From The Depths – L’occhio di TM sull’underground – #02/2014
L’occhio di TrueMetal.it sull’Underground – # 02/2014
Second Brain Synthesis 2014, Autoprodotto Prog/sludge/alternative |
Pagina Facebook | ||
Tracklist: 01. Hierarchies |
Free-form Metal, così definiscono la loro proposta i romani Second Brain e c’è da dire che, pur non amando, chi vi scrive, alla follia questo genere di denominazioni, tutto sommato la terminologia appare azzeccata. Particolari nella forma e nella formazione (un duo, con Agravain nella preminente posizione di chitarrista, cantante e unico compositore, e la bassista Lala Gabarth a fare da spalla), i Second Brain non potevano non esserlo anche nella sostanza. Ascoltando, infatti, il loro album di debutto intitolato “Synthesis”, è possibile trovare veramente di tutto: dallo sludge progressivo dei Mastodon al thrash/groove di fine anni ‘80/inizio anni ’90, passando per il metallo alternativo e vagamente noisy dei Tool senza dimenticare qualche puntatina in territori assimilabili addirittura al viking. Un vero e proprio coacervo di sonorità e di stili oltremodo differenti, tenuti insieme in maniera non sempre brillante e con la sola voce, grezza e ruvida, di Agravain e un mai sopito gusto per il rumorismo a fare da trait d’union tra canzoni elaborate (e anche un po’ pretenziose) che solo in alcuni casi paiono avvicinarsi al bersaglio. E’ il caso della particolarissima “The Deranged”, della tempestosa “Not Any More Heavens” e della conclusiva “Final Eclipse”, la più melodica e ordinata. Stefano “Joey Federer” Burini
|
||
Coil Commemorate Enslave L’infinita vanità del tutto 2014, Autoprodotto Black |
Sito Ufficiale | ||
Tracklist:
01. Intro |
Nati a Ferrandina, in provincia di Matera, questo “L’Infinita Vanità del Tutto” è il secondo demo autoprodotto dai Coil Commemorate Enslave. L’italiano un po’ arcaico dei titoli e dei testi ci fa sorgere un dubbio, a cui subito troviamo conferma nella biografia: l’album, infatti, è un concept interamente dedicato alla vita e alle opere di Giacomo Leopardi. Chi conosce il poeta di Recanati sa che le sue opere sono contraddistinte da un tono esistenzialista e pessimista, motivo per cui sembra quasi il classico “uovo di Colombo” un disco come questo dei Coil Commemorate Enslave, che strizza spesso l’occhio al depressive black metal. Il sound, piuttosto granitico, affonda le radici nel black delle origini e pesca a piene mani dalle suggestioni di DarkThrone, Immortal, Dissection e altri, senza però risultare mai una sterile copia, bensì un parto originale che guarda a certe sensazioni ed emozioni per meglio comunicare il proprio messaggio. Da questo punto di vista è molto convincente il lavoro delle chitarre, che sfornano a ripetizione riff che riescono sempre a mantenere ben desta l’attenzione dell’ascoltatore. La scelta dell’uso dell’italiano per i testi è certamente molto valida e apprezzata, ma a volte si può udire un certo scollamento tra parole e musica, come se proseguissero su due binari paralleli che solo a tratti vanno di pari passo. Alessandro “Engash Krul” Calvi
|
||
Silent Suffocation Silent Suffocation 2014, Autoprodotto Gothic |
Pagina Facebook | ||
Tracklist:
01. Premonition |
I Silent Suffocation sembran appartenere alla vecchia scuola: niente disco da 10 o 12 tracce già pronto per uscire nei negozi (non appena una etichetta compiacente è disposta ad apporre, dietro compenso, il proprio marchio sul CD), infatti, ma eccoli presentarsi a noi con questo demo di 4 tracce, piene zeppe di tutto quello che sanno fare, della loro grinta e voglia di sfondare. Si comincia con “Premonition”, introdotta da un prequel con vento, note in lontananza e voce femminile narrante lungo poco più di un minuto, quando la canzone esplode realmente. Il sound dimostra che i Silent Suffocation han fatto bene i compiti a casa: la voce femminile, molto potente e al limite del lirico si inserisce nel solco del gothic sinfonico più commerciale, così come l’uso di alcune tastiere in sottofondo per dare magniloquenza alle