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Vanagloria Anno Domini
2010, Autoprodotto
Black |
http://www.myspace.com/bandannodomini
Tracklist:
1. In Ictv Ocvli
2. Three Crowns
3. The Bronzen Mirror
4. Ashes (outro)
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Questo brevissimo demo, due brani appena più intro e outro, rappresenta il primo vagito musicale dei blacksters romani Anno Domini. Salta da subito all’occhio la perizia con cui è stato realizzato il booklet, che poco o nulla ha da invidiare ad una produzione professionale.
Dal punto di vista musicale tuttavia è riscontrabile una lacunosa mancanza di maturità compositiva: la band infatti si rifà a stilemi e soluzioni musicali triti e purtroppo poco convolgenti. La produzione piuttosto amatoriale del disco di certo non aiuta, stemperando l’impatto dei singoli strumenti che annaspano privati della propria aggressività. Nota di valore va fortunatamente alle atmosfere create ai “poli musicali” del disco, quelle intro e outro capaci di trasmettere un’aura plumbea e sofferente ai limiti del Depressive e del Doom. Insomma un lavoro che denota la voglia della band di presentarsi nel migliore dei modi e un discreta capacità di ricreare i sentimenti ricercati, offuscata però da un’eccessiva fretta di incidere qualcosa di proprio. Da rivedere in futuro, magari con un lavoro più completo.
Alessandro “Belfagor” Cuoghi
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Open The Fire [EP] ArKillery
2010, Autoprodotto
Thrash |
http://www.myspace.com/artkillery
Tracklist:
01 1st Blood
02 Re Educate
03 Release the Demons
04 Open the Fire
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Quando mi capitano per le mani certi dischi non so mai che dire, diciamo che mi prendono alla sprovvista! È il caso degli Artkillery, thrash metal band emiliana autrice di questo EP di debutto “Open the Fire”. Perchè resto interdetto? La band ha grandi idee e fantasia compositiva tanto da caratterizzare bene ogni singolo brano che si presenta all’ascolto ben definito nelle ritmiche, nei ritornelli e nei soli. Il drumming risulta puntuale nell’accentuare i momenti groove, mentre le chitarre ergono rocciose sezioni ritmiche e sparano soli di buona fattura. Non ho apprezzato la voce: da troppo tempo si interpreta il genere con il trito e ritrito mezzo growl/scream che, sebbene profondo ed espressivo, ma mal proposto, stride con le armonie e il songwriting classico del thrash metal. Anche se è pur vero che “Open the Fire” non è proprio un disco thrash metal, sebbene l’attitudine ci sia tutta. Sono presenti sfuriate death, accelerazioni da revival swedish e groove alla Machine Head. Qualche arrangiamento consono all’improvvisazione costituisce infine quel quid in più che valorizza l’EP. Il tutto appare davvero troppo perfetto, produzione compresa. Ma non voglio farmi venire dubbi inutili. Credo in questa band. Credetemi, ho una curiosità morbosa di vederli sul placo e non perderò occasione di presenziare! Se passeranno l’esame ‘live’, allora l’Italia avrà trovato un nuovo talento.
Nicola Furlan
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To Burn A Liar Of Snakes Bhagavat
2009, Autoprodotto
Black |
http://www.myspace.com/bhagavat
Tracklist:
1. Il Manifesto Del Maligno
2. To Burn A Liar Of Smakes
3. Moksa
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Primo lavoro per i Bhagavat, giovane band nostrana locata tra Aosta e Torino e portavoce di un Black/Death Metal tecnico debitore di act quali Dissection in primis ed Emperor direttamente a seguire. Grazie a brani piuttosto articolati e ben strutturati, massicci al punto giusto e caratterizzati da uno spiccato gusto per la violenza sonora, il gruppo dimostra di avere le carte in regola per poter affrontare con successo la difficile strada del Metal estremo.
Le canzoni, basate principalmente su riff veloci e complessi, una batteria al fulmicotone ed un cantato acido, sono dirette, facilmente assimilabili e riescono nell’impresa di imprimersi abbastanza rapidamente nella mente dell’ascoltatore. Purtroppo la breve durata del lavoro non permette un’analisi a tutto tondo del sound della band, che si conferma comunque di buona caratura.
Curiose le tematiche affrontate nelle lyrics, capaci di spaziare tra induismo (riscontrabile chiaramente nel moniker e nel titolo del terzo brano Moksa) e satanismo (nell’opener, cantata in italiano).
Tirando le somme: nonostante un sound ancora leggermente derivativo, la demo scorre bene dall’inizio alla fine, evidenzia una buona preparazione tecnica ed una discreta (ma migliorabile) personalità compositiva, andandosi a confermare come un buon primo passo per la carriera della band.
