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Gotthard (Steve Lee, Leo Leoni e Freddy Scherer)

Di - 12 Febbraio 2008 - 16:22
Gotthard (Steve Lee, Leo Leoni e Freddy Scherer)

Serata all’insegna del Rock (maiuscolo e grassetto obbligatori per la R) quella del nove febbraio, nella quale i ticinesi Gotthard, nostri vicini di casa, hanno ampiamente compensato alla defezione dello scorso dicembre: l’effetto domino ha travolto il “popolo” del MusicDrome di Milano, per uno show che ha confermato, una volta ancora, che il gruppo di Leo Leoni & Steve Lee non teme confronti.

Sono passati diciassette lunghi anni, e i Gotthard mantengono intatto e inalterato, anche davanti a “sole” ottocento persone, lo spirito che li ha accompagnati fino al raggiungimento di tanti sogni: suonare di spalla agli AC/DC, deliziare la piazza gremita di Locarno, il concerto di fronte a trentamila brasiliani, il disco d’oro. Quali saranno i prossimi traguardi? Lo chiederemo direttamente alla band.

Andiamo con ordine. Racconterò nel dettaglio fatti, avvenimenti e curiosità dell’unica data italiana di supporto al nuovo disco, Domino Effect, c’è tanta carne al fuoco: seguitemi.

Reportage a cura di Gaetano Loffredo

9/02/2008 – GOTTHARD – MUSIC DROME, Milano

Ore 16.30: zona San Siro
E’ l’orario tipico di una conferenza stampa che precede un concerto in notturna, e le strade poco trafficate ci consentono di arrivare per tempo all’ex Transilvania Live, ribattezzato in MusicDrome.
Con mio sommo stupore, e questa è la prima vera chicca della giornata, ci troviamo a dover interagire con un promoter del tutto inusuale, il povero Marc Lynn, proprio il bassista dei Gotthard che si è fatto carico di sopperire all’assenza dei promotori ufficiali compiendo un lavoro egregio anche dal punto di vista organizzativo: chapeau.
Una selezione della stampa nazionale (sei giornalisti in tutto), che sosta nel piazzale antistante l’ingresso, viene chiamata a rapporto per un appello semi-improvvisato e, finalmente, compie il suo ingresso nei meandri del rinnovato club. Attraversiamo il locale passando per il palco “under construction” e veniamo parcheggiati in una saletta dietro lo stage: ad attenderci la formazione elvetica quasi al completo, Leo Leoni ci raggiungerà pochi minuti dopo l’inizio della consistente chiacchierata. Ma a voi il compito di giudicare.

Ore 17.15: l’intervista
Steve – Buongiorno ragazzi, finalmente ci siamo. Purtroppo ho avuto problemi legati allo “stress” derivato dai troppi concerti: cinque date consecutive e una di riposo, poi altri cinque e così via. Eravamo e siamo decisi a far bene in Italia e non me la sono sentita di “improvvisare” per quattro date senza la certezza di poter dare il massimo.

Truemetal – Scegliendo di tornare soltanto a Milano, Steve, non credete di aver commesso un torto nei confronti di quei fan che vi aspettavano nelle altre città italiane?

Steve – Certo, e ci dispiace naturalmente. Per quanto riguarda Roma è successo un casino, ci hanno fatto pochissima pubblicità e il risultato è stata una prevendita molto scarsa, ma ci saremmo andati comunque. In Italia abbiamo ancora bisogno di aiuto, ci vuole qualcuno che possa credere in noi. Quando suoniamo in Svizzera vengono da moltissime parti dell’Italia, questo significa che la gente c’è, che la gente è con noi, ma dobbiamo essere supportati di più e meglio. Sembra che l’hard rock stia tornando però, incrociamo le dita, noi siamo in giro da diciassette anni ormai.

Altri Media – Il vostro problema è sempre il solito: la distribuzione del vecchio repertorio.

Steve – Purtroppo si. La BMG, già ai tempi, aveva deciso di mettere in un cassettino i Gotthard ma ora la situazione sembra cambiata a nostro favore grazie anche alla Nuclear Blast.
Devo dire che ero seriamente preoccupato: firmare per un’etichetta che notoriamente si occupa di tutt’altro non era nei miei piani, pensavo che se ad una radio proponevano un pacchettino a firma Nuclear Blast non l’avrebbero nemmeno aperto. E invece ci hanno aperto diversi altri canali e la gente si è interessata a noi, il disco si trova nei negozi e… (nel frattempo sopraggiunge Leo Leoni, ndg).

