Intervista a Stefano Ricetti (Steven Rich)
INTERVISTA A STEFANO RICETTI aka STEVEN RICH
Alla sezione “interviste” si aggiunge la “predica” dell’esperto conoscitore e vecchio-saggio dello staff Stefano “Steven Rich” Ricetti che, tra una battuta e l’altra, rischia di farvi “perdere” un paio d’ore del vostro prezioso tempo per la lettura di questo monolite che vedete qui in basso. Consiglio pertanto di stampare il tutto, aprire un sacchetto di pop-corn, stapparvi una bella birretta: siete pronti per districarvi tra le cellule neuronali dell’anziano-padre, bersagliato dalle domande di Vincenzo “Enzo” Ferrara.
Buon divertimento.
Steven Rich
Cari lettori, prima di tutto una doverosa premessa: come mia consuetudine nella seguente intervista ho detto la verità senza ricorrere a qualsivoglia allusione per esprimere le mie idee. Si tratta strettamente di opinioni personali, quindi opinabilissime. Ritengo che nel lungo termine la sincerità paghi sempre, nella musica come nella vita, anche se può creare qualche “nemico” in più.
Steven Rich.
Ovviamente il tuo acronimo Steven Rich è la trasposizione inglese del tuo nome e cognome, da quando e perché lo usi?
Tutto nacque alla fine degli anni settanta: si era usi, scimmiottando la moda dell’epoca in ambito musicale, utilizzare anglicismi un po’ dappertutto, partendo in primis dai nomi di battesimo. Il fenomeno era principalmente legato all’esplosione della disco music italiana da esportazione e, di riflesso, anche all’ambiente HM. I vari Den Harrow, P.Lion, Baltimora, Valerie Dore nacquero in quell’epoca. L’origine di “Steven” è riconducibile a quel periodo, poi rafforzatasi ulteriormente qualche anno dopo, dalla storpiatura – da parte di amici – , del mio cognome in “Rich”, richiamando le chitarre B.C. Rich usate da Kerry King degli Slayer e da Blackie Lawless degli W.A.S.P.
So che è dal lontano 1979 (quindi se non erro avevi quindici anni) che segui attivamente e con passione l’HM e in quest’occasione spegni 41 candeline. Hai mai avuto dei momenti nei quali la tua fede ha vacillato?. Come sei diventato un metallaro?
Riguardo la tua prima domanda ti rispondo subito con fermezza: no, mai! Sul come sono diventato un metallaro vedo di riassumere per sommi capi il mio percorso musicale. Si è trattato fondamentalmente di un’evoluzione che oserei definire naturale. Fin da piccolo fui attratto dai suoni “duri” della chitarra, dalla musica ritmata, veloce, e dall’adrenalina che scorreva quando si ascoltavano certi pezzi potenti. Le mie primordiali esperienze riguardarono prevalentemente il rock’n’roll americano: Buddy Holly, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Bill Haley e Little Richard. Ricordo con piacere quando, sia da solo che con amici, si prendeva il pullman per raggiungere l’unico negozio di dischi decente nel capoluogo della nostra provincia, non propriamente vicino alla mia dimora. Durante le gite della scuola poi si faceva il pieno: acquisto di vinili di artisti americani impensabili da trovare nella nostra ridente valle. Il rock’n’roll però mi stava un po’ stretto, cercavo più potenza e violenza nella proposta musicale. Le divagazioni sul tema dei Led Zeppelin non finivano di farmeli piacere, le tastiere dei Deep Purple le vedevo come uno strumento estraneo, i Black Sabbath erano troppo cupi, agli Uriah Heep mancava un “qualcosa”.