composizioni. Apprezzabile l’introduzione della voce maschile in scream che dona un po’ di varietà in più alle linee vocali, anche se decisamente in secondo piano e piuttosto standard, così come le chitarre. “Dark Fall” riparte proprio da queste ultime e vorrebbe dimostrare un piglio più thrash e aggressivo, con chitarre centrali nel songwriting e un sound più cupo, in realtà i riff rimangono piuttosto scolastici e già sentiti, così come gli strumenti restano troppo bassi nel sound generale. Meglio, in questo caso, l’accoppiata delle voci, con quella maschile più rilevante e quella femminile usata quasi come contorno. Si finisce con “Unbelievable Fate”, una canzone che porta per titolo il precedente nome del gruppo, rinominato da poco, forse anche un omaggio a ciò che è stato il loro passato. In questo caso i riferimenti ai Nightwish, soprattutto nel coinvolgente e trascinante ritornello, son fin troppo evidenti. Quattro pezzi per circa venti minuti di musica, pochi ma più che sufficienti per presentarci a tutto tondo i Silent Suffocation e darci un assaggio di ciò che sanno fare, nel bene e nel male. Un gruppo con diverse frecce al proprio arco, con buone capacità per trasformare in musica le proprie idee, ancora un po’ troppo legati ai gruppi con cui sono cresciuti, ma di certo con le qualità per potersi liberare da questi scomodi confronti e spiccare il volo con le proprie ali. In questo demo abbiamo sentito quattro pezzi loro, quasi quattro differenti anime del gruppo, ognuna concentrata in una sola canzone. Forse l’idea migliore sarebbe proprio fondere tutte queste anime in un sound unico che ne conservi tutte le caratteristiche, ma che al contempo ne esalti l’originalità complessiva. Alessandro “Engash Krul” Calvi
|
||
Innershine Where The Spirits Wander 2013, Autoprodotto Progressive |
Sito Ufficiale Pagina Facebook |
||
Tracklist:
01. …To The End Of Reality |
Gli InnerShine sono un gruppo oramai attivo da oltre dieci anni. Passati attraverso innumerevoli cambi di formazione così come da una intensissima attività live, i nostri sono riusciti a dare alle stampe lo scorso anno il loro primo autoprodotto, Where The Spirit Wander. Un autoprodotto che mette in risalto una enorme passione, a cominciare dal curatissimo e raffinatissimo booklet, per poi proseguire con una proposta musicale non esattamente originale ma pur sempre solidissima. Si tratta infatti di un prog metal estremamente moderno, nettamente figlio di Dream Theater e Kingcrow, pure caratterizzato da una vena malinconica che rende il sound dei nostri personale ed accattivante, come potrete notare ascoltando i due mostruosi pezzi centrali, War of the War e (soprattutto) Divided in Two, vagamente memore di Take Away My Pain. Al di là di ritmiche basse, ad ogni modo, il disco si mantiene vivo e palpitante in tutti i suoi 36 minuti di durata, grazie ad una tensione percepibile ma mai espressa a pieno, come spesso nel prog accade. Nulla da aggiungere. Simone Ragni e soci sono praticamente obbligati a continuare su questa via. Se da soli sono capaci di tali prove, con una buona label alle spalle gli InnerShine possono davvero fare molta strada. Tiziano “vlkodlak” Marasco |
||
Malauriu Presagi di Morte [EP] 2014, Autoprodotto Black |
Pagina Facebook | ||
Tracklist:
01. Sentieri di Morte |
Malauriu è un termine siculo che sta a indicare un cattivo presagio (che preagisco essere Malaugurio). La band nasce nel 2013 a Sciacca, il trio è composto da Asmodeus, Marbas e Otis. I nostri propongono un black nudo e puro chiaramente ancorato alla tradizione degli anni ’90, fatto di canzoni brevi e riff furibondi. Ne vengono fuori composizioni brevi. Tre strumentali che spezzano il trucidume costituito dalle restanti quattro, suonate tutte a ritmi tra il veloce e il vertiginosamente veloce, tutte marcatamente ispirate ai Darkthrone; in particolare, Culto del Caos vi riporterà dritti a Panzerfaust. Ciò che può far la fortuna di questa band è sicuramente la produzione pulita, una certa freschezza compositiva ma soprattutto la genuinità con cui i nostri portano avanti la loro proposta. In particolare grazie ad un cantato maligno sebbene in italiano – cosa che peraltro rende comprensibile buona parte dei testi. Un buon inizio e una riprova di come italianità e black metal non siano affatto termini estranei l’un l’altro. Tiziano “vlkodlak” Marasco |
