Vario

HungryHeart (Josh Zighetti e Mario Percudani)

Di Marcello Catozzi - 24 Aprile 2009 - 16:25
HungryHeart (Josh Zighetti e Mario Percudani)

Nella volta celeste del panorama dell’AOR italiano sta brillando, da qualche tempo, una Supernova, nel senso che in epoca recente sta facendo parlare di sé una band di indiscusso valore, che nel 2008 ha prodotto un album dal titolo omonimo, che ha registrato un ottimo volume in termini di vendite, soprattutto all’estero.
Ladies and Gentlemen, ecco a voi gli HungryHeart.
Incontriamo, nel clima defaticante e rilassato del dopo – concerto, le vere “anime” del progetto, ovvero Josh Zighetti e Mario Percudani, rispettivamente voce e chitarra del gruppo.

Allora, cominciamo dagli albori: a quando risale l’idea di mettere in pista gli HungryHeart? E a cosa si deve la scelta del nome?
JOSH ZIGHETTI: prima di cominciare col piacere di fare questa chiacchierata in compagnia di un vecchio amico come te, vorrei ringraziarti e ringraziare tutta la redazione per il bellissimo supporto che date alla musica che amiamo. Ora posso partire dal principio: la band si e’ formata nel lontano 1997 d.C. (Anno di Coverdale col grande album dei Whitesnake) a seguito della fine attività di due hard rock cover band Cage Of Angels (Josh & Pingo) e Keys Of Desire (Mario Percudani & Lele). Animati dalla passione che ci legava alla stessa musica abbiamo deciso di formare gli HungryHeart, per essere liberi di esprimere ciò che sentivamo con le nostre canzoni. Inizialmente siamo partiti riproponendo vecchi classici degli anni ‘80; poi, una volta trovato il giusto feeling, abbiamo subito lavorato alla stesura dell’album, il nome è nato di conseguenza, per saziare il nostro “Cuore Affamato” e bisognoso di tutte quelle emozioni che solo la musica sapeva cercare dentro di noi.

Ok Josh. Grazie per l’appellativo di “amico”, un po’ meno per quello di “vecchio”. Ah ah! Ora ditemi: a quali band illustri – parlando di modelli o di stile – vi siete ispirati, quando siete partiti?
MARIO PERCUDANI: tutti noi abbiamo una visione musicale a 360°, che non si limita solo all’Hard Rock che proponiamo con gli HungryHeart. Questo è il motivo per cui ogni componente della band ha anche altri progetti paralleli, che vanno dal Blues al Rock fino al Pop. Parlando però di stili e modelli che ci hanno ispirati inizialmente, credo sia abbastanza facile da intuire ascoltando il nostro album. Siamo molto legati, infatti, a quell’Hard Rock melodico “made in Usa”, che andava soprattutto nel periodo fine anni ’80 e inizi anni ’90. Per dire qualche nome: Danger Danger, Bon Jovi, Bad English, Tyketto, Firehouse, Giant, oltre alle band storiche degli anni ’70 e, perché no, anche un po’ di Southern Rock dei Lynyrd Skynyrd, riscontrabile in brani come “River of Soul”.

Come si è venuto formando il materiale che è stato poi “riversato” nel cd? Quanto tempo è occorso per elaborare le tracce definitive?
JZ: giorno dopo giorno Mario, che è stato l’autore di quasi tutte le canzoni, portava idee da elaborare insieme, consegnando cosi alla band canzoni già strutturate sia dal punto di vista musicale che lirico. Devo e dobbiamo molto al suo contributo a livello professionale e umano.

Potete rivelarci come hanno preso forma le idee, dal momento embrionale fino al parto finale?
JZ: come scritto precedentemente, il passaggio successivo alla proposta dei brani era la ricerca della giusta melodia delle voci e gli arrangiamenti finali degli strumenti. Alcuni pezzi sono stati scritti semplicemente abbandonandoci alla dolcezza di una chitarra acustica, in qualsiasi posto ci potessimo trovare: lungo un fiume, sotto i raggi del sole, in auto guardando la neve cadere, o più semplicemente sdraiati su di un divano davanti al calore del camino, cercando di dare voce al nostro cuore …sempre.

Prima che copiose lacrime comincino a rigarmi il viso a causa di queste immagini così romantiche, mi rivolgo a te, Mario. Riguardo al disco, si tratta di un’autoproduzione?
MP: sì, l’album è stato prodotto dagli HungryHeart e stampato/distribuito dalla Tanzan Music, che ha seguito anche la promozione, oltre ad esserne l’editore.