Ammetto che anni dopo rivalutai queste quattro grandi band, insieme ai Whitesnake di Coverdale. Cercavo un rock “scoppiettante”, duro e veloce. Il 1980 è stato l’anno della consacrazione: dopo aver acquistato l’esordio omonimo dei Saxon l’anno prima, su precisa richiesta, mia sorella torna da Londra con il vinile di Back In Black degli AC/DC. E’ amore al primo ascolto. La mia “folgorazione sulla via di Damasco” dall’hard’n’roll all’HM avviene però nel momento in cui la puntina del mio stereo graffia per la prima volta i solchi di Wheels Of Steel dei Saxon, un’autentica iniziazione del mio percorso infinito sulle vie del metallo. Considero tutt’oggi Wheels Of Steel il miglior album di heavy metal della storia. Dal 1980 fino a oggi il cammino è stato sempre in discesa: NWOBHM, metallo italiano, HM americano, speed metal, thrash, death, black e così via fino ai giorni nostri.
C’è mai stata un “scappatella” in qualche altro genere musicale?
MAI!.
Mi sono solamente concesso di tanto in tanto qualche concerto di artisti underground non HM nella mia zona più che altro per supportare lo sforzo degli organizzatori. L’ultima uscita risale a qualche mese fa per vedere Massimo Bubola (che proprio underground non si può definire): un cantautore di spessore che con mia grande sorpresa, durante un nostro colloquio, si è dimostrato molto preparato sulla scena HM degli anni ottanta.
Nella foto: Stefano Ricetti con il proprio idolo Biff Byford dei Saxon
Perché TM e non un altro portale? Come ci sei entrato?
Anche in questo caso vale, con gli opportuni distinguo del caso, la “folgorazione sulla via di Damasco” avvenuta per San Paolo. Il tutto avvenne anni fa, praticamente agli albori del sito. Sinceramente non ricordo dove lessi il link al portale la prima volta, si trattò comunque di un contatto nato dalla carta stampata. I caratteri Truemetal scritti alla Iron Maiden, lo sfondo nero, la sezione classici, le valutazioni dei dischi in centesimi, insomma tutto questo insieme di cose mi stregarono immediatamente. Inviai alla redazione una recensione di un classico e già il giorno successivo mi contattò Vincenzo “Enzo” Ferrara (non ti è nuovo questo nome?) via e-mail.
Da lì nacque la mia collaborazione come esterno che mi portò più che altro a recensire classici e, grazie ai miei contatti, a realizzare interviste ad artisti poco mainstream. L’allora mia situazione familiare non mi permetteva un apporto in termini di tempo tale da poter garantire una presenza costante quindi rimasi nello status di collaboratore esterno per un lungo periodo. Come sempre il tempo è galantuomo, lo spazio a mia disposizione crebbe e nel momento in cui mi sentii di poter dare di più a TM per una banale serie di motivi contingenti il matrimonio definitivo non “s’ebbe da fare”. Proprio in quel lasso di tempo venni contattato da un altro sito del settore e mi staccai a malincuore da TM per qualche mese. Non essendoci stato nessun particolare attrito ma più che altro una serie di qui pro quo, ed avendo mantenuto sempre vivo il contatto con te, anche in questo caso “naturalmente” sono poi successivamente approdato ufficialmente in redazione.
Hai mai scritto per una rivista specializzata? Ti hanno mai contattato per proportelo?
Fin dai tempi delle scuole superiori collaboravo con i vari giornaletti musicali di provincia: ovviamente seguivo la parte hard’n’heavy concentrandomi più che altro sulle cronache dei concerti ai quali assistevo. Per un magazine “vero” non ho mai scritto. Sono stato contattato nel 2004 da una pregevole rivista del settore, poi però la cosa non ha avuto un seguito.
Secondo te l’HM ha già detto tutto quello che doveva e poteva dire? Insomma non c’è più niente da inventare in questo tipo di musica?
