From The Depths – L’occhio di TM sull’underground – #01/2015
L’occhio di TrueMetal.it sull’Underground – # 01/2015
Ager Sanguinis The Battle Of Ager Sanguinis 2014, Autoprodotto Death |
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Tracklist: 01. Crusades States |
Di recente formazione, i pescaresi Ager Sanguinis presentano il loro primo EP al pubblico del metallo con una line-up composta da membri provenienti da diverse realtà musicali. Il batterista Emil Chella (ex Thorax e Blood Stained Host) e suo fratello Paolo compongono la ritmica, la voce è affidata all’ex Blaster Jonny Valente e le sei corde sono opera del duo Gianni Caralla e Carmine Giangiacomo. Meglio il secondo brano ‘The Battle Of Ager Sanguinis’, con un riff oscuro e old-school che pesca dritto in Svezia e dal sound Entombed, la batteria questa volta si aggrega al servizio della musica per sostenere il growl di Jonny. Degli stacchi portano a una sezione slow e poi ancora dritti e mille verso il finale, con la doppia cassa che spinge sull’acceleratore fino all’ultimo riff, che lascia il tempo di un’ultima frase prima di chiudere. Il terzo brano ‘The War Of Sarmin pt.1’ cambia ancora direzione lasciandosi dietro i precedenti, e puntando su un medium tempo, la cui intro, dettata dai tempi, dispari sfocia in un riff regolare dove la metrica della voce resta immutata per tutta la strofa prima di esplodere nel ritornello con il growl feroce accentuato dalla doppia cassa in sedicesimi. Il brano scorre dritto fino alla fine, senza eclatanti colpi di scena. E a chiudere questo primo EP degli Ager Sanguinis il seguito della precedente ‘The War Of Sarmin pt.2’, che accentua in maniera marcata i cambi di tempo nella più classica tradizione ‘death metal’, questa volta in maniera molto più convincente del primo brano. Tutto si percepisce chiaramente, e anche la sezione centrale ‘classicheggiante’ per qualche istante aggiunge un colore che stempera con il resto del brano. Concludo dicendo che la band sa il fatto suo, e dalla sua una lunga esperienza che deve sfruttare nel migliore dei modi per il primo lavoro in studio. Vittorio “VS” Sabelli
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Redwest Spaghetti Western Metal 2009, Autoprodotto Western metal |
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Tracklist:
01. Midnight Train 05. Trinity
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Tra metallari si è spesso sentito recitare la formula “heavy metal needs closed minds”. Ascoltando i Redwest, però, l’impressione è che questi ragazzi di Milano non abbiamo mai udito simili parole. Il genere che suonano, infatti, è perfettamente sintetizzato dal titolo di questo loro primo demo, dato alle stampe nel 2009: “Spaghetti Western Metal”.
Alessandro “engash-krul” Calvi
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Nazgul Rising Orietur in tenebris lux tua 2012, Autoprodotto Symphonic black |
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Tracklist:
01. Intro |
Ci sono voluti ben 13 anni ai connazionali Nazgul rising per arrivare al primo full length ufficiale. Non di meno i nostri sono stati attivi soprattutto nella prima metà degli anni zero, per poi cadere nel silenzio. Ora arriva Orietur in tenebris lux tua, un disco che fin dal titolo annuncia un netto distanziamento dalle tematiche tolkeniane suggerite dal monicker. Ad ogni modo, la proposta dei nostri si attesta su un black metal sinfonico classico e basato sugli ampiamente approvati schemi scandinavi. I Nazgul rising hanno avuto una lunga gavetta e si sente, dato che i pezzi, pur non dicendo nulla di rivoluzionario, risultano costruiti con perizia, senza risultare troppo grezzi né perdersi in divagazioni inutili. La band sta sul pezzo dal primo all’ultimo minuto.Si notano in particolare canzoni compatte e di un certo tecnicismo, nonché una produzione pulita che premia una voce furibonda e le chitarre lamellari senza renderle fastidiose o cacofoniche, a dispetto di una velocità e di una ferocia degne di nota. Il tutto è possibile anche grazie ad un utilizzo ben bilanciato delle tastiere, che si inseriscono molto bene nelle complesse trame di questo lavoro – ancora, ottima la produzione – senza mai risultare ridondanti e che pure non si perdono nel bailamme sollevato dalle sei corde (vale a dire i limiti principali del black sinfonico). Un buon punto di partenza su cui costruire.