Guardando indietro, c’è qualche canzone o arrangiamento che cambiereste, oppure il vostro lavoro analizzato a posteriori vi gratifica al 100%?
MP: sinceramente credo sia difficile essere al 100% soddisfatti di un proprio album; c’è e ci sarà sempre qualcosa che, con il senno di poi, avresti voluto cambiare o modificare. Considerando però le modalità, il budget e le difficoltà personali che non solo hanno interrotto diverse volte le registrazioni, ma ci hanno segnato profondamente (la morte di mio padre, del padre di Pingo e della madre di Josh), credo che di meglio non avremmo davvero potuto fare. Ora però, con qualche ruga in più e un po’ più di esperienza, siamo pronti per affrontare un nuovo e più maturo lavoro.

Ditemi qualcosa sull’artwork dell’album. Chi ne è l’artefice? Cosa rappresenta? Un corazòn espinado?
JZ: questa foto raffigura un affascinante dettaglio di un cactus sotto il cocente sole del deserto californiano. Può rappresentare molteplici soggettivi pensieri; personalmente mi piace pensarlo come a un cuore che vive, sempre baciato dal sole, nonostante il supplizio delle spine, come i momenti dolorosi della vita, che restano conficcati dentro per non dimenticarli mai, come lezioni di vita vissuta insomma, per migliorare, per difendersi dal tempo che passa, dal commettere ancora gli stessi sbagli….

Un cuore di rocker, insomma… Bene. Restando in ambito cd, vi ritenete soddisfatti dei riscontri fin qui ottenuti?
JZ: decisamente sì. Abbiamo ricevuto forti consensi all’estero, in Giappone e in altri paesi Asiatici, in America e in gran parte dell’Europa. Come inizio mi ritengo più che soddisfatto, considerando la deludente scena italiana, lo scarso supporto dei promoter e le conseguenti barriere che si pongono tra noi ed il resto del mondo.

Mi risulta che nei primi due mesi siano state vendute un paio di migliaia di copie via Internet, con un maggior flusso di richieste dell’estero. E’ vero?
MP: verissimo. Non solo però tramite Internet, ma grazie anche ai primi distributori e mailorder che hanno creduto in noi fin dall’inizio. Purtroppo questo vale solo per l’estero, poiché in Italia ancora oggi l’album non è disponibile, se non in pochi negozi di dischi o contattando direttamente la Tanzan Music.

Vi aspettavate un successo così immediato?
MP: no, ma soprattutto non ci aspettavamo così tanti riscontri positivi e così tanto entusiasmo. È stato davvero bello scoprire che nel mondo ci sono ancora moltissimi amanti della nostra musica; questa cosa ci ha dato una carica incredibile e ha aumentato in noi la voglia di andare avanti e continuare a scrivere canzoni.

E come spiegate il fatto che soprattutto dagli States sia giunto il maggior numero di ordinazioni?
MP: insieme al Giappone e la Germania, gli States sono stati il paese dove abbiamo avuto il miglior riscontro in termini di vendite; ma mentre per gli altri Paesi ciò poteva essere prevedibile, essendo comunemente i migliori fruitori del genere, per gli States è stata davvero una piacevole sorpresa.

Tornando al vostro album: quali sono le aspettative all’indomani del lancio del cd?
JZ: principalmente quelle di poterlo suonare con dignità nei sempre più problematici canali italiani, dove i gruppi “No Cover” vengono ignorati a discapito di un susseguirsi di band dedite a riproporre canzoni altrui, con risultati spesso scadenti e privi di originalità. Purtroppo conosco personalmente questa realtà ormai da molti anni e, quando fai della musica il tuo unico introito economico, non hai molta possibilità di scelta, ma ciò nonostante bisogna obbligarsi ad impegnarsi parallelamente a qualcosa di proprio, per non morire dentro.

So che state già lavorando sul materiale destinato al prossimo cd. Potete fare qualche anticipazione in merito?
JZ: ti posso anticipare che abbiamo già pronte e in fase finale quasi tutte le song del nuovo lavoro, dove troverai sempre quel sound a noi legato, la melodia e quella positività che ci accompagna sempre. Siamo molto soddisfatti della direzione che sta prendendo, e contiamo di realizzarlo entro la fine del 2009.

