Immolation (Bob Vigna)
‘Shadows In The Light’ è uno dei dischi estremi dell’anno, un album che
cresce di ascolto in ascolto svelando lentamente tutto il lavoro fatto per
comporlo e suonarlo, e tutte le sue profonde potenzialità: per aiutarvi a
comprenderlo meglio abbiamo contattato il sempre disponibile Bob Vigna, storico
chitarrista degli Immolation, che non si è tirato indietro e ha sviscerato la
sua band fino ai minimi particolari.
Ciao Bob! Iniziamo ovviamente discutendo il sound del nuovo disco: salta
subito all’orecchio il cambiamento stilistico, avete puntato molto di più su
violenza e atmosfere dark, giusto?
“Sono d’accordo con te: il nuovo album suona molto più intenso e
diretto che in precedenza, ma possiede anche molti più ‘ganci’ per
l’ascoltatore, parti che riescono a catturarne l’attenzione, e diversi livelli
sovrapposti di arrangiamenti che permettono alla nostra musica di espandersi
ulteriormente. Siamo molto soddisfatti del risultato. A ripensarci, credo che
fossimo estremamente eccitati dall’idea di comporre nuovo materiale, e il fatto
che abbiamo premuto per avere un album completo appena ci fosse stato possibile
ha fatto sì che il sound risultasse molto più aggressivo; di solito scriviamo
sempre in maniera veloce e spontanea, il che conferisce ai nostri pezzi quel
feeling particolarmente sincero, ma manteniamo anche il giusto spazio per le
emozioni e le sensazioni.”
La produzione ovviamente segue questo tipo di scelta sonora: molto cupa e
oscura, quasi sbilanciata rispetto a quella pulitissima di ‘Harnessing Ruin’…
“Direi piuttosto che ‘Shadows In The Light’ è prodotto molto
meglio: molto più pulito (beh oddio…Nda), ma molto più pesante
e in your face! La produzione è molto forte ma anche dark allo stesso tempo, a
mio parere si tratta infatti di un grosso miglioramento rispetto a ‘Harnessing
Ruin’: si possono sentire tutti i singoli arrangiamenti su cui abbiamo lavorato.
Possiede una grande atmosfera,e come tutti i dischi sui quali abbiamo
collaborato con Paul (Orofino, il produttore, Nda) ha i suoi
tratti distintivi ben evidenti.”
Amo in particolare il riff principale di ‘The Weight Of Devotion’, che mi
sembra sia direttamente collegabile con quello iniziale di ‘The
Struggle Of Hope And Horror’ dall’EP: melodico ma dissonante, tu che ne dici?
“In realtà credo che la
maggior parte dei nostri riff siano melodici e dissonanti! (Ride, Nda)
‘The Weight Of Devotion’ è davvero un ottimo pezzo, heavy e cadenzata, di
solito non ne facciamo molti in questo modo: questa in particolare è un vero e
proprio pezzo unico per noi, una canzone oltretutto molto oscura! Però credo
che ‘The
Struggle Of Hope And Horror’ sia abbastanza diversa, molto più progressiva
del brano presente sul full-length: e crediamo fermamente che anche lo
strumentale sia venuto perfettamente, pur essendo il primo della nostra
carriera. Era il momento giusto per provare a fare qualcosa di simile, e ne è
risultato un pezzo molto epico, ma allo stesso tempo veloce e ben strutturato.
Pensa che per quella canzone mi ci è voluto un giorno intero solo per gli
assoli e i vari strati di melodie sovrapposti, per cui parlerei di un vero e
proprio piccolo progetto dietro ad un pezzo simile; ma siamo felici di avergli
dato vita. Dona all’EP quel pezzo speciale che la gente non si sarebbe aspettata
da noi.”
Apprezzo molto anche la più
atmosferica ‘World Agony’: a cosa si riferiscono le lyrics di questa canzone?
“‘World Agony’ è stata un
po’ una sorpresa per noi per primi: quando provavamo il nuovo materiale c’era
una canzone che emergeva nettamente dalle altre, ma non eravamo sicuri di
tenerla, forse proprio per questo motivo. Ma dopo che tutti i brani sono stati
completati e arrangiati ne è uscito un pezzo così intenso e diverso dagli
altri, con la capacità di riassumere sia le nostre parti veloci e violente sia
quelle epiche e cadenzate, che abbiamo deciso di inserirlo nell’album. Ci è
piaciuto così tanto che è diventata la canzone del nostro videoclip. Il testo
riguarda sostanzialmente la prospettiva del mondo in cui viviamo, con guerre,
corruzione, abuso del suolo su cui l’umanità vive, eccetera: è la
constatazione del fatto che se continueremo a comportarci in questo modo
distruggeremo presto tutto e non rimarrà più nulla del nostro pianeta.”
Puoi spiegarmi il tipo di visuale e di
argomenti che avete voluto utilizzare in quest’album, in generale?
“Tutte le canzoni riguardano
sia le tematiche di attualità, tutto ciò che accade di importante in giorni
cupi come questi, sia argomenti di carattere personale; ci piace infatti
spaziare da temi sia generali che interiori, mischiando diversi punti di vista
per non risultare monotematici: dalla depressione più profonda agli estremismi
religiosi, dalle guerre al dominio politico, alla fine di tutto verso cui ci
dirigiamo senza alcun controllo… Abbiamo diversi temi portanti legati tra loro
insomma, ma preferiamo che la gente tragga le proprie conclusioni da quello che
scriviamo. Ci piace che le nostre canzoni abbiano un significato rilevante, ma
che restino fedeli alla linea dark della nostra musica.”
Immagino che come abitanti di New York
sentiate particolarmente, anche dopo 6 anni, un feeling così ‘apocalittico’…
“Assolutamente: siamo più
anziani di quando abbiamo iniziato e quindi più addentro a quello che ci
circonda, ed è inevitabile che ai primi posti ci sia l’atmosfera di terrore e
l’era del terrorismo in cui il mondo è precipitato negli ultimi anni. Anche per
quanto riguarda i testi ci siamo espansi e credo che sia molto più interessante
cogliere il significato delle nostre canzoni ora, rispetto al passato.”
Che opinione hai delle band brutal/core
che inseriscono testi molto politicizzati nei loro pezzi? Mi riferisco a nomi
come Dying Fetus o Misery Index ovviamente…
“Non ci trovo niente di
sbagliato: ogni artista deve poter seguire i suoi obiettivi. Noi stessi
inseriamo molta politica nei nostri testi, ma come ti dicevo tentiamo di farlo
in una vena più oscura e meno immediatamente percepibile, in modo da rendere le
canzoni interpretabili in diversi modi. Non siamo una band politica, ma devo
dire che siamo arrivati ad un punto in cui passiamo attraverso quei temi, senza
però sconvolgere il nostro stile tipico. Questo è il modo che va bene per noi,
del resto ognuno è fatto a modo suo.”
Cosa mi dici del bellissimo artwork di
entrambe le release, che mi sembra direttamente collegato al feeling
‘apocalittico’ di cui sopra?
“Sven degli Aborted è stato
l’autore di tutte le grafiche che vedi sui due CD, devo ammettere che ha
fatto di nuovo un lavoro fantastico. Amiamo il tipo di soggetto, il modo in cui
l’ha realizzato e i colori che ha usato per farlo. Diciamo che questo artwork è
un po’ più basilare del passato, ma sempre estremamente drammatico, come quelli
degli album precedenti; considerando che Sven ha realizzato anche la copertina
di ‘Harnessing Ruin’, devo dire che queste due nuove uscite, full-length ed EP,
si connettono benissimo sia a quel disco che agli artwork realizzati in passato
da Andreas Marschall.”