Alessandro Cuoghi
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Promo 2010 Brutal Murder
2010, Autoprodotto
Thrash |
http://www.myspace.com/brutalmurder
Tracklist:
1.Zombie Masochrist 03.53
2.Maggots Infected Flesh 05.16
3.Disfigured Your Face 04.32
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In attività da più di dieci anni, con già parecchie uscite all’attivo tra cui il full-length di debutto Intracranial Total Insanity risalente al 2005, i Brutal Murder da Bergamo sono ormai dei veterani dell’underground brutal death italiano e, nella loro storia, ne hanno passate tante, a partire dalle tantissime defezioni che, nel corso degli anni, ne hanno letteralmente falcidiato la line-up.
In procinto, finalmente, di pubblicare il nuovo, sofferto, full-lenght che si intitolerà Death Squad, i nostri hanno diramato questo promo di tre pezzi perché faccia da succulento antipasto del prossimo piatto forte.
I tre brani in questione dimostrano, senz’ombra di dubbio, che i nostri non hanno perso un grammo della loro forza d’urto, né della loro attitudine anche se, probabilmente anche alla luce delle sopracitate vicissitudini, si sono incupiti all’inverosimile. Si parla infatti di tracce granitiche, claustrofobiche ed opprimenti; il ritmo cadenzato dell’opener Zombie Masochrist ne è un esempio lampante: la voce cavernosa di Simon e le rare accelerazioni rendono il tutto simile ad un lento inseguimento di spaventosi non-morti, in pieno stile gore.
I pezzi che restano non si allontanano troppo dal tema di fondo: un genuino e canonico brutal death in stile Cannibal Corpse, fatto di blast beat e chitarre dissonanti, che però rischia spesso la monotonia e che non può neanche contare su una produzione, troppo scura ed impastata, che non riesce a mettere in risalto le pur rare sottigliezze del corposo Brutal Murder sound.
Un indizio sufficiente di vitalità per questa band: niente di eccezionale per ora ma, per un giudizio complessivo, attendiamo il grosso con tanti auguri di pronta pubblicazione..
Francesco “Darkshine” Sorricaro
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A Voice Untill The End Century Of Luxor
2010, Autoprodotto
Thrash |
http://www.myspace.com/centuryofluxor
Tracklist:
01 Russian Roulette
02 Bend Your Life
03 My Heart
04 Kiss the Pain
05 Centurize Me
06 Lord of the Underworld
07 Far From Luxor 2009 (Bonus Track)
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Dopo un primo demo pubblicato nel 2007, i marchigiani Century of Luxor danno alla luce “A Voice Until the End”, disco identificato da una matrice compositiva prettamente heavy metal. Un heavy metal sostenuto però da sezioni groove che lo rendono epico e arcigno, ben scandito e coinvolgente. Sebbene i brani partano alla grande, poi non corrono ad una velocità tale da renderli accattivanti al punto giusto. Il songwriting tende un po’ a trascinarsi, ma evidenzia nel complesso un sacco di spunti che fanno ben sperare nel futuro. Voce, cori, soli, melodie e idee (Kiss the Pain è davvero un brano riuscitissimo!) sono palesati da una qualità tecnico-esecutiva di tutto rispetto. Certo, la produzione non aiuta a far emergere tutte le raffinate sfumature melodiche che legano le composizioni, ma è importante constatare che il songwriting è azzeccato, fresco e stimola successivi ascolti. Insomma, sembra che gli ingredienti per una grande protata ci siano tutti. L’unico consiglio che mi permetto di dare è d’accellerare un po’ le ritmiche (così come su Lord of the Underworld). Per il resto non c’è che d’attendere; poco ma sicuro: i Century of Luxor stanno per arrivare!
Nicola Furlan
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Tyrannize Elitaria
2009, Autoprodotto
Black |
http://www.myspace.com/elitaria
Tracklist:
1) Radix Propaganda (Intro)
2) Weak Blood Omega
3) Black Soul Rising
4) Randevous In Extinction
5) Armageddon Comes (Outro)
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Atmosfere gelide e cybernetiche per il duo piacentino a capo del progetto Elitaria e artefice di questo EP nato dalla caparbia fusione di Black Metal con violenti innesti industrial. L’aura di pulsante e futuristica violenza iconosclasta trasuda da ogni singolo brano, dove riff serrati supportati da una drum machine priva di sentimento alcuno vengono contaminati da altrettanto spietate digressioni sintetiche, voci filtrate ed angoscianti drappeggi tastieristici, per un risultato finale che tanto ricorda i Limbonyc Art.
I ragazzi con questo Tyrannize dimostrano di avere ben chiara la strada da intraprendere, consegnadoci quindi un prodotto sufficientemente convincente, che tuttavia evidenzia alcuni eccessi di zelo ed una discreta mancanza di soluzioni inaspettate che vadano oltre la mera violenza sonora, pur facendo ben sperare per il futuro.