Cosa pensate della situazione dei locali nei quali si fa musica dal vivo? Per essere diretti: credete anche voi che si stia assistendo a una preoccupante fase di riflusso, in cui sono avvantaggiati i gruppi che fanno tributo a Ligabue e a Vasco, a scapito di chi suona musica propria?
JZ: mi riallaccio al discorso di prima: io stesso suono nei Bad Medicine (Bon Jovi Tribute) ed in altre situazioni cover da molti anni, e adoro sperimentarmi cantando pezzi di vita altrui, ma, come gran parte dei musicisti, del resto credo che arrivi spontaneamente l’esigenza di proporre musica propria. Nonostante questo ritengo che il suonare “live” sia come disse anche Billy Sheehan (Mr Big): “la miglior scuola che esista!” e, come disse il buon vecchio BB King: “Non sarai mai un uomo di Blues se non hai il chilometraggio!” ah!ah! Concludendo, ho il completo rispetto per ogni musicista che cerca di sopravvivere facendo ciò che ama; purtroppo l’Italia delle cover paga il prezzo di ciò che la massa ascolta…sempre che tu sia abbastanza sensibile per capirlo.

Mmhh… illustri citazioni. Bravo Josh, si vede che hai studiato! Truemetal è stato, di recente, al primo Gods of AOR della storia, tenutosi a Milano nello scorso febbraio. Come mai all’ultimo momento avete dato forfait?
MP: purtroppo il nostro forfait è avvenuto solo il giorno prima dell’evento e abbiamo informato tutti tramite la nostra pagina di Myspace e tramite la nostra mailing list, motivandolo in maniera diplomatica: “divergenze con l’organizzazione”. Questo perché non era nostra intenzione creare un “caso”. Come abbiamo già avuto modo di spiegare, le motivazioni erano reali e concrete, ma soprattutto non ci hanno lasciato altra scelta. Ci tengo, però, a dire che gli HungryHeart non sono una band che fa capricci; tutti noi abbiamo sempre suonato semplicemente per il piacere di suonare, anche in situazioni estreme e difficili, ma l’importante e che ci sia il rispetto. Non è comunque mai stata nostra intenzione creare una polemica; la questione per noi è finita il giorno dopo, anche se siamo stati costretti a spiegare pubblicamente come sono andate le cose in un noto forum di Hard Rock, ma solo perché era giusto che tutti sentissero anche la nostra versione dei fatti. E credo davvero che tutti abbiamo compreso perfettamente le nostre motivazioni. Ci dispiace molto non aver partecipato a quella serata, ma ci dispiace soprattutto per tutte le persone (fans, amici, appassionati di AOR/HR) che, come ci hanno scritto via mail, sarebbero venute per assistere al nostro show e che alla fine anche loro hanno dato forfait. Ci saranno comunque molte altre occasioni per rivederci on stage!

A questo proposito, scusatemi se insisto, però, visto che in questi ultimi tempi in Italia la situazione dei locali e dei concerti è in fase di preoccupante peggioramento, permettetemi di girare il coltello nella piaga. Ci risulta che, in certi locali, gli organizzatori siano soliti pretendere addirittura dei soldi dalle band per suonare, magari non nel ruolo di headliner ma come supporter a un evento già fissato. E’ questo il caso?
JZ: purtroppo è proprio quello che sempre più spesso succede in Italia ed è anche la dimostrazione che siamo davvero arrivati alla frutta! Spesso sono i gestori dei locali che, anziché riconoscere un cachet o un rimborso spese alle band, chiedono che siano le stesse band a piazzare, come in questo caso, il numero di biglietti necessario per una buona riuscita dell’evento. Beh, credo sia troppo facile fare i gestori quando sono gli stessi gruppi ad anticipare i soldi degli eventi che si organizzano! Chissà dove andremo a finire di questo passo?

Mah… che dire? Credo che con questa “lotte tra poveri” si vada poco lontano, in effetti. Quindi, nella fattispecie, si può legittimamente ritenere che gli HungryHeart non abbiano inteso sottostare a una sorta di “out-out” imposto dall’organizzatore del Festival (Paolo Morbini, ndr)?
MP: guarda: sicuramente noi abbiamo avuto divergenze con l’organizzatore dell’evento, ma ciò unicamente perché era il nostro unico riferimento e interlocutore. Però sappiamo anche che la stessa organizzazione ha avuto, a sua volta, delle imposizioni da parte del gestore del locale. Non vogliamo, né tantomeno ci interessa accusare qualcuno, se non un “sistema” che può solo fare male alla musica. Detto questo, la nostra opinione è che, specialmente in questi momenti così difficili per la musica, le stesse band dovrebbero cercare di favorire la buona riuscita degli eventi che si organizzano, promuovendo e coinvolgendo più persone possibili. Noi cerchiamo sempre di farlo, con Internet, mailing list, ecc. e, infatti, ai nostri concerti c’è sempre un discreto seguito di fan ed appassionati. Abbiamo fatto lo stesso anche per il Gods of AOR, ma purtroppo è stato tutto inutile per motivi indipendenti dalla nostra volontà.

Tornando alla situazione (per alcuni versi molto triste) del nostro Paese, ritenete che gli amanti dell’Hard Rock e dell’AOR in particolare debbano rassegnarsi ad ascoltare l’amata musica attraverso i propri lettori, o esiste qualche radio che, in coraggiosa controtendenza, promuove questo genere?
JZ: fortunatamente ce ne sono… Colgo quindi l’occasione per salutare Zorro e lo Staff di Radio Lupo Solitario, Marco Garavelli di Radio Lombardia e tutte le emittenti che lavorano duro ogni giorno per promuovere il genere. Continuate così ragazzi. Grazie!

Non avete mai pensato – durante gli inevitabili momenti di sconforto che generalmente assalgono un musicista – di emigrare, magari negli States, dove presumibilmente sussistono maggiori possibilità di mercato?
JZ: a volte penso a quante possibilità avremmo avuto in più, se fossimo nati negli States; forse per noi Italiani sarà più dura realizzarci, ma ti assicuro che il piacere di riuscirci, anche se in forma minore, ci riempie comunque di orgoglio. Amo le mie radici e non rimpiango nulla di ciò che ho fatto e che farò. La vita è cosi imprevedibile che tutto può cambiare.

Altra domanda provocatoria: come mai, secondo voi, il mercato si sta sempre più consolidando a vantaggio dei soliti noti, i cosiddetti “mostri sacri”? In altre parole: perché il successo, in termini di partecipazione del pubblico, arride solo ai grandi eventi, mentre la gente continua a snobbare le band meno eclatanti?
MP: dal mio punto di vista il problema ha un nome ben preciso e si chiama “major”. O meglio, è da lì che il problema nasce. Il momento che stiamo vivendo non è altro che la conseguenza di anni e anni di scelte sbagliate, sprechi e monopolio assoluto da parte delle multinazionali della musica. Personalmente ho avuto modo di collaborare con alcune major e mi sono accorto da vicino di quello che ti sto dicendo. Non fanno più alcuna ricerca musicale, nessun talent scout e spesso l’incompetenza di chi “decide” è a dir poco imbarazzante. Perciò, fatta eccezione per alcuni artisti o gruppi validi arrivati a loro dai rooster di etichette indipendenti, ciò che rimane sono, appunto, i cosiddetti “mostri sacri”. Il resto è costituito da prodotti musicali preconfezionati che tramite le radio ci bombardano in continuazione. Davanti a una tale realtà, è inutile chiedersi il perché di un così grande impoverimento della cultura musicale delle persone, un decadimento totale che di conseguenza ha reso praticamente nulla l’attività live della maggior parte delle band che propongono la propria musica. E’ vero, questa situazione è riscontrabile anche a livello internazionale, ma è altrettanto vero che in Italia è esasperata. Sono comunque convinto che le cose ben presto cambieranno.

Ditemi ora come giudicate la scena AOR attuale, in Italia. Potete indicarci qualche gruppo che, secondo voi, è meritevole di segnalazione?
JZ: credo che assisteremo, a breve, a una nuova rinascita del genere. Sai, dopo tanti anni di silenzio la gente sente la necessità di incontrare di nuovo le melodie e tutte quelle emozioni, sorrisi, lacrime che l’AOR ci ha sempre regalato. Ho notato con molto piacere che band storiche italiane come gli Elektradrive siano tornate con un nuovo album, e altre ancora stanno emergendo: questi segnali positivi mi fanno ben sperare. Però devo ammettere che ho trovato veramente difficile sentire certe sonorità AOR qui da noi; forse ho una concezione troppo tradizionalista del genere, eppure quel modo inconfondibile di comporre, la dolcezza delle melodie vocali, il delicato ma graffiante dolore dei riff ed dei solismi virtuosi (Giant, Michael Tompson, R. Marx, ecc…), quella maturità negli arrangiamenti made in USA, insomma tutti questi requisiti, non li ho ancora riscontrati. Sarà un mio limite forse o forse devo semplicemente aspettare.

