Gods Of Metal 2006 – Day Four – 4 giugno 2006

Di Alberto Fittarelli - 23 Giugno 2006 - 0:00
Gods Of Metal 2006 – Day Four – 4 giugno 2006

Foto di Paola Bonizzato, Stefano Ricetti, Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli, Alessandro ‘Zac’ Zaccarini
Fornitori ufficiali di TM Live News: Lorenzo ‘heretix’ Fittarelli, Stefano Risso.

Puntata finale per il nostro resoconto del Gods Of Metal 2006: giornata che, come saprete, ha visto in cartellone band che esulano ampiamente dai generi trattati su TrueMetal, e che quindi non vedrete qui recensite; ma che è giusto nominare, anche per la loro più o meno riuscita presenza on stage.

Ecco allora i Soulfly del redivivo Max Cavalera, che hanno saputo a detta di molti rispolverare nostalgie dei Sepultura periodo Chaos A.D. grazie ad una prestazione al fulmicotone; i francamente noiosi Stone Sour (meglio davvero che Corey Taylor continui a pensare agli Slipknot, diciamolo…); degli Alice In Chains il cui concerto non ha avuto un’area di triste amarcord, ma un’energia inaspettata; dei Deftones a nostro parere quasi inascoltabili nella loro monotonia e dei Korn invece – seppur parzialmente fiaccati rispetto ai loro classici show – ancora capaci di dare spettacolo, grazie anche ad un imponente uso di scenografia e “comparse” sul palco.

Ma le star della giornata, quella per cui tante persone – sicuramente la miglior affluenza di tutte e quattro le giornate del festival – sono ovviamente i Guns N’Roses, o meglio ciò che ne rimane. A voi quindi il resoconto della loro esibizione.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Senza tanti giri di parole: è stato tutto sommato un bel concerto. C’era l’attesa (più di un’ora di ritardo), c’era la gente (se non sbaglio, la giornata più popolosa di tutto il Gods), c’era la rockstar (Axl non ha voluto fotografi di categoria B sotto il palco) e i suoi musicisti (3 chitarristi, 2 tastieristi, 1 bassista e 1 batterista: uno stage decisamente affollato). Tra tutti i difetti che avrà avuto lo show dei Guns n’Roses, c’è da dire che l’emozione di vedere di nuovo in piedi un Axl restaurato è stata enorme, così come veder rifare le sue mosse da “ragazzino” che lo resero celebre nei tempi d’oro. Probabilmente quello che abbiamo visto è stato un Axl che ha tentato di proporci una copia di se stesso e, se stiamo parlando di musica, è anche riuscito negli intenti: una scaletta da infarto con tutti i cavalli di battaglia (ma parlando dei Guns, quali pezzi non lo sono mai stati?) buttando in pasto ai più curiosi anche 4 brani dal dibattutissimo Chinese Democracy, che per quanto mi riguarda lasciano il tempo che trovano. E allora ecco snocciolare una dietro l’altra Welcome to the Jungle, Sweet Child O’ Mine, Knockin’ on Heaven’s Door (non proprio eccellente), Rocket Queen, November Rain (con un vuoto intermezzo che ha lasciato piuttosto interdetti e perplessi). …). A risollevare l’ambiente ha contribuito l’arrivo “a sorpresa” di Sebastian Bach, con cui Axl ha duettato su My Michelle e Nightrain rendendole cariche di energia e vigore e infine una Paradise City da strapparsi i capelli per chiudere in bellezza sotto una pioggia di coriandoli rossi, blu e bianchi. Se nelle prime file del pit la gente si schiacciava contro le transenne, travolta dall’entusiasmo di rivedere una grande e indimenticabile icona del rock, in fondo la gente abbandonava il campo a frotte delusa, immagino, un po’ per il ritardo accumulato e un po’ perché a causa di interminabili assoli calava pesantemente il coinvolgimento del pubblico ogni manciata di canzoni. Con questo non voglio dire che Dizzy o Finck o Fortus o Thal non siano capaci di suonare, ma semplicemente che chi aveva voglia di cantare a squarciagola non ha decisamente apprezzato queste lunghe interruzioni… Come accennavo poche righe sopra, Axl è diventato la copia di se stesso… Gli anni sono passati anche per lui (con tutti i suoi problemi annessi), per cui la voce non è sempre stata all’altezza della situazione, qualche colpo l’ha perso, ma c’era da aspettarselo. In ogni caso in molti siamo riusciti a rivivere forti emozioni, anche se solo per una sera.

Paola Bonizzato

Una parola finale, o forse anche qualcuna di più, la dobbiamo dedicare ai corollari di questa imponente manifestazione: vediamo di analizzarla in modo ordinato.

La location: obiettivamente, si è registrato un grosso miglioramento rispetto al passato, nelle sue varie versioni. Escluso forse lo stadio Brianteo di Monza, l’Idroscalo non ha avuto rivali quanto a capacità di contenimento della folla (nonostante le previsioni pessimistiche fatte ad una prima occhiata), igiene (parlo della polvere limitata, dei bagni chimici finalmente in numero decente) e possibilità di prendere ombra, garantita dalla presenza di folti gruppi di alberi. Pollice alzato quindi per questa scelta.

L’organizzazione: detto dei bagni, occorre ora passare al settore “sicurezza”. Possibile che le persone fossero obbligate ad uscire dall’arena solo in determinati orari (magari per evitare la fuga dai prezzi da nababbi di cibo e bevande), nonostante fossero in possesso di un regolare biglietto o addirittura di un abbonamento? Possibile che i timbri sulle mani non venissero nemmeno considerati dagli addetti alla sicurezza (e allora che li fate a fare?)? Possibile che il campeggio fosse dalla parte opposta della città e che non fosse stato istituito nessun servizio di navette per raggiungerlo? Possibile – e questa è una cosa che riguarda noi addetti ai lavori, ma non solo – che ci volessero un miliardo di pass per muoversi nell’arena in zone ‘ristrette’ e alla fine non bastassero nemmeno quelli per rientrare una volta usciti per portare qualcosa in auto? Siamo ancora ben lontani da un’organizzazione professionale, spiace dirlo.

I prezzi: credo che ogni commento sia superfluo.

E infine un ringraziamento di cuore a chi ci ha supportato, ci ha fatto compagnia, ci ha fatto divertire durante i 4 giorni di permanenza allo stand di TM: ogni parola anche in questo caso diverrebbe eccessiva, speriamo solo che nelle foto che potete vedere qui sotto troviate l’allegria ed il divertimento di quei giorni!

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

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