Heavy

Intervista Astaroth (Shining)

Di Stefano Ricetti - 15 Gennaio 2007 - 8:51
Intervista Astaroth (Shining)

Astaroth: da quanto tempo non leggete più notizie che li riguardano? Da più di quindici anni, più o meno. La band capitolina, dopo essere stata indicata come una delle punte di diamante della NWOIHM, dimostrò di avere due attributi così e si trasferì a Los Angeles per cercare di sfondare definitivamente. Poi però le cose non andarono come ci si aspettava e…

Un po’ di storia.
Gli Astaroth nascono agli inizi degli anni Ottanta a Roma, danno alla band il nome del demone del sesso e della lussuria e propongono un HM massiccio e diretto di chiara matrice anglosassone. La formazione è composta da Bob Cattani alla voce, Shining al basso, John Panko Onofri alla batteria e le due asce affidate a Steve Lenti e Simone Ramon Triscari. E’ del 1982 l’uscita del primo demo, accreditato sia con il titolo di Demon Tape che di Speed Black Metal ma quello che conta sono le canzoni contenute: Hell, Black Priest, Resurrection Day e Evil Touch sono pezzi di valore che danno il viatico a ottime recensioni di riviste HM d’oltralpe come Aardschock e Loudness. La line-up subisce qualche scossone: entra il batterista Jan D’Amore mentre le due chitarre sono affidate e Max Cipicchia e Simone Triscari. Nel 1984 esce il secondo demo dal titolo semplicemente di Astaroth e fra gli highlight di quegli anni vi sono i passaggi a Radio Peter Flowers dal grande Marco Garavelli e a Rai Stereo Uno.

Il fatto di suonare live agghindati da legionari romani attira l’interesse dell’etichetta olandese Rave-On, che nel suo roster ha appena lanciato i Mercyful Fate di King Diamond. I nostri firmano il contratto e nel 1985 esce The Long Loud Silence, finalmente un Lp ben prodotto che rende onore a un lavoro made in Italy, grazie al lavoro di tecnici preparati e di studi adeguati. Da lì in poi la strada sembra essere tutta in discesa: suonano a festival in Olanda, Belgio e Svizzera, in Italia aprono per Motorhead e Onslaught a Napoli, hanno passaggi televisivi su Videomusic e in Rai. Nell’ottobre del 1987 la decisione che molte HM band italiane avrebbero voluto prendere: trasferirsi armi e bagagli (nel caso degli Astaroth è proprio il caso di dirlo visto il loro look imperniato su scudi e daghe… ah,ah,ah!) a Los Angeles e tentare il colpaccio. L’inizio è beneaugurante: suonano nei più prestigiosi club del Sunset Strip (Gazzarri’s, Trobadour, Whiskey a Go-go e Roxy) e in taluni casi a supporto di band affermate come i Savatage. Esce il demo USA ’88 ma le cose non si sviluppano come si vorrebbe: il grande salto non avviene e piano piano la band si chiude su se stessa abbandonando per sempre il sogno tanto accarezzato. E’ scioglimento definitivo: alcuni membri tornano in Italia mentre altri rimangono negli USA, come Jan D’Amore, Shining e Max Cipicchia.

Per saperne di più leggetevi la seguente appassionante intervista a Shining, il bassista della band capitolina, direttamente da Los Angeles… con colpo di scena annesso! 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

Nella foto: Shining “on stage”, sulla destra

 

Prima di tutto: da dove deriva il tuo nickname Shining?

Beh, c’è un bellissimo film con Jack Nicholson che di certo conoscerai… ma se ricordo bene durante i primissimi concerti mi furono fatte delle foto e per qualche motivo dagli occhi sembrava uscissero due raggi di luce e così credo nacque il soprannome. Sai, a Roma spesso ci si prende in giro con i soprannomi: a volte uno non si ricorda proprio più perché un nome gli viene attribuito e poi rimane a lungo, come nel mio caso…

E il nome del gruppo?

