Progressive

Intervista Benthos (Gabriele Papagni)

Di Davide Sciaky - 11 Aprile 2025 - 9:00
Intervista Benthos (Gabriele Papagni)

I Benthos sono una delle più recenti aggiunte al roster Inside Out, un grande traguardo per un gruppo italiano appena al secondo disco ma che, come ci ha raccontato il chitarrista Gabriele Papagni, è stato raggiunto con estrema facilità dai cinque milanesi.
Insieme abbiamo parlato dell’imminente nuova release, “From Nothing“, delle origini della band, delle speranze per il futuro e di altro ancora.

Intervista a cura di Davide Sciaky

Ciao e benvenuto su TrueMetal, innanzitutto come stai, come va?

Bene, bene, tutto bene, grazie mille. Spero voi anche in True Metal tutto bene.

Benissimo, grazie. Allora, cominciamo subito: tra pochi giorni pubblicherete il vostro secondo album, “From Nothing”. Tra un attimo ne parleremo meglio, però prima di tutto, visto che è la prima volta che vi ospitiamo su True Metal, ti chiedo se vuoi raccontarmi un po’ della band, chi siete, le vostre origini.

Certo, certo. Diciamo che tutto ha origine nel 2018. Io suonavo in un’altra band, però poi sai, succedono cose, ci siamo sciolti, tristezza, insomma, e subito, il giorno stesso ho contattato mio caro amico Enrico Tripodi, che è l’altro chitarrista dei Benthos, e gli ho detto, “Perché non iniziamo un nuovo viaggio insieme?”. Ha accettato subito e ci abbiamo messo circa un annetto per trovare un po’ gli altri membri del gruppo. Prima è arrivato il bassista, poi il batterista e per ultimo il cantante. Eravamo in vacanza insieme, si è messo a improvvisare su una canzone. E abbiamo detto, “Senti, ma perché non canti un po’ con noi? Ti piacerebbe?” “Sì, sì, certo.”. E alla fine è iniziata proprio così la nostra avventura. Abbiamo registrato il primo disco nel 2019/2020. Abbiamo fatto il primo live nel 2019 in apertura ai The Contortionist, ma ancora non avevamo ancora fatto uscire il primo album, avevamo tipo ottanta demo, proprio con scritto “CD Benthos”, le abbiamo regalate, è stato bellissimo. E poi finalmente nel 2020 avevamo l’album, il primo album pronto e bom, quarantena [ride]. Quindi insomma non è stato facile all’inizio. Noi abbiamo deciso di pubblicare comunque il disco. E abbiamo aspettato un annetto per tornare sul palco e finalmente poi nel 2022 siamo riusciti a fare anche il nostro primo tour facendo un po’ di date in Italia e siamo andati anche in Germania, in Ungheria, abbiamo passato una bella esperienza insieme, ecco. Poi nel 2023 abbiamo finalmente fatto il nostro primo festival che è stato il Dissonance Festival – in apertura a Meshuggah, Soen, Destrage, è stato veramente un evento fantastico – e poi ci siamo chiusi di nuovo in studio per fare il secondo album ed eccoci qua, “From Nothing”.

Allora, questo mi porta già ad un altro paio di domande. Innanzitutto, come mi dicevi, l’idea della band quindi nasce da te. Quando ti sei detto, “Facciamo questa nuova band”, avevi già un’idea della direzione in cui andare poi musicalmente?

All’incirca: io prima suonavo in una band death metal che aveva un po’ tendenze progressive alla Opeth, un po’ Arch Enemy, banalmente, quindi anche Melodeath svedese, però diciamo che io volevo andare più sul progressive, erano più i miei ascolti, mi piaceva di più. Anche magari delle sonorità banalmente un po’ più rock, alleggerire un po’ la situazione. Però non mi sono mai messo paletti nella composizione. Io prendo in mano la chitarra e quello che esce, esce. È sempre stato un po’ così. Quindi non avevo nessuna idea e poi piano piano insieme abbiamo poi dato vita a quello che era il primo disco “II” e ora “From Nothing”.

Questo nuovo disco che adesso sta per uscire sarà pubblicato da Inside Out, quindi cambio di etichetta, etichetta molto importante perché nel vostro genere ospita colleghi come Dream Theater, Devin Townsend, Jethro Tull, insomma nomi di un certo peso. Come siete arrivati a questa firma?

Nel modo più semplice in realtà, abbiamo mandato il materiale e gli è piaciuto [ride]. È piaciuto tantissimo, abbiamo avuto una risposta praticamente se non il giorno dopo, due giorni dopo, quindi è stato… Magari anche grande fortuna, però da questo punto di vista vorrei anche ringraziare il nostro ufficio stampa, che saluto, e insomma è stato veramente… Una gran fortuna. Gli è piaciuto veramente tanto, quindi siamo molto contenti di questo.

