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Gardenjia (Raffaele Galasso)

Di Tiziano Marasco - 13 Ottobre 2013 - 15:03
Gardenjia (Raffaele Galasso)

Ciao, e benvenuti su TrueMetal.it. Anzitutto presentatevi un po’. Chi siete, da dove venite, come vi siete conosciuti?

Ciao Tiziano. Io e Giuseppe suoniamo insieme da un bel pò, abbiamo conosciuto Antonio grazie ad un annuncio scritto a mano da Giuseppe. Prima di formare i Gardenjia e registrare il nostro primo ep (Ievads), abbiamo suonato in giro con nomi differenti. Ezio (sax) è subentrato dopo, e da un paio di mesi abbiamo finalmente un bravo bassista (Paolo) con il quale stiamo attualmente provando e registrando.

Da dove viene il monicker Gardenjia? Soprattutto, da dove viene fuori la J di troppo? Sapete che ad uno slavista (ad esempio io) servono dei mesi per riuscire a scrivere Gardenjia al posto di Gardenija?

Complimenti, lo studio delle culture slave è un argomento molto affascinante. Onestamente ignoravo che la posizione della j potesse dare problemi! Una bella coincidenza comunque. Il nome del gruppo è stato creato da Antonio, dopo un lungo soggiorno in Lettonia. Ed è per questo che (almeno per noi) questa parola ci riporta alla mente i paesaggi desolati  e postapocalittici dell’Europa dell’Est, dopo le guerre degli anni ’90. A dire la verità la parola Gardenjia era destinata solo ad essere il titolo di una nostra canzone (che è la prima traccia del nostro primo ep Ievads). Gardenjia parla di una sindrome orribile, la SLA. Il colore disperato e senza speranza di questa canzone è interrotto dal ritornello: I give you a garden/ a garden where you can run/ to take your breath away. Questa piccola luce di speranza, diventa simbolo di una azione titanica e impossibile. Ed è stata questa associazione a farci scegliere Gardenjia come nome per la band. Naturalmente, tutti i riferimenti alla natura che questa parola implica sono perfetti, perché la natura, e il rapporto tra natura e uomo, è uno dei temi principali dei nostri testi.

Come avete deciso di inserire un sassofonista in formazione (anche se su Epo non è molto utilizzato)? Siete rimasti stregati dai Solefald?

Per puro caso. Ezio è un amico prima di tutto, il fatto che abbia partecipato alle registrazioni con il suo sax  è stata una cosa molto naturale, possiede un animo molto musicale e sensibile, quindi credo che avremmo collaborato lo stesso anche se il suo strumento fosse stata un’arpa..! Conosco i Solefald, grandissima band, ma non sono loro il motivo. Credo che l’amore per il jazz di tutti noi ci ha spinti a desiderare un sax nel nostro sound. Per quanto mi riguarda considero Sol Niger Within di Fredrik Thordendal’s Special Defects uno degli apici artistici per quanto riguarda l’inserimento del sax in un contesto heavy, mentre Angelo Badalamenti e i Bohren & der club of gore faranno sempre parte delle nostre influenze.

Come è arrivata la collaborazione con la Memorial? In che modo ha influito sulla ri-pubblicazione di Epo? Quali sono i miglioramenti rispetto all’Epo autoprodotto?

Avevamo una decina di proposte, e quella della Memorial ci è sembrata la migliore. La collaborazione sta influendo in modo molto positivo per quanto riguarda la ripubblicazione, soprattutto a livello mediatico e di visibilità. I miglioramenti rispetto alla prima versione sono diversi. Il mix è migliorato parecchio, infatti non eravamo soddisfatti della prima versione, troppo fredda e senza tridimensionalità. Abbiamo inoltre ridotto all’osso gli arrangiamenti e inserito due nuovi pezzi composti da Giuseppe e riarrangiati insieme (Epica e Ascension),

Siete consci del fatto che il vostro album è stato recensito 5 volte in Repubblica Ceca e viaggia sulla media del 90? Detto in altre parole, sapete di essere molto apprezzati all’estero sin dai tempi del vostro primo demo?

A onor del vero credo che le recensioni siano un pò di più ed è vero anche che abbiamo ricevuto diverse buone recensioni, ma anche stroncature più o meno velate (in Italia, più che altro). Il che non è certamente un problema per noi. Lo diventa quando leggiamo recensioni fatte da incompetenti, più che altro perchè possono disorientare un nostro potenziale ascoltatore. La maggior parte della gente che ci segue è straniera, quindi per noi non è una sorpresa sapere di essere più apprezzati all’estero. Il sito got-djent per esempio ci ha scovati quando ancora non avevamo pubblicato Ievads, dandoci un minimo di supporto mediatico..in Italia non so se una cosa del genere sarebbe mai potuta accadere.

Citi Got-djent. Da più parti siete stati etichettati come djent, ma per quanto mi riguarda la vostra musica, molto lenta ed atmosferica, ha poco a che fare con questo genere. Come vi vedete voi e a quali band vi ispirate?

Grazie, sei uno dei pochi che si è sforzato di andare oltre le etichette. Proprio l’altro giorno mi è capitato di leggere un articolo italiano su una webzine che trattava il djent. Molto pressappochista, l’articolo, teso a dimostrare la superiorità del metal old-school, era condito da commenti di lettori tipo: a morte il djent, ecc. ecc. Tutto questo è semplicemente ridicolo. Personalmente ricordo che fino a qualche anno fa, se dicevi in giro di ascoltare i Meshuggah, ti prendevano per pazzo. Oggi i Meshuggah sono una delle ragioni di rinnovamento di questo genere (il metal in generale), insieme a tante altre grandi band che con il djent non hanno niente a che fare. Questo sottogenere prende in prestito il nome da una parola coniata da Thordendhal per descrivere il suo chugging. Al suo interno troviamo una lunga lista di band. Alcune scadenti, altre grandiose. Ma soprattutto troviamo band che hanno poco in comune tra di loro. Questo a dimostrare ancora una volta che la classificazione per generi serve a molto poco. In tutti i generi musicali al mondo esiste la buona e la cattiva musica, e per quanto mi riguarda questi sono gli unici termini di paragone applicabili alla classificazione musicale. Bisognerebbe imparare ad apprezzare l’arte nella sua complessità e vastità, indipendentemente dalle definizioni. Noi abbiamo una idea di musica più universale, e tendiamo ad assorbire e rielaborare una grande quantità di influenze artistiche che vanno dal cinema alla pittura. Ascoltiamo moltissima musica, dal metal estremo, fino alla nuova scena progressive, jazz e musica classica, il dark e la new wave degli anni ’80, il vecchio progressive, attualmente mi risulta quasi impossibile citare delle band che ci hanno influenzato, sono troppe.

Come si svolge la composizione di una musica complessa come la vostra? Esiste una guida spirituale oppure partecipate attivamente tutti e tre/quattro alla nascita delle song?

Si svolge naturalmente. Le canzoni nascono da singoli riff, dalla visione di un film o di un quadro. Tutti noi componiamo, e quando si arriva ad una nuova canzone, l’arrangiamento finale è sempre collettivo.

Per quanto riguarda il cantato, noto che il clean si rifà a una tradizione molto solida del metal italiano, che parte dalla PFM, continua con i Time Machine e finisce, per ora, coi Vision Divine. Siete d’accordo?

Be è un onore essere accostati a simili pietre miliari. La PFM, gli Area, e gran parte del prog italiano sono una nostra influenza, forse più a livello spirituale che di effettiva contaminazione musicale. I Time Machine e i Vision Divine sono delle grandissime band, ma non rientrano nelle mie influenze. Io adoro i King Crimson ed in particolar modo quelli di Adrian Belew, Mike Patton, I due Buckley, Staley, Hoon  e Cornell, Carmelo Orlando, Darren White e Vincent Cavanaugh, Devin Townsend Anneke van Giersbergen, Jim Morrison e tanti tantissimi altri.

Posto il fatto che neil tuo growl è asoolutamente indecifrabile, ho notato per quanto riguarda il clean che avete delle parti in italiano. Da dove viene questa scelta? È difficile scrivere e cantare in italiano?

Posso risponderti che dipende. Ci sono canzoni come Epica dove il growl è stato eseguito con l’intento di far capire ogni parola, e altre come Ante rem dove si è cercato volontariamente uno scream più urlato e sofferto da mangiarsi le parole. L’inserimento dell’italiano nelle parti clean in sezioni chiave dei nostri pezzi è qualcosa di cui vado orgoglioso, posso dire di odiare tante cose del nostro paese, ma di amarne tante, per fortuna, e l’italiano è la nostra storia. E’ una lingua musicale e sensuale e non mi riesce difficile usarla nella nostra musica.

Oltre a ciò, a cosa è dovuto il nome Epo e di cosa parlano i testi?

Epo è un nome trovato per caso mentre ne cercavo uno per il nostro primo album. L’idea è nata dalla lettura di un articolo di carattere scientifico che ipotizzava l’uso dell’epo per la cura della Sla, che è stato appunto il soggetto del nostro primo pezzo insieme. Mi è sembrato naturale scegliere Epo come titolo dell’album in quanto ideale continuazione di Ievads. Inoltre letta al contrario rimanda molto facilmente ad un’altra parola, è  un riferimento ad un film del maestro Kubrick (Il dott. Stranamore) e all’?πος greco. I soggetti dei testi sono svariati. Epica per esempio è stata ispirata dal film di Herzog: Aguirre, flagello di Dio, Ante rem è una sorta di 2001 odissea nello spazio al contrario; Fire walk with me è un velato omaggio a David Lynch, Shapes of greys parla dell’apocalisse e della guerra fantasma perpetrata dalle istituzioni in questi ultimi decenni per eliminare deliberatamente intere generazioni, In blue ed Epo sono dedicate alla natura, Touch of glory parla del destino e del desiderio di immortalità, Giada è un epitaffio, In dusk un viaggio nell’Io più sacro, Ascension è una sorta di Divina Commedia personale.

L’attività live come va? Riuscite a fare molti concerti? Sperate di poter fare una tournée all’estero?

Per ora non abbiamo una vera e propria attività live, abbiamo da poco un nuovo bassista e stiamo lavorando duro per poter suonare dal vivo. Ovviamente speriamo di suonare un pò dappertutto.

Per concludere, salutate quelle capre dei nostri lettori e fornite loro un po’ di vostri contatti.

Un saluto a tutti i lettori di TrueMetal, se volete supportarci potete farlo qui:
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