Come hai già giustamente detto Astaroth è un demone, gran duca dell’Inferno. La curiosità che spinge alla ricerca era forte in quei giorni ed è quasi naturale che un gruppo di ragazzi, in un certo senso etichettati come diversi e visti come “maligni” per via di capelli lunghi e giubbotti di pelle, vada alla ricerca di un’identità in letterature “contro”, quindi in antitesi rispetto alla religione imposta. In realtà sotto il monicker Astaroth si trovavano cinque “bravi ragazzi”, quello che in fin dei conti eravamo noi: non abbiamo mai sgozzato capretti o galline, il nostro forte era la creatività e l’inventiva, non di certo la follia…

Oggi come oggi parlare di “diversi” in Italia fa ridere e pensare che qualcuno possa rimanere scioccato da borchie e pelle nera è assolutamente ridicolo, ti assicuro invece che in quegli anni a Roma c’era un perbenismo estremizzato e noi e i trecento metallari capitolini eravamo proprio diversi dal resto della città, al punto che spesso si finiva a scazzottate con i pariolini o alla questura centrale in fermo dalla Polizia solo perché si girava in gruppo in una ventina tutti insieme cantando inni del metallo …

Allora Shining, dai tempi di Los Angeles ne è passata di acqua sotto i ponti… inizio subito con una domanda che ti metterà KO ma che ogni kid italiano vuole che venga posta: racconta la “Los Angeles era” degli Astaroth e l’epilogo della storia della band.

Ci provo…
LA era una città effettivamente con tantissimi rocker, club dove si suonava ed etichette discografiche che producevano il genere. Fin qui uno potrebbe pensare a un oasi del metallo… ma non era così: il genere che andava per la maggiore era il Glam e il Rock and Roll alla Guns N’ Roses. Il metallo vero era più nella periferia, a Long Beach, oppure a San Francisco, ma non a Hollywood. Nei club si doveva poi pagare per suonare: fino a $700 e più dollari di prevendita biglietti obbligata, quindi con questo Pay To Play si arrivava alla bancarotta in un attimo.

Gli Astaroth con LA c’entravano ben poco, sia come mentalità che come genere di musica.
Provammo una correzione di tiro tentando di rendere il repertorio più appetibile, nonostante questo mi ricordo concerti in cui la gente ci guardava come marziani… Facemmo anche un demo -che io rinnego- con un brano molto leggero  ma si era lontani dai generi in voga qui e comunque lontani dagli Astaroth veri, quelli che facevano tremare le mura millenarie dei palazzi romani…

Lavoravamo dalla mattina alla sera come imbianchini, giardinieri, -io anche la notte come lavapiatti- ma non avevamo mai un soldo in tasca… poi li buttavamo in concerti al Whiskey a Go-Go con un sempre troppo piccolo pubblico. Così cominciarono i malumori, il sogno e l’entusiasmo furono rimpiazzati da una realtà che non ci soddisfaceva e da problemi interpersonali che vennero ad amplificarsi in oggettive condizioni difficili come quelle in cui vivevamo. Fu la fine di qualcosa di bellissimo che non si potrà comunque mai dimenticare. La nostra mentalità era vincente, non vedevamo o non credevamo negli ostacoli: Svizzera, Olanda, Germania, California, quando agli Astaroth nasceva un’idea allo stesso istante nasceva anche la materializzazione di essa. Fu così che uscimmo da Roma e arrivammo a fare il nostro disco con la Rave-On Records in Olanda, poi i tour in nord Europa e Italia. Se avessimo scelto New York forse le cose sarebbero andate diversamente, ma Los Angeles riuscì in poco più di un anno a fare ciò che dieci anni non erano riusciti a fare: separarci!

E’ vero che nella città degli angeli la concorrenza fra band era spietata? Avete avuto qualche gruppo che vi ha dato una mano o eravate visti come gli stranieri usurpatori?