Ahia Enzo, posso parlare solo dei generi a me affini, quindi epic/classic/power e le proposte musicali del periodo NWOBHM, sul resto non mi posso pronunciare. Purtroppo si, penso proprio che per quanto riguarda le etichette sopramenzionate sia già stato inventato e sperimentato tutto. I tentativi di contaminazione inevitabilmente portano a un distacco dalle radici del genere quindi, in quei casi, mi riesce difficile definire come heavy metal il risultato finale. I confini delle sonorità che amo sono ben definiti e così, a mio avviso, deve rimanere.
La curiosità oggi come oggi, almeno nel mio caso, non è più la ricerca della novità all’interno del genere, bensì il trovare interpreti proponibili che diano linfa fresca a quel tipo di sound. La mia avversione per il Nu-metal non è frutto di una mentalità ottusa: semplicemente non mi dice niente, non mi trasmette emozioni positive, tutto qua. A mio modo in questi 26 anni di milizia qualche sperimentazione sul tema me la sono comunque concessa: in ambito black ho amato tantissimo gli Immortal tanto che At The Heart Of Winter è il mio quinto album preferito di tutti i tempi, apprezzo tuttora gli inserti folk degli In Extremo, le melodie dei Nightwish e le orchestrazioni classiche dei nostrani Rhapsody mi hanno sempre affascinato.
Rockerilla, HM, Metal Shock, Metal Hammer, Psycho!, Flash!, Rock Hard: dammi un tuo giudizio su ognuna di queste testate.
Allora, vado per ordine, concedendo un piccolo spazio anche a Ciao2001.
Rockerilla – la prima, inimitabile, poche pagine in bianco e nero di altissima qualità. Antesignana dell’HM, inarrivabile ancora oggi. Molto spesso rileggo con le medesime vibrazioni di un tempo gli articoli di Beppe Riva, Giancarlo Trombetti, Tiziano Bergonzi, Piergiorgio Brunelli e gli altri.
HM – a differenza di Rockerilla, dove l’hard’n’heavy era purtroppo concentrato in poche pagine, HM era la prima rivista italiana completamente dedicata al genere. Ricordo come se fosse oggi l’emozione quando acquistai il primo numero con Ozzy in copertina nel gennaio del 1986. Per la prima volta si potevano finalmente gustare delle ottime immagini a colori che, fino ad allora, bisognava elemosinare dai magazine stranieri. A livello di contenuti dipendeva fortemente da chi scriveva anche se sicuramente la passione la faceva da padrone su tutta la linea. Finì prematuramente e ingloriosamente per colpa della casa editrice, che sacrificò HM per concentrarsi su un fallimentare esperimento di un quotidiano.
Metal Shock – letteralmente da urlo i primi numeri del 1987 con alla redazione gente come il grande Beppe Riva, Klaus Byron e Giancarlo Trombetti. Poi piano piano l’inesorabile declino. Attualmente non mi posso esprimere in quanto da troppo tempo non leggo la rivista.
PSYCHO! – vedi Metal Shock: inizio scoppiettante e declino successivo. Alcune discutibili scelte sulla linea editoriale mi hanno definitivamente staccato dalla rivista, che non considero più “mia”. Devo comunque ringraziare Fuzz Fuzz Pascoletti che mi rispose gentilmente e altrettanto onestamente mi espose le sue idee nel momento in cui annunciai che avrebbe di lì a poco perso un (fino ad allora) fedele lettore.
Metal Hammer – lo compro da sempre, autentico baluardo del genere che preferisco. A chi lo accusa di eccessiva staticità rispondo con quintali di esempi di coerenza. Oltre a schierare ottimi elementi come Sandro Buti e Fabio Magliano, la rivista di Alex Ventriglia non si è mai concessa alla moda del momento, tenendo duro anche quando i tempi per il metal classico non erano dei più favorevoli. I Running Wild dell’editoria!
Rock Hard – di relativa recente costituzione offre tantissime pagine all’universo metallico. Lo acquisto dal primissimo numero e lo trovo interessante. Certo, prima di assurgere allo stato del fratello tedesco, di strada ne deve ancora percorrere parecchia, ma le premesse per fare bene mi sembra di poter dire che ci siano tutte.
