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Intervista Art X (Gabriele Bernasconi)

Di Stefano Ricetti - 17 Ottobre 2016 - 12:30
Intervista Art X (Gabriele Bernasconi)

Intervista a Gabriele Bernasconi, già membro fondamentale dei Clairvoyants, ora alle prese con la sua ultima, ambiziosa, creatura, chiamata Art X, che ha dato alle stampe l’opera rock The Redemption of Cain, chiamando al proprio capezzale personaggi del mondo del Metallo dai nomi altisonanti: Blaze Bayley, Rob Tyrant, André Matos, Oliver Palotai, Steve Di Giorgio, Amanda Sommerville, Zachary Stevens, Tim Aymar, Luca Princiotta, Giuseppe Orlando, Lucia Emmanueli e Selina Iussich.

Buona lettura,

Steven Rich    

 

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Gabriele Bernasconi

 

Gabriele, a distanza di tempo, come valuti e riconsideri la decisione comune di aver posto la parola fine al progetto Clairvoyants?

I Clairvoyants sono stati per molti anni la mia principale realtà musicale; insieme ci siamo tolti grandissime soddisfazioni, abbiamo macinato migliaia di km, ci siamo divertiti moltissimo, ma una lunga serie di motivi accumulatisi nel tempo ci hanno spinto a decidere di concludere quella entusiasmante avventura. Ovviamente mi mancano molte cose dei Clairvoyants, ma è un iter giunto al suo naturale termine. Non mi pento della decisione che abbiamo preso: serbo ricordi preziosissimi che rimarranno tra i più belli della mia vita e, per ora, questo mi basta.

In che rapporti sei rimasto con gli altri componenti del gruppo?

Abbiamo deciso di sciogliere la band proprio per evitare di inasprire una serie di differenze, professionali e personali, che stavano rischiando di rovinare i nostri rapporti. Siamo sempre stati una band di amici, e credo che questo si vedesse anche dall’affiatamento che caratterizzava le nostre performance; tali siamo rimasti anche dopo lo scioglimento. Ovviamente non ci vediamo più così spesso, ma alcuni di noi hanno intessuto rapporti di amicizia che vanno ben oltre la musica.

Quali, secondo te, le maggiori soddisfazioni che vi siete tolti all’interno della vostra parabola artistica?

La prima grande soddisfazione che porto nel cuore, strettamente legata al progetto ART X, sono le illustri collaborazioni che abbiamo realizzato a partire dal 2004. Il lavoro impeccabile ed entusiasta del nostro manager Fulvio Trinca ci ha permesso di calcare i palchi insieme a Timo Kotipelto, Blaze Bayley, Andrè Matos, DORO, Jorn Lande, David DeFeis, Dennis Stratton… con alcuni di questi personaggi abbiamo stretto rapporti duraturi di amicizia e collaborazione, e questo è stato un elemento importante per la realizzazione di “The Redemption of Cain”, in cui partecipano sia Blaze che Andrè. Un’altra grande soddisfazione è stata indubbiamente la partecipazione al Gods of Metal del 2012; ricordo perfettamente il Gods of Metal del 1998, uno dei primi festival metal a cui partecipavo come spettatore, al termine del quale ho pensato “Wow! Questo è proprio quello che voglio fare! Un giorno su quel palco ci sarà anch’io!” Ricordo ancora perfettamente la sensazione che ho provato nel posare piede su quel palco dopo quattordici anni di studio e duro lavoro: è stato uno dei momenti della mia in vita in cui ho sentito chiaramente la sensazione di un sogno che si avvera!

Quali invece, i maggiori rimpianti?

Difficile pensare a qualche rimpianto. Forse il non aver avuto lo spirito di sacrificio necessario a “sfondare” davvero. Ma questa è una valutazione complessa da fare, dato che la vita del musicista professionista comporta una serie di sacrifici e rinunce che spesso sono poco evidenti a chi non lo fa realmente. Nel complesso, riguardo agli anni dei Clairvoyants con il cuore colmo di gioia e di orgoglio.

Non credi che l’essere anche una band di cover degli Iron Maiden abbia tolto energia e appeal ai Clairvoyants stessi?

Abbiamo riflettuto più volte su tutto ciò che riguardava l’attività del tributo in rapporto ai Clairvoyants in veste di band “originale”. Come dicevo prima, siamo sempre stati una band di amici, e abbiamo sempre pensato a noi stessi come ai “Clairvoyants”, indipendentemente dal tributo. È sicuramente possibile che il non aver creato una distinzione più chiara tra il tributo e la nostra identità indipendente abbia tolto appeal a quest’ultima, ma abbiamo sempre percorso la strada che ci sembrava più spontanea e naturale. Per quanto mi riguarda, la consapevolezza di aver sempre fatto ciò che volevamo senza compromessi è ben più preziosa!

E risaputo che fra gruppi italiani che “girano” come tributo agli Iron Maiden non vi sia poi sta gran collaborazione, per usare un eufemismo… avanti tu, Gabriele, grazie.

Ho due semplici osservazioni a questo riguardo, e lo dico facendomi un’amara risata al pensiero. Perdonami se sarà caustico a riguardo, ma questa storia mi ha avvelenato l’umore per 15 anni. La prima è che io mi sono sempre comportato nella maniera più corretta e collaborativa possibile: ho sempre dato una mano a tutti i tributi che mi hanno chiesto aiuto quando avevano problemi con i loro cantanti, collaborando con tutti coloro che mi dimostravano di essere a loro volta corretti. Questo perché penso che l’idea della competizione tra tributi sia una delle idee più ridicole che abbia mai sentito, la sintesi perfetta del concetto di “guerra dei poveri”. La seconda è che l’invidia e la superbia sono il cancro della musica in Italia. L’Italia è letteralmente stracolma di musicisti di una bravura impressionante, ma a molti di questi manca la più piccola ombra di umiltà; se tutti pensassero a fare il proprio lavoro al meglio delle proprie possibilità, anziché perdere tempo con accuse e pettegolezzi malevoli da comari di paese, forse la scena musicale italiana sarebbe più viva e sana di com’è attualmente.

 

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Come Clairvoyants vi siete esibiti insieme con Dennis Stratton mentre non mi risulta – ma forse mi sbaglio – che abbiate suonato con Paul Di’Anno, spessissimo dalle nostre parti. Come mai?

Per una semplice questione di correttezza professionale: Paul Di’Anno ha da sempre intrattenuto un rapporto quasi esclusivo con i Children of the Damned, un altro storico tributo ai Maiden italiano, e noi non abbiamo mai cercato di rubare loro la scena.

Da fan, come “vedi” gli Iron Maiden, oggi?

Li seguo ancora, ma in maniera più tiepida rispetto ad un tempo. Ho ascoltato tutti i loro ultimi album, ma i miei gusti musicali sono cambiati parecchio nel corso degli anni, e trovo difficile entusiasmarmi ancora tantissimo per una loro pubblicazione. The Book of Souls mi è piaciuto molto, sia in ascolto che in sede live, mentre ad esempio The Final Frontier mi è risultato del tutto indifferente. Sono ancora dei professionisti di massimo livello, le loro performance sono sempre esaltanti e coinvolgenti, ma ho la crescente sensazione che abbiano ormai esplorato a fondo il loro genere e che si siano un po’ “seduti” sul loro successo. D’altro canto gli Iron Maiden abitano l’olimpo dell’heavy metal da 35 anni, ne sono stati dei padri fondatori, e penso sia inevitabile che dopo così tanto tempo non riescano ad avere lo stesso mordente che avevano negli anni 80 e 90.

Da dove deriva l’idea di dar vita al progetto ART X?

Ho sempre composto musica e scritto testi, e mi è sempre piaciuto molto raccontare storie. Dopo aver scoperto progetti come Avantasia, o più ancora Ayreon, ho realizzato che quella dimensione sarebbe stata perfetta per quello che avevo in mente: un progetto in cui raccontare storie ricche e complesse, coniugando musica e narrazione. Nel corso degli anni trascorsi nei Clairvoyants abbiamo accumulato una serie di contatti con artisti importanti della scena mondiale, e ho iniziato a maturare l’idea di mettere a frutto questi contatti per realizzare la mia idea di “rock opera”. Così è nato ART X: dalla voglia di raccontare storie, di esprimere musica complessa in piena libertà compositiva, e di collaborare con musicisti e cantanti dei quali ho sempre apprezzato l’operato.

 

ART X   THE REDEMPTION OF CAIN   Copia

La copertina di The Redemption of Cain, degli Art X

 

E la scelta del nome?