No, non esistevano stranieri, tutte le band venivano da qualche altra parte del mondo: mi ricordo che c’erano gruppi Giapponesi, Francesi… e poi gli Stati Uniti sono grandi, quindi a parte la lingua, anche uno del Mid West poteva essere un pesce fuor d’acqua a LA. Noi diventammo amici con gli Hirax, ma anche loro stavano passando un periodo strano. Tengo a sottolineare che però, a Long Beach, avevano un buon seguito ed erano gente in gamba. Io avevo un loro demo fin dall’Italia e loro avevano il nostro disco… ci perdemmo comunque di vista dopo poco poiché da Long Beach a Hollywood è un ora di traffico e il nostro furgoncino del 1967 acquistato a $500 spesso si rompeva per strada e rendeva proibitive le uscite sulle lunghe distanze… Io divenni subito amico con Ray Gillen che mi offrì anche di unirmi ai Badlands con Jake Lee alla chitarra ed Eric Singer ex Kiss alla batteria, ma sinceramente ero appena arrivato e credevo nella mia band. Rimanemmo amici per lungo tempo… che riposi in pace.

 

Nella foto: Shining con Lemmy

 

Hai conosciuto parecchie rock star o pseudo tali durante la vostra permanenza negli USA. Hai degli aneddoti a riguardo?    

Bastava andare al Rainbow la sera e c’erano veramente tutti: da Slash a Lemmy, da Alice Cooper a Steve Vai. Con quest’ultimo organizzai un suoi Clinic/Concerto a Roma alcuni anni dopo e furono eventi di grande successo. Forse uno dei personaggi più singolari è stato Mario Maglieri, il proprietario del Rainbow: un italoamericano di Chicago, la quintessenza del ritratto del boss dei film hollywoodiani sulla mafia. Era capace di prendere Axel Rose per le orecchie e di sbatterlo fuori quando beveva troppo e faceva casino. Mario mi raccontava di quando i Led Zeppelin stavano ogni sera lì davanti al caminetto a mangiare, allo stesso tavolo dove eravamo noi…

Dopo qualche anno di vita Losangelena decisi di mettere fine io al Pay To Play e fondai una agenzia: la Crazy Horse Productions. Organizzai una serie di concerti al Roxy e al Whiskey sponsorizzati come NO Pay TO Play. Fu una sorta di disastro economico dove persi quei soldi che avevo messo da parte con gran cura. I promoter delle altre agenzie mi minacciarono e una notte sul Sunset mi seguirono in tre e fui spintonato. Il messaggio era chiaro: “non rompere i co…oni” e “fatti i ca..i tuoi, noi ci campiamo sul Pay To Play, quindi falla finita”! Dovetti dire che ero il nipote di Mario e allora indietreggiarono tutti…

Da buon testardo continuai: gli altri promoter organizzarono in concomitanza delle mie serate degli eventi con gruppi che andavano per la maggiore come i Warrant, con l’ovvia conseguenza che io mi trovassi con il locale mezzo vuoto. L’ultima serata prima di smettere questa attività mi tolsi una grossa soddisfazione: organizzai un concerto di beneficenza per gli anziani delle tribù Lakota (Sioux), che erano in difficoltà a causa del tremendo inverno del Sud Dakota, stato nel quale risiedevano. Si trattava di una Jam al Whiskey dove oltre ai soldi per l’entrata la gente doveva pagare con del cibo in scatola. Parteciparono grandi come Ray Gillen, Robin McAuley, Randy Castillo, Rudy Sarzo, Frankie dei Four Horsemen e tanti altri. Fu un successone, una serata indimenticabile!

Qual è il gruppo USA che in qualche modo vi ha scioccato?

Per quanto mi riguarda i King’s X

Dopo tanti anni cosa pensi sia mancato agli Astaroth per farcela sul serio? In tutta franchezza, percentualmente parlando, secondo te quante possibilità reali avevate di farcela e quante no?

99% No e 1% Si.
Bob Cattani aveva troppo accento italiano nel canto, i tempi non erano quelli giusti come ti ho già spiegato e qui andavano altri generi di Rock e non il metallo pesante. Aggiungo che gli americani in generale sanno tanto di storia quanto io di ingegneria  spaziale e il gioco è fatto! Spesso pensavano che ci vestivamo da antichi romani perché eravamo dei fan degli USC Trojans Football team…

So che nel vostro covo durante il periodo a L.A. sono passati Mario Riso dei R.A.F. , Morby dei Sabotage e AC Wild dei Bulldozer. Hai qualche racconto simpatico a riguardo?

Hai elencato tutta gente in gamba e simpatica che ricordo con affetto. Ricordo che ci fu una serata storica al CatHouse insieme con AC Wild: alzammo un po’ il gomito e c’era Alex Solca che scattava delle foto (poi pubblicate su H/M). Nel giro di pochi minuti avevamo una comitiva di allegre e prorompenti groupie che ci si attaccarono, ma da un punto in poi della serata non ricordo più nulla…

 

Nella foto: gli Astaroth in cartellone al Troubadour 

 

Con il senno di poi, prenderesti ancora una decisione di vita così importante come trasferirti negli USA per cercare di farcela?

SI! – La più grande vittoria degli Astaroth è stata quella di fare quello che tutti volevano ma pochi avrebbero osato. Ci siamo scritti il nostro destino, nel bene e nel male, sfidando ogni evento e avversità. Ci siamo anche divertiti -e non poco-, siamo cresciuti, ci siamo separati ma poi ritrovati come grandi amici nella vita. Tutto questo non significa vincere?

La più grande delusione a LA e la più bella soddisfazione.

La delusione: la mancanza del metallo vero proprio nel posto dove avrebbero dovuto bere e mangiare metallo pesante all day & all night. Le soddisfazioni sono state tantissime e me ne sto cavando ancora molte. Ho un bellissimo studio di registrazione, da poco ho prodotto un disco Neo Soul di un’artista (Amana Melomè) e l’ho pubblicato sulla mia etichetta indipendente. Ora è in distribuzione in una catena di supermercati qui in America e mentre ero a fare la spesa lo hanno trasmesso tutto attraverso l’impianto del supermercato: per un’ora ero il cliente più felice del mondo e il mio carrello straripava di spesa…

Da anni collaboro con Vasco, Pelù e altri nomi della Pop Italiana, con il tempo sono diventato amico di grandi musicisti come Vinnie Colaiuta e Michael Landau. Suonare anche jammando con gente così costituisce sempre grande piacere. In generale  ho conosciuto persone bellissime di tante diverse culture, religioni e razze, tutto questo lo annovero fra le mie grandi soddisfazioni.

Adesso, a Los Angeles, nei locali storici come il Whiskey o il Trobadour, che genere va?
In generale, i periodi “crazy” sullo stile degli anni Ottanta sono definitivamente tramontati? E le strafi..e che c’erano che fine hanno fatto?

Beh… i locali ci sono ancora, solo che non sono più specializzati in un solo genere, quindi ti può capitare la serata Death Metal, quella Punk Rock oppure una Ska o Reggae. Comunque da un paio d’anni c’è un gruppo che fa covers famose degli anni Ottanta e riempie regolarmente il Roxy. Nell’ultimo anno sono riapparsi sulla scena gruppi come Warrant e Pretty Boy Floyd, ma mi facevano già ca..re all’epoca e quindi me ne tengo ben distante…

Per quanto riguarda la follia dei party di quegli anni sono sicuro che ci sia ancora, magari si è trasferita un po’ in giro mentre prima era tutta concentrata sul Sunset Strip. Se vai al Rainbow di fine settimana c’è ancora gran movimento: molti nostalgici ma anche nuove leve; fra l’altro c’è senza dubbio più spazio ora per i generi del metal estremo di quanto ce ne fosse all’epoca. Io non amo necessariamente tutte le tendenze Horror però c’è da dire che ci sono dei gruppi compattissimi con grandi botte sonore. Per quanto riguarda le strafi..e bisogna dire che come il vino c’è quello che si mantenuto, quello che è divenuto più pregiato e quello che è andato a male! E poi c’è sempre il Novello…

Raccontami le principali differenze fra la scena HM italiana e quella statunitense degli anni Ottanta.

In generale credo ci fosse più fratellanza in Italia fra i gruppi e i metal kid. Io ero vicino a chiunque avesse la mia fede musicale in Italia o in Europa. Troppo individualismo invece negli States: il Cult of Personality era spinto in eccesso, non a caso i poser venivano tutti da qui.

Quando firmaste per l’olandese Rave-On ricordi se foste il primo gruppo italiano a raggiungere un traguardo del genere (contratto con una label straniera)? Te lo chiedo perché c’erano anche i R.A.F.

Credo fossimo tra i primi o i primissimi, ma non eravamo lì a far la gara a chi usciva per primo, l’idea era quella di riuscire a fare un disco. Con chi o dove era una conseguenza. Purtroppo io i RAF li conoscevo poco all’epoca, Mario lo conobbi solamente qui a LA.

Corrisponde al vero la leggenda che in quegli anni le ragazze sul Sunset Strip fossero mediamente di una bellezza disarmante?

E’ tutto vero!
Sarà stato il modo di vestire più sexy, le calze a rete e tacchi a spillo, le calzamaglie attillate, il clima mite che facilitava l’uscita in reggiseno… molte delle ragazze che giravano per gli ambienti Rock facevano le spogliarelliste nei molti locali del genere che esistono qui e poi si facevano la serata al Rainbow alla ricerca della rock star o di una rock and roll night…

L’Italia in quegli anni era una fucina inesauribile di gruppi HM. A tuo giudizio quali erano quelli che potevano ambire a una vetrina internazionale?

Moltissimi!
Non me voglia qualcuno se dimentico dei nomi, ma i sopramenzionati Sabotage e i Bulldozer senza dubbio. A Roma c’erano Raff e Thunder, a Tarquinia gli Stiff. Questi ultimi li “scoprii” personalmente e li invitai a suonare con noi a Roma al mitico teatro Mongiovino, da noi trasformato in tempio occasionale del metallo, e chi era lì se lo ricorderà per sempre! Oltre a questi, ricordo Yako e gli Steel Crown, i Crying Steel e la Strana Officina, che credo tanto abbia ispirato Pelù. Mi sovvengono anche gruppi meno noti come gli Hate di Genova o gli Skull dalla Sardegna. Purtroppo le registrazioni di quegli anni, si sa, non rendono giustizia a quello che veramente era il talento che si sentiva nelle sale prova.

 

 

La scena della capitale intorno agli anni Ottanta ha partorito parecchie realtà in ambito HM, dammi un tuo giudizio o forniscimi solo qualche pensiero sulle seguenti band:

STIFF: Grande band e grandi amici

THUNDER: Con Daniele eravamo come fratelli – un gruppo fondamentale per la moltissima attività e voglia di fare – io li apprezzavo agli inizi con Satana alla voce e poi alla fine con Suan come frontman – direi un punto di riferimento a Roma per moltissimi metal kid.

RAFF: Parlando di punti di riferimento direi che la cantina dei Raff era tappa dovuta a tutti i metallari romani. Una botta sonora notevole, grande batterista e solidissimo bassista il fratello. Forse meno ricercato il genere nella scrittura e i troppi cambiamenti di line-up l’hanno resa una band con un potenziale mai espresso agli apici.

FINGERNAILS: La banda di “Angus” Bidoli? Forti! Mi ricordo un bel concerto… molto Ac/Dc, un gruppo  da birra e motocicletta.

MISS DAISY: sono stato molto amico anche con loro ma io ero già qui quando si formarono e trasferirono a Londra… con il senno di poi forse loro sarebbero dovuti venire qui e noi a Londra!

Sempre rimanendo a Roma e dintorni, dal 1985 il vostro quartier generale era un casale inoccupato nella campagna di Tarquinia (VT): vi riunivate dal venerdì pomeriggio fino alla domenica sera per preparare concerti e nuovi brani. Un uccellino mi ha fatto sapere di chiederti da chi venivate “alimentati” durante questi week end di musica all day long… ah,ah,ah! Quelle giornate comunque costituivano grande fonte di ispirazione ed erano foriere di bellissime esperienze… o no?

