Thrash

Eversin (Ignazio Nicastro e Giangabriele Lo Pilato)

Di Alessandro Calvi - 14 Ottobre 2015 - 9:30
Eversin (Ignazio Nicastro e Giangabriele Lo Pilato)

Il tre è considerato dagli alchimisti il “numero perfetto” e sembra esserci qualcosa di vero in questo, perché “Trinity – The Annihilation” è quanto di meglio sfornato fino ad oggi dagli Eversin. Un disco devastante per potenza e assolutamente di primissima qualità per quanto riguarda il songwriting, tanto da meritarsi un posto di rilievo tra le uscite del panorama thrash di questa annata.

Abbiamo intervistato Ignazio Nicastro e Giangabriele Lo Pilato, rispettivamente bassista e chitarrista del gruppo, per approfondire il discorso su questo disco e, soprattutto, su ciò che vi sta dietro e attorno, nonché sui progetti futuri della band.

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Alex: Ciao, inizio subito in medias-res. Già con il precedente “Tears on the Face of God” il tema della guerra aveva fatto capolino tra i testi delle vostre canzoni, ora, addirittura, diventa assolutamente esplicito con il titolo che si riferisce al primo esperimento di detonazione di una testata nucleare. Come mai questo ritorno su tematiche simili?

Ignazio Nicastro: A differenza di quanto trattato in TOTFOG, cioè la seconda guerra mondiale , stavolta ho voluto focalizzare l’attenzione su un qualcosa di più moderno, cronologicamente parlando, ma di assolutamente letale, forse anche più della guerra stessa. Non mi sono soffermato però sulla mera creazione dell’ordigno, ciò che mi ha ispirato nello scrivere i testi è stata l’idea di distruzione che sta alla base della costruzione di un qualcosa di così letale. Se ci pensi, è un totale abominio. L’uomo che crea un qualcosa che potenzialmente potrebbe annientare l’umanità. L’uomo che si arroga il diritto di vita e di morte della sua specie, un uomo che si autopromuove a Dio, un dio nucleare. 

Alex: Pensate ci potranno essere altri capitoli dedicati, quasi come dei concept album, alla guerra o pensate di aver esaurito quello che volevate dire sull’argomento?

I: Penso che gli spunti interessanti non manchino per nulla, basta accendere un qualsiasi TG per avere tonnellate di materiale da usare per dei buoni testi. Non penso che tornerò più sull’argomento guerra o affini. Adesso è tempo di spostare l’attenzione su di un qualcosa di molto più grande.

Alex: Una delle cose che spicca maggiormente all’orecchio durante l’ascolto di “Trinity – the Annihilation”, anche a confronto con il vostro ultimo album, è la compattezza del songwriting. Sembra come se, improvvisamente, tutti i tasselli fossero andati al posto giusto da soli e questo avesse segnato una svolta definitiva nel vostro sound. Qualcosa, però, mi dice che non c’è stato nulla di improvviso o di automatico, ma che dietro c’è stato tanto, tanto lavoro.

Giangabriele Lo Pilato: Dietro la composizione dei brani di Trinity : the Annihilation c’è un lavoro davvero maniacale. Abbiamo lavorato come dei forsennati per arrivare al risultato che puoi ascoltare, e considera che il tempo a nostra disposizione scarseggiava. Avevamo una dead line  da rispettare quindi la pressione e l’ansia in fase di composizione non sono mancate. Abbiamo lavorato molto bene ed oggi possiamo davvero essere più che soddisfatti di quanto abbiamo ottenuto. Non avevamo intenzione di copiare quanto fatto con TOTFOG, ma sapevamo bene che quest’ultimo era un ottimo disco e che non sarebbe stato facile superarlo. La cosa ha davvero richiesto molto impegno.

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Alex: Tanto, tanto lavoro, che ha avuto, però, anche il merito di portarvi a collaborare con due nomi come James Rivera e Glen Alvelais. Personalmente mi sarebbero tremati i polsi all’idea di fare un disco con loro, voi come avete affrontato il tutto?

I: Guarda, James e Glen sono due persone tranquillissime e due professionisti davvero in gamba. Abbiamo chiacchierato un po’ su come affrontare i brani in questione, poi dopo averglieli inviati, si son messi al lavoro. Hanno apprezzato molto la nostra musica e devo ammettere che entrambi hanno svolto un lavoro eccelso. All’inizio non sapevamo come porci con queste due leggende del Metal, ma fortunatamente la qualità dei brani ha facilitato molto le cose… Penso che nessuno di loro avrebbe accettato di collaborare se i pezzi non fossero stati all’altezza.

Alex: Nomi storici del metal mondiale non hanno problemi a collaborare con un gruppo italiano, quando quest’ultimo sforna musica di qualità come nel vostro caso. Dovrebbe essere un viatico più che sufficiente per ottenere visibilità, eppure nell’ascoltatore medio permane una esterofilia difficile da estirpare che porta sempre a vedere l’erba del vicino più verde. Credete che si potrà mai ovviare a questa forma-mentis?

G: Non penso proprio caro Alex. L’esterofilia altro non è che la fase ultima di un male ancora peggiore, cioè l’invidia. Le band italiane vivono di invidia reciproca, non conoscono il supporto. Se la band X riesce ad arrivare ad un buon risultato riesce solo perché paga o perché è raccomandata. E’ questa la motivazione che il buon 90% degli ascoltatori o musicisti Metal italiani riesce a trovare. Nessuno mai pensa che magari è riuscita perché vale. E’ troppo difficile ammettere che qualcuno vale di più e quindi per ripicca ci si rivolge altrove, all’estero appunto.

Alex: Sempre rimanendo in tema di uscite italiane, negli ultimi anni la scena siciliana si è fatta sempre più nutrita e di qualità. E’ qualcosa nell’aria o in quello che mangiate, che fa la differenza?

I: Beh posso dirti che qui si mangia davvero alla grande e che probabilmente il presentarsi alle prove ben rimpinzati giova molto. Ahahahah.

Alex: Con il passare del tempo avete sempre più evoluto ed affinato il vostro sound, non siete mai stati un gruppo derivativo che si limitava a scimmiottare quanto fatto da altri. Qui e là, però, si riesce a percepire quali potrebbero essere i vostri gruppi preferiti (anche se forse basterebbe vedere chi avete scelto per la collaborazione, per capirlo 😀 ). In che modo queste band hanno influenzato la vostra crescita e la vostra scelta di cambiare radicalmente genere, dai Fvoco Fatvo agli Eversin?

G: Sai, non è facile riuscire ad essere una band riconoscibile e non derivativa. Avere una propria personalità è davvero molto difficile e purtroppo sempre più band decidono di rinunciare alla cosa mascherando la mancanza di idee e di personalità con i tributi al passato e cazzatine varie.  I Fvoco Fatvo, con tutti i loro limiti, erano già un chiaro esempio di come quattro giovani musicisti avevano deciso di creare un qualcosa di unico e riconoscibile. Per un po’ ci siamo anche riusciti, poi resoci conto che la cosa non avrebbe funzionato più abbiamo deciso di fermarci.  Gli EVERSIN sono una band diversa rispetto ai FF, ma la voglia e la volontà di avere una personalità ben definita è sempre viva e vegeta. Siamo una band Thrash e le nostre radici affondano in questo genere, ma mai ci beccherete a tributare onori a destra e a manca, non è nostro costume. Noi suoniamo la nostra musica e non la musica altrui spacciata per nostra. Molta gente non ci ama perché vorrebbe da noi la solita minestra riscaldata, perché non ha intenzione di ascoltare ma solo di sentire. Posso solo dire che rinunciamo a questo tipo di ascoltatori molto volentieri.

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Alex: I grandi gruppi, ormai lo sappiamo, purtroppo tendono a snobbare non solo il sud, ma addirittura anche il centro Italia, limitandosi spesso a rapide escursioni giusto a Milano, già più raramente fino a Bologna. Il più delle volte la colpa viene data alla forma della nostra penisola, che penalizzerebbe gli spostamenti costringendo a fare 2 volte la stessa strada: prima per scendere e poi per tornare indietro, mentre rimanendo a nord si può proseguire direttamente verso la successiva meta. Quanto è difficile per un gruppo del sud, invece, fare il percorso opposto per suonare nel nord Italia o nel nord Europa?

I: Molto difficile ma lo si fa con tutto il cuore e con tutta la voglia possibile. Siamo una band che ama stare sul palco, e compatibilmente agli impegni lavorativi e familiari, è quella la dimensione che preferiamo. Quindi se ci sono sacrifici da fare si fanno con piacere.

Alex: Dove avremo l’opportunità e il piacere di vedervi esibire dal vivo nei prossimi mesi?

G: Stiamo pianificando delle date ed abbiamo già ricevuto delle conferme. Al momento non posso anticipare nulla, ma posso dire che non staremo assolutamente fermi.

Alex: E parlando di 2016, viene naturale domandarvi quali siano i vostri progetti futuri. Quanto dovremo aspettare per il successore di “Trinity – the Annihilation”? Avete già qualcosa in mente, come riff e/o tematiche, o il tutto verrà quando sarà il momento e l’ispirazione sarà matura?

I: Per il successore di “Trinity – the Annihilation” bisognerà attendere fino al 2017 inoltrato. Al momento sono stati già abbozzati due – tre brani e posso dire che suonano dannatamente bene. Non sarà facile superare “Trinity – the Annihilation”, così come non è stato facile superare TOTFOG, ma ci riusciremo. Che dirti, al momento ascoltiamo tantissimo i Meshuggah, chissà  che la cosa non possa influire sulle composizione future degli Eversin…ahahaha.

Alex: E’ stato un piacere parlare con voi. Vi lascio l’ultima parola, se volete lanciare un messaggio ai nostri lettori.

I: Grazie mille per il grande supporto che True Metal ci ha dato negli anni. E’ un supporto prezioso. Grazie a te Alex per le belle parole che hai speso per “Trinity – the Annihilation” e per questa simpatica chiacchierata. Un saluto a tutti i vostri lettori. A presto.

G: Grazie Alex, grazie a tutto lo staff di True Metal. Stay Metal.

 

Intervista raccolta da:
Alex “Engash-Krul” Calvi