Benvenuto Leo!

Leo – Ciao ragazzi, avevo anch’io un paio di domande per Steve e per gli altri (risate, ndg). A che ora suoniamo stasera?

Steve – Te lo dico subito: ventuno e quarantacinque.

Leo – Perfetto, faccio in tempo ad andare al carnevale qui dietro l’angolo (risate, ndg).

Altri Media – Vi potreste travestire da Gotthard…

Leo – Sicuramente qui a Milano non ci riconoscerebbe nessuno (risate, ndg).

Steve – Torniamo all’intervista che è meglio (ride, ndg). La Nuclear Blast, dicevamo, ci ha aperto molte porte e a posteriori possiamo ritenerci soddisfatti. In Germania ci hanno sempre venduto leggermente più cattivi e più pesanti di quello che poi siamo in realtà, in Svizzera ci conoscevano più per le ballate, una One Life One Soul o Heaven. Pensate che dalla Svizzera alla Germania la scaletta cambiava quasi completamente per far vedere che eravamo quasi un gruppo metal piuttosto che rock. A loro piace così.

Truemetal – A proposito Steve, “Domino Effect” è un disco relativamente duro, e ad alcuni acquirenti, soprattutto quelli di età più avanzata, possono averlo trovato troppo pesante per le loro orecchie abituate a canzoni come quelle che hai appena menzionato. Che ne pensi?

Risponde Leo – Io penso che le vendite dimostrano che anche i più anzianotti hanno comprato il disco e quindi credo vada bene così. E’ vero che ha sonorità un po’ più pesanti, non proprio dure, è un disco dai tanti colori: si passa dalla ballata, al pezzo intermedio fino ai brani più diretti e rocciosi come l’opener o la title track.

Altri Media – Per quale motivo la radio italiana non ha alcun interesse a promuovere brani mainstream come quelli dei Gotthard?

Leo – Ci sono i sistemi, come possono esserlo quello della Rai o di Mediaset. Ci sono etichette che dettano legge e se tu offri dei soldi a questa ditta beh, lei ti fa girare nelle radio o nelle TV a seconda delle tariffe. Quando uno decide di fare musica rock come la nostra, sa a prescindere che entrerà in conflitto con determinate categorie. Amen.

Truemetal – Ma se in Italia vengono accettate rock band, chiamiamole così, come quella di Vasco Rossi e di Ligabue, perché i Gotthard fanno fatica?

Leo – Questo è un discorso davvero interessante. Vasco, Ligabue e ci metto dentro anche i Litfiba hanno aperto la mentalità dell’italiano medio quindi, diamo atto agli italiani del fatto che sono riusciti ad accettare un certo tipo di sound. La stessa PFM ci provò anni addietro, purtroppo non hanno ottenuto il successo di Vasco anche se lo meritavano ampiamente. Qualcosa si è evoluto, è il sistema che deve dare la possibilità ad una band come i Gotthard di entrare nella piattaforma e salire ad un piano superiore. La musica viene ascoltata, ma c’è qualcuno che filtra e dice a priori ciò che può passare e ciò che non deve passare: in Italia bisogna lavorare su questo problema.

Truemetal – E a questo si aggiunge il problema della lingua: gli italiani sono restii ad accettare un testo in inglese, ne sono sempre più convinto.

Steve – Non lo so, mi metti il dubbio ma fondamentalmente non penso sia un problema di lingua. Insomma, la musica è qualcosa di internazionale. Bah, anche questo discorso è interessante, mi fai pensare al fatto che in svizzera è scoppiata una moda, quella delle canzoni cantate in svizzero tedesco, che più o meno è come cantare in dialetto. Ma il disco più votato è rimasto quello anglofono per fortuna, quello dei Gotthard.

Truemetal – Certo, da voi siete i numeri uno e riempite sette palazzetti da diecimila persone cadauno in dieci giorni. Da noi fate fatica a riempire (affermazione poi fortunatamente smentita, ndg) un posticino come questo…

Leo – Bisognerebbe fare in modo che il rock venga portato nelle piazze, non soltanto nei locali. In Svizzera ce l’abbiamo fatta, spaziando dall’acustica all’elettrica: musica per tutti.

