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Furor Gallico (tutto il gruppo)

Di Damiano Fiamin - 3 Febbraio 2012 - 8:00
Furor Gallico (tutto il gruppo)

In occasione del loro primo concerto a Roma, TrueMetal ha avuto l’opportunità di intervistare i Furor Gallico. Gli otto componenti del gruppo si sono gentilmente sottoposti al nostro interrogatorio, raccontandoci aneddoti sul loro passato, parlandoci del loro presente e aprendo qualche squarcio sul futuro. Mettetevi comodi e preparatevi a qualche rivelazione che, forse, non vi aspettavate.

Intervista a cura di Damiano Fiamin

Ciao ragazzi! Sono contento di avere l’occasione di intervistarvi. Cominciamo subito con le basi. Potete raccontarci come si è formato il gruppo? Da cosa deriva la decisione di suonare folk?
Pagan: Il gruppo è nato nel 2007 da un’idea di Stefano, Becky e Melissa, la prima bassista: volevano fondare un gruppo particolare, con archi, violini, eccetera…Si sono incontrati sui forum e poi, pian piano, ci siamo aggregati tutti quanti; la line-up si è definita con il passare del tempo. Abbiamo avuto subito in mente di fare folk, sebbene le sonorità di oggi siano nate col tempo, anche per caso e grazie alle influenze di tutti. Scavando nei nostri background, sono venute fuori le strilla e i miscugli di suoni che senti oggi.
Laura: Tutto è nato dalla passione comune dei membri fondatori del gruppo, dall’incontro tra storia, musica celtica e tradizioni delle nostre terre.

Il vostro folk metal, quindi, non ha solo radici celtiche, ma anche dei legami con il territorio italiano?
Fabio: Il nostro è nato come un gruppo folk e quando pensi al folk ti vengono in mente sonorità di un certo tipo, celtiche appunto. Col tempo, però, si sono legate alle sonorità della nostra terra che sono di un altro tipo. Ogni zona ha le sue. Noi abbiamo parlato in una canzone della fondazione di Milano da parte di un druido, è un classico esempio di leggenda della nostra terra. Poi, le puoi aggregare a sonorità che, passami il termine, possono essere “estere”, pur senza tramutare il tutto in folk scandinavo.
Becky: In effetti, di solito il folk metal porta alla mente tradizioni celtiche e scandinave. Noi, però, abbiamo voluto cercare nelle radici delle nostre tradizioni, in un sentire comune dei luoghi in cui siamo tutti i giorni, per vedere anche l’ispirazione che possono darci. La caccia morta è una leggenda bergamasca, non serve andare a prendere leggende lontane, noi abbiamo preso qualcosa delle nostre parti.

Cosa c’è dietro le idee del gruppo, come si svolge il processo creativo, sia per quanto riguardai testi, sia per la musica?
Ste: Dipende dal pezzo. Principalmente, facciamo tutto insieme, magari c’è uno che presenta un’idea già pronta e gli altri la completano con le proprie, oppure può nascere tutto totalmente in sala prove. Siamo un gruppo molto variegato dal punto di vista di gusti musicali, cerchiamo di inserire più sonorità in modo che risalti il carattere di ognuno all’interno dei vari pezzi. Ovvio, in alcuni risalta più uno, in altri è diverso, ma cerchiamo sempre di variegare la cosa.
Fabio: Infatti, dopo anni che ci conosciamo tutti quanti, riusciamo ad avere un amalgama che è un po’ il nostro marchio di fabbrica. Se senti un pezzo nostro, capisci immediatamente che lo abbiamo fatto noi.
Laura: L’idea può venire fuori anche da parte degli strumenti acustici, a volte, con un’ispirazione che viene dalle melodie bretoni o irlandesi; poi, ci si mette sopra insieme con gli altri e si comincia a strutturare il pezzo. Si può partire, quindi, da un pezzo già formato o da una melodia di ispirazione che ben si adatta alle sonorità metal.
Becky: Ci tengo a specificare che parliamo di pezzi tradizionali inediti, noi non utilizziamo cose già esistenti, arrangiamo o creiamo pezzi nuovi di musica celtica.