Tiziano “vlkodlak” Marasco
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Disconsolate Behind the doors of perception 2011, Autoprodotto Death |
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Tracklist:
01. Into The Mind (Intro) |
I Disconsolate sono una band slovacca facente parte del quanto mai variegato sottobosco underground di Košice (provare per credere). Band piuttosto giovane eppure con un album già all’attivo – ancorché uscito 3 anni fa lo recuperiamo solo ora, Behind the doors of perception, un titolo che sa di Blake e Huxley sebbene i nostri si faccianoportatori di un sound molto più trucido e terreno. Va detto anzitutto che i vychodniari qui in esame si distinguono dal panorama estremo tipico delle Repubbliche Ceca e Slovacca sempre molto ligio ai canoni del death metal old school di Cannibal Corpse e Napalm Death. I nostri infatti concedono molto alla melodia, producedouna fitta serie di riff di scuola svedese (primi In Flames e At the Gates su tutti). Ne viene fuori una proposta piuttosto ibrida, non esattamente originale (lo sarebbe stata nel 1995) ma comunque godibile e di buon livello, con una fitta successione di pezzi rapidi e feroci al punto giusto, da Entrance to decay a The Dark Forest in My Thoughts fino a Putrefy (e con un titolo simile già hai vinto). Una proposta che merita considerazione nello stantio mondo del putrefattume mitteleuropeo. Tiziano “vlkodlak” Marasco
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Mad Hornet Would You Like Something Fresh? 2015, Autoprodotto Hard Rock |
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Tracklist:
01. Would You Like Something Fresh? |
I Mad Hornet sono un simpatico quartetto di Taranto giunto con questo “Would you like something fresh?” al secondo disco ufficiale. Basta un rapido sguardo alla copertina, alla loro pagina facebook, alle foto e soprattutto alla chioma del singer Mic Martini per capire quale sia il genere di riferimento del gruppo pugliese: hard rock, nella più ottantiana delle sue accezioni. E sebbene il genere di per se sia usurato, bisogna dire che questi ragazzi sono davvero molto bravi. I nostri si destreggiano bene in una mistura di hard a glam marcatamente scanzonato e festaiolo che fa venire voglia di cocktail e di un’estate ancora relativament elontana. Dieci brani leggeri eppure potenti, sulla scia dei Def Leppard e di certi Van Halen per un risultato a tutti gli effetti molto ben costruito ma, soprattutto, ben riuscito. La ricetta è semplice – tante chitarre, melodie efficaci ed un’ottima voce. Il consiglio è, per chi può, di dare una possibilità a questa band ed andarla a vedere in sede live, poiché anche i video reperiti in rete testimoniano a favore dei Mad Hornet. Per una volta “Something fresh” lo abbiamo trovato davvero. Tiziano “vlkodlak” Marasco
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Enoch Sumerian Chants 2014, Satanah Records Black/Doom |
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Tracklist:
01. Call Me by My Dream Name |
Gli Enoch sono una band italiana attiva ormai da 15 anni e giunta con Sumerian Chants al terzo full-ength – sebbene tre release possano sembrare poche in un lasso di tempo sì lungo, ai nostri va comunque riconosciuta una certa regolarità. La band è dedita ad un curioso cross over tra generi estremi, essenzialmente doom e black metal con qualche sprazzo di death. Ne viene fuori un sound massiccio e macilento, una sorta di black estremamente pesante e dalle ritmiche rallentat tipiche del doom, per una proposta curiosa ed originale. In linea di massima l’unico limite che che si presenta sulla strada degli Enoch è il fatto di proporre una musica piuttosto indigesta a chi non ami specificatamente il doom. I blackster infatti,soprattutto quelli che prediligono il sound classico e veloce (come il sottoscritto) non mancheranno di notare il fascino della proposta, pur tuttavia potrebbero trovarsi in difficoltà verso la fine del disco a causa dei tempi eccessivamente dilatati. Ciò non toglie nulla all’originalità degli Enoch, una band che, nell’ambito del suo genere, meriterebbe qualche attenzione in più.. Tiziano “vlkodlak” Marasco |