Altri Media – E lavorare un po’ di più sulla vostra immagine?

Leo – Ma se abbiamo perfino pubblicato la copertina di due mucche che trombano? Anzi no, la mucca dietro è ferita e quella davanti la sta portando nella spalla (risate, ndg). Spiegatemi come fa una mamma a far vedere un disco così al figliolo.

Steve – Beh dai, speriamo almeno glielo faccia sentire. Il nostro cambiamento c’è stato, più musicalmente che visivamente, ma c’è stato. Ogni nostro disco rispecchia quello che, in un determinato momento, ci sentivamo dentro: Lipservice è sintomo di un gruppo che si vuole liberare dei “consigli” fasulli e si sente che è fresco, autentico.

Leo – Resta una cosa da aggiungere: noi non accettiamo imposizioni da nessuno, né ne abbiamo mai accettate. C’è un momento per tutto nella vita di un musicista, quando si è presentata l’opportunità di fare D-Frosted non ci siamo tirati indietro, a nostro rischio e pericolo perché abbiamo guadagnato popolarità in diversi paesi ma ne abbiamo persa, ad esempio, sia in Giappone che in Germania.

Altri Media – L’importante è che non vi riduciate a fare una “tavanata” sinfonica come l’ultimo disco degli Scorpions…

Freddy – Io credo che sia un fattore di crescita, negli anni settanta la gente era abituata al rock dei Led Zeppelin e tutti i gruppi a rincorrere il loro sound. Oggi, purtroppo, i rock e i metal fans sono anche più chiusi di allora e fanno fatica ad accettare le novità: parlo di chitarra acustica, di orchestra e di tutto il resto. La gente ha la mente chiusa.

Leo – A me è piaciuto il disco degli Scorpions (anche a me, ndg). Ho amato quello dei Metallica con l’orchestra e adoro quando il rock si avvicina alla musica classica. I rockettari di una volta erano Mozart, Wagner e Beethoven, senza nessun dubbio. Io non escludo un disco dei Gotthard con l’orchestra.

Steve – A me, invece, il disco degli Scorpions non mi ha fatto una grande impressione. Ma la novità, oggi, è una sola: Freddy ha parlato in italiano (risate, ndg).
A parte gli scherzi, l’arrivo di Freddy è stato una ventata d’aria fresca nella band, e su Lipservice si sente.

Truemetal – Siete perennemente in Tour, da Lipserviece a oggi possiamo quasi parlare di “Tour De Force”: gli stimoli restano intatti?

Leo – La voglia rimarrà fino a quando ci saranno giorni come questi: gente come voi si presenta e ci fa le domande più disparate. Il giorno che perderemo questo privilegio, perderemo anche le nostre motivazioni: se nessuno chiede più di te vuol dire che devi smettere. Quando la sala si riempie non hai bisogno di altre motivazioni, certo, ci sono sempre le rispettive famiglie che ci aspettano a casa, ma fa parte del gioco.

Steve – Tutto sommato anche dopo diciassette anni abbiamo scoperto che per tanti paesi siamo un gruppo tutto da scoprire, un gruppo nuovo, Spagna, Portogallo e la stessa Italia. Questi paesi ci fanno venir voglia di continuare a crederci.

Altri Media – Quali sono i paesi che vi hanno regalato più soddisfazioni? E quali meno?

Leo – L’Italia è il paese per il quale abbiamo il dente avvelenato, se è quello che volevi sentire. Non è colpa dei fan, sappiamo di averne tanti anche qui. Sappiamo che attualmente in Italia ci sono anche problemi di ordine economico, i ragazzi vengono al concerto ma non possono permettersi di fare 250, 300, 500 Km per seguire il gruppo preferito. Tra i paesi che ci hanno regalato maggiori soddisfazioni non posso non tener conto del Brasile: nell’ultimo concerto c’erano trentamila persone, impressionante.

Truemetal – Parlate spesso di obiettivi raggiunti Leo, mi hai raccontato le tue emozioni quando avete fatto da spalla agli Ac/Dc, quando avete suonato nella piazza gremita di Locarno, fino al raggiungimento del disco d’oro: quali sono i nuovi obiettivi?

Leo – Che gli AC/DC facciano di spalla a noi, chiedo troppo? (risate, ndg)

Steve – Uno degli ultimi obiettivi che avevamo era riempire l’arena di Zurigo e ci siamo riusciti di recente. Vogliamo fare la stessa cosa in altri paesi, questo è il nostro prossimo vero obiettivo.

Truemetal – Senti Steve, che mi dici della tua collaborazione con Arjen Lucassen?

Steve – Arjen mi ha mandato il disco da pochissimo e non ho avuto tempo di ascoltarlo in modo approfondito. Quelli che pochi sanno è che io con Leo sono stato in Olanda nell’ottantasette perché dovevo diventare il cantante dei Vengeance di Lucassen che, tra l’altro, mi piacevano moltissimo. Con Leo non avevamo ancora definito il nostro progetto Gotthard ma per me era troppo presto e non me la sentivo di fare il cantante a tutti gli effetti. Siamo rimasti in contatto e mi ha cercato diverse volte in questi anni ma, pur avendo voglia, non mi sono mai deciso. L’anno scorso, quando è stato registrato il disco degli Ayreon, avevo un attimo di pausa prima del tour e ci ho provato: è stato bello anche confrontarsi con quei nomi. E’ stato bello lavorare con lui ma la mia visione è e resterà sempre l’hard rock dei Gotthard e non sono abituato alle collaborazioni esterne. Vedo questo progetto Ayreon come un qualcosa di buono per la nostra band, non soltanto per me: qualcuno che non ci conosce si chiederà chi è quello svizzero che canta sul disco e, non è detto che possa avvicinarsi a noi.

Leo – E’ importante mantenere un punto di riferimento, sempre e comunque. Lasciarsi “comperare” ogni qual volta ce ne sia l’opportunità non è corretto.

Truemetal – Ragazzi, dopo diciassette anni il rock è ancora quotidianità, divertimento, allegria, belle donne e belle auto?

Steve – Abbiamo mangiato tanta merda ma ci siamo presi anche tante altre soddisfazioni. Il nostro target oggi è un po’ più elevato ma ti confesso che il rock è anche quello.

Truemetal – E se il rock è quello, come mai, Steve, nell’ultimo disco hai scritto testi così “tristi”? Non hai passato un buon momento, è così?

Steve – I testi rispecchiano quasi sempre il momento che stai vivendo e anche di recente abbiamo avuto brutte storie riguardo a gente che cercava di approfittare di noi. Nel frattempo ho avuto un divorzio e beh… è vero, i testi sono lo specchio della mia anima. Devo anche ammettere che la musica si prestava bene a certi testi.

Marc Lynn – Scusate ragazzi se vi interrompo, purtroppo per voi ma anche per noi, è giunto il momento del sound check (risate, ndg).

Ore 18.00: il sound check
Proprio così. La band ci permette di restare all’interno del locale per seguire un sound check di una durata spropositata, tanto che lo stesso Steve Lee, tra il frustrato e il divertito, esclama al microfono “il problema dei Gotthard è proprio il sound check: dura quasi come un concerto”. Il tutto per la felicità di una dozzina di presenti, tra i quali segnalo due mitici e altrettanto “suonati” giapponesi giunti in quel di Milano con volo transoceanico soltanto per gustarsi il concerto dei beniamini (e a detta loro, sarebbero ripartiti per il Giappone il giorno seguente…).
Leo Leoni se la spassa con la chitarra acustica a dodici corde che, momentaneamente non “lega” con gli amplificatori, e Steve Lee lo accompagna nella jam session che prevede un medley di One Life One Soul e di Heaven.
Via la chitarra acustica, dentro le elettriche: passano in rassegna una serie astronomica di Gibson Les Paul (Leo Leoni e Freddy Scherer) e nel frattempo Steve Lee si cimenta con un’armonica. E’ poi il turno di Marc Lynn (sempre in vena di scherzi il buontempone) al basso, già messo a punto il suono della batteria di Hena Habegger. Un’ora di accorgimenti che ci permetteranno, poi, di godere di uno suono semplicemente straordinario.