Avete mandato anche altre etichette o siete andati a colpo sicuro, un’etichetta, una firma?

Noi avevamo il materiale pronto con video, EPK, master, noi abbiamo mandato solo a loro e hanno risposto. Quindi abbiamo detto, beh, era dove volevamo arrivare e quindi… Quindi fantastico.

Bel colpo. Quindi il disco era già pronto quando gliel’avete mandato?

Esatto, sì. Dovevamo giusto lavorare ad alcuni assets di grafiche, cose così, però alla fine l’album era pronto.

Ecco, io ti volevo chiedere in che modo ha influenzato l’album, se avete avuto più budget o altro, però eravate già in fase finale poi quando avete firmato.

Sì, sì, pacchetto pronto praticamente.

Chiaro. Allora, guarda, io sti giorni l’ho ascoltato e la prima parola che mi viene in mente per descriverlo è “folle”: è intricato, veloce, elaborato, succede di tutto, non è un disco semplice. Mi racconti come avviene la scrittura dei vostri pezzi?

Guarda, come ti dicevo prima, è strano perché noi non ci mettiamo nessun paletto. Io diciamo che porto l’idea principale di quello che dovrebbe essere il linguaggio della canzone. Abbiamo un bello schema che funziona. Io scrivo quello che vuole raccontare la musica, poi a seconda volta subentra il batterista che riscrive la batteria che io scrivo. Poi dopo entra il basso che riscrive la parte del basso con le sue visioni, eccetera. Ovviamente anche il batterista. Poi arriva l’altro chitarrista, lui è l’uomo tecnico, il producer della band, e lui magari riarrangia la canzone utilizzando magari voicing diversi, accordi diversi. Magari rielabora alcune parti però il linguaggio rimane quello e poi alla fine entra la voce. Nella maggior parte dei casi però in alcune situazioni come l’ultimo singolo che abbiamo fatto uscire, la voce è una delle cose che è uscita per prima, in realtà. Però, quindi dipende caso per caso, però non ci mettiamo uno schema, ecco, se noi sentiamo che la canzone deve andare in quella direzione lì, noi andiamo. Diciamo che il tema principale di questo disco per la composizione era proprio il “esageriamo”. Qualunque aspetto possibile che magari c’era nel primo disco, prendiamolo e portiamolo al 100%. Le cose estreme le volevamo più estreme, le cose calme in realtà le volevamo anche più calme e [ride] magari non si è percepito in alcuni singoli però… In altre c’è e volevamo dei suoni più sporchi, li abbiamo sporcati di più. Sperimentare con più effetti, li abbiamo messi molto di più, quindi non ci siamo dati limiti, ecco, abbiamo voluto fare tutto di più per questo disco.

Infatti questa è una cosa che ti volevo chiedere: il secondo disco per tanti versi è un momento complicato perché uno vuole migliorare quello che ha fatto nel primo disco, però nel primo disco allo stesso tempo magari hai avuto molto più tempo per scrivere i pezzi, mentre nel secondo poi ci può essere la pressione di non far passare troppo tempo tra due release. Quali sono state quindi le sfide, gli aspetti su cui magari avete avuto più difficoltà nel realizzare questo nuovo disco?

Guarda, ti dico, il primo album in realtà l’abbiamo scritto praticamente in un anno e l’anno dopo siamo entrati in studio, è stato proprio… “Ragazzi, che bello, facciamo questo disco”. Ci siamo messi innocentemente, abbiamo buttato fuori un album. Qua abbiamo voluto lavorare su ogni singolo aspetto, ogni dettaglio, abbiamo messo le mani dieci volte – per dire, dieci volte è veramente poco. Insomma, le sfide secondo me sono state che… Com’è che posso dirti? Abbiamo fatto più di quello che pensavamo, abbiamo voluto andare oltre i nostri limiti per capire se potevamo farlo e poi dopo siamo riusciti in quello che volevamo ottenere. E quindi questa cosa per noi è stata una grande soddisfazione. Era come scalare una montagna altissima, però alla fine poi alla vetta ci siamo arrivati. Avere proprio il disco in mano per noi è la più grande soddisfazione, penso.

E data questa complessità immagino che poi non sia neanche semplice trasportare questa musica nella dimensione live. È una cosa che vi passa mai per la testa mentre scrivete, mentre registrate, “Ok, questa cosa poi come faccio a farla live?” o su due discorsi separati? Lì ci si concentra sul registrare e poi ci penseremo quando arriverà il momento.

No, diciamo che noi tutto quello che scriviamo lo pensiamo sempre in funzione dei live.  Tanti gruppi, specialmente nel Metal moderno, hanno molto ambiente, molta post-produzione, che è una cosa ovviamente affascinante e che arricchisce il sound. Noi diciamo che quella cosa la vogliamo ottenere suonando. Quindi magari uno strumento di per sé può creare del rumore, dell’ambiente, che però vogliamo portare dal vivo suonandolo. Poi magari ci sono delle cose impercettibili in produzione che fanno massa su disco, che poi magari live non si fanno ma si riadattano. Però noi pensiamo sempre a come può essere il live e oltretutto ogni canzone la suoniamo anche in maniera molto diversa dal vivo, anche dal punto di vista degli effetti per cercare di riequilibrare un po’. Sai, in produzione puoi permetterti di fare di più, live magari è un po’ più limitato, quindi cerchiamo di trovare l’equilibrio tra tutte le cose, ma sicuramente pensiamo sempre a come può essere questa cosa dal vivo.

A livello di video ne avete fatti diversi per questo album. Com’è quell’esperienza? Chiaramente uno arriva dalla musica, si deve mettere davanti una telecamera, è tutto un altro mondo, no?

Certo. Allora, noi prima di firmare con Inside Out in realtà… giusto prima mi chiedevi se abbiamo avuto un investimento da parte dell’etichetta. Ecco, l’unica cosa che abbiamo avuto per il momento è stato proprio questo: noi siamo arrivati con l’album pronto e due video pronti, che sono gli ultimi due singoli che abbiamo rilasciato, e loro hanno voluto farne altri due che sono i primi due singoli che abbiamo rilasciato. Quindi questo è stato l’aiuto che abbiamo avuto all’inizio con la firma di Inside Out. È sicuramente un’esperienza girare dei videoclip, a me personalmente diverte tantissimo. Trovare la location è la cosa più difficile perché devi sempre trovare qualcuno a disposizione, capire che budget hai, insomma, e abbiamo avuto grande fortuna da questo punto di vista. Però è sempre molto divertente, molto creativo anche. Noi ci divertiamo tanto in queste situazioni e pensiamo anche al concept del video che può essere ovviamente collegato anche al concept del testo, eccetera, però sicuramente un’esperienza molto divertente.

Parlando di un altro aspetto del disco, la copertina mi è piaciuta molto, molto particolare con questa testa di scimmia, un disco intorno che quasi sembrava un vinile, all’inizio l’ho visto e ho pensato che fosse la foto di un vinile colorato, invece poi era la copertina. Com’è nata quest’idea? Chi l’ha realizzata? È stato un vostro input o è completamente un’idea dell’artista?

Sì, allora, l’artista si chiama Alejandro Chavetta e lui è un graphic designer che lavora, se non sbaglio, per l’Università di San Francisco e oltretutto lavora per Adobe. Non vorrei dire una cavolata, ma mi sembra che lavori lì e oltretutto fa grafiche di questo stile. L’abbiamo scoperto perché ha fatto le copertine degli album di una band che fa più o meno il nostro genere, i The Hirsch Effect, sono tedeschi. Ci affascinava molto questo stile perché secondo noi si collegava molto bene al tipo di musica perché c’è questa scimmia che richiama un po’ l’ambiente organico e biologico però con un pattern anche attorno molto sintetico che si rifà un po’ alle sonorità un po’ elettroniche che abbiamo anche ogni tanto… O il noise, eccetera, quella roba un po’ più industriale che dà un po’ di contrasto e c’è sempre questo dualismo tra organico e sintetico che però coesistono insieme. L’idea della scimmia è stata perché c’è una traccia sul disco che si chiama “Perpetual Drone Monkeys” ed è un po’ un simbolo perché è un po’ da dove veniamo. Ed è un po’ un tema generale per tutto il disco, racconta un po’ delle vicende dell’intera umanità, di quello che l’uomo lascia su questo pianeta da quando nasce a quando finisce, ha realizzato la sua idea che ha coinvolto tutto quello che ha intorno, che può essere anche banalmente una persona o un’intera società. Quindi vuole magari sfociare in diversi aspetti dal culturale al sociologico, artistico, letterario, può essere qualunque cosa, infatti i temi sono molto astratti per cercare di immedesimarsi anche all’interno della storia, del concept.

Leggevo che hai studiato in conservatorio. Immagino che in conservatorio non ti insegnino questo tipo di musica.

[Ride] No, assolutamente.