Alessandro “Belfagor” Cuoghi
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Terrifying Tales Exyition
2010, Autoprodotto
Black Metal |
www.myspace.com/fabri_exyition
Tracklist:
01 Beyond The Dream
02 Winter Wind
03 Exyition
04 Malediction
05 Perverse Mentality
06 Evil’s Son
07 The Last Reality
08 … Black Candles
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Gli Exyition vantano una gavetta di tutto rispetto. Attivi da molti anni nel panorama underground italiano e passati attraverso diverse vicissitudini (tra cui lo scioglimento e la rifondazione della band), sono giunti solo ora alla registrazione di questo disco autoprodotto. Il loro sound si va a inserire prepotentemente nel filone dell’horror metal più teatrale e scenografico inaugurato da Alice Cooper e di cui anche in Italia abbiamo avuto fieri sostenitori come Steve Sylvester e i Death SS.
Il paragone con certi nomi che hanno fatto la storia della musica, però, rischia di risultare piuttosto penalizzante per gli Exyition che, pur dimostrando una notevole attitudine e una gran voglia di fare, finiscono per peccare sotto diversi aspetti. Se la pessima produzione non può essere una colpa del tutto ascrivibile a loro, lo stesso non può dirsi per le composizioni estremamente derivative, quando non ancora non del tutto perfettamente arrangiate. L’aver infilato nella tracklist, tra l’altro, anche canzoni composte negli anni ’90, provoca un senso di “sorpassato” che si sente fin troppo. Infine la prova del cantante Ivan, seppur apprezzabile sotto il profilo strettamente musicale, è inascoltabile nella pronuncia dell’inglese.
Il tempo non sembra esser passato per gli Exyition che sfornano, oggi, un demo che per realizzazione e cura sarebbe potuto andare bene venti anni fa. Il consiglio è quello di impegnarsi maggiormente nello sfruttare la tecnologia e i passi avanti che la musica ha fatto in questo periodo. Un conto è fare oggi un disco che musicalmente si ispira agli anni ’80, un altro è scriverlo e registrarlo come se si fosse ancora a quei tempi e nel frattempo non fosse successo nulla e non si fosse ascoltato nient’altro.
Alex “Engash-Krul” Calvi
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Cygarette Break Heavy House
2010, Autoprodotto
Hard Rock |
http://www.myspace.com/heavyhouse
Tracklist:
1.The Game
2.Try Again
3.Livin’ Without You
4.My Last Dream
5.I Want To Live I Want To Die
6.I Got You
7.A Picture of You
8.Hurricane
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Fondati nel corso del 2008, ma attivi come nucleo di musicisti sin dal 1999, gli Heavy House, si manifestano dalle zone dell’interland milanese con una proposta decisamente radicata in territori hard rock, lontana tuttavia, da stilemi troppo tradizionali o vicina alla classicità. “Cigarette Break”, è il loro primo full length auto prodotto.
Come espresso in via del tutto esplicita dalla bio del gruppo, le coordinate stilistiche prendono animo da realtà consolidate di “nuovo” rock d’oltreoceano quali Creed, Nickelback e Alter Bridge, campioni di una tendenza sonora che miscelando post grunge con architetture vecchia maniera, hanno dato vita ad una corrente musicale dotata di caratteri distintivi propri e definiti.
Elementi ben distinguibili anche nell’approccio degli Heavy House: chitarre robuste e sempre in primo piano dai toni di preferenza “ribassati”, voce pulita, maschia e dotata d’espressività (quella del bravissimo Davide Garra) ed un gusto per cori e ritornelli che non ha molto in comune con la spensieratezza e le aperture del rock ottantiano, quanto piuttosto, contrassegnato da una tendenza alle armonie “chiuse” ed alle atmosfere spigolose e cupe.
I quattro musicisti, forti di un produzione dignitosissima, mostrano un background di buona levatura ed una preparazione senza dubbio adeguata, con menzione doverosa per l’ottimo guitar work dello stesso Garra e di Edoardo Cristina, primi fondatori della band.
Manca ancora qualcosa nello studio delle melodie, non sempre ficcanti e memorabili, ma nel complesso, la qualità del lavoro prodotto dagli Heavy House mette in pista brani di buonissima fattura (le potenti “Try Again”, “Hurricane” ed il torrido blues “A Picture of You” su tutti), lasciando intravedere una prospettiva futura che per il combo meneghino potrebbe senza dubbio rivelarsi foriera di discrete soddisfazioni e buonissimi riscontri.
Fabio Vellata
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Born To Be Highway Dream
2009, Autoprodotto
Hard Rock |
http://www.myspace.com/highwaydream
Tracklist:
1.Highway Dream
2.Glass Gisguise
3.Let Me Be Your Breathe
4.Born To Be A Rockstar
5.Rock You Like An Hurricane (Cover Scorpions)
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Poco più di un timido approccio al mondo discografico quello degli Highway Dream, hard rock band originaria di Cremona che arriva con “Born To Be “ alla release del primissimo demo in carriera.
Confezione elegantissima, artwork curato ed immagine decisamente professionale, sono per ora tra le poche vere caratteristiche di spicco in dote al quintetto lombardo.
Un songwriting piuttosto approssimativo, un impatto tutto da costruire ed un amalgama che talvolta appare un po’ forzata, contribuiscono, infatti, a limitare gli entusiasmi, invocando la necessità di maggiore sicurezza e migliorie assortite.
Presi singolarmente, i cinque musicisti non sembrano certo degli sprovveduti. A partire dalla sezione ritmica per giungere in particolare, alla coppia d’asce composta da Nicholas Corbari e Roberto Zoppi, il livello dei valori parrebbe di buon auspicio per la realizzazione di qualcosa di positivo.
È l’insieme che, allo stato attuale, non funziona a dovere e mette sul piatto un nucleo di canzoni un po’ impersonali e non ben assemblate (una traccia lasciata all’anarchia come “Glass Disguise” è molto indicativa), appesantite oltretutto, da una produzione estremamente artigianale e priva di profondità, inadatta a porre in risalto gli strumenti che così appaiono spesso relegati in secondo piano rispetto al cantato della singer Isabella Gorni, singer in possesso di buona timbrica ma ancora alla ricerca di un’identità artistica definita.
Risultati decisamente migliori con la cover della celebre “Rock You Like An Hurricane” degli Scorpions. Sempre poco dinamici i suoni ma alquanto più incoraggianti gli esiti.
Le basi esistono, i frutti per ora sono ancora pochi. Non c’è da scoraggiarsi ad ogni modo: gli agognati passi in avanti arriveranno con tenacia e costanza, caratteristiche che, ne siamo certi, a true rockers come gli Highway Dream non mancheranno senz’altro.
Fabio Vellata
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Abstract Hyper Dimension
2010, Autoprodotto
Prog |
http://www.myspace.com/hyperdimensionprog
Tracklist:
01 Intro
02 Prejudice
03 Prison Dream
04 Fortress of Solitude
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Provenienti dai dintorni di Modena, gli Hyper Dimension nascono nel 2006 in seguito all’incontro tra il batterista Francesco Torelli, il bassista Matteo Dargenio e il tastierista Giacomo Ferrari, tre ragazzi accomunati dalla passione per il progressive metal e interessati a mettere in piedi una cover band dei Dream Theater. I ranghi del gruppo si completano solamente due anni più tardi con l’arrivo del chitarrista Denis Ablondi e del cantante Gianvito D’Anna, e da quel momento i cinque emiliani decidono di accantonare definitivamente il progetto tribute band per dedicarsi alla realizzazione di pezzi propri. Il genere proposto nelle tre tracce che compongono questo Abstract, primo demo completamente autoprodotto dato alle stampe nel febbraio del 2010, è orientato soprattutto verso un progressive metal piuttosto arioso e melodico, a cui va ad aggiungersi una spiccata componente power oriented (sulla scia di gruppi quali Ashent, Dgm e Astra). Un lavoro che non fa certo leva sull’innovazione a tutti i costi, ma che rivela tuttavia un songwriting già discretamente maturo e organico, ben equilibrato tra tecnica strumentale (mai eccessivamente fine a sé stessa) e inserti di natura più melodica, e sorretto in questo caso da una produzione ottimale sotto ogni punto di vista. Certamente, tre soli brani sono ancora troppo pochi per poter valutare in pieno le capacità compositive della band, ma ciò non toglie che questi Hyper Dimension siano riusciti con questo Abstract a dare alla luce una manciata di pezzi abbastanza interessanti, formalmente inappuntabili, e decisamente godibili. Un gruppo sicuramente promettente e da tenere ben a mente per il futuro.
Lorenzo Bacega
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In This Pain In This Pain
2010, Autoprodotto
Heavy/Gothic Metal |
www.myspace.com/inthispain
Tracklist:
01 Alone in the Dark
02 Requiem
03 Everything Ends (after death)
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Cos’è questo CD? La domanda è lecita perchè nella discografia della band non ve n’è traccia. Gli In This Pain han visto la canzone “Only Dust” pubblicata sulla collection “The Funeral Vol. 4” e dovrebbe uscire a breve il loro demo “Bloody Tears”. Di altro non vi è traccia. Che sia un promo limitato a sole 3 tracce destinato alla stampa? Spero non sia così, perchè un atteggiamento simile non è accettabile neanche dalle band più blasonate, figuriamoci da chi ancora deve farsi le ossa nell’ambiente. Passando, comunque, a parlare del CD, bisogna dire che sole tre tracce son un po’ pochine per riuscire a farsi un’idea perfettamente chiara di un gruppo. Ciò che emerge da queste canzoni, tra l’altro, non è neanche un giudizio ompletamente positivo. Le composizioni indugiano nella ricerca di melodie
facilmente orecchiabili, col risultato, però, di suonare fin troppo classiche, addirittura già sentite.
Il gruppo, inoltre, punta tutto, troppo, sulle qualità della singer, peccato in cui hanno indugiato molte band, spesso con risultati non esaltanti. Lo stesso succede agli In This Pain, troppo concentrati a esaltare la propria frontwoman per costruire canzoni in grado di
reggersi in piedi da sole. Per fortuna non ci sono solo aspetti negativi in questo demo. La cantante Keys sembra, infatti, dotata di una bella voce e di una buona tecnica e con il giusto supporto da parte del resto della band potrebbe davvero essere quel qualcosa in più in grado di far notare gli In This Pain a qualche casa discografica. Il consiglio, quindi, è quello di impegnarsi di più sul fronte del songwriting per trovare una propria dimensione di originalità e personalità.
Alex “Engash-Krul” Calvi
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Injury Injury
2009, Autoprodotto
Thrash |
http://www.myspace.com/injuryviolence
Tracklist:
01 Busy Killing
02 Denying My Soul
03 Fear Of Nothing
04 The Last Act Of Defiance (Exodus Cover)
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Gli Injury faranno strada, non ci sono dubbi. Non fosse perchè il promo pervenutoci c’è giunto in formato assai ‘casereccio’, questo EP sarebbe stato collocato direttamente nella sezione demo della nostra home page. Qui songwriting, produzione, idee, ritmiche, voce, soli sono d’ottima fattura. Tutti i conti tornano sia a livello melodico, sia come feeling percepito durante l’ascolto. Un ascolto che mette in moto articolazioni, così come facevano in passato le grandi e dimenticate band del calibro di Sacred Reich, Heathen per il flavour prettamente thrash e Sepultura per quella vena ‘avantguardistica’ iniziata con “Beneath The Remain” collimata nel capolavoro “Arise”. Certo, tutto s’attesa calibrato alle debite proporzioni, ma di sostanza ce n’è in abbondanza e non si fatica a prioettare all’orizzonte un futuro roseo e ricco di soddisfazioni. Anche la produzione è riuscita in quanto energica e ben rappresentante la già autorevole personalità del quartetto emiliano capitanato dal chitarrista Artiö. A quando il full-length di esordio?
Nicola Furlan
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The Saints Are Coming Lintver
2009, Autoprodotto
Thrash |
http://www.myspace.com/officiallintver
Tracklist:
01 Evil Plan
02 Rain of Steel
03 The Crime and the Punishment
04 The Saints are coming
05 WW2
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Da un po’ di tempo a questa parte, in pieno revival anni ottanta, ecco che iniziano a circolare i primi demo di band innamorate del thrash old-school. Gli sloveni Lintver, attivi già da qualche anno nel circuto underground, si collocano di fatto all’interno delle correnti più intransigenti, quelle che non intendono minimamente scendere a compromesso alcuno quando c’è da suonar thrash metal. L’aspetto compositivo è quello sentito ormai mille volte e che tanto andava di moda a fine anni ottanta. In particolare ci si riferisce a quanto concepito dai Testament, di fatto, uno dei punti di riferimento fondamentali per la scena bay area underground. Tale ispirazione deve aver ben che influenzato Bobi (Snemator) al microfono dato lo sforzo profuso ad eguagliare la voce di Chuck Billy, cantante e fondatore dei già citati Testament. Non sono male alcune sezioni ritmiche, ma non ne vanno bene altrettante, davvero troppo legnose sopratutto quando lanciate sul classico incedere hard-core. Qualche solo di qualità sparato qua e là non garantisce un livello di merito apprezzabile. In definitva “The Saints Are Coming” appare un demo realizzato con un po’ di sufficienza. Non è tutto da buttare, ma per un salto di qualità sarà necessario andare ben oltre tutto questo.
Nicola Furlan
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Death Begins My Darkest Side
2010, Autoprodotto
Death Metal |
http://www.myspace.com/mydarkestsideband
Tracklist:
1.My Sixth Sense 03.27
2.Spawning Blood 03.07
3.Altar of Star’s Light 02.55
4.Terror of Reality 03.24
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Da Roma con furore: è proprio il caso di dirlo! I My Darkest Side sono l’ennesima dimostrazione di estrema brillante vitalità della scena capitolina di questi ultimi anni. Sto parlando di una band giovanissima che, dopo soli due anni di vita ha tirato fuori una demo, questa Death Begins, che ha una qualità altissima in tutti gli effettivi: una produzione moderna e di livello eccellente, un packaging curato ed accattivante ed un sound tritaossa che rispetta tutti i canoni attuali.
Quattro brani sono quelli che compongono Death Begins: un poker di compattezza e rapidità che travolge e lascia senza fiato. Influenzati tanto dallo Swedish Death Metal di In Flames e The Haunted, oltre che da alfieri del metal moderno americano come Black Dahlia Murder e Lamb of God, i cinque sono autori di quello che, a tutti gli effetti, si può definire un deathcore diretto e divertente, che assale l’ascoltatore con attacchi taglienti degni di maestri come gli Slayer e lo scuote prima con l’incalzante ritmo black metal di Spawning Blood e poi con il groove di brani come Altar of Star’s Light.
Ottima padronanza degli strumenti e suoni potenti e cristallini per delle tracce dall’architettura ben studiata per tenere alta l’adrenalina nel pit di qualsiasi concerto; ed è forse questo il merito maggiore di questa demo: in un’epoca in cui la speranza maggiore di sopravvivenza per una giovane band è costituita dall’esibizione live, questo prodotto è il perfetto passaporto per conquistare i metal kid di oggi, che intendono più di ogni altra cosa questa musica come valvola di sfogo.
Grande prova di maturità per un gruppo che ha un futuro davvero roseo davanti a sé. Via così!
Francesco “Darkshine” Sorricaro
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Among The Dust No-Chrome
2010, Autoprodotto
Hard Rock |
http://www.myspace.com/nochromerock
Tracklist:
1.Intro
2.Supersonic Journey
3.Birillo Strikes On
4.Desert Soul War
5.Wait Me Here
6.Charlie Don’t Surf (Welcome To Vietnam)
7.Skull 11
8.Masterpiece of Rock n’Roll
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Loro si definiscono “tre fieri harleysti che amano il rock n’roll grezzo che puzza di whisky e benzina” e, proprio come da copione, offrono con “Among The Dust”, primo demo autoprodotto, una manciata di canzoni a base di ruvido e scalciante hard rock da “birreria”.
Lontanissimi da qualsiasi argomento sottile e alieni a discorsi riservati ai fini dicitori, i No-Chrome from Cuneo vanno per le spicce e senza tanti sofismi o giri di parole, piazzano una serie di riff veloci e scattanti dalla riuscita tutt’altro che malvagia, confezionando un EP di discreto valore e resa.
Non confonda l’immagine grezza ed un po’ “cialtronesca” del trio. I ragazzi sanno tenere in mano gli strumenti decisamente bene (l’esperienza non manca, seppur maturata in ambiti diversi da quello dell’hard rock) e, a dispetto della confezione artigianale, i brani suonano in maniera dignitosa e più che accettabile, con una produzione forse non da professionisti, ma ad ogni modo adatta nel restituire il giusto appeal “sincero” ed autentico alle composizioni.
Voglia di divertirsi, poche pretese, tanto rock n’roll e nulla di più. Uno spirito onesto e genuino che piace e fa simpatia, unito a risultati che, in taluni passaggi, ottiengono riscontri migliori rispetto a parecchi colleghi più seriosi e compassati.
Fabio Vellata
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Welcome To The Party Poisonheart
2006, Autoprodotto
Hard Rock |
http://www.myspace.com/poisonheartitaly
Tracklist:
1.Welcome To The Party
2.Lovehouse
3.Baby Strange
4.Sexy Hospital
5.Hellectric Loveshock
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Nati a Brescia nel corso del 2004, i Poisonheart arrivano con “Welcome To The Party” alla pubblicazione del secondo demo autoprodotto.
Protagonista come da tradizione, di numerosi cambi di line up, il gruppo lombardo ha abbandonato le influenze “Ramonesiane” degli esordi per abbracciare in via definitiva quella che risulta essere la propria vera ed autentica essenza, riconoscibile senza possibilità d’errore, a partire dal look vistoso ed appariscente proposto in copertina.
Quella dell’hard rock – glam – come sempre più spesso ascoltato in questi ultimi tempi anche sull’italico suolo – è, infatti, la base stilistica prescelta dal quartetto, improntato nel songwriting ad una miscela che non guarda alle novità scandinave, ma predilige i vecchi maestri d’oltreoceano quali WASP, Poison, Twisted Sister ed Hanoi Rocks, ammantati da un sound deliberatamente seventies.
I risultati sono piuttosto interessanti e, al di là del voluto appeal “cialtronesco” di cui ogni brano è intriso (funzionale in tal senso, la voce sguaiata in stile Lordi del singer Kery Krash), lasciano intravedere una maturazione in termini compositivi ed artistici già in buono stato d’avanzamento.
Con menzione d’obbligo per le riuscite “Baby Strange” ed “Hellectric Loveshock”, il quartetto bresciano pone in evidenza una significativa capacità nell’elaborare trame sonore piuttosto ben costruite ed assemblate – in spregio ad un genere che dovrebbe attenersi ad una logica “primitiva” – realizzate ponendo un occhio d’attenzione ad una struttura che talora non si limita a formule troppo classiche ed elementari.
Tanta energia, discreta personalità, suoni più che accettabili ed un “tiro” anni settanta che affascina ancor prima di piacere, sono insomma, ottimi punti di forza su cui programmare il prossimo futuro.
Fabio Vellata
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Strange Attractors Pollution
2010, Autoprodotto
Hard Rock |
http://www.myspace.com/pollutionweb
Tracklist:
1.In The Beginning
2.Going To Infinity
3.Raining Diamonds
4.Maniacal Romance
5.A Shot Burn And Kill’em
6.Fearful
7.R.I.P.
8.Step Off
9.Take Me Down
10.Bad Joke
11.Red Hole
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Originari di Perugia, gli hard rockers Pollution propongono un sound ancorato a stilemi glam dall’attitudine selvaggia e dell’impatto diretto, ingredienti base di una miscela sonora ancora in parte acerba ma già foriera di qualche sviluppo interessante.
“Strange Attractors” è il loro primo full length autoprodotto, successore di una nutrita serie di demo ed EP che hanno consentito al giovane act umbro di raggiungere una discreta fama sul territorio nazionale, sfociata nella collaborazione con la nota agenzia Bologna Rock City e nella comparsa, quale band di apertura, in numerosi eventi live d’importanti esponenti del settore.
Sventagliate di alcolico e prepotente hard rock, impennate sleaze e qualche insospettabile deviazione power, innervano il tessuto compositivo delle 11 tracce elaborate dal quintetto italico, ponendo in luce due elementi antitetici su tutti. Uno decisamente di grande valore, l’altro, purtroppo, meno eleggibile a punto di forza.
L’eccellente abilità chitarristica della coppia Luca Montegiove e Andrea Selva è, in effetti, una delle componenti di maggior qualità rilevabili in “Strange Attractors”, autentica marcia in più in grado di fornire colore e slancio ai pezzi. La voce del singer Francesco Rolla, così smodatamente ispirata al celeberrimo mr. Axl Rose nei contorni più sguaiati ed aspri d’inizio carriera, è invece un aspetto dai risvolti non del tutto positivi, talora troppo urlata, caotica nell’approccio e perfettibile nell’interpretazione.
Di tutto rispetto resa e pulizia dei suoni, mentre ancora bisognoso di personalità risulta il songwriting, già piuttosto evoluto seppur inevitabilmente derivativo, ma ad ogni modo sufficiente nel costruire brani adatti ad un contesto live, ambiente, a quanto dato di sapere, molto congeniale al combo perugino.
Un prodotto insomma in linea con la ricca ondata di novità sorte in terra italica, assortito di buoni presagi per un futuro che, migliorate le pecche sin qui molto evidenti, potrà garantire altre e più cospicue soddisfazioni.
Fabio Vellata
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Hvergelmir Warshout
2009, Autoprodotto
Viking |
http://www.myspace.com/warshout
Tracklist:1. This Is My Revenge
2. Dream In Twilight
3. My Last Battle
4. Burning Church
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Forgiati da una vibrante passione per tutto ciò che riguarda la mitologia norrena, i reggiani Warshout si presentano al pubblico con una prima demo fresca fresca, anzi gelida: Hvergelmir, infatti, è il nome della leggendaria sorgente da cui sgorgano i fiumi Elivágar, situata tra i ghiacci del regno delle nebbie e della morte, il Niflheimr.
Musicalmente parlando le quattro tracce contenute nel disco manifestano una proposta incentrata principalmente su un Viking Black/Death Metal semplice e diretto, che punta tutto sull’impatto e l’epicità dei brani. Sonorità di bathoryana memoria si mescolano così a stacchi riconducibili al Viking Death Metal dei mitici Amon Amarth, costruendo un sound globale basato su ritmi serrati alternati a malinconici arpeggi ed aperture più puramente Black. La buona varietà dei brani, capaci di spaziare su più livelli stilistici senza creare ridondanza, conferisce al prodotto discreta longevità, consentendo di arrivare a fine disco piuttosto comodamente.
Ad ascolto terminato l’impressione generale è che le idee, la passione (l’atmosfera prettamente vichinga è quasi sempre presente) e l’umiltà per affrontare il mondo della musica ci siano, ma che vadano supportate da una maggior amalgama delle parti stilistiche e da una personalità più spiccata, lievi lacune queste che risultano comunque facilmente passabili ad una band alla prima esperienza in studio. Il consiglio è quindi quello di continuare lungo la strada intrapresa, senza la paura di osare ad ogni passo qualcosa in più.
Alessandro Cuoghi
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Welcome To The Party Windrow
2010, Autoprodotto
Heavy/Powe Metal |
www.myspace.com/windrow
Tracklist:01 Never Cry
02 Snake or Shark
03 Afterlife
04 Glorious March
05 Go On the Wind
06 Rotten World
07 Inside an Angel
08 Dangerous Game
09 Twilight in Dark
10 Illusions
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I Windrow sono una band piuttosto attiva nel panorama underground. Nati nel 2000 hanno inciso un primo EP nello stesso anno e in seguito due full-lenght. “Dangerous Games” è il loro terzo disco autoprodotto. Oltre al lavoro in studio, i Windrow non si sono risparmiati neanche nell’attività live con diversi concerti all’attivo, anche di spalla a grossi nomi come Vision Divine e Skyclad. Un ruolino di tutto rispetto che, però, va a scontrarsi con quanto si sente ascoltando il cd. L’originalità non è certo il marchio di fabbrica di queste dieci canzoni tra melodie palesemente già sentite e riff “presi a prestito”. Il risultato finale è certamente orecchiabile (per quanto i passaggi in sola voce di “Go On the Wind” sarebbero stati evitabilissimi), ma ben lungi da quella ventata di freschezza che ci si aspetterebbe da giovani leve in cerca di contratto. L’attitudine, la voglia di suonare e di darsi da fare, così come una buona tecnica, sembrano esserci, altrimenti non sarebbero al loro terzo disco autoprodotto. Ciò di cui i Windrow deficiano è di una spiccata e forte personalità che non significa, necessariamente, non essere più “fottutamente metal”, ma solo riuscire a sviluppare un sound in grado di renderli immediatamente riconoscibili. Speriamo davvero ci riescano.