Ore 20.45: Rock ON!
Un velocissimo sound check anche per i The Pythons, gruppo di spalla, e poi il frettoloso rientro nei camerini per dar spazio alla folta schiera di pubblico che si appresta a riempire il MusicDrome.
Le prime file e le gradinate vanno letteralmente a ruba, e ben presto ci si accorge che si tratta di una serata atipica per un locale italiano: quella del tutto esaurito. Alle ventuno (minuto più, minuto meno) non ci sarà la possibilità di acquistare anche un solo ulteriore tagliando e, tra sgomento e sconforto, non ci resta che segnalare un numero consistente di persone costrette a seguire il concerto in esterna. Succede anche questo… ancora.

I “Pitoni” fanno l’ingresso in scena garantendo personalità e una certa dimestichezza nei movimenti, oltretutto, non sembrano per niente intimoriti dal pienone. L’aria è quella che si respira delle grandi occasioni e non resta loro che continuare a promuovere il disco d’esordio, Never:Enough, e presentare un pezzo che andrà a definire il prossimo disco.

Ore 21.45: GOTTHARD ON STAGE!
Finalmente ci siamo. Il quintetto elvetico (cinque più uno, il nostro Nicolò Fragile alle tastiere) sale sul palco sommerso dagli applausi e l’attacco frontale si traduce con la doppietta Master Of Illusion/Gone Too Far. Il momento più “espressivo” coincide con un consiglio di Steeve Lee proprio al termine del secondo brano: “Nella vita i problemi li abbiamo tutti, anche noi della band, perciò questa sera lasciatevi alle spalle i momenti negativi e divertiamoci insieme all’insegna del Rock”. Standing Ovation.

La valanga rosso crociata riprende con un anthem, Top Of The World, e prosegue con l’ultimo singolo The Call prima di travolgerci definitivamente con Hush, il vecchio cavallo di battaglia che non tradisce mai. L’acustica è degna dei concerti a teatro e, un attento sguardo dall’alto della tribunetta di sinistra, mi consente di capire che la gente è impressionata, quasi sbigottita per una qualità sonora raramente riscontrabile all’interno del nostro territorio.

Si torna a sognare con Lipservice, I Wonder, e a “respirare quei meravigliosi anni ottanta” con Sister Moon, brano che mette in rilievo le doti tecniche di Mr Leoni, interprete di un assolo di chitarra elettrica incandescente.
E ancora: Anytime Anywhere, Mountain Mama e Let It Be intervallate da una Tomorrow’s Just Began improvvisata (hanno “consegnato” a Leo Leoni la chitarra acustica sbagliata) e dalla versione acustica (stavolta la chitarra è quella giusta) della commovente One Life, One Soul, cantata e stra-cantata dalle ottocento anime del MusicDrome. Ottocento come ottomila, fidatevi.

L’ultimo disco è il più gettonato e si riparte con The Oscar Goes To…, oscar che destiniamo a Steve Lee per la sublime interpretazione, e con l’impeto della title track nella quale Freddy Scherer si distingue per il grandissimo senso ritmico.
Siamo giunti ai bis, Falling appassiona per il duetto voce-pianoforte, Heaven torna a scaldare i nostri cuori, Lift U Up (richiestissima) ha il compito di far tremare l’ex Transilvania Live e Mighty Quinn chiude la serata lasciando un ricordo indelebile: quello di un gruppo in stato di grazia.

Penso e spero di avervi detto tutto. Il rientro a casa è dei migliori nonostante una velata dose di malinconia che riversa sui nostri volti: non accade tutti i giorni di assistere ad un evento simile, la speranza è quella di rivederli presto all’interno di una location degna del nome che si portano sulle spalle da diciassette lunghi anni. E se non riescono a conquistare l’Italia dopo quanto visto e sentito il nove febbraio beh… meglio non sperarci più. Immortali.

Gaetano Loffredo

NB: un doveroso ringraziamento va agli artefici di una giornata memorabile: Leo, Steve, Marc, Nicolò, Freddy, Hena, Donatella, Marco, Karen, Michele, Natascia, Jacopo (mitico) e Antonella Murrone per le fotografie, Andrea e Chiara. Grazie di cuore.

Setlist:
Master Of Illusion
Gone Too Far
Top Of The World
The Call
Hush
I Wonder
Sister Moon
Anytime Anywhere
Tomorrow’s Just Began
One Life,One Soul
Let It Be
Mountain Mama
The Oscar Goes To…
Domino Effect
Falling
Heaven
Lift U Up
Mighty Quinn