Flash! – particolarmente esaltante la sezione dedicata alla musica defender. Collaboratori come Stefano Giusti e Ulisse Carminati sprigionano vera passione da tutti i pori. Purtroppo nella mia zona è di difficile reperibilità.
Ciao2001 – l’acquistavo solo se in copertina c’era il rimando a qualche gruppo HM. Era l’unica testata in Italia all’inizio degli anni ottanta dove potere trovare qualche foto a colori dei miei artisti preferiti.
E di quelle straniere che mi dici?
Il primo Kerrang! è indimenticabile. L’inizio di tutto, il compagno fedele della NWOBHM: lontano parente della rivista asettica di oggi. Quello che mi ha sempre fatto arrabbiare era il tono di sufficienza con il quale trattava le allora emergenti band HM tricolori. Rock Hard Germany: altro caposaldo. Ottime fotografie, purtroppo con il mio tedesco non proprio eccelso non riesco a gustare appieno gli articoli nella loro interezza. Per concludere, in questo momento, ritengo Heavy Oder Was? il miglior magazine HM europeo per quanto attiene l’HM tradizionale.
Nella foto: Stefano Ricetti con Riccardo Iacono dei Domine al Rolling Stone di Milano
Mai avuto problemi di qualsiasi natura con qualche gruppo HM?
Mah, cose eclatanti finora non me ne sono mai accadute. Rimane il rimpianto di non avere ricevuto risposta alcuna da parte di qualche band che non se la passa propriamente bene per la quale il mio interessamento avrebbe significato pubblicità inaspettata e gratuita.
Quanto tempo dedichi a TM?
E’ difficile quantificare, dipende dal momento storico e dalle situazioni. Sicuramente è il mio hobby principale, costituisce la priorità assoluta del mio tempo libero.
Hai vissuto la NWOBHM, poi la nascita dello Speed, del Thrash, del Glam etc. ma se non erro i tuoi gusti sono rimasti fedeli alle true metal band classiche (Saxon, Virgin Steele, Running Wild e così via). Fra le nuove leve individui qualche band che possa portare avanti il testimone dei grandi gruppi sopraccitati?
Bella domanda Enzo! Sono del parere che ogni gruppo heavy metal abbia a disposizione un periodo nel quale, per una strana alchimia, può esprimere il massimo di se stesso. Quello che (parafrasando la terminologia del basket), io amo definire il quintetto base dell’HM – Motorhead, Manowar, Saxon, Judas Priest e Iron Maiden – ha già “dato” negli anni ottanta. Ciò non toglie che ancora oggi queste band sfornino dischi di pregevole fattura, ma il loro momento magico è fatalmente sfumato, consegnandoli però alla storia del genere.
Il testimone “classic” da loro idealmente consegnato ha solo sfiorato qualche gruppo successivo. Mi vengono in mente i primi Helloween, i Blind Guardian di Imaginations e pochi altri. A livello di status di big band Slayer e Metallica hanno sicuramente spopolato. Esistono tantissimi gruppi che promettono bene: Tierra Santa, Stormwarrior, Iron Fire, Dragonforce, Gladiators, Wolf, Dream Evil, Ironsword, October 31, High on Fire, Astral Doors, Firewind, Unrest e anche in Italia vantiamo band competitive ma difficilmente qualcuna di queste riuscirà a rinverdire i fasti del “quintetto base”.
La tua band underground preferita che è poi sparita nel nulla (come tantissime), qual è stata?
Beh, proprio di underground non si può parlare visto che un album lo realizzarono. Si tratta dei Thundersteel tedeschi che, dopo un ottimo esordio omonimo nel 1994 sono spariti nel nulla. Peccato!. Spesso penso a loro in questo senso. Altre band che sono sparite ingloriosamente che mi vengono in mente al volo sono gli inglesi Mythra, i canadesi Sword e i tedeschi Thunderhead.
