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Fightcast (Marco Biondi)

Di - 17 Giugno 2008 - 10:38
Fightcast (Marco Biondi)

Esorditi sul mercato discografico grazie all’impegno della neonata Kolony Records i Fightcast ci hanno piacevolmente stupiti con il

loro primo album, Breeding a Divinity, il quale

ha messo in mostra una band pronta a confrontarsi con il mercato ed anche ad apportare qualcosa di nuovo alla scena metalcore. Incontro

telefonicamente Marco il quale non si fa scrupoli a rispondere sinceramente ad ogni domanda, facendo sì che ne venga fuori un’intervista interessante.

Ciao Marco! Nonostante veniate da una lunga gavetta costellata da tantissimi concerti anche prestigiosi (come ad esempio l’apertura ai Caliban) sembra che fino all’uscita del vostro primo disco abbiate incontrato difficoltà a farvi conoscere al di fuori dell’area romagnola. Confermi o smentisci questa mia affermazione?
Noi abbiamo suonato davvero tanto, anche in posti lontani dalla nostra terra natia, come ad esempio a Roma, Milano, Torino, Napoli… il problema è che non siamo mai riusciti ad imbastire un vero e proprio tour ed è questa forse la causa del fatto che non ce l’abbiamo mai fatta a crearci una notorietà fuori dalla romagna, dove invece abbiamo un buon giro.

La Romagna è una buona zona per il metalcore ed il metal in genere oppure, come dicono alcuni, è un posto più propenso ad aprirsi verso l’hardcore ed il punk?
Guarda, io ti dico: c’è una grande scena per quanto riguarda l’hardcore, oppure tutto il metalcore legato ad un discorso straight edge, e con questo intendo lo stile di vita. Noi sinceramente non ci sentiamo legati a quella scena in quanto veniamo più da un background metal canonico. Ultimamente comunque stanno cominciando a muoversi le acque anche nel nostro settore, anche grazie a band molto valide come i Figure of Six ad esempio, che sono amici nostri.

Allargando un attimo la propettiva verso la scena metalcore Italiana possiamo vedere come l’ultimo anno sia stato un buonissimo moento per il death melodico e -core in Italia. Abbiamo assistito all’esordio di numerose formazioni come ad esempio, oltre a voi ed ai già citati Figure of Six, gli Stigma, i Subliminal Fear, ed anche i The Modern Age Slavery. Pensate di essere ancora parte di un’avanguardia oppure di essere riusciti ad uscire dall’underground solo grazie al fatto di essere riusciti a cavalcare l’onda?
Guarda, sicuramente hai ragione sul fatto che molti gruppi si stiano buttando sul metalcore: basta prendere una rivista di settore per capire come anche bands che prima suonavano generi diversi stiano cambiando la loro direzione. Per quanto ci riguarda ti posso dire che la cosa ci fa un po’ sorridere, in quanto sappiamo di essere giudicati metalcore e probabilmente e probabilmente a ragion veduta, ma non ci sentiamo appartenenti a questa scena: noi ci ispiriamo ai gruppi storici della scena melodica svedese: In Flames, At The Gates, Soilwork, quelle sono le nostre vere influenze. Apprezziamo ugualmente le cose nuove, ma si può dire che per noi siano più un ostacolo che un aiuto compositivo, nel senso che cerchiamo di essere innovativi, ma con tutte le uscite che di questi tempi affollano i negozi è sempre più difficile.

Credete che per emergere dal marasma underground che oggi come oggi si può trovare in Italia ed anche all’estero (con un sacco di gente che suona, soprattutto generi estremi) sia più importante il talento puro o piuttosto il sapersi gestire, autopromuoversi ed avere voglia di spendere anche un sacco di soldi propri? Come avete fatto voi a passare da “garage band” a “recording artists”?
Come tu puoi vedere ci sono tantissime band di talento che non emergono perchè non hanno quel personaggio, o interno al gruppo o che collabora con esso, che si fa carico di tutta la parte gestionale e promozionale. Quindi è molto importante anche il fattore dedizione. Per quanto riguarda noi credo che siamo riusciti a fare il salto di qualità in quanto abbiamo sempre suonato ed avuto progetti anche prima dei Fightcast, siamo giovani, abbiamo una media di 21 anni, ma è da un sacco di tempo che ascoltiamo musica, andiamo ai concerti, ci teniamo in contatto con l’ambiente eccetera. Dobbiamo anche ringraziare Kolony records, la quale si sta impegnando davvero tanto per promuoverci, in una maniera che non credo molti facciano di questi tempi per un gruppo agli esordi.

i dici che vi tenete in contatto con la scena, ascoltate musica ed andate ai concerti… quindi è questa la formula del vostro “successo”? Perchè ci sono anche bands i cui componenti si vantano di non ascoltare nulla e di essere innovativi proprio per quello, perchè danno credito solo al loro gusto musicale e non si lasciano influenzare da quello che fanno gli altri.
Se ci riescono non posso che essere soddisfatto per loro, ma sinceramente mi riesce un po’ difficile immaginare gente che suoni musica senza ascoltarne. Di solito gente come quella finisce a fare musica cervellotica, per non dire inascoltabile, solo per poter sostenere di essere innovativa. Personalmente mi ritengo fortunato di militare in una band dove tutti i componenti hanno un gusto musicale abbastanza diverso tra loro e quindi ciascuno porta la propria parte. Da noi c’è chi va pazzo per l’hip-hop, chi è fan dei Nikelback o degli Staind e poi naturalmente ci sono i metallari incalliti che sentono solo death metal o cose della bay area. Sarebbe sbagliato quindi dire che prendiamo proprio dappertutto, ma cerchiamo di metter dentro alla nostra musica tutto ciò che ci piace senza porci limiti.

Passiamo al vostro primo e finora unico album, Breeding a Divinity, e cominciamo con una domanda tosta: come mai solo 34 minuti di musica che diventano addirittura meno di trenta togliendo la title track che altro non è che un’outro elettronica? Non vi sembra un po’ poco?
Beh, volendo rispondere scherzosamente potrei dire che Slaughter of the Soul dura 35 minuti, ma nessuno si lamenta. No dai, non vogliamo paragonarci agli At The Gates, da un certo punto di vista posso darti ragione, ma lascia che ti spieghi le nostre motivazioni: innanzi tutto devi sapere che Breeding a Divinity inizialmente doveva contenere 14 tracce, addirittura la versione del disco che avevamo proprodotto noi era fatta così, ma poi, al momento di entrare in studio, ci siamo accorti che parte dei pezzi erano davvero vecchi, il residuo dei primi tempi di vita della band insomma, e non ci rappresentavano più. Abbiamo dunque deciso di non appesantire il disco e di privilegiare invece la coerenza e la qualità complessiva, producendo un album che rappresentasse ciò che i Fightcast sono oggi e non quello che erano in passato. Probabilmente se fossimo entrati in studio più tardi i pezzi che sarebbero finiti sull’album sarebbero stati ancora diversi comunque e te lo posso dire in quanto ciò che stiamo componendo ora si discosta e non poco da quanto c’è in Breeding a Divinity.

Un’altra cosa che ho notato nel vostro album è la mancanza della Crawl Through Knives della situazione, il pezzo che un tempo sarebbe stato scelto per scalare le classifiche e che oggi, con l’avvento del file sharing, si mette su Myspace per promuovere l’intero disco a cui fa riferimento. La vostra è stata una scelta per non essere scontati oppure una lacuna compositiva?
Non volevamo che sul disco ci fossero tracce meno importanti di altre e nemmeno un pezzo a cui affidare la trasmissione dell’immagine della band. Volevamo piuttosto che la gente ascoltasse tutte le canzoni ritenendole egualmente rappresentative di ciò che siamo. Poi naturalmente ogni elemento della band ha la sua traccia preferita nell’album, ma questo penso che sia normale no? Adesso comunque uscirà il videoclip di Filter, alla fine quindi sarà quello il “singolo” di Breeding a Divinity.

Sicuramente la vostra scelta di essere coerenti ha dato i suoi frutti, in quanto il disco suona veramente molto coeso ed unitario, tuttavia c’è anche un’altra faccia della medaglia. Anche grazie al fatto che da 15 anni a questa parte le produzioni professionali finiscono tutte con masterizzazioni in loudness che spesso e volentieri intaccano le dinamiche appiattendo i pezzi e rendendoli tutti un po’ uguali, il creare canzoni simili tra loro può rivoltarsi contro la band che le compone in quanto il pubblico alle volte si stanca di ascoltare già alla terza traccia. Pensi che Breeding a Divinity corra questo rischio?
Hai perfettamente ragione, sono d’accordo, ma il fatto è che la linea tra l’essere vari e l’essere incoerenti è davvero molto sottile. Noi siamo un gruppo alle prima armi, la montagna da scalare è ancora altissima, quindi in un certo senso ci siamo anche dovuti accontentare, nel senso che secondo noi sarebbe stato un po’ troppo pretenzioso andare a stravolgere esageratamente certi canoni solo per risultare originali, anche in quanto questa era la prima volta che ci presentavamo al pubblico con un disco vero e proprio.

Breeding a Divinity, l’outro del vostro disco, è una canzone basata su campionamenti che girano su tempi tagliati tipicamente Meshuggah. Possiamo considerarlo un episodio a sè oppure è un’anticipazione di quanto potremo sentire nel vostro prossimo album?
No, è assolutamente un episodio a sè e a dire il vero inizialmente era nata come intro per aprire i nostri concerti, non come un pezzo da inserire in un album. Il fatto è che questa intro è stata creata da un DJ nostro grande amico che si è sempre fatto in quattro per noi, aiutandoci come nessun altro, quindi per ringraziarlo abbiamo voluto includere questa sua creazione all’interno del nostro album. Lui è rintracciabile su internet ed ha collaborato con la compagnia Raffaello Sanzio e Dave Lombardo degli Slayer, quindi non è propriamente uno sconosciuto.

Progetti futuri? Prima tour oppure, come mi dicevi prima, vi state già dedicando al vostro nuovo album?
Purtroppo abbiamo scoperto che dire tour è facile, ma trovare date effettivamente è tutta un’altra cosa. Lorenzo di Kolony Records si sta impegnando davvero tantissimo, quindi speriamo che la situazione si evolva in tempi brevi. Il nostro disco uscirà nel resto d’Europa il 18 Luglio e per allora credo che averemo qualcosa di programmato per promuovere l’album. Speriamo inoltre di riuscire a fare qualche data con i nostri amici Figure of Six, che stanno uscendo con Aion per Locomotive Records. Naturalmente comunque la realizzazione di un nuovo disco rimane una delle nostre proprità, vogliamo buttar fuori qualcosa di nuovo prima che la gente si scordi che esistiamo insomma.

Non faccio neppure in tempo a salutare il mio interlocutore che lui mi precede ed afferma:
Grazie a truemetal, perché è solo grazie a siti come questo che i gruppi underground hanno l’occasione di farsi conoscere.

Come fare dunque a dire qualcosa di negativo riguardo ai Fightcast? Sicuramente dopo tali complimenti non è facile, ma, a dire il vero, nemmeno troppo necessario in quanto i nostri dimostrano, oltre ad una vena compositiva davvero ottima, anche un’umiltà non indifferente che li porta a compiere i primi passi all’interno dell’industria discografica rimboccandosi le maniche e cercando di non perdere tempo a crogiolarsi sugli allori. Se a questo atteggiamento si aggiungerà anche una maggior voglia di sperimentare e il conseguente abbandono della tendenza a rimanere all’interno di certi canoni in modo da avere assicurata una nicchia di pubblico (gli affezionati del metalcore) allora i nostri potranno davvero fare il salto di qualità.