Il nome del progetto è stato probabilmente l’ultimo elemento che sono riuscito a definire. Ho provato e scartato moltissimi nomi, tipicamente troppo lunghi e complessi, perché volevo qualcosa che desse una sensazione ben precisa: volevo comunicare l’intensità e la complessità di una rock opera, in cui non è solo la musica ad essere protagonista, ma in cui la storia e l’aspetto grafico sono aspetti imprescindibili per comprenderne l’atmosfera. Poi, come a volte accade, una sera ho avuto l’illuminazione mentre stavo giocando con la parola “arctic”. ART sta per “arte” intesa in senso ampio, per esprimere proprio quello che dicevo poco fa, mentre la X rappresenta quel fattore ignoto, qualcosa di non ben definibile che potrebbe costituire un riferimento agli aspetti più progressive della mia musica.

Quanto tempo hai lavorato al disco The Redemption of Cain?

Se dobbiamo considerare quanto tempo è passato dal momento in cui ho composto le prime note di Knowledge & Death, probabilmente superiamo i dieci anni! Questo progetto è nato come un sogno, rimasto chiuso nel cassetto per parecchio tempo mentre la mia attenzione era dedicata principalmente ai Clairvoyants. La realizzazione una rock opera con così tanti partecipanti non è un’impresa banale, sia a livello compositivo che organizzativo, e devo ringraziare il mio manager Fulvio Trinca che mi ha sempre supportato appieno su quest’ultimo aspetto. Quando ci siamo resi conto che questo progetto aveva effettivamente le carte in regola per poter vedere la luce, abbiamo iniziato a contattare i vari partecipanti e a registrare le tracce, e da lì abbiamo concluso il tutto nel giro di qualche anno. Ora che ci siamo fatti le ossa con il primo capitolo, auspicabilmente i tempi di realizzazione per il prossimo album saranno più brevi!

Se dovessi presentare questo lavoro a una platea di non propriamente addetti ai lavori come lo definiresti?

The Redemption of Cain non è un album rock come probabilmente vi aspettereste. Se pensiamo ad una singola canzone come ad un film, allora questo album è più affine ad una serie TV: ogni brano presenta personaggi nuovi, voci conosciute, atmosfere avvolgenti oppure taglienti e inquietanti, melodie mai sentite prima mescolate a continui richiami a quanto già avvenuto in passato. L’album racconta una storia che si svolge nell’arco di tutti e dieci i brani, dove ogni voce rappresenta un personaggio: la storia è una rielaborazione personale del mito biblico di Caino e Abele. Il protagonista è proprio Caino, il primo omicida, e i fatti vengono presentati proprio dal suo punto di vista. Nel corso della storia vediamo svolgersi gli eventi biblici che tutti conosciamo, fino all’esilio dopo l’omicidio di Abele; da qua in avanti la storia prosegue con l’incontro con Lilith, la prima moglie di Adamo ora schiava di Lucifero, seguito dall’incontro con Lucifero stesso, e infine con la donna che diventerà sua moglie. Dopo aver ritrovato la sanità mentale, Caino si mette alla ricerca del perduto Eden, e lo ritrova in una strana caverna protetta da un Custode: entrando nella caverna, scendendo nelle più oscure profondità di sé stesso, Caino incontra nuovamente lo spirito del padre e lo perdona, e infine accetta il perdono dello spirito di suo fratello Abele.

La storia di Caino è metaforica: egli diventa il simbolo di chi commette un errore e si condanna per averlo commesso, incapace di perdonarsi. La narrazione ripercorre ciò che tutti noi affrontiamo quando affrontiamo noi stessi: dubbio, rabbia, ribellione, confusione, rimorso, fuga, per poi concludersi con un riavvicinamento e con la redenzione finale.

 

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Roberto “Rob Tyrant” Tiranti, già ugola dei Vanexa, cantante di razza coinvolto nel progetto Art X (Nella foto con Sergio Pagnacco)

 

Spiega quali artisti hai coinvolto e il perché l’hai fatto funzionalmente ai vari pezzi.

Innanzitutto la band: ho scelto di lavorare con Luca Princiotta perché, oltre a conoscerlo molto bene data la militanza nei Clairvoyants, lo reputo uno dei migliori chitarristi che conosca, ed è un compositore, produttore e arrangiatore di grande livello. Ho scelto Giuseppe Orlando alla batteria dopo essermi innamorato dei suoi lavori con i Novembre, e il suo operato è stato davvero pregevole. La collaborazione con Oliver Palotai è nata grazie alla sua storica amicizia con Luca Princiotta, e data la sua incredibile competenza musicale, gli ho affidato anche tutto l’arrangiamento delle parti orchestrali. Infine, parliamo di una delle collaborazioni che personalmente ho apprezzato maggiormente: Steve Di Giorgio al basso. Steve è sempre stato uno dei miei idoli delle quattro corde, e ho composto molte delle linee di basso di The Redemption of Cain pensando proprio al suono del suo fretless. Grazie ad Alex Azzali della Alpha Omega Management siamo riusciti ad entrare in contatto con Steve, che si è dichiarato entusiasta del progetto e ha registrato proprio le linee di basso che avevo scritto per lui. È stata un’emozione indescrivibile!

Per quanto riguarda i cantanti, ho scelto voci che reputavo adatte al ruolo ricoperto: per me la cosa più importante era che riuscissero a dare realmente “vita” al proprio personaggio, privilegiando l’intensità interpretativa sopra ogni altra cosa. Uno dei primi con cui ho collaborato è stato Blaze Bayley nel ruolo di Adamo: abbiamo registrato le sue tracce nello studio di Alex Azzali vicino a Como, approfittando di un momento in cui Blaze era in Italia per alcuni concerti. L’ho diretto personalmente, stando nella cabina di registrazione insieme a lui, per assicurarmi che la sua interpretazione fosse pregnante e intensa come desideravo: Blaze ha dato il meglio della sua teatralità, riuscendo a creare un Adamo intenso e drammatico oltre ogni aspettativa.

Andre Matos, altra “vecchia conoscenza” dei Clairvoyants, ha registrato la parte dell’Angelo messaggero, ed è stato uno dei cantanti che ha rivisto maggiormente le linee vocali da me create come bozza: oltre alla voce Andre ha modificato alcune melodie, rendendole più personali e sofisticate, e sono contentissimo del risultato.

 

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Amanda Sommerville, la Lilith di The Redemption of Cain  

 

Il ruolo di Lucifero è stato uno dei più “contesi”: ho cercato di coinvolgere alcuni nomi che si sono detti non interessati, e sono rimasto in stallo per qualche tempo. Poi, mentre ascoltavo le linee di basso di Steve, mi sono ricordato di un grandissimo album che avevo ascoltato fino alla nausea nel 1999: The Fragile Art of Existence dei Control Denied. Ricordavo che il cantante mi aveva colpito molto, e sono andato a recuperarlo: la voce di Tim “Voice of Darkness” Aymar mi è parsa perfetta per il ruolo di Lucifero! Abbiamo chiesto a Steve di farci da ambasciatore, e Tim è stato entusiasta di prendere parte al progetto; il suo Lucifero è inquietante, malefico e oscuro come mai avrei potuto desiderare!

La collaborazione con Roberto Tiranti nel ruolo di Abele è scaturita da un lavoro di backing vocals che abbiamo registrato insieme per un musical, e sono orgoglioso di annoverare una delle voci più belle del metal italiano tra gli ospiti del mio progetto.

Devo ringraziare l’impeccabile lavoro di Fulvio per essere riuscito a coinvolgere due cantanti con cui non avevamo mai avuto alcun contatto precedente: Amanda Sommerville nel ruolo di Lilith e Zachary Stevens nel ruolo del Custode dell’Eden. Amanda ha registrato tre versioni delle sue parti per consentirci di scegliere quella più adatta al brano, confermando la sua fama di grande professionista oltre che di cantante di grande livello. Il coinvolgimento di Zak mi ha reso veramente orgoglioso, perché Edge of Thorns è un album che ancora oggi ascolto con grande entusiasmo, e lo reputo una delle voci più interessanti del panorama metal.

Ho voluto coinvolgere anche due newcomer, Selina Iussich nel ruolo di Eva e Lucia Emmanueli nel ruolo della moglie di Caino, perché le reputo due ottime cantanti meritevoli di maggiore esposizione.

Qualche parola sulla copertina.