Se avessi la bacchetta magica e a disposizione la macchina del tempo per quali band vorresti che il tempo si fosse fermato?
Sicuramente i Saxon nella primissima formazione Byford/Gill/Quinn/Oliver/Dawson, gli Iron Maiden di Killers con Paul Di’Anno, i Running Wild di Black Hand Inn , i Motorhead a quattro elementi con Lemmy/Gill/Wurzel/Campbell e gli Exciter con Dan Beehler. In campo italiano Sabotage line-up 1986, Death SS 1981, Vanexa 1983, Strana Officina 1987, i White Skull con Federica “Sister” De Boni e mi fermo qua…
Gruppi che invece ti hanno deluso…
Più che delusioni in senso stretto, preferisco elencare le band dalle quali mi sarei aspettato qualcosa di più: W.A.S.P., Dokken, Metallica, Twisted Sister, Cinderella, X-Wild, LA Guns, White Skull, Hammerfall, Metal Church, Motley Crue, Ten, Overkill. Il gruppo che invece non smette di stupirmi è rappresentato dai Virgin Steele di David DeFeis: un fuoriclasse del microfono!
Steven Rich insieme con colui che ritiene un fuoriclasse del microfono: David DeFeis!
Qual è stato il periodo più entusiasmante nella storia dell’HM a tuo avviso?
Qui non ho proprio alcun dubbio: il decennio dal 1980 a 1990 con una particolare predilezione per primo quinquennio! Anni formidabili quelli: fermento, passione, sudore, poca informazione ufficiale, gusto della scoperta, alone di mistero intorno alle band, durata dei dischi che si aggirava intorno ai sei mesi e, soprattutto, i miei vent’anni!
Ci sono stati dei giornalisti che hanno influenzato il tuo modo di scrivere e di porti nei confronti dell’universo heavy metal?
Beh, lo stile epico e magniloquente di Beppe Riva ha sempre rappresentato per me il massimo dell’espressione. Egli rimane l’indiscusso numero uno del giornalismo HM in Italia. Devo menzionare anche gli scritti sobri di Gianni Della Cioppa, confezionati più da appassionato che da cronista. Al di fuori dei patri confini ho apprezzato l’ironia contagiosa di Geoff Barton di Sounds e i suoi giudizi taglienti. Non mi considero nemmeno lontanamente un loro discepolo, solamente quando voglio leggere cronache HM di in un certo stampo, rispolvero i loro scritti.
Heavy metal italiano: pensieri e parole al riguardo…
Bella domanda Enzo, mi ripeto. Da sempre sono un tifoso delle HM band italiane. Su TM sto facendo un’opera di ripescaggio fatta di recensioni e interviste dei dischi e dei personaggi che hanno segnato gli inizi del movimento nella nostra amata penisola. Sono convinto che se negli anni ottanta i nostri gruppi avessero avuto le possibilità delle band straniere in termini di produzione e promozione non avremmo dovuto aspettare fino ai Rhapsody e ai Lacuna Coil per vedere il nostro prodotto assurgere a livello internazionale.
Ensemble come Vanexa, Crying Steel, Strana Officina, Death SS, Sabotage, RAF, Vanadium, Hocculta, Crossbones, Fil di Ferro, Astaroth, Fingernails, Miss Daisy, Strike, Elektradrive, Gow, Gunfire, Bulldozer, Revenge, Unreal Terror, Skanners (scusate se me ne sono dimenticato qualcuno), non avevano nulla da invidiare rispetto ad act iperpompati provenienti da fuori.
Attenzione: non sto dicendo di avere avuto in casa i nuovi Manowar o Judas Priest e di non essercene accorti, intendevo solamente puntualizzare che gruppi dotati di un potenziale di alto profilo non hanno raccolto quanto con duri sacrifici hanno seminato. Dopo la prima ondata che ha consegnato più speranze infrante che successi veri, altre ottime band hanno ereditato il testimone dei pionieri degli anni ottanta. Mi riferisco a gente che spesso in quell’epoca non era andata oltre dei demo su cassetta e che dal ’90 i poi ha giustamente raccolto i frutti di tanto impegno. Intendo band come Domine, Anthenora, Mesmerize, Rain e White Skull.