Dopo il secondo furto subito nella nostra cantina di Monteverde dovemmo spostarci in campagna, a quaranta minuti di treno da Roma. Avevamo un casale fantastico dove poter vivere e suonare, l’allaccio della corrente abusivo e l’acqua del pozzo per bere e lavarci… Giorni ineguagliabili di grande creatività! Potevano venire gli amici a trovarci e si passavano dei fine settimana bellissimi. Ma come ti è giunta voce dello Sponsor? Lo Sponsor era un ristorante locale di un amico di Max Cipicchia che è tarquinense: ci passava delle teglie intere di Ravioli alla Contessa destinati a matrimoni e banchetti che spesso finivano nel nostro casale. Il giorno che sgomberammo il nostro covo ci fu un grande incendio per i campi lì attorno, i pompieri non riuscirono a frenare le fiamme che proprio mentre portavamo via gli ultimi Marshall raggiunsero il casale. Le finestre di vecchio legno presero fuoco subito e in un attimo la casa si riempì di fumo: fummo costretti ad abbandonare i letti e molte altre cose… fu una sorta di ribellione degli spiriti del posto che ormai ci amavano e non gradivano la nostra dipartita… ah,ah,ah!

Parliamo ora dei vostri concerti in Europa, periodo pre-Usa. Metteste a ferro e fuoco città come Castricum in Belgio e Katwick (vicino a Rotterdam) in Olanda, -solo per citarne due di numero-, nel tour che vi organizzò la Rave-On Records di Jac Hustinx. Vai avanti tu…

Era un tour promozionale del disco e a proposito di fuoco riuscimmo a mettere veramente quasi a fuoco un locale in Belgio quando Bob con la sua spada fiammante non notò che il soffitto del palco era piuttosto basso! In quei giorni capii che avrei seguito la musica per il resto della vita. Era la realizzazione di un sogno: essere in tournée e suonare ogni giorno in una città diversa, dividere il palco ai festival -che lì duravano anche tre giorni- con gruppi come Anthrax, Metallica e Manowar, sono emozioni che difficilmente si possono descrivere. L’unico rammarico l’avemmo quando la Roadrunner comprò la Rave-On Records e scaricò tutti al di fuori dei Mercyful Fate: gruppi validi come Black Widow, Evil, H-Bomb e Sortilege rimasero tutti senza contratto. In pochi sanno che subito dopo provammo una trasferta in Germania, precisamente ad Hannover, dove sostammo per un periodo sperando in un contratto con la SteamHammer, che era la sola altra casa semi indipendente europea. Il gruppo piacque, ma volevano che ci trasferissimo in Germania per un anno per fare promozione, il tutto a spese nostre. In ogni caso la richiesta di visto al consolato fallì, l’Europa era tutt’altro che unita all’epoca…

Nel roster della Rave-On c’erano anche i Mercyful Fate: che rapporto avevate con loro?    

Ottimo, una volta a Roma andai anche a cena con la mamma e la zia di King Diamond! In realtà non ci si conosceva bene, esistevano poche occasioni di frequentazione.

Recentemente vi sono state delle reunion di gruppi storici della NWOIHM come Sabotage, Gunfire e Crying Steel, reunion vere di membri originali, non specchi per le allodole. Situazioni che hanno portato a concerti e scrittura di nuovo materiale. Non avete mai pensato di rimettere insieme gli Astaroth?     

Colpo di scena: Jan D’Amore è stato qui a gennaio scorso. Io, lui e Max Cipicchia abbiamo delle prove e rimontato tutto il materiale da una cassetta registrata al Casale, fedelmente come per il disco che mai uscì dopo The Long Loud Silence. Mike Tacci, il fonico che ha registrato il Black Album dei Metallica ci ha fatto i suoni e quindi sono in possesso di un master fantastico registrato nel migliore studio al mondo (Henson Recording). Ora bisogna soltanto procedere con gli over dubs. Nasce però la domanda da un milione di dollari: CHI CANTERA’ ??? Bob lo abbiamo sentito ma dice di aver perso la voce per sempre, quantomeno non possiede più la potenza canora di un tempo, stiamo quindi valutando delle altre possibilità. Il dubbio è: come rimanere fedeli al sound con un cantante differente? Non che Bob fosse Ian Gillan ma aveva un suo timbro particolare e negli Astaroth c’erano sempre ampi spazi per parti strumentali… hai delle idee?