Per la copertina, e per il design grafico in generale, mi sono rivolto a Eliran Kantor, che già aveva realizzato la copertina di The Shape of Things to Come dei Clairvoyants. Mi sono innamorato dello stile di Eliran fin dalla prima volta che ho visto le sue opere, e non ho avuto alcun dubbio nell’affidare a lui il lavoro. Nella copertina volevo rappresentare uno dei momenti più intensi e significativi della storia, cioè Caino che urla la propria disperazione al cielo indifferente dopo aver ucciso suo fratello Abele, affiancato da una figura incappucciata che potrebbe essere Lucifero o il Custode dell’Eden. Lo stile pittorico di Eliran si è rivelato perfetto per rappresentare l’intensità del momento, sotto un cielo temporalesco illuminato dalla luce livida di un pallido tramonto. L’Angelo messaggero che sta calando dal cielo per condannare Caino all’esilio diventa una figura minacciosa, inquietante, che pare parte stessa della tempesta che imperversa nell’animo di Caino. Per il design del booklet mi sono rivolto alla moglie di Eliran, Nicole Kantor, per assicurarmi che il lavoro fosse eseguito da qualcuno che avesse un’idea precisa dello scopo dell’opera. Il risultato finale crea esattamente quell’atmosfera malinconica e sottilmente inquietante che volevo comunicare.

Quali sono gli ulteriori artisti che avresti, se ne avessi avuto  la possibilità, voluto coinvolgere nel progetto ART X?

Ci sono alcuni nomi che sono stati in lizza: uno su tutti Jon Oliva nel ruolo di Lucifero. Purtroppo Jon ha rifiutato, ma – da grande fan dei Savatage – avere sia Jon che Zak sullo stesso album sarebbe stato un vero sogno! Abbiamo provato a contattare anche Warrell Dane dei compianti Nevermore, sempre nel ruolo di Lucifero, ma anche lui si è detto non interessato. Parlando da newcomer quale sono, mi sono accorto che effettivamente non è facile convincere artisti di grande livello che il progetto ha tutte le “carte in regola”; per questo devo ringraziare ancora una volta Fulvio e tutto l’impegno che ha profuso nell’organizzazione di questo progetto.

Un’altra collaborazione che mi rammarico di non essere riuscito a realizzare per questioni di tempo è quella con Alessandro Conti dei Trick or Treat e Luca Turilli’s Rhapsody, una delle migliori voci del power metal italiano. In ogni caso, mai dire mai…

Spazio alla descrizione dei testi, Gabriele…

Per i testi mi sono ispirato a due fonti principali: una è ovviamente la Bibbia, mentre la seconda è l’opera teatrale Cain – A mystery di Lord Byron. Ho raccontato tutta la storia tramite la voce dei personaggi, evitando una voce narrante, nello stile spesso utilizzato da Ayreon. Scrivere i testi è stato un processo impegnativo tanto quanto comporre la musica, perché i vincoli metrici e di durata non erano trascurabili; spesso ho dovuto ripensare alcuni momenti della storia per adattarli all’atmosfera musicale, o viceversa.

Il processo compositivo è stato molto organico: avevo in mente tutta la storia prima di iniziare a scrivere testi e musica, ma i due si sono influenzati a vicenda in fase di stesura. Non è stato facile mantenere la giusta fluidità narrativa con una tale densità di parole, personaggi e vicende, ma ho preso ispirazione da alcuni musical per trovare soluzioni più scorrevoli ad alcuni passaggi particolarmente impegnativi.

Caino è il protagonista di tutta la storia, quindi la sua voce è presente nella quasi totalità dei brani. Il suo è il punto di vista principale, ma ho cercato di umanizzare tutti i personaggi della storia; persino Lucifero giustifica le proprie azioni insistendo sull’affinità tra la Caduta degli Angeli e l’esilio di Caino. Nella stesura dei testi ho utilizzato a volte dei termini e delle costruzioni arcaiche, volutamente inserite per richiamare uno stile più drammatico e adatto al tema “biblico” trattato.

 

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Hai in cantiere uscite dal vivo? Se si presenta la line-up della band…

Per il momento no. Come puoi immaginare, rappresentare in sede live un’opera di questo genere è piuttosto diverso dall’organizzare un semplice concerto metal. Non vorrei limitarmi ad eseguire i brani così come sono, ma vorrei organizzare qualcosa di più simile ad un musical, magari proposto proprio in sede teatrale. Comunque non si tratta di qualcosa di realizzabile nel breve termine, quindi probabilmente organizzerò qualcosa quando avrò anche altro materiale disponibile da cui attingere.