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Atavisma Where Wolves Once Dwelled [EP] 2014, Nihilistic Holocaust Death |
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Tracklist:
01. The Savage One |
‘Atavistic doomed death metal’. Definizione magari ridondante e un po’ forzata, ma perfettamente idonea a descrivere il death metal elaborato dai francesi Atavisma. Che, probabilmente, sarebbe quello che l’Uomo di Neanderthal avrebbe preferito suonare, ipotizzando un suo possesso di primordiale sensibilità alla musica e una seppur minimale tecnologia strumentale. Così ovviamente non è stato per cui, nel dubbio, ci pensano i Nostri a rendere concreta questa ipotesi. Anche affascinante, se affrontata con il giusto stato d’animo. Il quale, come si può ben immaginare, non deve prudere per qualsiasi desiderio evoluzionistico che, anche in questo caso assai scontato, non trova alcun riscontro nel sound belluino di “Where Wolves Once Dwelled”. EP di quattro tracce che, al momento, rappresenta l’unica emanazione su disco (o meglio, su cassetta) della filosofia death dei transalpini. Se gli Hellhammer sembravano rozzi e involuti, insomma, gli Atavisma riescono nell’impresa di fare pure peggio (o meglio, dipende dai punti vista). Il disordinato gorgo musicale mulinato dal growling intellegibile di L. e dalle asce dal filo grezzo di G., alla fine, dà luogo a un qualcosa che, se osservato da un punto sito ben bene all’interno dell’underground, può riservare qualche piacevole brivido di bestialità genuina. Daniele “dani66″” D’Adamo
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Gravecore Bad Songs From Corners Of Hell 2014, Autoprodotto Grindcore |
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Tracklist:
01. Rats And Vermin |
Di fresca formazione (inizio 2014), i comaschi Gravecore fanno parte di quella folta schiera di band italiane dedite al Genere Primo derivante dall’hardcore, perlomeno in ambiente metal: il grind. La verde età non ha impedito ai Nostri di esprimersi già con compiutezza in sala discografica, giacché “Bad Songs From Corners Of Hell”, uscito nello stesso anno, è un demo di undici tracce. Più che sufficienti per avere un’idea del sound del combo lombardo. Le influenze che ne stanno alla base si percepiscono piuttosto chiaramente, e sembrano più centrate sull’hardcore ‘puro’ (GBH) invece che sul thrash (Slayer), sul death (Morbid Angel) o sul grind stesso (Napalm Death). Si tratta pertanto di un suono scarno, minimale, al momento non molto originale anche se prodotto con perizia tecnica più che sufficiente. Anzi, la ‘povertà’ musicale di “Bad Songs From Corners Of Hell” lascia intravedere perfettamente la sua struttura di sostegno, per l’appunto priva di difetti rivelanti se rapportata al genere suonato. Un buon punto di partenza, insomma, che tuttavia necessita di parecchio lavoro per far sì che i Gravecore possano crescere con efficacia e, soprattutto, personalità. Daniele “dani66” D’Adamo
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Rabas Demolizione 2014, Autoprodotto Death |
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Tracklist:
01. Spiral Target |
Dopo il debutto con “Demo 2013” è arrivata l’ora, per i Rabhas, del primo full-length. “Demolizione”, rigorosamente autoprodotto, prende spunto dallo stile intravistosi due anni fa per sviluppare un discorso musicale basato sul metal estremo. Difficile inquadrare con semplicità lo stile dei Nostri, poiché il background di ciascuno dei quattro musicisti è assai vario, e ‘infetta’, seppur senza mai esagerare, il sound di “Demolizione”. L’evidente richiamo alle scarne sonorità dell’hardcore è probabilmente l’aspetto che salta più all’occhio, soprattutto al momento del primo approccio al lavoro. In realtà, un ascolto più attento rivela anche altre caratteristiche insite nel thrash e, ancor di più, nel death sperimentale. Quello, cioè, in cui si possono udire echi di free jazz, per esempio. L’impatto frontale del suono offerto dalla band bolognese risente un po’ di questa scelta… raffinata, preferendo ramificarsi in serie di dissonanze e accidenti musicali di pregevole fattura invece che badare solo alla forza bruta. Che, fondamentalmente, è lasciata in balia del solo Pico, vocalist che fa del growling la propria ragione di vita, assieme alle liriche in italiano. Questa voglia di esulare dal solito contesto brutal si riflette anche nelle song, tutt’altro che facili e immediate malgrado la ridetta esiguità di un sound apparente fragile. Con che, si può assegnare ai Rabhas, per la loro coerente personalità, il giusto spazio nel congestionato metallo oltranzista tricolore. Daniele “dani66” D’Adamo
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Male [EP] Orkolat 2014, Autoprodotto Metalcore |
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Tracklist:
01. Orco |
“Male”, uscito nell’ottobre dello scorso anno, è il debut-EP dei friulani Orkolat (da orcolat = orcaccio, in dialetto). O meglio, full-length di debutto. Anzi no. Insomma, “Male” è il classico lavoro che potrebbe essere inquadrato come mini oppure album senza cadere troppo in errore. Anche se, alla fine, di ciò poco importa. Poiché, a essere sinceri, gli Orkolat hanno comunque compiuto un buon lavoro. Incrociando fra loro generi come thrash, death e hardcore sì da dar luogo a un sound fresco e attuale, nondimeno piuttosto originale. Merito, oltre a questo, di un uso accorto e intelligente della melodia, che qua e là fa capolino dalle tracce di “Male”, come nella straziante “Orco”, interessante opener contraddistinta da sole female voice e tastiere. O, di più, nella successiva “Mangio l’onorevole”, dal ritornello pronto da stamparsi nel cranio. Una vera hit dell’underground! Un talento innato e da sviluppare quanto più possibile, questo. Seppure, in alcune occasioni, la voglia di menare le mani si fa notare con veemenza (“Dolcetti e saponette”). Buono anche l’andamento a ‘corda libera’ di matrice più ‘metalcoriana’ che si può ascoltare in “Duemilatredici”, song nella quale si può apprezzare la ritmicità del cantato in italiano. Non rimane che sottolineare Male [EP] quale ennesimo prodotto italiano in grado di non sfigurare con il Resto del Mondo, ovviamente a livello di produzioni non professionali. Daniele “dani66” D’Adamo
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Redwest Play Your Hand 2011, Autoprodotto Western Metal |
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Tracklist:
01. Last Cigar |
A un paio di anni di distanza da “Spaghetti Western Metal”, ecco che i Redwest tornano in studio per realizzare un nuovo demo, questa volta intitolato “Play Your Hand”. Nel tempo passato il loro sound si è evoluto e si è fatto più evoluto, ma al contempo sembra aver perso un po’ di grinta e aggressività. Sono meno i frangenti più puramente metal e sempre di più quelli melodici (demandati alla chitarra country o ad assoli di voce). Al contempo tornano molte delle caratteristiche che avevano contraddistinto il precedente demo, ad esempio l’evidente riferimento ai film cosiddetti spaghetti-western, in questo caso all’immortale “Per Qualche Dollaro in Più” (che, tra l’altro, pur essendo un pezzo solo strumentale, è il brano più aggressivo del lotto). Curiosa e interessante “Johnny Walker’s Farm”, che non strizza l’occhio solo al country, ma anche al folk, realizzando un miscuglio decisamente fuori dagli schemi e, per questo, vincente. A chiudere il demo la versione live di “Midnight Train” presente originariamente su “Spaghetti Western Metal”. Alessandro “engash-krul” Calvi
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