Alex “Engash-Krul” Calvi
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Rebirth Into Essence Xipe Totec
2010, Autoprodotto
Death Metal |
http://www.myspace.com/xipetotecimola
Tracklist:
1.Sarpasattra 05.23
2.Cosmic Sacrifice 04.32
3.The Heretic of Tenochtitlan 05.06
4.Ipalnemoani 05.36
5.From The Abyss to The Cosmos 06.27
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Pura essenza del death metal: questa è la definizione più consona per descrivere gli emiliani Xipe Totec. Prendono il nome dal “dio scorticato” degli Aztechi e dimostrano il loro grande amore per questa particolare mitologia anche attraverso un artwork e dei testi molto curati ed interessanti ma, la cosa che più stupisce di questi quattro musicisti è senz’altro l’immensa tecnica racchiusa nelle trame della loro musica.
Il loro EP d’esordio Rebirth into Essence è difatti composto da cinque tracce di una violenza inaudita, caratterizzate da un gusto per gli arrangiamenti ed un’epicità di fondo che non può non ricordare una delle loro influenze principali: gli ormai leggendari Nile di Karl Sanders, che fanno capolino spesso e volentieri, soprattutto in quei frangenti in cui risuona una certa abilità nel dipingere atmosfere musicali che richiamino certi luoghi o tradizioni. Ciò detto, però, c’è da dire che gli Xipe Totec provano e riescono abbastanza bene ad avere un’impronta propria e ben definita. I brani a partire dall’anthemica Sarpasattra a The Heretic of Tenochtitlan racchiudono la loro anima più aggressiva e brutale, mettendo in mostra ritmiche brucianti e cambi mozzafiato, grazie anche ad una sessione ritmica che fa faville. Le ultime due: Ipalnemoani e From The Abyss to The Cosmos, sembrano invece far parte di un secondo periodo compositivo, dando maggior spazio a quei caldi inserti acustici, creati da una chitarra classica, da piccole percussioni o addirittura da un flauto, che regalano davvero gustosi contrasti di fronte alla maestosità delle riprese ed alla marzialità complessiva dell’album.
Veramente un ottimo esordio per questi ragazzi; unico neo: una produzione buona ma non sempre all’altezza ed omogenea per tutte e cinque le tracce, che non ha comunque impedito al death metal diretto ed articolato degli Xipe Totec di fluire in tutta la sua potenza. Bravi!
Francesco “Darkshine” Sorricaro
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Squaring The Circle Zembus
2009, Autoprodotto
Prog |
http://www.myspace.com/zembus
Tracklist:
01. S.O.T.C.
02. The Storm
03. One Thousand and One Nights
04. Proclaiming I
05. Cry
06. Eternal Stairway
07. Perfect Time
08. Snow
09. Transposing a Moment (While Sleeping…)
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A quattro anni di distanza dal precedente “No Man’s Land”, primo EP ufficiale dato alle stampe nel 2005, tornano sulle scene i liguri Zembus con un nuovo lavoro completamente autoprodotto, intitolato “Squaring the Circle”. Le nove tracce che compongono questa nuova uscita si rifanno a coordinate stilistiche a cavallo tra progressive rock e prog metal, sulla scia di gruppi storici del calibro di Dream Theater, Queensryche e Porcupine Tree, a cui vanno inoltre ad aggiungersi influenze più marcatamente elettroniche. Si tratta di una proposta musicale non del tutto originale quella offerta dal sestetto genovese, anche se sicuramente piacevole da ascoltare e che presenta alcune idee abbastanza valide in fase di composizione (malgrado la presenza di alcune lacune dovute alla relativa inesperienza del gruppo). Molto buona inoltre la prestazione esecutiva offerta da tutto il gruppo (con in primis il cantante e chitarrista Luca Asfalto), sorretta in questo caso da una produzione estremamente curata ed eccellente sotto ogni punto di vista. Un lavoro tutto sommato più che soddisfacente, ben equilibrato tra tecnicismi vari e momenti più votati alla melodia, anche se è innegabile che il risultato finale risulti in fin dei conti piuttosto derivativo. Sicuramente per il futuro bisognerà lavorare più a fondo sulla personalità, così da poter dare alla luce un sound più fresco e immune da paragoni, ma per il momento possiamo senz’altro affermare che la strada imboccata pare proprio essere quella giusta.
Lorenzo Bacega
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