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Epica (Simone Simons)

Di - 7 Settembre 2007 - 14:15
Epica (Simone Simons)

In vista dell’imminente uscita del loro nuovo album, The Divine Conspiracy, siamo stati raggiunti telefonicamente da Simone Simons, avvenente e dotata voce degli olandesi Epica. L’intervista mi ha permesso di conoscere una cantante che, seppur stanca per la lunga giornata promozionale, si è dimostrata estremamente disponibile per una chiacchierata a 360°. Buona lettura.

Intervista a cura di Marco Ferrari e Gaetano Loffredo

Ciao Simone, innanzitutto voglio darti il benvenuto su www.truemetal.it, è un vero piacere poter scambiare quattro chiacchiere sul vostro atteso ritorno: “The Divine Conspiracy”.

Grazie a te per il benvenuto, è sempre piacevole poter parlare del nostro nuovo lavoro e soprattutto sono sempre molto ansiosa di sentire i primi responsi dopo mesi di duro lavoro: finalmente arriva il verdetto.

Beh allora inizio subito col dirti che trovo “The Divine Conspiracy” un ottimo lavoro, si tratta senza dubbio di uno dei vostri migliori album e per certi aspetti è veramente sorprendente.

Che bella notizia! Grazie per i complimenti, mi fanno veramente piacere.

Partirei subito col dirti che purtroppo non ho avuto modo di leggerne i testi ma, ascoltando “The Divine Conspiracy”, ho avuto la netta sensazione che si tratti di un concept album. Puoi introdurci brevemente la storia che raccontate attraverso i tredici brani?

Innanzitutto ti confermo che si tratta di un concept album. La storia narra della nascita delle diversi religioni ad opera di un unico Dio al fine di permettere a chiunque di identificarsi nella credenza che sente più vicina al suo animo, ma gli uomini questo non lo hanno capito e non rispettano la libertà altrui. Quello che vogliamo trasmettere è un messaggio di amore e rispetto tra le persone  che aiuti a superare le diversità e a capire che il bene che ricerchiamo è il medesimo.

Un messaggio molto profondo e decisamente adatto ai tempi che corrono, si tratta di un’epica risposta ai drammi di cui quotidianamente sentiamo parlare.

Assolutamente, cerchiamo se non altro di dare un messaggio di speranza, vogliamo che la gente si fermi  un minuto a riflettere sul mondo che ci circonda.

La prima cosa che mi ha sorpreso è il suono molto più heavy, ricco anche di parti di chiara matrice estrema. Come mai questa scelta?

Cerchiamo sempre di crescere e di proporre qualcosa di nuovo e quando Mark ha iniziato la fase di songwriting abbiamo concordato con lui nel ricercare un sound più duro e compatto. In questo disco, come ti ho detto, portiamo in scena una storia drammatica e volevamo che questa drammaticità fosse trasmessa attraverso la nostra musica. Anche la produzione è cambiata, soprattutto il suono delle chitarre, molto  diverso rispetto ai nostri precedenti lavori.

A proposito di produzione e di suoni, ho notato che quelli di chitarra e batteria sono molto simili a quelli dei Kamelot….

La risposta è semplice, ma complimenti per aver notato questo particolare: ci siamo affidati allo stesso produttore.

Tornando alla scelta stilistica dell’album: ho apprezzato questo vostro indurimento dei suoni ma non hai paura che i vostri fans possano rimanere spiazzati da una scelta così drastica?

Mi sembra che la nostra scelta sia stata apprezzata dai fans, nei recenti concerti abbiamo proposto alcuni pezzi in anteprima e la risposta da parte del pubblico mi è sembrata molto positiva. Sono molto fiduciosa riguardo ai nostri fans storici ma anche e soprattutto nei confronti di coloro che si avvicinano per la prima volta agli Epica.

Un’altra caratteristica dell’album è la presenza massiccia dell’orchestra che aiuta a creare una certa suggestione. Avete avuto a disposizione un’orchestra vera o è il frutto di un impegnativo lavoro in studio?

Sono sincera, mi sarebbe piaciuto dirti che si tratta di una vera orchestra e raccontarti tutti i retroscena delle registrazioni, ma si tratta di un incredibile lavoro al computer.

Non credi che una tale componente sinfonica possa essere un vincolo impegnativo in sede live?

Decisamente. Non sai quante volte abbiamo provato in studio le nuove canzoni prima di cominciare  a suonarle dal vivo e solo dopo averle portate on stage  una decina di volte siamo riusciti a riproporle come volevamo. Vista la complessità del nuovo sound ci aspetterà un lungo lavoro in sala prove questa estate per riuscire a preparare al meglio il tour di supporto a “The Divine Conspiracy”.

Trovo l’album ricco di influenze: un mix della teatralità dei Kamelot e la magnificenza orchestrale dei Rhapsody Of Fire avvolto comunque dal trademark che vi riconosciamo. Cosa ne pensi?

Direi che hai ragione, il gusto per le orchestrazioni ed il sound tipico dei Kamelot sono senza dubbio ben presenti, almeno così ci siamo staccati dalle stereotipo che ci voleva band clone dei Within Temptation e dei Nigthwish. Sono molto soddisfatta del risultato perché è una chiara dimostrazione di quanto siamo cresciuti negli ultimi anni anche grazie alle numerose collaborazioni alle quali abbiamo preso parte. Siamo anche cresciuti come artisti, sia tecnicamente che in fase di songwriting e credo che questo ci abbia aiutato a trovare una precisa identità.

Parlando proprio dei Kamelot, la prima volta che ho avuto la possibilità di vedervi all’opera on stage è stato proprio durante il tour in cui avete accompagnato la band di Khan e Youngblood. Cosa puoi raccontarmi di quella lunga esperienza?

E’ stata un’esperienza molto importante, sia a livello umano che professionale. Musicalmente parlando è stato incredibile seguire così da vicino dei musicisti affermati in tutto il mondo come loro ed ogni volta che salivo sul palco per cantare “The Haunting” ero incredibilmente emozionata: speravo sempre di essere all’altezza e di non rovinare una hit così famosa. Oltretutto sono veramente bravi in sede live e speriamo di aver rubato loro qualche utile segreto. L’esperienza è stata molto bella anche a livello personale perché ho potuto intraprendere un tour insieme al mio fidanzato che è appunto il tastierista dei Kamelot (Oliver Palotai, ndr).

Ecco, non so come mai, ma di colpo mi sento un po’ triste (risata generale). Quindi possiamo affermare che i Kamelot sono per te una seconda famiglia.

Assolutamente, è proprio così.

Tornando a parlare dell’album, quali pensi siano i pezzi più rappresentativi?

Sicuramente “Fools Of Damnation”, “Chasing The Dragon” e “The Obsessive Devotion”, però sono curiosa di conoscere le tue preferite…

Ora mi metti in difficoltà, personalmente ti avrei detto “Menace of Vanity”, “Beyond Belief” e “Safeguard To Paradise”, è evidente che non abbiamo proprio gli stessi gusti (risata generale).

Ma io sono contenta della tua risposta, conferma quanto ti ho detto in precedenza: è un lavoro vario che soddisfa un po’ tutti i palati.

Non posso che concordare e mi permetto di aggiungere che comunque tutte le canzoni sono di ottima fattura e ricche di suggestioni, mi puoi raccontare come è andata la fase di songwriting e come è cresciuto l’album nel suo complesso?

Come sempre il songwriting è stato seguito principalmente da Mark in collaborazione con Coen Janssen  con il quale ha steso le linee melodiche. Il tutto è stato supervisionato da Sasha (Paeth, ndr), Miro ed Amanda: un lavoro veramente meticoloso ed interminabile. Poi ho preparato le mie linee vocali mentre per i testi, essendo un concept album, io e Mark abbiamo fatto lavoro di squadra. Devo proprio dire che ognuno ha fatto la sua parte e ha messo nell’album tutta la propria passione: colgo l’occasione per ringraziare la band per essersi impegnata al massimo.

Un’altra grande curiosità è legata al significato della copertina di “The Divine Conspiracy”, può spiegarci cosa rappresenta?

Quando nasciamo siamo nudi ed innocenti però, crescendo, perdiamo la nostra naturale purezza commettendo degli errori e delle scelte sbagliate che ci segnano: questo è il significato dei tatuaggi. Vuole anche essere un’immagine di Eva, del suo divenire mortale e del suo mutamento nel corso della  vita.

Molto interessante la tua risposta. Mi sorge una curiosità: non è stato imbarazzante posare per la foto?

Ora ovviamente non mi crederai se ti dico che sono una ragazza molto timida (risata generale), ma ti assicuro che è così: inizialmente ero molto imbarazzata e sfruttavo ogni piccola pausa per ricoprirmi, poi grazie alla professionalità del fotografo e la presenza confortante di Oliver (il fidanzato, ndr) mi sono sciolta a tal punto che alla fine della sessione saltellavo per lo studio. Però a ripensarci non so se ripeterò l’esperienza.

Hai distrutto definitivamente il mio entusiasmo….

Beh allora non ci resta che aspettare e vedere cosa riserva il futuro (risata generale).

Ora se non ti dispiace vorrei parlare dei progetti futuri degli Epica, ripeterete l’esperienza di “The Score”?

Sicuramente, ma bisognerà aspettare qualche anno prima di pensare nuovamente a quel tipo di progetto: la nostra label (Nuclear Blast, ndr) ha espresso il desiderio di far uscire nel frattempo altri dischi targati Epica prima di ripetere “The Score”.

E per quanto riguarda i tuoi di progetti futuri? Sono molto interessato dalla tua partecipazione sul nuovo lavoro di Arjen Lucassen.

E’ stata un’esperienza incredibile, abbiamo registrato le mie parti vocali due settimane fa. E’ stato quasi un sogno per me trovarmi  in studio con Arjen, un artista incredibile che ho sempre amato:  trovo che “The Human Equation” sia un vero capolavoro.

Il prossimo novembre tornerete finalmente in Italia con i Sonata Arctica, puoi darci qualche anticipazione su ciò che attende i vostri fans?

Avremo un set ridotto a circa cinquanta minuti che saranno incentrati sul nuovo materiale, senza però dimenticarci dei pezzi più amati dal nostro pubblico. Oltretutto ricordo molto bene le due date che in passato abbiamo fatto a Milano: la prima di supporto ai Kamelot mentre la seconda da haeadliner al Transilvania: due bellissimi ricordi, ho proprio voglia di sentire di nuovo  il calore del pubblico italiano.

Ora volevo farti un domanda un po’ particolare: il mondo del metal è strettamente maschilista e spesso ci troviamo a parlare della vita delle rock, dei loro eccessi e dei loro vizi. Puoi raccontarci la vita on the road vista e vissuta da una ragazza di 22 anni?

Allora prima di tutto la cosa che faccio più spesso in tour è dormire, sia perché è una cosa che adoro, ma soprattutto perché è una fondamentale regola per poter salire sul palco al massimo della forma. Quando sei in tour le giornate sono molto impegnative e tra soundceck e impegni promozionali arriva subito l’ora di salire sul palco. Nei ritagli di tempo amo visitare le città che tocchiamo durante il tour, passeggiare per le vie del centro, fare un po’ di shopping e assaggiare la cucina locale. Per il resto siamo un gruppo molto unito ed ogni occasione è buona per divertirci senza mai essere invadenti: quando non sono di buon umore, o più semplicemente ho bisogno di relax, magari rimango sul bus e mi guardo un bel film.

Ora voglio chiudere con una domanda cattivella alla quale ti prego di rispondere sinceramente: quanto pensi sia importante la tua bellezza in termini di seguito per gli Epica?

Beh intanto grazie  per il complimento. Non vorrei apparirti politicamente corretta, ma il cantante ha da sempre, uomo o donna che sia, un’importanza che va oltre le sue doti vocali: è l’immagine del gruppo ed è per questo che amo presentarmi sul palco al meglio, per riuscire ad offrire uno show completo sotto tutti i punti di vista, sia musicali che visivi. Trovo che sia una cosa molto importante, prendi ad esempio Khan, il suo atteggiamento sul palco, il suo look, fanno parte dello spettacolo. Poi per quando mi riguarda ci tengo particolarmente ad essere carina, però non dimenticare che oltre ad essere una cantante  sono soprattutto  una ragazza (risate generale).

Bene Simone, per me è tutto e vorrei lasciare a te l’ultima parola…

Innanzi tutto ringrazio te e tutti i fans italiani per il vostro costante supporto e per l’affetto che ci avete  sempre dimostrato quando abbiamo suonato nel vostro bellissimo paese. Spero che il nostro nuovo album vi piaccia e vi do appuntamento a novembre. Ciao (in italiano, ndr).