Guida all’ascolto: la top 5 di Truemetal.it – Novembre 2016
ANAAL NATHRAKH – THE WHOLE OF THE LAW
The Whole Of The Law è un disco molto molto bello e che presenta pochissimi difetti. Il 2016 è stato un anno di altissimo livello per la musica estrema e sta continuando a regalare perle fino ai suoi ultimi singulti. Mick e Dave offrono stavolta un prodotto ben suonato, ben arrangiato e con una produzione che non è da denuncia ma direttamente da processo di Norimberga. Leggi la nostra recensione
HAIL SPIRIT NOIR – MAYHEM IN BLUE
La verità è che questo disco vede una grande maturazione, pur rapportandosi ad un predecessore illustre come Oi Magoi. Incastona la dissonante voce del gruppo che lo ha plasmato e pone le basi per farlo entrare nell’olimpo dell’avantgarde. E mette già una grossa aspettativa per quella che potrebbe essere la quarta uscita. Nel frattempo, Mayhem in Blue potrà essere riassunto a meraviglia da un verso presente nel secondo album dei nostri: «Hell is a place full of clocks». Leggi la nostra recensione
DEAD END FINLAND – SLAVES TO THE GREED
“Slaves to the Greed” non è soltanto un capolavoro di modern melodeath. È, il modern melodeath. Tutti gli altri dovranno discendere da esso, ma non lo supereranno mai. Troppa… troppa… troppa… la classe dei Dead End Finland.Troppa. Per chiunque. Leggi la nostra recensione
TREES OF ETERNITY – HOUR OF THE NIGHTINGALE
Potremmo vederlo quale acustico, gothic, doom o qualsivoglia etichetta per poi non raggiungere in fin dei conti nulla, le etichette rovinanaon il piacere dell’ascolto puro. I Trees of Eternity hanno realizzato questo unico manifesto, un monolite che si innesterà nella sabbia del tempo e lascerà che la lacrima caduta al suolo non venga risucchiata dal terreno, quale monito per ognuno di noi. La morte è solo l’inizio e questo è l’incantesimo per avvicinarci ad essa. Leggi la nostra recensione
NEAL MORSE BAND – THE SIMILITUDE OF A DREAM
Diciamo, più realisticamente, che Neal è riuscito a circondarsi di ottimi musicisti e ridare vitalità al suo sound puntando su un accorto recupero di temi allegorico-religiosi e un approccio leggermente più rock-oriented. Brani come “City Of Destruction”, “Draw The Line”, “The Man in The Iron Cage” e “Sloth” restano impressi al primo ascolto, il resto è buona musica. Peccato per il trattamento delle seconde voci, si poteva, si doveva fare meglio. Solo per questo l’album non raggiunge vette ancora più stellari. Leggi la nostra recensione