Sei ancora coinvolto in qualche modo nel giro della musica?

Non ne sono mai uscito. Ho un mio studio di registrazione, faccio produzioni dal Pop Rock alla Soul passando per il Jazz e persino Opera, raramente purtroppo mi capitano produzioni HM, anche se ho collaborato con Cristina dei Lacuna Coil per un disco di Battiato.

Segui la scena HM italiana? Quali sono le band che ti piacciono di più?

Purtroppo non ne so più nulla. I ragazzi dei Lacuna Coil mi hanno invitato all’Ozz Fest qui negli Usa e ci sono andato: loro senza dubbio sono fantastici dal vivo, possiedono un bel sound compatto e originale.

Hai mai pensato di far uscire su un unico Cd tutto quanto realizzato dagli Astaroth nella loro storia? 

Si, ci ho pensato, però terrei di più a far uscire questo disco che è in registrazione perché è importante che la qualità sonora sia ad alto livello, i tempi sono cambiati così come le orecchie degli ascoltatori, bisogna che un disco suoni bene e quello degli Astaroth 2007 sarà una bomba sonora!

Hai ancora contatti con gli altri membri della band? Cosa fanno oggi?

Max è come un fratello, vive qui a LA e fa il grafico e ora si occupa anche di giornalismo; anche Jan lo considero come un fratello anche se è lontano, lo sento quando posso, lui vive a New York di base ma si sposta per il mondo in continuazione con gran disinvoltura, l’ultima volta che ci ho parlato era a Laos…

 

Astaroth &  Iron Maiden

 

Chiudi l’intervista come vuoi. Grazie per la disponibilità.

Beh Steven, intanto grazie per il tuo costante lavoro di recupero e valorizzazione di una parte di storia musicale italiana che io ritengo importantissima e che per colpa di cretini ottusi come Luzzato Fegiz non ebbe lo spazio e la considerazione che meritava. Assurdo pensare che a tutt’oggi si trovino copie del vinile degli Astaroth all’asta su internet per $110 o che qualcuno abbia “masterizzato” piratando il disco e ne abbia venduto magari qualche migliaio in Europa.

Mi fa piacere che tu, sulle colonne di Metal Maniac, abbia fatto grandioso lavoro di riscoperta di quegli anni irripetibili e che costantemente su TrueMetal faccia interviste ai protagonisti italiani degli anni Ottanta.

Per una decina d’anni noi siamo stati un gruppo che ha vissuto il metallo come forma di vita: caricavamo le finte colonne di marmo per i nostri concerti e le portavamo a spalla da una parte all’altra della città, Roma. Facevamo migliaia di chilometri in macchina in cinque con le chitarre sulle ginocchia per fare un concerto a Zurigo o una registrazione a Parigi. Facevamo in treno da Napoli a Milano sdraiati nei corridoi mentre il camion con la strumentazione viaggiava tutta la notte perché le nostre tournée auto-organizzate non permettevano di meglio. Siamo stati insieme a tanti gruppi cavalieri di un ordine mai riconosciuto, se non dai kids che ci seguivano con passione e a cui una serata di sano sfogo metallico di un concerto dava la forza di vivere situazioni familiari magari difficili oppure gli evitava di mettersi in qualche casino sfogando la rabbia adolescenziale in altre maniere.

Grazie quindi per il tuo lavoro e grazie a tutti quelli che ci portano nella memoria e… WATCH OUT FOR ASTAROTH 2007 !!!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

PS: ringrazio di cuore Carlo Cattani per aver favorito il contatto con Shining.