Anche se poi ogni cosa che studi avrà una qualche influenza. Chiaramente non è una cosa che mi puoi quantificare in modo certo, però quanto importante è stata quel tipo di educazione per arrivare a fare questa musica?

Allora, tantissimo in realtà perché io ho studiato chitarra classica e la chitarra classica ha un percorso molto diverso rispetto a un, non so, un violino, un violoncello. Perché la massima espressione della chitarra classica è dall’Ottocento in poi e si evolve con un suo linguaggio. Prima magari si cercava di imitare quello che magari facevano le orchestre, però una chitarra non può riprodurre esattamente quello che un’orchestra fa. E quindi a sua volta si è sviluppata con un suo linguaggio. È una cosa molto affascinante, o almeno che affascina me, è che la chitarra classica ricerca molto il sonoro. Non tanto dal punto di vista degli accordi, come magari può essere un ambiente jazzistico, ma proprio anche a livello di timbro. Muovere le mani in un certo modo sul manico, magari andare più lontano, più freddo, più caldo. Anche magari delle dissonanze particolari che nella chitarra classica le ascolti e dici, “Ma cos’è sta roba?”. Ecco, diciamo che noi volevamo riportare un po’ questa sensazione anche all’interno della nostra musica. L’esperto in categoria è più l’altro chitarrista che ha una carriera concertistica da solista di un certo tipo anche, proprio con questo repertorio. Questo forse è l’aspetto che il conservatorio mi ha dato di più e ha influenzato molto la composizione anche.

In questo breve periodo dalla vostra nascita avete già raggiunto importanti obiettivi, hai parlato prima del Dissonance a fianco di gruppi molto importanti, abbiamo parlato estensivamente della firma con Inside Out. Che obiettivi avete per il futuro? Nello specifico ti voglio chiedere se avete qualcosa come priorità nel breve termine, volete suonare di più, suonare di più all’estero?

Sì, assolutamente, vogliamo suonare il più possibile. Noi abbiamo proprio come obiettivo il suonare, ma proprio masticare il palco è la cosa che vogliamo fare di più. Ma perché ci divertiamo. Ma ci divertiamo veramente tantissimo. Quando siamo sul palco siamo esattamente come la nostra musica, siamo scatenatissimi [ride]. Nonostante sia musica molto cerebrale, sul palco noi siamo molto fluidi. Sì, diciamo che l’obiettivo a breve termine è portare questa musica fuori dall’Italia. Adesso abbiamo da poco annunciato il release show a Milano. Ma a breve ne annunceremo un’altra che non è in Italia. E nel frattempo stiamo lavorando ad altre situazioni perché ci stanno arrivando grandi opportunità, quindi… Spero vivamente che andrà tutto in porto. Però questo è l’obiettivo a breve termine, uscire dall’Italia e girare l’Europa, ecco, e poi chi lo sa, magari un giorno finirà anche oltreoceano.

Da questo punto di vista penso che l’Inside Out possa dare una bella spinta, ho visto già nei commenti dei video pubblicati dal loro canale tanti commenti internazionali, gente che diceva, “Ho scoperto la mia nuova band preferita”. Immagino già una bella soddisfazione.

Molto, sì, davvero, molto bello.

Hai già accennato che tra un paio di mesi ci sarà il release show qua al Magnolia, dove tra l’altro tornate dove eravate già stati per i Dissonance quindi penso sia una bella soddisfazione anche tornare da headliner in quella location. Avete qualcosa in mente, qualche sorpresa per questo show?

Magari, forse, non ne siamo certi [ride], però l’idea è di girare un video live. Che speriamo venga bene, speriamo venga molto bene perché sarà sicuramente una bella situazione. A Milano stiamo creando una bella community. La gente che ci segue è molto esaltata, quindi siamo molto contenti di come sta andando nella nostra città, che secondo me se giochi bene in casa è la cosa più importante e ti dà tanto lancio poi per il resto, per trovare altre opportunità. Però sì, diciamo che come sorprese, sinceramente, non lo so, vediamo cosa succede, non ci abbiamo ancora pensato benissimo [ride].

Questa era l’ultima domanda, quindi ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato e se vuoi lasciare un ultimo messaggio ai nostri lettori, ti lascio questo spazio conclusivo.

Amici ascoltatori di TrueMetal, grazie mille di averci ospitato per questa intervista. Speriamo di vedervi al release show del primo maggio al Circolo Magnolia di Milano. Le prevendite sono già disponibili su Dice e avrete anche un ulteriore sconto del 10% sul merch se prenderete la prevendita… E ascoltate “From Nothing”!