||
Demon’s Bridge Perversion In Inhuman Forms [EP] 2014, Autoprodotto Death |
Pagina Facebook | ||
Tracklist:
01. Lacerate Her Body |
Primo lavoro in studio per la brutal death metal band cagliaritana Demon’s Bridge. Si tratta dell’EP “Perversion In Inhuman Forms”, che giunge alle stampe dopo un lustro di attività. Del dischetto colpisce subito il sound, cupo, marcio e corrotto come l’aberrante artwork; ribollente putredine come da migliore tradizione del genere. Che, a voler essere più precisi, appartiene a quella branchia del brutal denominata ‘guttural’. Nella quale, cioè, le linee vocali originano dalla parte più profonda dell’ugola. Ovviamente il richiamo agli Obituary è d’uopo, tant’è che “Perversion In Inhuman Forms”, nella sua pur breve durata, funge da minuscolo manifesto dimostrativo di come debba essere correttamente interpretata questa particolare foggia musicale. Ritmi altalenanti dai più putridi slow-tempo alle follie dei blast-beats, riff marci e possenti, basso eternamente fissato su catacombali frequenze, vocals gargarismiche che non disdegnano il suinico inhale. Certo, i Demon’s Bridge non fanno nulla per modificare quei dettami che sono stati ormai fissati da centinaia di band sparse per il mondo, lyrics comprese, ma alla fin fine il guttural è questo, e non ammette variazioni sul tema. Daniele “dani66″” D’Adamo |
||
Eternal Delyria Delirium 2014, Autoprodotto Black |
Pagina Facebook | ||
Tracklist:
01. Thelema 1920 |
Dal Canton Ticino, più precisamente da Agno, arrivano gli Eternal Delyria che, dopo essersi formati nel 2011, portano in dote “Delirium”, EP autoprodotto rappresentante il loro debutto discografico. Un dischetto dalla durata ragguardevole, che sfiora la mezz’ora, necessaria affinché il sestetto svizzero possa sviluppare adeguatamente la sua idea musicale. Comprendente infatti più generi del metal estremo. Black innanzitutto, ma non solo. Death, folk e gothic si riconoscono facilmente, nelle sei tracce di “Delirium”. Non mancando neppure qualche sonorità *-core, ovviamente in corrispondenza dei famigerati breakdown. E, se si vuole comprendere tutto, occorre riferirsi all’heavy classico per quanto riguarda l’impostazione dei soli di chitarra. Troppi gusti messi assieme? No. Quasi incredibilmente, data la caleidoscopica matrice di base, lo stile della formazione crociata appare ben formato, chiaro e deciso nei suoi contenuti. Un pregio non da poco, considerando sia la giovane età della band, sia – appunto – l’elevato numero di elementi in gioco. Certo, qualche neo, qua e là, c’è, ma riguarda essenzialmente una certa immaturità compositiva (certi passaggi sono piuttosto scontati…), dovuta proprio alla necessità di fare esperienza e di trovare il modo più personale possibile per comporre i brani. Si tratta, quindi, di affinare l’arte di circoscrivere le proprie sensazioni mentali in musica e specificamente in una canzone poiché, come già rilevato, il sound già c’è. Non resta che migliorare, allora! Daniele “dani66” D’Adamo
|
||
Rhino Rhino 2014, Autoprodotto Stoner |
Pagina Facebook | ||
Tracklist:
01. Spiral Target |
I siciliani Rhino arrivano da Catania e propongono uno stoner rock arroventato ed energico, a primo ascolto piuttosto derivativo (Kyuss, Fu Manchu tra le muse più evidenti) eppure non privo di notevoli spunti, soprattutto in relazione al buonissimo guitar work di matrice psichedelica ad opera di Red Frank e Frank Sinutre e alle vivacissime ritmiche talora sincopate, talora tribaleggianti. Le prime due canzoni contenute nel debut EP omonimo dei Rhino (“Spiral Target” e “Hiperviper”) lasciano trasparire ottima attitudine ed un ragguardevole tiro, indispensabili per cimentarsi con il genere proprosto, ma è con la successiva “Big Bong Bubbles” che, nonostante una qualità audio da rivedere, i siciliani lasciano trasparire sprazzi di classe genuina. Un bel tema portante di chitarra, culminante in assolo di gran pregio e la miglior performance vocale di tutto l’album offrono, infatti, il giusto valore aggiunto ad una composizione semplicemente ispirata e ben riuscita, seguita dall’altrettanto buona “For My Pleasure” in chiusura. Con un cantato ed una qualità audio all’altezza delle loro composizioni e con quel pizzico di fiducia in più, in grado di affrancarli definitivamente dai loro idoli, i Rhino potrebbeero certamente arrivare lontano; l’augurio è quello di crederci e non mollare, perché le carte in regola ci sono tutte. Stefano “Joey Federer” Burini
|
||
Morbid Pest Loculo D’Orrore 2012, Black Tears Productions Black |
|||
Tracklist:
01. Bloodstone |
In ossequio al Culto della Natura, che si esplicita con i temi trattati dalle sette song di “Loculo D’Orrore”, secondo full-length del trio di Ferrara Morbid Pest, il tempo pare andare all’indietro. Un arretramento costante e continuo, per il terzetto di Ferrara che, sin dagli esordi di “Evocation Arum Mortuarum”, demo del 2008, ha via via focalizzato il sound in direzione del proto-black o forse più precisamente proto-death che, a metà degli anni ’80, fungevano da anello di congiunzione fra gli stili classici che, a quei tempi, occupavano tutta la scena, e i primi tentativi di estremizzare band come Black Sabbath e Venom. Le quali, a prescindere da lyrics e atmosfere, altro non erano che heavy metal e rock’n’roll accelerato e inspessito all’eccesso. I Morbid Pest, pertanto, possono considerarsi gente che ha mutuato da act seminali quali Possessed e Morbid Angel i primi anzi primissimi passi in direzione di quel genere che, da lì a poco, si sarebbe chiamato death metal. Certo, il black è profondamente radicato, in “Loculo D’Orrore”, ma lo era anche nelle due formazioni sopra citate, poiché nel brodo primordiale in cui esse sguazzavano si era specificamente formato per dar vita ai due generi in maniera distinta. E, oggi come allora, i Morbid Pest ripetono la lezione dei Maestri facendo, addirittura, un passo indietro rispetto alla versione arcaica del death, cioè all’old school. Poca originalità, insomma, ma tantissima capacità di ricreare quelle morbose atmosfere che turbavano, trent’anni fa, i sogni degli adolescenti affamati di carne putrefatta. Daniele “dani66” D’Adamo
|
||
Squash Bowels/Parricide Old Grandfather And Their Grind 2014, Autoprodotto Grindcorer |
Pagina Facebook Squash Bowels Pagina Facebook Parricide |
||
Tracklist:
01. Splinter Is The Ass (Squash Bowels) |
Sia gli Squash Bowels che i Parricide sono due band polacche, l’una di Varsavia e l’altra di Lublino, attive da oramai vent’anni e più, con diversi LP alle spalle. In questo inizio di 2014 i due gruppi hanno deciso di unire le forze e dare alle stampe uno split realizzato dalla fat ass records. Trattandosi di due band dedite al grind, il disco non raggiunge i dieci minuti, pure mette bene in mostra l’esperienza di entrambi i complessi. Soprattutto emerge la loro predilezione per un grind di vecchia scuola, votato sì alla violenza, ma non tanto al tecnicismo e alla feroce velocità propria di band quali Rings of Saturn, Putridity o Nechrophagist. Ed è un bene, perché queste due band, accostate nello stesso CD, si dimostrano entrambe dotate di personalità e di un sound peculiare. Le due track degli Squash balls mettono in mostra un grind legato molto al death novantiano, monolitico ed aggressivo. I Parricide, leggermente più intraprendenti, hanno forgiato la loro proposta partendo dal black / black’n’roll classico, sicché vi è un accostamento di riff semplici e veloci, per un sound un po’ più leggero se mi è concesso il termine. Ad ogni modo, due gruppi di buon livello, come spesso accade sulle rive della Vistola, dotati di buona personalità e idee chiare. COn la speranza che la Fat ass ci contatti per porci sotto esame qualche disco vero e proprio. Tiziano “vlkodlak” Marasco
|