di composizione e registrazione dei pezzi prendendomi carico di
suonare tutti gli strumenti. Successivamente ho pensato bene di cercare alcuni
componenti per formare una vera e propria band, in modo da poter proporre la mia
musica anche dal vivo. Li ho trovati e la line up attuale della band attualmente
è composta da Lior Seker alla voce, Gili Rosenberg al basso, Tomer Z (già membro
dei Blackfield) alla batteria e dal sottoscritto alla chitarra e,
occasionalmente, impegnato anche con flauto e tastiere.

Parliamo del nuovo album: che significato si cela dietro al titolo “No One’s
Words”?

Tutti i pezzi presenti nel disco ruotano attorno ad un unico concept. La storia
riguarda una serie di personaggi, i quali hanno tutti in comune un qualche tipo
di situazione difficile nella loro vita , ritrovandosi a scrivere una lettera
immaginaria che non finirà mai a nessuno.


Quanto tempo hai speso per la composizione delle tracce di questo disco?

Circa quattro mesi. Avevo già in mente l’idea della storia da scrivere, mancava
solo il modo di riuscire a collegare i vari brani tra loro in modo da farli
ruotare intorno ad essa.

In questi quattro mesi hai anche completato la registrazione di tutte le parti
strumentali?

No no, per la registrazione delle parti strumentali ho dovuto attendere circa
due anni. Inizialmente, nelle prime versioni demo, mi sono preso carico di
suonare tutti gli strumento, successivamente, dopo aver trovato tutti gli altri
componenti, ho lasciato loro la libertà di esprimersi sulle idee che avevo già
formulato.

C’è una traccia che preferisci di più rispetto a tutte le altre?

Se dovessi sceglierne solo una, direi Blocked per il semplice fatto che mi
diverte tantissimo suonarla dal vivo. Per il resto sono soddisfatto di com’è
uscito fuori l’intero album.

Il disco è stato mixato da Steven Wilson in persona, come sei arrivato a
collaborare con lui?

Ho provato a spedire una mail a Steven nella quale allegavo alcuni sample
registrati, chiedendogli se avesse voglia di partecipare alla produzione del
disco che avevo in mente. In verità, conoscendo i suoi innumerevoli impegni, mi
sarei aspettato una risposta negativa, invece ha apprezzato
moltissimo la mia proposta musicale e ha deciso di accettare. È stato
emozionante sapere che un personaggio di questo calibro si sarebbe occupato di mixare le tracce del mio disco d’esordio.

E per quanto riguarda i due special guest presenti, come ti sei messo in
contatto con loro?

I due special guest presenti sono Daniel Gildenlöw (Pain Of Salvation) e
Petronella Nettermalm (Paatos). Sono riuscito a contattare entrambi con l’aiuto
dell’InsideOut Music. Daniel ha offerto la sua voce per il brano The Sum Of
Damage Done, mentre Petronella canta su Haze. Entrambi hanno collaborato alla
stesura dei testi per questi due pezzi (sono infatti citati fra gli autori) e devo dire che è stata veramente una
bellissima esperienza lavorare con artisti di questo calibro.

Che reazioni ti aspetti da parte del pubblico e della critica?

Guarda, non ne ho idea sinceramente. Spero che riesca a ricevere consensi un po’
in tutta Europa. L’aver il nome di una label importante come l’InsideOut Music
stampato sul retro del disco,
dovrebbe dargli la visibilità necessaria per essere notato da una buona
parte degli ascoltatori di questo genere.


Sei soddisfatto per il lavoro di promozione dell’InsideOut Music?

Sì, sono più che soddisfatto. Vivo in Israele, un paese dove per un gruppo
risulta essere veramente difficile farsi notare in Europa, specialmente per
quanto riguarda questo genere musicale. L’InsideOut sta facendo un grandissimo lavoro,
devo tantissimo a tutti i ragazzi dello staff di questa fantastica label.

Legandomi al discorso del genere, come definiresti la musica che suoni?

Un misto fra Porcupine Tree e Dream Theater, con in più l’aggiunta di elementi
folkloristici del mio paese? Potrebbe funzionare, fa molto figo (ride, ndr).
Scherzi a parte, mi basta definirlo semplicemente progressive rock/metal con qualche
contaminazione di carattere etnico.

Israele è anche la patria di gruppi come Amaseffer (anche loro su InsideOut
Music) e i più rinomati Orphaned Land. Ti va di spendere qualche parola su di
loro?

Gli Orphaned Land sono un grandissimo gruppo che ho sempre seguito sin da gli
esordi, credo che siano i massimi rappresentanti del metal israeliano. Per
quanto riguarda gli Amaseffer, in verità non li conosco moltissimo, però ho
ascoltato il loro disco e devo dire che hanno un sound molto originale e
affascinante, sono sicuro che anche loro avranno il successo che meritano fra
qualche anno.

Vuoi parlarmi di quella che è stata la tua formazione artistica come musicista?

Ho cominciato con la musica classica, specializzandomi negli strumenti di
pianoforte, flauto e clarinetto. Successivamente mi sono avvicinato al mondo del
metal più classico e del progressive tramite i gruppi storici di entrambi i
generi, per poi cominciare a suonare anche la chitarra. Se devo citare qualche
band in particolare, direi i Metallica, è grazie all’album Master Of Puppets se
mi sono avvicinato al mondo dell’heavy metal.

Siamo giunti alla conclusione. A te l’onore dei saluti finali.

Grazie per l’interessamento, per il supporto e per questa intervista, spero che
No One’s Words riesca ad essere apprezzato anche nel tuo paese.

Angelo ‘KK’ D’Acunto