Per quale motivo in Italia ci sono così poche band che propongono questo genere?
MP: penso per lo stesso motivo di cui parlavamo prima a proposito della situazione generale italiana.

E come giudicate il trend della borsa AOR a livello mondiale? In flessione? Stabile? In aumento?
MP: sembra che dopo anni di flessione, in questo momento sia in aumento. Certo, non tornerà ai livello di un tempo, ma ci sono segnali molto positivi.

Che musica ascoltate nel vostro tempo libero? Esclusivamente AOR, oppure siete aperti verso altri orizzonti?
JZ: personalmente ascolto di tutto. Quando la musica arriva dal cuore indipendentemente dal genere musicale è sempre una grande emozione, uno stato d’animo, il riflesso di vita di chi la propone, senza limiti di genere.

Mario, posso chiederti qual è il chitarrista al quale ti sei ispirato?
MP: mi è davvero difficile fare un solo nome. Ce ne sono molti e anche differenti tra di loro. Cronologicamente i chitarristi che mi hanno più influenzato sono Jimi Hendrix, David Lindley, Dann Huff, Satriani, Gary Moore, Robben Ford e… tanti altri.

E puoi indicarci quale sia il tuo chitarrista preferito attualmente?
MP: parlando della nuova generazione di chitarristi, credo che nell’ambito Hard Rock Ritchie Kotzen sia quello che sta esprimendo le cose migliori, mentre nell’ambito Rock mi piace molto lo stile di John Mayer.

E tu, Josh, puoi dirci quali siano i cantanti ai quali ti sei ispirato, e quali siano i migliori attualmente sulla scena?
JZ: beh, avrei una lista interminabile: potrei citarne alcuni, ma non vorrei escluderne altri: comunque, per farti qualche nome: da M. Bolton, B. Adams, R. Marx, G. Huges, D. Coverdale, R.J. Dio a Don Henley, BB King, O. Redding, M. Bublé, R. Stewart e poi, ancora: G. Brooks, Randy Travis, ecc. ecc.

Qual è la canzone (o le canzoni) che vi piacerebbe avere scritto?
JZ: una tra tutte: “Free Bird” dei Lynyrd Skynyrd.
MP: sembrerà strano, ma … “How deep is your love” dei Bee Gees!

E ora, spazio alla fantasia, che fa sempre bene allo spirito. Avete un sogno nel cassetto?
JZ: poter fare, un giorno, solo il musicista, senza dover preoccuparmi di tutta quella tensione economica; una vita semplice, ma facendo quello che mi piace, e poter dire che il mio lavoro è la mia passione.

Restando in ambito onirico: con quale band vi piacerebbe andare in tour, come supporter?
JZ: non mi dispiacerebbe iniziare con gli Elektradrive qui nel Bel Paese arrivando poi ai grandi; abbiamo avuto precedentemente un’esperienza come supporter dei Quireboys e devo ammettere che ritrovarli sarebbe un grande onore e piacere, poiché sono splendide persone.

Quali artisti vi piacerebbe annoverare come “special guest” nel prossimo album?
JZ: donerei tutte le chitarre di Percudani per poter avere Dann Huff dei Giant, ah ah! Ma credo che Mario non sia d’accordo… o forse sì?

Siamo arrivati all’ultima domanda. Quali sono i vostri programmi per il futuro? Video? Tour?
MP: abbiamo davvero molti progetti per il futuro e altrettanto entusiasmo per cercare di realizzarli. Al momento stiamo lavorando sul nuovo album e faremo il massimo per cercare di farlo uscire entro il 2009. Mentre, per quanto riguarda il discorso “live”, recentemente abbiamo incominciato la collaborazione con un’agenzia olandese e, a partire dal prossimo autunno, faremo un mini-tour in Europa.

Per finire: sentitevi liberi di fare un saluto ai lettori di Truemetal.
JZ: grazie Marcello per la tua considerazione e amicizia, e grazie a tutta la redazione di Truemetal, per l’opportunità di poter parlare di noi, come anche un grazie a tutti i lettori: ascoltate sempre il battito del vostro Cuore Affamato, perché solo lì troverete il ritmo giusto per prendere la vita.
Rock on!!!

Marcello Catozzi