Effettivamente, i Furor Gallico colpiscono per un certo pluristilismo. Non solo per quanto riguarda il cantato e gli strumenti, ma anche per i diversi livelli di lettura che convivono all’interno di uno stesso pezzo. Potete dirci qualcosa a riguardo?
Ste: Quello che dici è vero. Succede un po’ perché ognuno ha un carattere diverso e un po’ per scelta; sappiamo che, ad un primo ascolto, possa sembrare che non sappiamo che strada prendere ma è una cosa voluta: invece di prendere la strada più semplice e usare sempre le stesse strutture dei pezzi, preferiamo cambiare sempre qualcosa. Tante volte, capita di sentire gruppi che prendono uno stile e rimangono sempre così. Noi pensiamo che la cosa bella del folk metal sia proprio che non esiste. Il folk non sono altro che melodie e sonorità tradizionali che vengono legati a qualunque genere di metal. E’ bello, quindi, variegare, visto che si può spaziare a tutto tondo.
Pagan: Avendo diverse influenze e componendo insieme, ci viene naturale mischiare. A me piace il brutal death e appena posso metto dentro i pezzi un po’ di pig vocal. Prima di tutto mi piace, poi ci sta anche bene. Se si presentano delle ritmiche più black, si passa allo scream. E’ naturale che ognuno si adatti a quello che c’è.
Becky. Le atmosfere sono differenti anche perché i pezzi non parlano sempre dello steso argomento; c’è quello più riflessivo e quello con l’inframmezzo malinconico, e la melodia va di pari passo. Nel pezzo più movimentato, anche il testo è più movimentato. La scelta stilistica è a sé, testi e musica spesso vengono insieme, c’è una stretta commistione tra i due.
Fabio: “Folk” è un’etichetta che serve per classificare, però è come il pop nel senso stretto del termine, è popolare, può essere qualunque cosa. Lo classifichi così perché hai degli strumenti tipici, ma questo non ti impedisce di avere influenze svariate e collegarle.

Visto che continuate a parlarne, è arrivato il momento di rivelarci quali sono le vostre influenze.
Pagan: BRUTAL DEATH FINO ALLA MORTE!
Fabio: Io sono un patito del rock anni settanta: Led Zeppelin, Jethro Tull, il prog rock italiano come Le Orme. Adesso, mi piace molto l’avantgarde metal scandinavo, tipo Ásmegin, Borknagar
Becky: Le influenze maggiori sono sia black e death metal sia progressive. Aggiungi, inoltre, la musica celtica. Io suono l’arpa e sento musica irlandese, bretone, pur senza smettere di sentire black metal. E’ proprio quando ho iniziato a suonare l’arpa che ho pensato: “Sarebbe bello mischiarla col metal”.
Pagan: All’inizio, quando Becky arrivava in studio con delle nuove melodie d’arpa, noi cercavamo sempre di essere più melodici possibile e lei si arrabbiava, ci diceva di fare cose più cattive!
Fabio: Anche adesso, io e Laura risolviamo sempre tutto dicendo al bassista: “Vai di blast beat!”

Continuiamo con l’aneddotica. Raccontateci qual è stato, secondo voi, il gradino più alto della vostra carriera e qual è, invece, la vostra ora più buia.
Pagan: Ottobre 2010, ero a casa di Stefano a cazzeggiare, suona il telefono e sento che parla in inglese. Dopo un po’ mi dice di guardare l’e-mail perché doveva essere arrivato qualcosa, ma non era sicuro di aver capito bene. Era il cantante degli Eluveitie, che ci voleva come gruppo spalla per il fine settimana. E’ una figata! Uno dei gruppi a cui ti ispiri ti chiama per suonare insieme, quando ti ricapita? E’ una cosa che ti ricordi, abbiamo suonato davanti a migliaio di persone.
Becky: A parte imprevisti nelle trasferte, fortunatamente non abbiamo aneddoti brutti. Abbiamo cambiato formazione più volte, ma siamo rimasti in ottimi rapporti con tutti. Siamo contenti dell’esperienza e dei progressi che abbiamo fatto fino a adesso, non ce lo aspettavamo. Certo, prima di arrivare alla stampa del disco, abbiamo lavorato molto, curato tutti gli aspetti e i dettagli. Se siamo apprezzati, siamo ancora più contenti proprio perché c’è tanto lavoro dietro. Per i pezzi nuovi, stiamo facendo ancora di più.


Potete anticiparci qualcosa sul nuovo album? Parlateci un po’ di questi pezzi nuovi…
Fabio: Stasera proviamo due inediti che saranno contenuti nel prossimo album. Adesso abbiamo una formazione stabile e quindi siamo in grado di fare cose belle toste. Da questo punto di vista, l’essere molto amici, uscire, trovarsi bene e poter parlare liberamente è importante. Noi siamo prima amici e poi membri di una band e questo crea un’alchimia potente.
Becky: Siamo in fase di composizione. A parte i pezzi che faremo stasera, che sono un’anteprima, l’album è ancora in progress.
Ste: Faccio un’anticipazione, se tutti sono d’accordo: quest’estate presenteremo in una data, in anteprima, buona parte del nuovo album. Sarà l’ultima data prima della pausa che ci prenderemo per concludere il disco.

Per quando è prevista l’uscita del disco?
Ste: Avendo una label in Germania, non ti posso dire nulla, non gestiamo noi la cosa…noi andiamo avanti con i lavori, poi si vedrà.

Dove vi trovate più a vostro agio? Siete una band da palco o preferite muovervi in studio?
Pagan: Da un lato, non vediamo l’ora di entrare in studio per fare il nuovo album. Vedere il tuo prodotto nascere e crescere è una figata. Il tuo lavoro si concretizza, è un’emozione che capita raramente, vedi il tuo sudore che prende forma. Quando non suoniamo dal vivo, però, mi manca qualcosa. Già il solo fatto di andare in trasferta è fantastico; come ti abbiamo detto, è come se fossimo una famiglia ed è bello cazzeggiare in macchina durante il viaggio. Poi, vedere la risposta del pubblico, dialogarci…
Fabio: Vedi come il pubblico apprezza quello che fai, se lo recepiscono, se ha l’impatto che credevi o se c’è qualcosa da cambiare. Le modifiche, però, sono rare, proprio perché noi, in effetti, stiamo mesi a rivedere ogni cosa, finché tutti, e siamo otto, non siamo d’accordo. A mio avviso, il live è addirittura più importante dello studio.

Ci avete parlato delle vostre influenze passate, ma cosa ascoltano adesso i membri dei Furor Gallico?
Pagan: Parliamo di musica italiana…Il metal italiano è pieno di gruppi fantastici che non riescono ad emergere. Mi vengono in mente, ad esempio, gli Ad Plenitate Lunae, che sono un gruppo di Udine.
Fabio: Per me, senz’altro gli In Tormentata Quiete, sono una cosa assurda! Italianissimi, con testi in italiano, hanno sonorità folk anche se non come le nostre. Purtroppo, fanno pochissime date…Loro sono di Bologna, io sono piemontese, già per andare in sala prove ti lascio immaginare lo sbattimento, figuriamoci Bologna. Alla fine, in Italia abbiamo tanto underground che non ha modo di uscire fuori, non serve andare a cercare cose fuori.
Becky: Io continuo ad ascoltare musica celtica che vado, magari, a prendere in Scozia, in un negozietto minuscolo…
Ste: Aeternal Seprium, Draugr
Fabio: Li conosci i Folkstone? Mi hanno rubato gli anfibi, una volta che eravamo ubriachi!


Ne avete parlato tutti e, alla fine, voi siete un gruppo di emergenti. Cosa ne pensate della scena underground del nostro paese?
Simo: Io ne faccio parte da dodici anni. La scena underground italiana, da sette anni a questa parte, non esiste più. Adesso è pieno di gente che col primo disco vuole fare i miliardi e comprarsi la Ferrari. Io sono dodici anni che suono con i Bastard Saints e ti dico che dagli anni novanta ad oggi è cambiato tutto. Non c’è più la voglia di dire suoniamo, ci divertiamo e poi, se esce fuori qualcosa, bene. Adesso c’è arrivismo. Non è così l’underground, altrimenti ti vai a fare le cover di Vasco Rossi e Ligabue. Underground è proporre il tuo lavoro nei piccoli club, c’è anche chi non emerge dopo quindici anni e rinuncia ai soldi dicendo, a me piace stare così, non voglio sbattimenti, suono perché mi piace suonare e basta.
Fabio: Poi, è ovvio che sempre vorresti far arrivare la tua musica a più gente possibile, per il messaggio e anche per un ritorno economico. Noi abbiamo al massimo un rimborso spese, eh…Ogni tanto, la gente ci chiede cosa facciamo nel tempo libero, come se noi guadagnassimo da quello che facciamo. Noi, nel tempo libero, suoniamo!
Pagan: Io sto cercando di fare un progetto di rilancio della musica underground che finirà sul web, per andare a creare una sorta di database dove rilanciare quei gruppi che non riescono ad emergere. Certo, non è che potrò fare questo granché, ma se ci si aiuta tutti come una volta, che c’era l’amicizia… Io ho fatto collaborazioni con altri gruppi, ad esempio gli Aeternal Seprium. Anche con i Folkstone, i Gotland, ci diamo una mano e ci chiediamo: “Ehi, ti va di salire con noi sul palco?”. Siamo amici, è normale.
Fabio: Adesso non ci si viene a sentire, non c’è connessione, c’è gente che si lamenta sempre, ma non ha voglia di seguire quello in cui è dentro, gente che suona lo stesso genere di musica. I locali fanno suonare le cover band perché devono guadagnare, perché riempiono, non perchè non vogliono far suonare gli altri, ma perché devono fare soldi; alla fine, anche se partono con le migliori intenzioni, si ritrovano i conti da pagare.
Ste: Secondo me, qualcosa si sta muovendo. Negli ultimi anni, c’è chi stanno rendendo conto e inizia a supportare la scena. Anche a noi abbiamo chi ci sostiene, oltre a gente che dice che il folk non è metal.

Grazie a tutti per la disponibilità!
Grazie a te, e buon concerto!

Formazione:
§    Pagan: Voce
§    Ste: Chitarra, cori
§    Oldhan: Chitarra, cori
§    Fabio: Basso
§    Paolo: Flauti, Bouzouki
§    Becky: Arpa, Voce
§    Laura: Violino
§    Simo: Batteria