Death Folk - Viking Progressive

Intervista Amorphis (Tomi Koivusaari)

Di Mickey E.vil - 30 Giugno 2024 - 22:00
Intervista Amorphis (Tomi Koivusaari)

Intervista a Tomi Koivusaari (Amorphis) da parte di Mickey E.Vil (The Mugshots, Radio Onda D’Urto FM). In fondo alla pagina è possibile ascoltare la stessa in versione audio con sottotitoli. Buona fruizione.

Di tanto in tanto mi capita di intervistare un membro di questa band che amo davvero tanto, gli Amorphis. La prima volta accadde nel 1997, durante il tour del loro capolavoro intitolato Elegy. Da ormai tre decenni gli Amorphis hanno codificato un sound riconoscibilissimo che riesce a soddisfare sia i fan della prima ora che i nuovi adepti in cerca di un sound più moderno. La celebrazione dell’album che li lanciò, nel 1994, nell’Olimpo del metal estremo mondiale è sicuramente un’operazione tanto dovuta quanto importante e noi non vogliamo perdere l’occasione di prendervi parte, anche facendo quattro chiacchiere con uno dei protagonisti indiscussi di questa avventura: mr. Tomi Koivusaari!

Dunque, caro Tomi. Com’è stato – parlando da un punto di vista emotivo – suonare Tales From The Thousand Lakes nella sua interezza al leggendario Tavastia Club?

Beh, per noi è un album molto importante che ci ha in un qualche modo aperto il tutto: è anche quello che ha definito il nostro stile futuro con le melodie folkloreggianti, le voci growl, quelle pulite, quel genere di cose. E anche gli argomenti, le cose folkloristiche nei testi… Suonarlo specialmente al Tavastia è stato importante perché il Tavastia è stato uno dei più leggendari club in Finlandia e sicuramente ad Helsinki: ci andavo quando avevo sedici anni con l’idea di vedere le band. Ci abbiamo suonato, con gli Amorphis, credo quaranta volte negli anni! Naturalmente si parla dei tempi del Covid dunque senza pubblico, si tratta di un live un po’ strano ma è un buon live ed è bello poter offrire qualcosa dato che si tratta dell’anniversario di Tales From The Thousand Lakes. Non abbiamo il tempo di fare show speciali, almeno abbiamo fatto questo e abbiamo realizzato questo disco dal vivo.

E, dal punto di vista pratico, come siete riusciti ad ottenere una registrazione così perfetta?

Oh, non saprei, abbiamo una grande squadra e sono molto professionali, si assicurano di registrare il tutto per bene. Naturalmente abbiamo suonato le canzoni per trent’anni (ride) dunque si tratta di “memoria muscolare”. Credo che non potrei mai dimenticare quelle canzoni, c’è una forte… Non saprei come dire… La memoria muscolare di quei brani è molto forte, potrei suonarli anche mentre dormo!

Quali sono i tuoi ricordi più cari dell’aver dato vita a quell’album: composizione, registrazione e produzione in quei giorni?

Beh, mi ricordo che quando uscì il nostro primo album, The Karelian Isthmus, non avevamo ancora trovato la nostra strada, eravamo abbastanza giovani naturalmente! Poi abbiamo iniziato ad ascoltare altri generi di musica, oltre al death metal e all’heavy metal: abbiamo iniziato ad ascoltare un sacco progressive rock degli anni Settanta, Pink Floyd, King Crimson, Camel e band del genere oltre alla musica folk. Dunque abbiamo deciso, o meglio abbiamo integrato quelle influenze di quell’epoca nelle nostre canzoni. Non avevamo idea se sarebbe piaciuto o meno ai nostri fan e come avrebbero reagito a quelle canzoni. Volevamo correre quel rischio perché volevamo fare la musica che ci piaceva ed essere così onesti con noi stessi. Mi ricordo che andammo da Tomas Skogsberg ai Sunlight Studios di Stoccolma e lui ci chiese: «Siete sicuri che la vostra etichetta discografica sappia quello che state facendo? Perchè suona come un disco russo!» (ride)… Per noi era bello che suonasse in quel modo, ma credo che ne sia valsa la pena perché fu accolto molto bene e le reazioni furono grandi. Subito dopo iniziammo a fare tour in Europa e Stati Uniti… E siamo ancora qui (ride)!

Eravate consapevoli che il disco sarebbe diventato una pietra miliare importante per la scena metal mondiale?

Non in quel momento, me ne sono reso conto più tardi dopo aver sentito molte band, band diverse e giovani, dire che quell’album era una sorta di pietra miliare, qualcosa di molto importante per loro quando erano più giovani e lo ascoltavano. Ma all’epoca non ne avevamo alcuna idea.

Quali sono, secondo te, le caratteristiche principali che rendono Tales un lavoro così speciale?

Non c’erano molte band nella scena death metal che usassero tastiere, specialmente vecchie tastiere analogiche come il Moog e l’Hammond che noi usavamo. Inoltre non c’erano molte band che mischiassero voci pulite e growling. Penso che i Paradise Lost lo facessero ai tempi con le voci femminili… Quegli elementi e il sound, le canzoni credo che abbiano creato quel feeling magico che caratterizza l’album. Io penso questo ma non ne sono sicuro…

Recentemente ho intervistato Olli (bassista degli Amorphis) per gli Octolploid. Credo che questo progetto abbia una piccola parte dello spirito di quei giorni. Cosa ne pensi? Anche per il fatto di aver coinvolto certi membri, naturalmente…

Ho solo sentito un paio di canzoni, su una sono effettivamente ospite… Quella e qualche singolo che hanno fatto uscire: sono ovviamente d’accordo ma è molto naturale dato che anche Oppu era negli Amorphis ai tempi e riconosco il suo modo di comporre come simile a quello delle canzoni degli Amorphis. Penso sia una cosa molto naturale e che suoni davvero molto bene, credo!

Puoi spendere qualche parola a proposito di Heartrot, il debutto del tuo progetto solista chiamato BJØRKØ?

Sì, ai tempi del Covid, quando fu necessario cancellare cento concerti e avevamo appena registrato Halo con gli Amorphis, la situazione sembrava dovesse andare avanti senza vederne la fine. Credo di essere stato molto ispirato a fare musica, dunque ho cominciato a dare un’occhiata a delle mie canzoni e poi iniziai a scriverne di nuove: non suonavano tipo Amorphis, perciò ho deciso di realizzare un album solista chiedendo a vari ospiti di partecipare. È stato un lavoraccio ma mi sono goduto ogni minuto, sono felice di aver terminato l’album, ora è fuori e il responso è stato molto positivo perché non avevo idea di come la gente l’avrebbe preso.

Pensi che ci sarà mai un’attività live per tale progetto?

Non credo, sarebbe troppo complesso radunare tutte le persone dato che chiunque è troppo occupato con le proprie band per essere tutti insieme nello stesso posto allo stesso tempo. Mai dire mai, sarebbe divertente fare una data o qualcosa di simile un giorno, ma per adesso non ci sono piani.

C’è qualcosa che puoi rivelare sul futuro degli Amorphis in termini di registrazione di nuova musica?

Sì, a settembre andremo in tour negli Stati Uniti coi Dark Tranquillity e subito dopo entreremo in studio per registrare il nuovo album degli Amorphis. Andremo in Danimarca, non ho ancora sentito cos’hanno composto gli altri ragazzi perché ancora non abbiamo condiviso le canzoni ma presto inizieremo a condividerle. Non ho idea di come saranno le canzoni ma normalmente non è un problema perché di solito abbiamo qualcosa come 25 brani da cui attingere per il disco, dunque… Comunque il nuovo album sarà fuori nell’autunno del 2025, questo è il piano.

E come funziona? Voglio dire, ognuno di voi registra dei demo che poi condividete ed arrangiate?

Sì, di solito le cose vanno così perché tutti abbiamo una sorta di studio casalingo dunque è facile fare dei demo molto buoni delle canzoni. Naturalmente poi, quando scegliamo i brani, iniziamo a provare e ognuno fa le sue cose e i suoi arrangiamenti. Quando entriamo in sala prove possiamo avere delle nuove idee per i brani ma funziona così: abbiamo un hard disk, ci mettiamo le canzoni e iniziamo ad ascoltarle.

Quali sono i tuoi progetti musicali preferiti al di fuori dell’ambito metal?

Beh, ce ne sono tanti, mi piacciono molti generi diversi di musica: dagli ABBA ai Pink Floyd ai Cardigans, il progressive rock degli anni Settanta, i Riverside dalla Polonia… Ci sono così tante ottime band, è difficile ricordarle tutte! Mi piace la buona musica (ride), non troppo allegra, non mi piace l’r’n’b e… Mhh… Non mi piace la musica pop e in generale la roba allegra, preferisco cose melanconiche.

Qual è stata la tua educazione musicale nella prima fase della composizione e dell’esecuzione musicale?

Sono autodidatta, non sono mai andato a lezione o cose del genere, ho iniziato a undici anni dopo aver visto un qualche video alla tv. Poi ho desiderato la mia prima chitarra e due settimane dopo avevamo già una band anche se non sapevamo come suonare o accordare le chitarre! Ma comunque sono un autodidatta basato sull’ascolto, sul provare le canzoni ascoltandole, in questo modo senza aver mai preso lezioni o aver approfondito la teoria o le note. Conosco in un qualche modo le note ma non le ho mai usate per suonare.

Quale saluto e messaggio finali condivideresti coi tuoi fan italiani e hai dei ricordi personali legati all’Italia?

Oh, sì, è bello tornare in Italia: ho sempre suonato bei concerti là e ho bei ricordi. Per una qualche ragione la prima cosa che mi è venuta in mente a proposito dell’Italia, non ricordo in quale città ma si trattava di uno dei primi tour europei. C’era un’ape che mi attaccò (ride) all’occhio e una vecchia signora che non conoscevo mi portò a casa sua o qualcosa di simile per applicare dei medicinali e blah, blah, blah… Probabilmente mi ha salvato la vista (ride)! Non ho perso l’occhio ma è stato orribile, è la prima cosa a cui ho pensato. Le sono davvero grato, non so chi fosse ma quello è un bel ricordo dell’Italia (ride)!

Un invito finale per i fan a raggiungervi il 21 luglio a Cremona?

Oh sì, siateci! Penso che ci saranno anche delle canzoni da Tales From The Thousand Lakes in una scaletta che include tutto dalla nostra carriera e sono sicuro che sarà un concerto molto bello!

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