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Hatesphere (Peter Lyse Hansen)

Di - 22 Dicembre 2005 - 17:54
Hatesphere (Peter Lyse Hansen)

Il 2005 è stato un anno molto intenso per i danesi Hatesphere, con numerosi
concerti in giro per l’Europa e con la pubblicazione di “The Sickness Within”,
un disco interessante che ha messo in luce le buone capacità del gruppo. Poco
prima di salire sul palco di Trezzo (in occasione del concerto con Chimaira e
Dark Tranquillity) Peter Lyse Hansen (chitarrista della band) si è concesso alle
mie domande.

Con queste ultime date è la terza volta che venite in Italia quest’anno.
Ormai possiamo considerarvi quasi italiani?

Ahahaha…proprio italiani non direi, però abbiamo imparato qualche parola in
italiano e abbiamo scoperto davvero un bellissimo paese e un pubblico molto
caloroso. Ogni concerto in Italia è sempre fantastico!

Avete suonato con grandissime band (Kreator, Dark Tranquillity e Morbid Angel)
davanti ad un pubblico eterogeneo. Avete notato delle differenze di approccio
nei vostri confronti? Con chi vi siete trovati meglio?

Ti ripeto che siamo molto soddisfatti di ogni concerto che abbiamo fatto in
Italia. Ricordo che le date di Treviso e Milano con Kreator, Dark Tranquillity
ed Ektomorf sono state grandiose e ci siamo trovati molto bene. Per quanto
riguarda l’esibizione di Milano coi Morbid Angel posso dire di aver trovato un
pubblico leggermente differente. L’accoglienza è stata buona, ma la maggior
parte della gente era lì per vedere unicamente i Morbid Angel. Poi i loro fan
sono un po’ più chiusi rispetto ad altri verso sonorità meno brutali come la
nostra musica e quindi il pubblico si è dimostrato meno partecipe. Certamente
anche con i Kreator e Dark Tranquillity la maggior parte delle gente era lì per
loro, ma siamo riusciti a ritagliarci il nostro spazio con molta più facilità.

Parliamo di musica. Io penso che il vostro ultimo album “The Sickness Within”
sia il miglior disco della vostra carriera. Un lavoro completo, molto aggressivo
ma con una buona componente melodica e soprattutto ben suonato. Sei d’accordo
con me?

Certamente, adoro questo disco e ne sono davvero orgoglioso! Ha un suono
molto pulito e dinamico, ed è davvero molto potente. Abbiamo cercato di scrivere
dei brani molto vari, pieni di cambi di tempo e credo che ci siamo riusciti. Amo
ogni singola traccia del disco.

Come si è svolta la realizzazione del disco?

Abbiamo utilizzato tutto il tempo che è stato necessario, non avevamo dei
limiti precisi. Per registrare la batteria ci sono voluti quattro giorni di
lavoro nei Jailhouse Studios, poi ci siamo recati negli Hansen Studios per le chitarre e per il basso. Ti assicuro che è stato un
lavoro duro… solo per registrare le mie parti di chitarra ci sono voluti cinque giorni,
senza contare il tempo speso a Londra per alcuni dettagli particolari e per gli assoli.
Nel frattempo Jacob ha registrato le vocals nello studio utilizzato per la
batteria. Lavorare duramente ne è valsa la pena comunque.

A partire dal vostro terzo disco “Ballet Of The Brute” avete ulteriormente
estremizzato la vostra musica a discapito di una svolta più melodica che avrebbe
potuto farvi conquistare una maggiore fetta di mercato. Da cosa è dovuta questa
scelta?

Noi facciamo semplicemente quello che vogliamo. Ci viene tutto in maniera
naturale e non ci mettiamo a pensare su come dovrà suonare il nostro prossimo
disco. Ballet Of The Brute è stato un disco molto importante per noi e gli sono
particolarmente affezionato. Poi noi non ci soffermiamo su come il pubblico
accoglierà il nostro disco, anche se devo ammettere che non è che abbiamo
tantissimi fans, non siamo i Korn e non suoniamo metalcore… Suoniamo quello
che più ci piace.

Recentemente avete vinto due award in Danimarca: miglior album e
miglior produzione. Credo che sarete soddisfatti di questi traguardi.