Il successo raggiunto da Rhapsody e Lacuna Coil (e in parte Labyrinth) degli ultimi anni mi aspettavo fungesse da traino per altri gruppi, cosa che purtroppo non è accaduta. Quello che non mi stancherò mai di dire è questo: facciamo come gli altri all’estero, prima di ricercare improbabili fenomeni chissà dove, guardiamo in casa nostra e, se ne vale la pena, diamo fiducia al prodotto interno.
Primo concerto visto e concerti persi per vari motivi per i quali ti sei poi mangiato le mani…
Note dolenti, Enzo. Premetto che di concerti ne ho visti tantissimi, per fortuna. Sui concerti persi (per vari motivi) sarò breve menzionando solo i maggiori: la prima calata in terra italica degli Iron Maiden di Paul Di’Anno come supporter dei Kiss al Vigorelli di Milano il 31 Agosto del 1980, l’ultimo concerto della storia dei Vanexa a Brescia alla fine degli anni novanta, la Strana Officina a Pavia a metà anni ottanta, il festival di Certaldo (FI) all’inizio degli anni ottanta, la prima calata dei Virgin Steele a Milano negli anni novanta e gli Exciter a Biella sempre in quel periodo.
Il primo concerto “vero” della mia storia è stato quello tenuto dai Rockets a Bergamo nel 1979: grande spettacolo, scenografia incredibile per l’epoca e un Christian Le Bartz (il cantante) con grinta e carisma da vendere! Riguardo il battesimo concertistico HM il primo concerto è stato quello dei Saxon a Milano agli albori degli anni ottanta: palazzetto stracolmo, volumi assurdi, una violenza inenarrabile sprigionata dai cinque inglesi on stage, uno spettacolo che ha marchiato a ferro e fuoco la mia memoria, “segnandomi” per la vita…
La migliore e la peggiore uscita discografica (in ambito Heavy Metal ovviamente!) del 2004?
La peggiore.
Stormwarrior – Northern Rage. Mi spiego: riponevo tantissime speranze in questo gruppo, dopo gli ottimi lavori antecedenti, nel 2004 mi fanno uscire un disco che scimmiotta gli Helloween degli inizi…
La migliore.
Exciter – New Testament. Non aggiungo altro!
Ho notato che, riguardo l’ultimo lavoro in studio dei Judas Priest, la pensi esattamente come me, ovvero che sia un disco di pregevolissima fattura. A seguito della mia recensione su queste pagine ho ricevuto molte critiche via e-mail da molte persone che consideravano scadente questo album. E’ vero che i gusti non si discutono, ma in molti casi sembra quasi una “moda” (passami il termine) andare contro un’uscita di una “big band” a tutti i costi. Cosa ne pensi circa Angel of Retribution (in sintesi), e questa stroncatura del disco un po’ ovunque in Italia?
Come tu hai giustamente evidenziato, premetto che a me il disco è piaciuto tantissimo, non a caso continua a girare nel mio lettore Cd e non ne vuole sapere di uscire. Come sempre, quando si giudica il lavoro di altri, i giudizi sono meramente soggettivi. Quello che mi dispiace è vedere la stroncatura di un disco fatta per partito preso, adducendo motivazioni insostenibili. Probabilmente chi lo ha stroncato pensava subdolamente di farsi bello dimostrando di avere il coraggio necessario per andare contro una band leggendaria come i Judas Priest, qualificandosi invece per quello che è.
Steven Rich/Iron Maiden: un rapporto burrascoso di amore/odio che talvolta traspare nei tuoi scritti, vuoi dirci di più?
Rispondendo a questa domanda so di procurarmi l’antipatia di due lettori su tre (come minimo) ma bisogna avere il coraggio di esprimere il proprio pensiero, anche a costo di risultare impopolare. Pur riconoscendo il valore di album come (fra i tanti) The Number of the Beast e Powerslave con Bruce Bruce alla voce, i veri, rozzi e tamarri Iron Maiden sono finiti nel 1981, dopo lo split con Paul Di’Anno. Iron Maiden e Killers rimangono i loro capolavori assoluti e Paul Di’Anno il VERO cantante della vergine di ferro. Il periodo successivo con Bruce Dickinson ci ha consegnato una band diversa, grande finché si vuole, ma che degli Iron Maiden originali conservava solo il logo!
Truemetal.it si sa, è il primo portale in Italia, e tra i primissimi in Europa, molta invidia gira intorno la nostra webzine, molti diffamatori ci sono sparsi nella rete, che, invece di ringraziarci per la mole di lavoro gratuita che offriamo, altro non si occupano di parlar male di questo e quello, evidentemente persone frustrate e/o redattori di webzine che faranno al massimo 2 accessi al mese. Com’è stato l’impatto con lo staff, la realtà e la comunità di Truemetal.it? Ti aspettavi anche all’interno di una zine pur sempre amatoriale, questa grande passione e professionalità?
Come ho già avuto modo di puntualizzare in altri ambiti e situazioni, ancora oggi mi considero un entusiasta dell’HM. La vera passione, l’esplosività e la sana dose di auto-ironia che mi contraddistingue mi permette di andare oltre rispetto a polemiche strumentali da pochi centesimi. Il mio amore per il metallo è incondizionato, l’entusiasmo è rimasto quello di venticinque anni fa. A differenza della vita e del lavoro dove mi definisco estremamente pragmatico, la musica è l’unico ambito della mia esistenza dove ancora oggi mi ritengo un inguaribile idealista.
A volte riesco a prefigurarmi, come si faceva negli anni ottanta, improbabili quadri contenenti orde di metallari che a qualsiasi livello combattono per un fine comune. Le critiche gratuite a TM non le concepisco, nella maggioranza dei casi esse sono pretestuose e animate solamente da invidia… che tristezza! Molti dello staff li conoscevo già grazie al mio rapporto di collaborazione nato anni fa, negli altri ho trovato unità di intenti e dedizione alla causa. Un grande portale si fa con opinioni contrastanti, non con una sola voce, il sito ha una propria linea ma non esiste censura, tutto questo è TM: l’armonizzazione degli opposti.
Stefano, il futuro oramai non è più nella carta, ma nel web… cosa ne pensi a proposito?
La cosa mi spaventa, sono sincero. Il mio giudizio non può non essere influenzato dal background accumulato in tutti questi anni di coinvolgimento nell’ambiente HM. Ammetto di privilegiare ancora oggi la rivista cartacea, anche se il percorso evolutivo dell’editoria sembra ormai purtroppo segnato. Penso tu abbia ragione e al proposito un recente scambio di idee con il collega Alessandro “Zac” Zaccarini mi ha fatto molto pensare a riguardo. Spero ardentemente che succeda il più avanti possibile, anche se la strada, come da te giustamente espresso, sembra segnata. L’importante, come nel nostro caso, è trovarsi pronti al momento opportuno.
Lascia un messaggio a tutti i lettori di Truemetal.it…
Mah, più che un messaggio, visto che di proclami probabilmente ne ho già proferiti a iosa, preferisco chiudere con un aneddoto simpatico. Durante l’ultimo festival di Sanremo il mio bimbo è corso da me (che ovviamente ero indaffarato in altre attività), e mi ha detto: “Papà, vero che sono meglio Tierra Santa e Virgin Steele di questi qua?…”
Grazie a chi stoicamente è arrivato fino alla fine dell’intervista.
Hail to all readers of TM, keep the torch of HM alive!
Steven Rich