Per quanto riguarda la linea-up della band, al momento penserei a riproporre il tutto con gli stessi musicisti che hanno registrato l’album; ovviamente non sarebbe per nulla facile far combaciare gli impegni di tutti, ma Tobias Sammett ha dimostrato quanto un progetto del genere possa avere successo anche in sede live.

Come è nato il contatto con l’etichetta tedesca Metalville? Prima di arrivare a loro hai bussato qualche porta anche in Italia?

Una delle prime etichette a cui abbiamo fatto ascoltare l’album è stata proprio la nostrana Frontiers. Ci hanno risposto che era qualcosa di troppo diverso dal loro roster abituale, più orientato ad hard rock e AOR, ma ci hanno confermato la validità del prodotto e ci hanno fornito una serie di contatti che avrebbero potuto essere interessati. Tra questi c’era proprio la Metalville, che si è rivelata interessata e ci ha proposto un contratto di tutto rispetto. Al giorno d’oggi può essere piuttosto difficile trovare persone oneste e sinceramente interessate alla musica che stanno promuovendo, e il discografico della Metalville ci ha dato proprio l’impressione di essere un onesto professionista con le idee molto chiare. Speriamo che questo album sia solo il primo di una fruttuosa collaborazione!

Inevitabile chiederti cosa ne pensi e se ti ha ispirato il lavoro fatto dagli Avantasia di Tobias Sammet in passato…

Fin dal primo album The Metal Opera – Part I ho sempre ammirato il lavoro di Tobias con Avantasia. Sono sempre stato un fan degli Edguy fin da Vain Glory Opera, e devo ammettere che la parabola crescente di Tobias come cantante e compositore mi ha ispirato e spinto a dare il massimo in ogni occasione. Detto ciò, credo che per quanto riguarda ART X la mia principale influenza sia però stata il lavoro di Arjen Lucassen con Ayreon. Tobias tende a comporre album dove ogni brano ha senso anche se preso come entità a sé stante, con uno stile più orientato all’heavy metal classico; questo non era il mio scopo, poiché The Redemption of Cain vuole essere una storia intesa nella sua interezza, dove è difficile separare un brano dall’altro. Questa ovviamente non vuole essere una critica: reputo Tobias uno dei migliori compositori di rock e metal dei nostri anni. Il mio gusto personale è però più affine a quello che propone Arjen: brani complessi, storie intricate, album da cui è difficile estrarre un ipotetico “singolo” perché un brano perde di senso se avulso dal contesto. Se dovessi citare la più grande influenza che ho avuto, almeno concettualmente se non stilisticamente, potrei nominare The Human Equation proprio di Ayreon.

Prossime mosse in casa ART X?

Di certo iniziare quanto prima la realizzazione di un secondo album! Questo progetto è nato in studio, e come dicevo non ho piani a breve termine per rappresentarlo dal vivo; questo mi consente di concentrarmi subito sul prossimo capitolo, per il quale ho già alcune idee sul tavolo. Ho già anche in mente alcuni altri cantanti con i quali vorrei collaborare, e la mia voglia di comporre sta ritornando a farsi sentire!

A seconda del riscontro di questo primo album, sarà anche più facile decidere se proseguire subito con la stesura di nuovo materiale o se invece concentrarsi più seriamente sulla rappresentazione dal vivo.

Spazio a disposizione per chiudere l’intervista, grazie.

In base ai primi riscontri, sto vedendo che The Redemption of Cain sta raccogliendo una certa attenzione come prodotto italiano di qualità. Questo mi rende molto orgoglioso non solo personalmente, ma anche per il fatto che si tratta di un prodotto italiano. Troppo spesso l’Italia viene considerata un paese molto difficile in cui fare musica, e sappiamo tutti benissimo che effettivamente i problemi sono davvero tanti. Il mercato italiano ha da sempre relegato l’heavy metal ad un genere di nicchia, e pur avendo una scena underground davvero stracolma di band e musicisti di ottimo livello, è molto difficile crescere professionalmente. Indipendentemente dagli effettivi risultati che otterrò con ART X, sono orgoglioso di poter sollevare la bandiera italiana al fianco di progetti ben più blasonati come Ayreon e Avantasia, a dimostrazione del fatto che anche da questo paese, colmo di conflitti e di potenzialità, possono nascere progetti musicali professionali e di buon livello!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti