Evergrey (Henrik Danhage)
Tornati da poco sul mercato con l’ottimo
Torn, il settimo full-length
all’attivo, gli Evergrey sembrano aver trovato finalmente il modo di
stabilizzare una carriera vissuta sempre fra alti e bassi. Abbiamo scambiato
qualche parola con il chitarrista Henrik Danhage per saperne di più su questa
nuova fatica del combo svedese. Buona lettura.
Parliamo subito del nuovo lavoro: Torn racchiude un concept al suo interno?
Puoi parlarmi di quelli che sono i suoi contenuti?
Al contrario del precedente lavoro, Torn non racchiude un concept al suo
interno. Per quanto riguarda i contenuti, com’è ormai tipico degli Evergrey, i
testi sono come sempre incentrati su tematiche puramente dark. Ogni pezzo si
riferisce a storie di vita reale, concentrandosi sopratutto su una visione
negativa della nostra esistenza, lasciando sempre lo sguardo fisso su sentimenti
di tristezza e solitudine.
Possiamo considerarlo come un passo in avanti rispetto al precedente Monday
Morning Apocalypse?
Segue sicuramente la scia tracciata con il disco precedente. Come era successo
con Monday Morning Apocalypse, anche con Torn ci siamo concentrati sopratutto
sulla semplicità e l’immediatezza dei brani. In questo nuovo album abbiamo
deciso di indurire ancora di più il suono delle chitarre senza però tralasciare
la componente melodica. Certamente non posso dire che questo nuovo disco sia
superiore rispetto al precedente, però siamo sicuri di aver fatto del nostro
meglio per dare alla luce un lavoro facilmente assimilabile sin dal primo
ascolto.
Durante l’ascolto ho avuto esattamente questa impressione; il disco scorre via
con facilità e senza mai annoiare. L’unica difficoltà che ho avuto è stata
nell’individuare alcuni pezzi più degni di nota rispetto a tutti gli altri
presenti in tracklist. Secondo te ci sono dei brani che meritano maggiore
attenzione se messi a confronto con altri?
Mi fa piacere il fatto che tu non abbia trovato alcuna difficoltà ad arrivare
fino in fondo. Per quanto riguarda i pezzi, non ho alcuna preferenza, sono tutti
sullo stesso e identico livello. Se dovessi citarne per forza uno, direi Fail:
il refrain contenuto al suo interno è semplice e allo stesso tempo emozionante
come pochi.
La cover dell’album è veramente affascinante. Che cosa rappresenta?
L’artwork è ad opera di Mattias Noren, il quale ha lavorato anche per le
copertine degli album precedenti. È sicuramente fra i migliori lavori da lui
realizzati ed è una raffigurazione di carattere decisamente epico.
Solitamente, come nasce un pezzo degli Evergrey?
Un pezzo degli Evergrey viene sempre registrato inizialmente sul computer.
Appena uno di noi ha un’idea che potrebbe essere buona, registra il tutto al
volo sul PC e poi, successivamente, propone il materiale al resto della band.
Ovviamente queste che registriamo sono solo dei piccoli campioni che serviranno
a comporre quelle che sono le restanti parti del brano e questa seconda
operazione nella maggior parte dei casi vede la partecipazione di tutti i
componenti del gruppo.
Come avete reagito al successo riscosso con la release del DVD A Night To
Remember?
È stata una grandissima soddisfazione. Ci siamo ritrovati a concorrere per un premio importante in Svezia nella categoria “miglior DVD musicale”. In mezzo a tanti gruppi storici, eravamo l’unica band metal
presente fra le nomination e ci è bastato solo essere lì presenti. Per il
resto, ci siamo divertiti tantissimo ed è stato un grande onore conoscere così
tanti nomi importanti dell’ambiente musicale. Insomma, queste soddisfazioni non
possono essere altro che uno stimolo in più per andare avanti e siamo fieri di
essere riusciti ad arrivare a questi livelli.
Come mai avete lasciato l’InsideOut Music? Ci sono stati alcuni problemi con loro?
Nessun problema. La InsideOut è una grandissima label, forse fra le più
efficienti del settore ed è solo merito loro se abbiamo riscosso tutto questo
successo in Europa. Insomma, con loro eravamo semplicemente in scadenza di
contratto e avevamo altre etichette che ci volevano a tutti costi. Abbiamo
riflettuto e preso in considerazione tutte le offerte che ci erano state
rivolte, per poi decidere che quella della Steamhammer era sicuramente la più
vantaggiosa per noi.
Legandomi al discorso del successo: molti gruppi emergenti citano gli Evergrey fra le loro
influenze musicali, come vi sentite di
fronte a tutti questi apprezzamenti?
Non possiamo che sentirci fieri di noi stessi e di tutto quello che siamo
riusciti a realizzare durante questi anni di carriera. Sapere che ci sono gruppi
che si ispirano al nostro sound è la prova che siamo riusciti a lasciare un
segno nell’ambiente musicale odierno.
Come definiresti il genere musicale che suoni?
Non abbiamo mai preteso di auto-definire il nostro stile musicale. Dark, Power,
Heavy? Alla fine questo conta veramente pochissimo.
Molti vi etichettano anche come progressive…
No, se c’è uno stile musicale che non ci appartiene, posso dire che è
sicuramente il progressive. Forse alcune soluzioni articolate utilizzate nei
primi album possono trarre in inganno più di un ascoltatore, ma fidati, noi non
apparteniamo a quel filone. Ultimamente la gente tende troppo a classificare
come prog tutti quei generi che non possono essere catalogati in altri modi.
Per quanto riguarda il tuo background musicale, quali gruppi hanno
influenzato maggiormente la tua carriera artistica?
Fra i gruppi che mi hanno influenzato maggiormente citerei i Kiss, Mr. Big. Poi
sono un grande amante dei gruppi anni ’70, primi su tutti i Pink Floyd ed è
sopratutto grazie a loro se ho cominciato ad avvicinarmi alla chitarra
elettrica. Inoltre sono un grandissimo amante delle metal band giapponesi.
Bene Henrik, siamo giunti alla conclusione. Ti ringrazio per la disponibilità
e lascio a te l’onore dei saluti finali.
Grazie a te, Angelo, per questa intervista. Spero che anche i sostenitori
italiani apprezzino il nostro ultimo album e chissà, prima o poi riusciremo a tornare
lì da voi, magari con uno show in qualità di headliner.
Angelo ‘KK’ D’Acunto