Siamo molto contenti di questi riconoscimenti ovviamente. L’unica cosa che mi
rattrista è che in Danimarca non c’è la categoria Metal per i Grammis, come in
Svezia o in Norvegia ad esempio, e vorrei
che la scena metal fosse più valorizzata.

Parlami della cover dell’album. Ha un significato particolare?

Quando abbiamo scelto il titolo da dare all’album volevamo trovare
un’immagine adatta per la copertina, che rispecchiasse la nostra musica e che
fosse collegata al titolo del disco. Avevamo parecchie idee,
ma alla fine abbiamo scelto una cover semplice e di impatto. Non ha un
particolare significato, è solamente legata al titolo…

Siete passati dall’italiana Scarlet Records alla Steamhammer/SPV. Questo
cambio di label è stato un incentivo per produrre il vostro miglior disco?

Noi cerchiamo sempre di fare del nostro meglio. Non saprei dirti se il cambio
di label abbia influito, certamente con il nostro nuovo contratto abbiamo molta
più possibilità di farci conoscere, ma non credo che sia stato determinante per
il disco.

Un sogno che hai realizzato con la band e uno che non sei ancora riuscito a
realizzare.

Un sogno realizzato è la possibilità di suonare, di produrre album, di fare
concerti e venire apprezzato per questo. Un sogno che mi piacerebbe si
avverasse è di intraprendere un tour in Giappone e Stati Uniti e credo che
presto diventerà realtà.

In questi anni avete conciliato la produzione di buoni dischi con un’attività
live incessante. Come riuscite a sostenere le due cose assieme?

Ormai sappiamo quando siamo pronti per registrare e quando entriamo in studio
lavoriamo al massimo per il tempo che abbiamo a disposizione. Ad esempio per “The Sickness Within”, abbiamo cominciato a comporre qualche canzone prima del tour
coi Kreator, alcune prima del tour coi Morbid Angel, alcuni spunti sono nati
proprio durante i nostri viaggi. Cerchiamo di concentrarci il più possibile e di
focalizzare la nostra attenzione per scrivere buona musica. Non vogliamo però
trascurare i live, che ci permettono di farci conoscere sempre di più. E poi
durante i tour avvengono sempre cose divertentissime…

Ad esempio? Raccontaci qualche aneddoto.

Credimi, impiegherei troppo tempo per raccontare tutto quello che succede
durante i tour…

Almeno dimmi come è stata la vostra esperienza con alcune band di fama
mondiale. Vi siete trovati bene con tutti? Toglimi una curiosità, come ti sono
sembrati Dave Vincent e Trey Azagthoth sotto il profilo umano? Da quello che
fanno trasparire durante i concerti sembrano fin troppo calati nella parte di
deathster “duri e puri”.

Non abbiamo mai avuto problemi con nessuna band, tutto è sempre andato per il
meglio e abbiamo avuto modo di conoscere persone fantastiche. David Vincent è davvero un ragazzo simpatico. Lui non può permettersi di
ridere e scherzare troppo sul palco, lui è il frontman dei Morbid Angel e suona death metal,
deve avere un certo atteggiamento e credo che faccia bene. Mi è sembrata una persona molto decisa e
determinata. Trey invece è più calmo e riflessivo.

A posteriori, avresti voluto cambiare o migliorare qualcosa del vostro
ultimo disco?

Ci sono sempre delle piccole correzione da fare purtroppo, sono cose che
succedono. Sono però sottigliezze che riguardano più che altro noi musicisti,
che non hanno grande importanza per gli ascoltatori del disco.

Sinceramente ti dico che mi sarebbe piaciuto ascoltare qualche assolo in
più. Ad esempio nella mia traccia preferita del disco, Marked By Darkness, c’è
una parte solistica molto pregevole.

La parte finale di quell’assolo l’ha suonata Steve Smyth e penso che abbia fatto un ottimo lavoro.
Lui è bravo in qualsiasi cosa faccia, specialmente come produttore, e l’ultima
dimostrazione del suo talento ce l’ha data con l’ultimo disco dei Nevermore,
davvero un bell’album.

Ok Peter, puoi concludere l’intervista a tuo piacimento.

Ok. Sappiate che amiamo suonare in Italia e cercheremo di tornare ancora in
futuro. Continuate a supportarci, tenete d’occhio il nostro sito e comprate i
nostri dischi, non solo l’ultimo, they fucking rule!!

Stefano Risso