Come mai avete deciso di pubblicarli
praticamente in contemporanea? Una scelta alquanto inusuale…
“In realtà l’EP doveva
originariamente uscire due mesi prima dell’album, ma poi la Listenable ha deciso
di iniziare a venderlo ora che stiamo iniziando il tour europeo. Per cui, in
ogni caso, avrete a disposizione un sacco di roba targata Immolation quest’anno!
Entrambe le uscite hanno parecchio da offrire: l’album contiene 10 canzoni nuove
più una traccia video, l’EP ha invece tre pezzi inediti (tra cui il primo
strumentale che abbiamo mai realizzato) e un DVD contenente la nostra
performance al BB King di New York dello scorso anno.”
Ecco, approfondiamo un attimo il
discorso sulle tre tracce presenti su ‘Hope And Horror’: immagino provengano
dalle stesse session dell’album, vero?
“Sì, sono state registrate
nello stesso momento… Per cui è stato anche abbastanza difficile decidere
quali canzoni avremmo messo sull’EP e quali sul disco completo, ma siamo
soddisfatti delle scelte che abbiamo fatto alla fine. Ovviamente siamo stati
subito sicuri di inserirci lo strumentale, ma poi abbiamo scelto anche ‘Den Of
Thieves’, la canzone più veloce e intensa che abbiamo mai composto, più ‘The
Condemned’, che ha un sacco di anime diverse al suo interno, da quella veloce a
quella cadenzata, con dei tocchi di atmosfera stregati. Decisamente particolare.
Queste canzoni sono quindi molto ben distinte e insieme formano 15 minuti di
Immolation inediti, dovete assolutamente dare loro un ascolto.”
Questo è il secondo album che fate col
batterista Steve Shalaty: credi che abbiate finalmente trovato quella stabilità
che vi è mancata sino ad oggi, e che Steve sia il batterista definitivo per gli
Immolation?
“Certo, assolutamente! Steve
ha avuto molto tempo in più per lavorare su questi pezzi, a differenza di
quanto accadde su ‘Harnessing Ruin’: su ‘Shadows In The Light’ Steve ha avuto la
possibilità di inserire molte più parti provenienti dal suo stile personali,
così come dei fill che aiutano a dare maggiore complessità alle nostre
strutture: si è veramente superato su questo disco. E sì, credo che questa sia
la nostra line-up più solida, il che fa decisamente la differenza sia in studio
che dal vivo: ognuno di noi è coinvolto al 100% e mette il cuore in quello che
facciamo.”
Illustrami il contenuto del DVD
allegato a ‘Hope And Horror’, che come dicevi è la ripresa di un concerto al BB
King di New York: dev’essere sempre speciale suonare di fronte al pubblico della
propria città, vero?
“Sì, è stato uno show
splendido, con un grandissimo pubblico, e la Evil Eye Productions ha fatto un
gran lavoro nel filmarlo e montarne le riprese. Il suono è grezzo ma allo
stesso tempo chiaro, e soprattutto le riprese sono ottime, come se ti trovassi
là in prima fila. Si sono impegnati molto per la realizzazione di questo DVD ed
il risultato ha premiato i loro sforzi. Il BB King è sempre un ottimo locale, e
suonare a New York ha davvero qualcosa di speciale.”
So che parteciperete a diversi festival
europei durante l’estate, e che suonerete presto in Italia (in realtà la data
è stata annullata per motivi misteriosi, Nda): com’è tornare dalle nostre
parti? È un po’ che non vi fate vedere…
“Non stiamo nella pelle!
Siamo appena stati in tour, con Grave, Krisiun
& Dawn of Azazel, e ogni band si
è divertita moltissimo. C’è stato estremo rispetto tra noi, e tutto aveva una
grande atmosfera. Suonare in Italia è sempre distruttivo, siete un pubblico di
pazzi! (Ride, Nda) Credimi,
non vediamo l’ora.”
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli